Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXIX
SAN PAOLO
FEBBRAIO-MARZO - 1954
ROMA - Casa Generalizia

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

Al Reverendissimo Primo Maestro nel giorno suo onomastico, vivissimi auguri con la preghiera più sentita: Signore, vivificalo ed allietalo; conservalo in mezzo a noi, perché ci diriga, ci illumini e ci santifichi.

PORTATE DIO NEL VOSTRO CORPO»
(1Cor. 6,20)

Preghiamo

«Signore, Dio nostro, Re del cielo e della terra, degnati oggi dirigere e santificare, reggere e governare i cuori ed i corpi nostri, i sensi, i discorsi e le azioni nostre secondo la tua legge e nell'adempimento dei tuoi precetti, affinché qui ed in eterno meritiamo di essere salvi e liberi, o Salvatore del mondo, che vivi e regni nei secoli dei secoli» (Dalla Liturgia).

Il tuo corpo: che è di Dio

Ottima la definizione di Nicola Pende sopra la persona umana: «La persona: atomo vivente pensante, amante: di umana e divina fattura: individuo irrepetibile, inconfondibile, partecipe dell'universo cosmico e dell'universo spirituale dai quali riceve continui influssi modificatori: dotato di libertà di volere, mercè la quale lotta contro le sue imperfezioni naturali, per elevarsi: e divenire partecipe della natura di Dio, se sorretto dalla grazia di Lui». Attorno alla persona umana, come individuo concreto sono chiamati ad operare natura e grazia, medico ed educatore, sacerdote e sociologo. Scienza profonda, filosofia cristiana e teologia si accordano così per determinarne la origine, la costituzione, l'attività, il destino.
S. Tommaso dice: «L'uomo si dice fatto di corpo ed anima, come fosse una terza cosa costituita dalle due sostanze; ma che è nessuna di quelle, perché l'uomo non è né il corpo né l'anima». Corpo ed anima sono così intimamente congiunti da formare una nuova unità che si dice uomo, unità che è corporea e spirituale ad un tempo; ma non è né solo corpo, né solo anima. Tutto quello che l'uomo compie è sempre corporeo-spirituale. Le due sostanze sebbene unite in una persona conservano la loro nativa proprietà: l'anima è spirituale, libera, immortale; il corpo è composto, non libero, né immortale per sua natura.

Gratia Dei per Jesum Christum

Nell'operare deve guidare la parte superiore: l'anima, la ragione, lo spirito; ma ha bisogno del corpo che è materiale. «La vita dei due cooperatori diviene di conseguenza, quasi di regola, vita di lotta tra la mezza-bestia ed il mezzo-angelo, che sono in noi», così si esprime l'illustre filosofo P. R. Lombardi. Ed ecco che il corpo può trascinare l'anima ad una quasi animalizzazione: «animalis homo»; ma l'anima può elevare il corpo ad una quasi angelizzazione: «angelicus juvenis Aloisius», «Doctor angelicus»; con la fede e la grazia.
In Adamo la grazia aveva abbondato così che sarebbe stato facile all'anima prevalere sui sensi; questa grazia tuttavia non rendeva l'uomo impeccabile; bensì gli conferiva un certo dominio sopra le passioni che rendeva facile la virtù. Ma nell'uomo decaduto e privato di grazia, la lotta si svolge talvolta tra forze prevalentemente sensuali e la vittoria dello spirito diviene possibile solo con la grazia attuale, divina. La concupiscenza è una forte tendenza ai beni sensibili, siano leciti o siano illeciti, in maniera smoderata, oltre e contro ragione.
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Origine divina

«Il Signore formò l'uomo dal fango della terra; e gli ispirò in faccia il soffio della vita; e l'uomo divenne persona vivente». Dio aveva già creato ed ordinato l'universo (minerali, vegetali, animali): mancava chi ne conoscesse l'Autore onnipotente, l'Ordinatore sapiente, il Dominatore provvido; e gli desse ragionevole glorificazione e lo amasse come figlio. Ecco l'uomo: fatto ad immagine e somiglianza di Dio.

Signore, che io mi conosca

L'uomo: questo composto di elemento materiale e di elemento immateriale; di finito e di infinito; di caduco ed eterno. È stato tutto un'opera d'arte, d'amore, di potenza e di sapienza divina. La parte materiale sembra fissarne l'abitazione sopra la terra; la parte spirituale che guida e domina, invece, lo fa concittadino e lo stabilisce in cielo fra i puri spiriti. L'uomo sintetizza l'universo. L'organismo umano è un capolavoro divino. Per la Redenzione entra a far parte della parentela divina, in Cristo. L'anima conferisce al corpo il potere di vegetare, sentire, operare, senza di essa il corpo torna in polvere; ma l'anima conserva la potenza trascendente rispetto al corpo, di intendere e volere. Perciò nel pensiero di Dio, sia come Creatore che come Redentore, vi doveva essere un terzo elemento che conferiva all'uomo una incomparabile dignità, una partecipazione della divina natura, che lo rendeva un essere quasi divino. Questo terzo elemento, non dovuto alla natura umana ma concesso da Dio per bontà, sarebbe stato forza ordinatrice, elevatrice, armonizzatrice tra le voglie del corpo e la legge dello spirito; ne doveva rendere soprannaturali gli atti, e degni di premio soprannaturale: figli ed eredi.
«Dio mentre creava la natura infondeva la grazia» (S. Agostino).
Questa la sublimazione totale dell'uomo. E l'uomo quando è privo di questo elemento è inquieto, scontento anche della virtù e della scienza; è come un figlio decaduto che non sa adattarsi al nuovo stato: «inquietum est». Tutto appare sempre incompiuto, quando manca il soprannaturale. Ora questa elevazione l'abbiamo in Colui che è uomo, Dio e Persona Divina: Gesù Cristo. «Non regnet peccatum in vestro mortali corpore ut obediatis concupiscentiis ejus» (Rom. VI, 12).
«Siete stati comprati ad un caro prezzo: glorificate e portate Dio nel vostro corpo» (1Cor. VI, 20).
Questa è la potenza e la via della nostra deificazione in Cristo.
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Peccarono mangiando il frutto

«Il Signore pose Adamo nel Paradiso di delizie perché lo coltivasse e custodisse. E gli diede questo comando: Mangia pure di ogni albero del paradiso; ma dell'albero della scienza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno in cui ne mangerai, tu morrai...» (Gen. II, 15).
«Ora il serpente era il più astuto di tutti gli animali della terra. Ed esso disse alla donna: Perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del paradiso? E la donna rispose: Del frutto delle piante che sono nel paradiso ne mangiamo; ma del frutto che è nel mezzo del paradiso Dio ci ordinò di non mangiarne, né di toccarlo, perché forse non si abbia a morire. Ma il serpente disse alla donna: No, voi non morrete. Anzi, Dio sa bene che in qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi, e sarete come dei, avendo la conoscenza del bene e del male. Or la donna, vedendo che il frutto dell'albero era buono a mangiarsi e bello all'occhio e gradevole all'aspetto, lo colse e lo mangiò. Allora si apersero i loro occhi, ed essendosi accorti di essere nudi, cucirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture». (Gen. III, 1-7).
Ne seguì il castigo che conosciamo; ma anche la promessa della riparazione e del Riparatore.

Conseguenze

Per il peccato originale, oltre la perdita della vita di grazia, l'intero Adamo, anima e corpo, anche nei beni naturali, fu ferito; ne sentì le conseguenze nel corpo e nello spirito.
L'intelletto capisce meno, cade più facilmente in errori, o si perde in cose vane.
Ad esempio: chiunque, se illuminato da Dio o da retta ragione, può comprendere queste tre proposizioni: la castità perfetta è un più grande ed inebriante amore; l'obbedienza è la più grande e gioconda libertà; la povertà è la più grande e letificante letizia.
Ma la ragione indebolita, intorbidata dal senso e premuta dalla legge della carne, vedrà le cose molto diversamente.
La volontà è debilitata così che mentre doveva essere regina, viene sbalzata dal trono, ed allora il disastro. Le facoltà più divine ed umane al tempo stesso (intelletto e libertà di volere) sono oscurate, e paralizzate, o traviate, anche quando ciò si nasconde per falsa concezione sotto parvenza di gloria, o di prudenza o di forza.

Redenzione del corpo

Gesù Cristo volle tutto redimere in se stesso; anche il corpo: perciò prese un corpo ed un'anima. Un corpo fisico di bambinello, di fanciullo, di uomo, di vittima. Fuori che nel peccato fu in tutto simile a noi: i sensi, i bisogni naturali, il sangue, il cuore, le passioni.
«Pange, lingua, gloriosi corporis mysterium, sanguinisque pretiosi...?».
Contemplarlo bambino nel presepio, lavoratore a Nazareth, affaticato nell'apostolato, sudante sangue nel Getsemani, lacerato nella flagellazione, trafitto nella coronazione di spine, caduto sotto la croce nel viaggio al Calvario, abbeverato di fiele, mirra e aceto, inchiodato sulla croce, pendente da pochi chiodi nell'agonia di tre ore, inchinato col capo mentre spira, trafitto dalla lancia nel costato, composto ed imbalsamato per la sepoltura, tre giorni chiuso nel sepolcro... «Non corruptibilibus auro vel argento redempti estis, sed pretioso sanguine… Christi...» (I Petr. 1, 20; cfr. 1Cor. VI, 20 - VII, 23).
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A quale prezzo! Ci è stata riacquistata una relativa integrità, con la definitiva e piena redenzione per il giorno della finale risurrezione: «Credo carnis resurrectionem».
«Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem aptasti mihi. Ecco perché (Cristo) entrando nel mondo dice: Non hai voluto né sacrificio, né offerta, ma mi hai formato un corpo; non hai graditi gli olocausti per il peccato. Allora io ho detto: ecco, vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Ebr. X, 5-7).
Due specie di cimiteri sono conseguenza del peccato di Adamo. Cimiteri morali: milioni di anime che, per quanto è dato giudicare esternamente, sono distaccate da Dio: questa separazione è la morte dell'anima, e l'atto che la provoca dicesi peccato mortale: uomini che hanno apparenza di vita, ma che in realtà sono morti.
Cimiteri materiali che sono sparsi su tutta la terra: «ricordati, o uomo, che sei polvere ed in polvere devi ritornare». Le infermità, i dolori, le fatiche della vita presente si conchiudono con il disfacimento del sepolcro.

Infelix ego homo

In quale schiavitù è caduto perciò l'uomo! - «Video aliam legem in membris meis repugnantem legi mentis meae» (Rom., VII, 23). «Veggo il meglio ed al peggior mi appiglio». «Non quod volo bonum hoc ago sed quod odi malum, illud facio» (Rom. VII, 15). «Quis me liberabit de corpore mortis huius?» (Rom. VII, 24). «Datus est mihi stimulus carnis, angelus Satanae qui me colaphizet. Ter Dominum rogavi ut discederet a me: et dixit mihi: sufficit tibi gratia mea: nam virtus in infirmitate perficitur» (2Cor. XII, 7).
L'opera di cristianizzazione è un immane sforzo della Chiesa per rendere l'uomo libero dalla morte, dall'errore, dalla schiavitù del peccato, della carne, del timore, ecc., e ridonargli la libertà perduta: «Vos enim in libertatem vocati estis fratres: tantum ne libertatem in occasionem detis carnis...» (Gal. V, 13).

Gesù e Maria risorti

Gesù Cristo risuscitò glorioso. «So che cercate Gesù Nazareno, è risorto, non è qui; venite a vedere il luogo ove era stato posto», disse l'Angelo alle pie donne. Le sue piaghe sono splendenti. A porte chiuse entrò nel Cenacolo, si mostrò otto volte a confermare i suoi nella fede della sua risurrezione.
Salì al cielo. «Videntibus illis, elevatus est: et nubes suscepit eum ab oculis eorum. Cumque intuerentur in coelum euntem illum, ecce duo viri adstiterunt iuxta illos in vestibus albis. Qui et dixerunt: Viri Galilaei quid statis aspicientes, in coelum? Hic Jesus, qui assumptus est a vobis in coelum, sic veniet, quemadmodum vidistis eum euntem in coelum».
Siede alla destra del Padre.
Gloriosi corpi di Gesù e di Maria! - In cielo il corpo di Gesù è onorato, adorato, amato, esaltato! E là vi è pure il corpo della Vergine SS., vergine di spirito e di corpo.
Questi santissimi corpi del Re e della Regina del cielo sono l'incanto e l'amore degli Angeli e dei Santi. Con i nostri occhi vedremo, col nostro cuore ameremo, tutto il nostro spirito ed il nostro corpo saranno estasiati.
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Dice Pio XII: «Considerando Maria assunta in cielo in corpo ed anima vi è da sperare che tutti si persuadano del valore della vita umana...; che mentre il materialismo e la corruzione dei costumi, da esso derivata, minacciano di sommergere ogni virtù e fare scempio di vite umane, suscitando guerre, sia posto innanzi agli occhi di tutti in modo luminosissimo a quale eccelso scopo le anime ed i corpi siano destinati; e che la fede nella corporea assunzione di Maria renda più ferma e più operosa la fede nella nostra resurrezione».

Il corpo risorgerà

La redenzione del corpo sarà compiuta con la risurrezione finale. «Credo la risurrezione della carne». Gesù Cristo fu la primizia dei risorti; poiché i dolori ineffabili da lui sofferti nel corpo ne meritarono la pronta glorificazione. Seguì Maria SS., seguiranno tutti: «Il corpo si semina (seppellisce) nella corruzione, risorge incorruttibile; si semina nell'ignominia e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina corpo animale e risorge corpo spirituale» (1Cor. XV, 42).
Il corpo degli eletti porterà i segni della virtù e del bene fatto; avrà le doti dello stesso corpo risorto di Gesù Cristo: ed entrerà con l'anima in cielo, secondo la divina giustizia: che vuole che tutto l'uomo, anima e corpo, abbia la debita ricompensa. Glorificato ogni senso, ogni fatica, ogni mortificazione, ogni atto meritorio. Tutta la persona umana verrà premiata.
Tutti così? No. I corpi dei dannati sorgeranno segnati di ignominia, specialmente per i disonesti, ed in generale per i peccati più corporali. Infatti dice S. Paolo: «Vi rivelo un mistero: risorgeranno certamente tutti, ma non tutti saremo cangiati» (es. da passibili in impassibili). I dannati risorgeranno per bruciare in eterno: «Ibunt in ignem aeternum».
«Ti ringraziamo, Signore Santo, Padre onnipotente, eterno Dio, per Cristo Signor nostro: nel quale ci rifulse la speranza della beata risurrezione; così, che quanti siamo contristati per la certezza della morte, siamo pure consolati per la promessa della futura immortalità. Poiché, o Signore, la vita dei tuoi fedeli non si distrugge, ma si cambia; e, distrutta la casa di questa dimora terrestre, si acquista l'eterna abitazione in Cielo.» (Dal prefazio della Messa dei Defunti).

Meraviglie della gloria

«Mors stupebit, et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura».
Il corpo glorioso sarà:
Impassibile ed immortale. In generale, fornito di doti proporzionate alla sottomissione che il corpo ebbe rispetto all'anima.
Splendente: come stella differisce da altra stella «sic et resurrectio mortuorum».
Agile: perché il moto ed il trasportarsi da un posto all'altro dipenderanno dal volere dello spirito.
Sottile: si dice spirituale, non in senso che sia spirito, ma perché sarà del tutto dipendente dallo spirito, come spiritualizzato.
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Quali soddisfazioni preparano al corpo coloro che sanno dominarlo! Ama te stesso!
Gesù Cristo nell'Apocalissi si presenta ornato di corona d'oro (Apoc. XIV, 14).
Così i Santi, che con Lui regnano, sono presentati col capo fregiato di corone d'oro (Apoc. IV, 4). Ciò indica la vittoria da essi riportata sopra la carne. «Bonum certamen certavi... in reliquo reposita est mihi corona justitiae». La corona è, infatti, segno di vittoria: «non coronabitur nisi qui legitime certaverit». Chi, dunque, ha valorosamente combattuto e vinto con Cristo, è giusto che sia incoronato con Lui che ha trionfato della morte, del peccato, del demonio: questa è corona essenziale. «Veni, coronaberis».
Poi vi è altra aureola, premio accidentale, aggiunta al premio essenziale per una vittoria più grande. S. Tommaso d'Aquino ne numera tre: ai Vergini che sopra la carne ebbero una vittoria piena; ai Dottori che predicando e scrivendo vinsero l'ignoranza, l'errore, l'eresia, l'infedeltà; ai Martiri che trionfarono sopra il mondo ed i persecutori.
Per i Vergini è scritto: «Virgines enim sunt» a giustificare lo speciale loro splendore. Per i Dottori è scritto: «Qui ad justitiam erudiunt multos, quasi stellae in perpetuas aeternitates». Per i Martiri: «Quicumque confessus fuerit me coram hominibus, et Filius hominis confitebitur illum coram angelis Dei», perciò nell'Apocalissi sono presentati «amicti stolis albis» (Apoc. VII, 13).

Spirito e corpo

«Or vi dico: camminate secondo lo spirito e non soddisferete i desideri della carne. Infatti la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito desideri contrari alla carne; essendo queste cose opposte fra loro in modo che non possiate fare tutto quello che vorreste... Si conoscono facilmente le opere della carne, che sono la fornicazione, l'impurità, l'impudicizia, la lussuria, l'idolatria, i venefici, le inimicizie, le contese, le gelosie, le ire, le risse, le discordie, le sette, le invidie, gli omicidi, le ubriachezze, le gozzoviglie, ed altre simili cose, riguardo alle quali vi avverto, come vi ho già avvertiti, che chi fa tali cose non conseguirà il regno di Dio. Invece è frutto dello spirito la carità, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mansuetudine, la fedeltà, la modestia, la continenza, la castità. Contro siffatte cose non v'è la legge. Or quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con i vizi e le concupiscenze. Se viviamo di spirito, camminiamo secondo lo spirito, senza essere bramosi di vana gloria, senza provocarci od invidiarci a vicenda!» (Gal. V, 16, 26).

Riconsacrazione

Gesù Cristo volle riconsacrare il corpo, che il peccato aveva sconsacrato: ogni uomo nasce infetto della colpa di Adamo per la generazione.
Il corpo è riconsacrato nel battesimo, dove per l'acqua e lo Spirito Santo, il figlio dell'uomo diviene figlio di Dio. È la persona, il composto intero, che diventa figlio di Dio.
Nella Cresima figlio più perfetto.
Nella Comunione figlio nutrito ed adolescente in Cristo.
È un adolescere simile al crescere materiale, sino alla perfetta età.
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«Dio nel vostro corpo»

«Noi siamo cittadini del cielo, dal quale aspettiamo pure come Salvatore il Signor Nostro Gesù Cristo che... trasformerà il corpo di nostra umiliazione in modo da renderlo simile al corpo che Egli ha nella gloria» (Ef. III, 20).
Le opere sono della persona: «actiones sunt suppositorum»; chi fa il bene od il male è la persona umana: vi prestano insieme concorso anima e corpo. Infatti appena avviene la morte, che è separazione dei due elementi cooperanti, né anima né corpo, faranno ancora un minimo merito o demerito. Concorrendo i due elementi, è giusto dunque che abbiano entrambi il premio od il castigo.
«Dominus autem dirigat corda e corpora nostra in caritate Dei, et patientia Christi».

Ultima consacrazione

Per gli infermi gravi vi è tutta una liturgia: confessione conclusiva della vita; Comunione come viatico per il grande cammino dalla vita all'eternità; Olio Santo per l'ultima purificazione e santificazione; funerale in chiesa ed assoluzioni alla salma; inumazione cristiana con il segno della redenzione e risurrezione, la croce. Da questa liturgia togliamo alcune espressioni più dirette al corpo. Nel dare il Viatico il Sacerdote dice: «Ricevi, o fratello, il Viatico del corpo di Gesù Cristo Signor Nostro...»; nel conchiudere la funzione: «... il Sacrosanto Corpo di Gesù Cristo ti giovi al corpo ed all'anima...». - Nell'amministrare l'Olio Santo, ungendo i vari sensi dice successivamente: «Per questa sacra unzione e per la sua piissima misericordia il Signore ti perdoni quanto hai peccato con la vista, con l'udito, con il gusto e la parola, con il tatto», ecc.
Mentre l'infermo rende l'anima a Dio: «Venite, o santi di Dio, accorrete, o Angeli del Signore, a ricevere quest'anima e presentarla all'Altissimo». «L'eterno riposo dona a quest'anima, o Signore; e splenda ad essa l'eterna luce».
Durante la sepoltura: «Assolvi, o Signore, quest'anima da ogni vincolo di colpa, affinché alla fine, risuscitata, viva per sempre tra i santi ed eletti in Paradiso».
Ed il Sacerdote benedice ancora il sepolcro nel quale il corpo del defunto viene conservato e vegliato dalla Madre Chiesa sino al giorno in cui la tromba angelica risveglierà tutti i dormienti.

Pensiamo ai Defunti

Seguendo lo spirito della Chiesa, le Costituzioni stabiliscono:
«Appena morto un religioso, si avvisino tutti i membri della Società, affinché possano venire applicati quanto prima al medesimo i suffragi prescritti dalle Costituzioni» (art. 267).
«La carità, con cui sono uniti i religiosi tra loro, non si scioglie affatto con la morte, ma si cambia in meglio. Perciò, i funerali ed i sepolcri per i nostri defunti, siano degni, ma secondo l'uso comune dei religiosi, ed i defunti stessi siano alleviati con abbondanti suffragi. Da vivo però ciascuno provveda a se stesso, facendo penitenza delle colpe commesse, acquistando le sacre indulgenze, affinché da morto non si esponga ad essere trattenuto troppo tra le pene del Purgatorio» (art. 268).
È santa e salutare cosa visitare i cimiteri, specialmente le tombe nostre, che devono conservarsi decorosamente. È buona cosa che vengano costruite tombe o acquistati loculi per le sepolture nostre.
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Non profanate!

Profanare il corpo significa farlo servire alle sue concupiscenze. Allora si avvilisce tutto l'uomo: «La sapienza non entrerà in un'anima malvagia, né potrà abitare in un corpo macchiato di peccato». (Sap. I, 4): «Animalis homo non percipit ea quae sunt Spiritus Dei». (1Cor. II, 14).
Corpo ed anima sono strettamente uniti: ognuno da sé non può commettere peccato, né può fare meriti; come non vi è sacramento quando la materia non si unisce alla forma.
Di fronte a Lazzaro mendico, piagato, affamato, cui non è dato cibarsi neppure delle briciole cadute da una lussuosa mensa... sta il ricco Epulone che, vestito splendidamente, circondato da servitori, banchetta lautamente sino alla ingordigia ed all'ubriachezza. Ma alla fine? Lazzaro è accolto nel seno di Abramo, il ricco Epulone è sepolto nell'inferno. Sono sempre profondi e chiari gli insegnamenti del Maestro Divino: «Se il tuo occhio destro ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te: è meglio per te che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nell'inferno. E se la tua mano destra ti è di scandalo, mozzala e gettala via da te, certo è meglio per te che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che ti vada tutto il corpo nell'inferno». (Matt. V, 29, 30).
Quanto è prezioso l'occhio; ma se l'occhio serve al male? Lo sguardo malizioso uccide l'anima! «Nequius oculo quid creatum est?» (Eccli. XXXI, 15).
Tutti i veri grandi, per santità, per apostolato, per scienza, per valore, per opere umanitarie e caritative, per elevatezza di aspirazioni, hanno saputo guidare fortiter et suaviter il loro corpo, dominare gli istinti e le passioni: sono vissuti secondo ragione e fede.

Golosità

Disordinato desiderio e ricerca e uso di cibi e bevande per una soddisfazione sensuale. Modi diversi: «praepropere, laute, nimis ardenter, studiose». «Frena gulam et facilius omnes alias carnis inclinationes frenaberis» (Imitazione di Cristo).
«Cor habet in ventre gulosus» (S. Girolamo). La sobrietà, invece, indica misura giusta: nel cibo e nel bere.
L'uso abituale di bevande alcooliche ad alta percentuale di alcool è assolutamente da condannarsi, per le gravi conseguenze individuali e sociali. Il vino invece, preso in dosi moderate, ha notevoli vantaggi per la salute. «Per i bambini ed i giovani, però, almeno sino a 17-18 anni, non è affatto indicato» (Roncati).
«Accanto all'alcoolismo, un altro fattore di decadenza organica e sociale è il tabacco» (Roncati). Causa? la nicotina, l'ossido di carbonio, il cianuro di ammonio. Conseguenze? Alcune sono morali, altre psichiche, altre organiche, altre intellettuali. «Il fumare è dannoso per tutti alla salute» (Guzzanti).
Altre cose sono state già scritte: si confermano integralmente. Sono una grande carità, sotto ogni rispetto, a tutti: compresa una ordinaria maggior durata della vita ed una maggior stima per chi se ne astiene.
«Mangia per vivere e non vivere per mangiare».
Dice lo Spirito Santo: È salute per l'anima e per il corpo il bere (vino) con sobrietà (Eccl. XXXI, 37).
«Vitium ventris et gutturis non solum minuit aetatem hominibus, sed etiam aufert». (Cicerone).
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La lingua

Sui mali causati dalla lingua S. Paolo scrive: «Corrumpunt mores bonos colloquia prava» e cioè, le conversazioni cattive corrompono i buoni costumi (1Cor. XV, 33). Quante anime sono pervertite per aver ascoltato discorsi non buoni. S. Giacomo sulla lingua ci dà dei santi insegnamenti: «Se noi mettiamo ai cavalli il morso alla bocca per farli obbedire, guidiamo tutto il loro corpo. Guardate anche le navi, per quanto siano grandi e spinte da venti impetuosi, sono dirette da un piccolo timone a beneplacito del timoniere. Così anche la lingua è certo un piccolo membro, ma può vantarsi di grandi cose. Guardate, poca favilla quale immensa foresta può mettere in fiamme! E anche la lingua è un fuoco, un mondo di iniquità. Posta, com'è, dentro le nostre membra, contamina tutto il corpo e, accesa dall'inferno, mette in fiamme la rota della vita. Tutte le sorta di bestie e di uccelli e di serpenti e di altri animali si domano e sono state domate dall'uomo, ma la lingua nessun uomo la può domare, male infrenabile, piena di mortifero veleno. Con essa benediciamo Dio e Padre, con essa malediciamo gli uomini che sono fatti ad immagine di Dio. Dalla stessa bocca esce la benedizione e la maledizione. Non bisogna far così, fratelli miei. Forse la fontana getta dalla medesima apertura acqua dolce ed amara? Può forse, fratelli miei, il fico dare dell'uva e la vite dei fichi? Così nemmeno l'acqua salata può farne della dolce» (Giac. III, 3-12).

«A cunctis nos animae et corporis defende periculis»

Tre sono i peccati che più specialmente procedono dalla concupiscenza della carne: la lussuria, la golosità, la pigrizia; cui si aggiungono, in qualche modo, l'ira, l'avarizia, il nervosismo cosidetto.
«Ut sciat unusquisque vas suum possidere in sanctificatione et honore, non in passione desiderii, sicut et gentes... non enim vocavit nos Deus in immunditiam sed in sanctificationem» (I Tess. IV, 4); che sappia ognuno di noi essere padrone del proprio corpo nella santità e nell'onestà, senza lasciarsi dominare dalla concupiscenza come i pagani... non avendoci Dio chiamati all'immondezza, ma alla santità.

Lussuria

Il sesto comandamento «non commettere atti impuri» proibisce ogni impurità: perciò le azioni, le parole, gli sguardi, i libri, i cinema, le immagini, gli spettacoli, le trasmissioni radiofoniche immorali. Mentre il medesimo comandamento ordina di essere santi nel corpo, portando il massimo rispetto alla propria ed altrui persona, come opera di Dio e tempio ove Egli abita con la presenza e con la grazia. Occorre un vero culto della castità, così da aborrire quanto è male e quanto avvicina al male:
sentendo pure S. Paolo «ab omni specie mala abstinete vos».
Occorre una vera educazione alla castità, fatta con sapienza, carità, prudenza.
Il professo conosce le sue Costituzioni ed i mezzi per custodire il proprio voto.
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Educazione alla purezza

È delicatissimo compito: ma i puri avranno la grazia di preparare alla Chiesa una schiera di anime belle, care al Signore, a Maria, a San Paolo: che dice: «Vi vorrei tutti come sono io».
Il cuore è fatto per amare: chi ama il Signore, Maria, le cose sante, si eleva sopra il fango.
Sono grandi mezzi: la frequenza fervorosa ai Sacramenti, la direzione spirituale, la divozione a Maria, la generosità nei doveri, le meditazioni sopra i novissimi, ecc.
La mattina del primo novembre 1950, una trentina di giovani universitari e liceali offrirono a Gesù la loro giovinezza con una formula di voto temporaneo e privato, fatto secondo il consiglio del confessore, sotto pena di peccato veniale; senza che imponga nuove obbligazioni, ma capace di dare maggiore risolutezza per la virtù della religione. Prima di emettere tale voto occorre che siasi acquistata la morale certezza di osservarlo. Si mette la condizione che il voto può essere sciolto dalla persona che lo ha consigliato.
Notare questo senso: in questo atto, se fatto dai nostri aspiranti è implicito il dono del giovane alla Congregazione per la durata del voto stesso.
Nei nostri vocazionari, l'aspirante, sotto la guida del suo Maestro, può anche aggiungere il voto di obbedienza, e forse di povertà; sempre nel senso detto sopra: temporaneo e privato.
Questa educazione si compie: illuminando delicatamente ed a tempo opportuno il giovane; mettendolo in guardia e preservandolo da letture, spettacoli, compagni, trasmissioni radiofoniche pericolose, ecc. (particolarmente per le vacanze); incoraggiandolo ad una pietà fervorosa.

L'amore a Gesù e a Maria

Preserva da affetti sensibili e risparmia molte tentazioni.
Il cuore dell'uomo è fatto per amare: lo stato religioso e lo stato sacerdotale non tolgono questo lato affettivo della natura, ma lo allargano, lo elevano, lo soprannaturalizzano.
Amare Gesù con tutto il cuore, amare Maria come Madre: questo imprime nell'anima le celesti bellezze e gioie; perciò smorza le terrene attrattive. Per ottenere questo effetto, l'amore a Gesù ed a Maria deve essere ardente, generoso, predominante. Di fronte a Colui che possiede la pienezza della beltà, della bontà e della potenza, ed a Colei che è il capolavoro di grazia e bellezza del creato, le creature perdono le loro attrattive. Sempre più Gesù e Maria attireranno il nostro cuore con soavità e forza. E di più: custodiranno come pupilla chi si è loro offerto.
Nel Cantico dei Cantici l'anima si apre totalmente allo Sposo Divino in comunicazioni ineffabili.

Accidia

Altro vizio capitale: ma di esso si è già detto parlando del lavoro.
Giova tuttavia aggiungere che lussuria, golosità, accidia sono il sopravvento della carne sopra lo spirito: l'uomo diviene meno ragionevole e meno libero. Presto o tardi tali vizi si accompagneranno.
Le passioni dapprima domandano, poi esigono, poi costringono: infine continuano ad operare anche se è venuta a mancare la soddisfazione ed anche se è subentrata la pena. Il concedere l'illecito da una parte indebolisce la volontà; dall'altra per effetto fisico-psichico rafforza la concupiscenza.
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Quando si ama

Qui è bene ricordare due articoli delle Costituzioni e due detti scritturali. Art. 130: «Perciò, in ossequio della povertà, tutti i religiosi, di qualsiasi condizione ed in qualsiasi ufficio o carica siano costituiti, si astengano dal superfluo e sopportino volentieri i pesi della vita comune. Se qualcuno tuttavia abbisogna di qualcosa speciale, la chieda con umiltà e fiducia al proprio Superiore». Art. 131: «Tutti si accontentino di una mensa frugale, avuto però il dovuto riguardo da parte dei Superiori, sia dei lavori, sia delle forze di ciascuno, affinché nessuno abbia a soffrire incautamente danno alla salute».
Dice la S. Scrittura: Se il fratello ha dei bisogni e gli dici: sta in pace, riscaldati, nutriti; ma non gli dai ciò che è necessario per il corpo, che gli giova la tua bella parola?» (Giac. II, 15-16).
S. Paolo ai Filippesi scrive: «... Io ho imparato a bastare a me stesso con le cose che mi trovo di avere. So anche essere povero e so esser ricco; (in tutto e per tutto mi sono abituato) e ad esser sazio e ad avere fame; a nuotare nell'abbondanza e a vivere nelle privazioni» (Filipp. IV, 11-12).
Quando si cambia continente si trova quasi sempre una difficoltà ad adattarsi agli orari ed ai cibi; sia nel passare dall'Italia ai continenti extraeuropei, come viceversa. È uno dei sacrifici che ci chiede il Signore; ed io lo sentii spesso fortemente; pensavo a Gesù, pensavo a San Paolo, nelle loro peregrinazioni. D'altra parte, come si possono ottenere le grazie alle case ove si sta, se non si sapesse, almeno, offrire al Signore questa piccola sofferenza?

Il ruolo della volontà

La volontà nostra è la facoltà sovrana, regina di tutte le facoltà, sensi interni ed esterni, potenze, passioni.
Essa, perché libera, dà agli atti suoi propri (eliciti) ed agli atti delle altre facoltà (imperati) la libertà, il merito o il demerito.
Regolare la volontà significa regolare tutto l'uomo, perciò anche il corpo.
La volontà è ben regolata se è forte, così da comandare e farsi obbedire dalle potenze e sensi, da una parte; e dall'altra, così docile essa stessa da obbedire sempre alla volontà di Dio: sia di segno che di beneplacito: perciò duplice ufficio.
Sono entrambi difficili, perché spesso i sensi si rivoltano: occorre fermezza, destrezza, grazia divina. E prima ancora: grande luce, persuasione, fede.
Inoltre la volontà nostra, per sua infermità, aspira ad una certa autonomia o indipendenza rispetto al volere di Dio. La Divina Volontà non può santificarci senza chiederci sacrifici: e spesso si indietreggia innanzi allo sforzo.
Questo è effetto della colpa originale: la volontà si ribellò a Dio; ed i sensi si ribellarono ad essa. Indocile, essa stessa, non trova docilità.
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Educare la volontà

La redenzione è un rifare l'uomo nell'ordine della natura e della grazia, secondo il primitivo disegno di Dio. Toccava al Figlio di Dio, al divino Architetto: «Omnia per ipsum facta sunt».
La redenzione della volontà mira a rimetterla regina dell'uomo.
Dio è buono, ma creò l'uomo libero, come aveva creato libero l'angelo. Sembrerebbe, a chi considera le cose superficialmente, che al Divino Fattore tutto sia andato male quando si arrischiò a creare degli esseri liberi; ma la sapienza, la potenza e l'amore di Dio danno ben altre spiegazioni!
Perché la volontà sia docile e insieme forte occorre vincere gli ostacoli ed adoperare mezzi positivi.
Ostacoli esterni. Sono: il rispetto umano, per cui l'uomo opera il bene o commette il male per la stima degli uomini: è una volontaria schiavitù. I cattivi esempi, come le massime mondane, tanto più potenti sopra l'uomo in quanto è già per sé trascinato al male. Il demonio che usò le sue possibilità contro i nostri Progenitori; ed ora contro ogni buona volontà.
Ostacoli interni. L'irriflessione per cui si opera secondo l'impressione del senso; la noncuranza, la pigrizia che sono causate da mancanza di profonde convinzioni.
Mezzi positivi. Si possono ridurre ad una armonica conciliazione della intelligenza, della volontà e della grazia.
Intelligenza e fede profonda: conoscere il fine ed i mezzi chiaramente. «Nihil volitum quin praecognitum»; per muovere efficacemente la volontà occorrono profonde convinzioni, larga istruzione, spirito di fede. Ciò opererà sopra la volontà, producendo risolutezza, fermezza, costanza contro ogni «vorrei» e gli inconcludenti desideri.

La grazia

Gesù Cristo ci ha meritato la grazia.
Noi con la preghiera, specialmente con l'Eucaristia, possiamo in qualche modo riavere il perduto dono della integrità. Chi prega ottiene il dono della grazia attuale, che è forza per la volontà, luce per la mente, mitigazione delle voglie e concupiscenza della carne. Specialmente la S. Comunione smorza le passioni, rafforza le buone tendenze: pane degli eletti, vino dei vergini, viatico per il difficile cammino della vita. «O salutaris Hostia, quae coeli pandis ostium, da robur, fer auxilium».
Meditare i misteri dolorosi; fare spesso la Via Crucis.
La preghiera è assolutamente necessaria. Gesù Cristo non è solo luce e modello, ma è pure nostro cooperatore, collaboratore: «Cooperatores enim Dei sumus». «Dominus fortitudo mea»; partecipando alla forza di Dio, avremo la sottomissione a Dio ed il trionfo della volontà sopra l'istinto e la sensibilità.
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Il corpo, caro figliuolo

Trattare il corpo come un buon figliuolo od un buon compagno di viaggio, è doveroso; dargli un cibo ed un riposo sufficiente. Vigilarlo, però! giacché ad ogni momento può trascinare la persona nel fango.
Scrive S. Francesco di Sales: «Poiché la Sacra Scrittura in molti luoghi, l'esempio dei santi e ragioni naturali ci insegnano a far grande conto della mattina, come la migliore e più fruttuosa parte del giorno... credo sia ottima cosa quella di andare a letto presto la sera, per levarsi presto al mattino. Certo quel tempo è il più ameno, il più soave, il più libero» (Filotea).
Riguardo al riposo è ben difficile definire le ore da concedersi al sonno: entrano molti elementi per un giudizio; e d'altra parte non si potrà prescrivere una norma unica. Il giovane ha bisogno di dormire più del vecchio. L'adeguato riposo è quello che basta perché i veleni della fatica (sostanze tossiche) vengano espulse; e nuovo ossigeno venga portato ai muscoli ed ai tessuti in generale, onde siano di nuovo atti al lavoro. Si può andare da un minimo di sei ore ad un massimo di otto ore, per gli adulti.
Il bene che si fa al corpo regolandolo, ridonda a vantaggio di tutta la persona umana.
Riguardo al cibo. «La razione alimentare giornaliera di ognuno deve essere tale da fornire la quantità di energie che gli occorre; e questa si misura dalle calorie, che le albumine, gli zuccheri e grassi producono, bruciando, per azione dell'ossigeno. E per chiarire: l'unità pratica di misura del calore è la quantità di calore necessario per elevare la temperatura di un chilogrammo d'acqua da zero gradi ad un grado centigrado».
Come regola generale: ci vuole più cibo per il giovane in sviluppo; meno per l'adulto; meno per il vecchio a riposo. Vi sono sempre da fare considerazioni per l'età, il genere di lavoro, la forza digestiva, ecc.

Vangelo e igiene s'accordano

Il miglior condimento del cibo è l'appetito. Quando si è lavorato, studiato, camminato, fatta buona ginnastica, il pranzo si appetisce di più.
I condimenti carichi di aromi e piccanti, come le droghe, o quelli troppo ricchi di grassi sono di difficile digestione.
Dice un proverbio: «ne uccide più la gola che la spada».
Mangiare come uomini, cristiani, religiosi: non lasciarsi guidare dal gusto, ma per mantenerci nel servizio di Dio e nell'apostolato.
Si prende il quantitativo di cibo che è necessario, stabilito, come norma generale, nel corso degli Esercizi spirituali, secondo S. Ignazio; e che può essere digerito.
Si badi a ben masticare, perché si assicura l'insalivazione e la riduzione in parte minutissime. Ingoiare avidamente senza una sufficiente masticazione è causa di cattiva assimilazione e di varie malattie.
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«Chi vuol vivere più a lungo e meglio, si levi da tavola con un piccolo residuo di appetito; mai del tutto sazi!» (Guzzanti).
Una saggia distribuzione delle occupazioni e sollievi giova per la salute e per una maggior resa del lavoro.
Vi è un'igiene che riguarda la casa, i locali per spettacoli, la Chiesa, i viaggi, la cucina.
I cibi giusti di cottura, di sale, di condimento sono di gran vantaggio per la salute.
S. Francesco di Sales è gran santo e buon umanista. Commentando il passo «manducate quae opponuntur vobis», dice che è assai più perfetto accettare quanto prepara la cucina, senza facili recriminazioni, che imporsi certe libere mortificazioni; giacché nel primo caso rinuncia anche alla scelta, cosa più perfetta.
Non è conforme a salute né a virtù il mangiucchiare tra un pasto e l'altro. Se vi fosse necessità di prender qualcosa più spesso, anche quest'altra porziuncola sia antecedentemente regolata rispetto alla quantità, qualità, orario.
Durante la digestione non fare bagni, tanto meno freddi, che potrebbero essere fatali.
Dopo il pasto stare tranquilli, poiché sono dannosi lo studio, e gli esercizi fisici se violenti. Mangia a mani pulite per igiene, educazione, virtù.

La legge della mortificazione

È universale. Ogni bene, che si voglia compiere, richiede o di negare qualcosa alla parte inferiore o di esigere qualche sforzo.
Così per il bene spirituale, la preghiera, lo studio, l'apostolato, l'osservanza religiosa, ecc. Anche la ricreazione, la pulizia, il vivere in famiglia ed in società, il commercio, una regolata nutrizione, la conservazione della salute, ottenere fiducia e stima presso gli uomini, ecc. richiedono mortificazione.
La persona che sa ragionevolmente mortificarsi accumulerà molti beni. Esempio: confrontare il giovane che si applica allo studio, al lavoro, ed il giovane pigro e scioperato; quale vita si preparano?
Il buon cristiano ed il buon religioso che osservano i doveri del loro stato; ed il cristiano vizioso ed il religioso infedele ai suoi impegni; quale eternità si preparano?
Nessuno soffrirà di più di chi non vuole soffrire; nessuno godrà di più di chi sa mortificarsi ragionevolmente. «Chi ama la sua vita (irragionevolmente) la perde; e chi immola (ragionevolmente) la sua vita la guadagna». Chi ad esempio, non sa regolarsi nei cibi e nelle bevande incontrerà molte malattie, mentre si abbrevierà la vita.
Universale perché si estende a tutto l'essere: mente, cuore, volontà, fantasia, occhi, tatto, lingua, memoria, ogni passione.
L'educazione ad una saggia mortificazione procura immensi beni all'aspirante. Quale campo di carità hanno qui il maestro di scuola che esige attenzione, compiti, lezione; il confessore, il direttore spirituale; l'assistente che sanno indicare le vie dell'ascesi dello spirito, formazione di buone abitudini, correzione, educazione all'ordine, ad una saggia disciplina, al sacrificio di tante voglie...
L'Educatore, Maestro Divino, ha detto: «Chi vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».
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Segreti di riuscita

Considerare i veri grandi, nei vari settori: educatori, scrittori, apostoli del mondo, scienziati, capitani, dottori della Chiesa, i santi di ogni condizione, scopritori, lavoratori... Vi furono in essi doni naturali e doni soprannaturali: ma soprattutto generoso e costante sforzo.
L'uomo si eleva quando sa vincersi a tempo e luogo.
Chi è fedele nelle piccole cose, sarà fedele nelle grandi; chi non è fedele nelle cose piccole non lo sarà nelle grandi.
Chi è obbediente sarà obbedito; chi non è obbediente difficilmente sarà obbedito.
Chi ama sarà amato; chi non ama non sarà amato.
Il buon discepolo diverrà buon maestro; il cattivo discepolo sarà cattivo maestro.
Chi sta volentieri ritirato farà bene in società; chi non ama la ritiratezza correrà molti pericoli nelle varie relazioni.
L'uomo pio, religioso, ordinato, studioso, apostolo: semina, forma uomini pii, religiosi, ordinati, studiosi, apostoli.
Succede invece l'opposto quando si tratta di chi non è pio, religioso, ordinato, apostolo.
Chi vive appena appena da buon cristiano, difficilmente darà alla Chiesa sacerdoti e religiosi.
Il buon educatore si forma in un amore soprannaturale e retto: mai con le simpatie o le antipatie.
Dice . Alfonso de Liguori: questo è il vero amore al corpo: negargli sopra la terra quanto è illecito secondo lo spirito, in ordine all'eternità; ed assoggettarlo alla fatica ed alla mortificazione per procurargli gli eterni gaudi.

Bonum certamen

Il fine della mortificazione è positivo, cioè cooperare nella giusta direzione.
Il nome suona quasi mortuum facere, cioè stabilire la volontà regina e che possa dirigere l'occhio, come la memoria, la lingua come la fantasia; ora direttamente ora indirettamente; come fossero cadaveri che non si oppongono.
Tre massimi beni avremo dalla mortificazione se retta: salvezza, perfezione, apostolato.
Le varie denominazioni con cui è indicata la mortificazione chiariscono il concetto, la necessità, il fine.
Nella Sacra Scrittura prende molti nomi: rinunzia «qui non renuntiat...»; abnegazione «abneget se metipsum»; mortificazione «Si autem spiritu facta carnis mortificaveritis»; morte «mortui estis»; seppellimento «consepulti», spogliamento «expoliantes vos»; lotta «bonum certamen».
Ogg si sentono spesso: riforma, governo di sé, distacco, educare la volontà, rivestirsi di Dio, vivere in Cristo, orientarsi verso Dio; sforzo, sacrificio, vigilanza.
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Apostolato

Questa è la nostra penitenza costruttiva, per noi e per le anime.
La tendenza all'ozio, od almeno alla negligenza ed al torpore nell'operare è accidia. Non è da confondersi con un cattivo stato di salute. È invece una malattia della volontà. L'accidioso vuole schivare ogni pena e quanto richiede fatica. Guai a chi lo tocca su tal punto! - Indolente, tiepido, pigro, indifferente, secondo i casi. «Succide ergo illam (ficulneam), ut quid terram occupat?» (Luc. XIII, 7). «Omnis arbor, quae non facit fructum bonum, excidetur et in ignem mittetur» (Matt. III, 10; VII, 19).
Il lavoro preserva da molti vizi e pensieri inutili o cattivi. La pigrizia invece ne è il covo. Dice la Sacra Scrittura riguardo all'uomo pigro:

«Passai accanto al podere di un neghittoso e presso al vigneto di un uomo privo di senno: ed eccoli pieni di erbacce;le ortiche ne coprivano la superficie, ed il muricciolo di pietre giaceva demolito. A quella vista io riflettei: quello spettacolo fu per me una lezione. Un po' sonnecchiare, un po' dormire, un po' con le mani in mano per riposare; e ti sopraggiunge, come un vagabondo, la miseria e l'indigenza come un accattone».

(Prov. XXIV, 30-34).


Pedagogia interna

La pedagogia cristiana tiene conto di tutto: costituzione fisica, temperamento, carattere, tendenze morbose. Essa è fondata sopra la triplice virtù: umiltà, amore a Dio, amore al prossimo. L'educatore delle masse è assai meno efficace che l'educatore degli individui. Una medicina comune poche volte serve per tutti. La specializzazione è particolarmente necessaria nel periodo della pubertà; ed in materie delicate.
Perciò tanto si raccomanda la Direzione spirituale.
Inoltre occorre la consegna. Passando i Nostri dall'uno all'altro reparto, da una all'altra casa, da un periodo della formazione ad altro superiore (esempio da aspirante a novizio), od anche da ufficio ad ufficio, giova una fedele ed accurata relazione comprendente i vari punti: spirito, studio, disposizioni, apostolato, povertà, ecc. affinché l'individuo sia meglio aiutato e riceva una uniforme e continuata formazione. Ciò sempre paternamente. In tale consegna è da tenersi conto della volontarietà e capacità intellettiva; insieme alle altre cose.
Nelle nazioni in cui è prescritto il libretto biotipo personale, sia per lo studente che per l'apprendista, che è una piccola biografia, giova richiederla nelle accettazioni. Tutto questo in carità, per fare, cioè, il massimo bene ad ognuno.
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La pazienza

«Convertimini ad me in toto corde vestro, in jeiunio et fletu et planctu. Et scindite corda vestra, et non vestimenta vestra, ait Dominus omnipotens» (Joel. II, 12-13).
È la virtù che ci fa sopportare con pace, per amor di Dio ed in unione a Gesù Cristo le pene fisiche o morali.
Tutti hanno sufficienti pene per farsi santi e schivare il purgatorio se praticassero la pazienza cristianamente, non ribellandosi: non per cupidigia, interesse o vanagloria.
Il dolore è un educatore, è una fonte di meriti, è forza che rafforza.
Soffrire in Cristo, per compiere la passione di Gesù Cristo; e nella Chiesa, per la salvezza delle anime, di tutte le anime.
Umanamente parlando: non aggravare i mali, raccogliendoli tutti nella fantasia: passati, presenti e futuri; ma sufficit diei malitia sua.
Del passato ricordare solo i beni ed i meriti fatti nella pazienza: una calunnia, un torto, un dispiacere ci pungono soltanto se si ripensano di nuovo. Per l'avvenire? Non sappiamo se questi mali verranno ed in quale forma; sappiamo solo che ancora non sono venuti, se e quando verranno, avremo anche con noi la grazia.
La pazienza ha molti gradi: grande è la distanza di chi appena vi si rassegna a chi invece è assetato di sofferenza. Esempio: S. Giovanni della Croce aveva tanto sofferto nello spirito e nel corpo; calunniato, perseguitato, tenuto come in carcere, ridotto alla fame, al freddo, a conseguenti malattie. Interrogato da Gesù: «Giovanni, quale mercede desideri?». La risposta fu questa: «Soffrire ancora ed essere disprezzato per Te».
È sempre poco quel che si ha da soffrire in confronto di quanto sarà il premio in paradiso, dice S. Paolo.
«Tutto era perduto, onore, denaro, amicizie; ma ho trovato il Tutto, Dio, nell'umiliazione». Ecco la frase di un convertito.

Salus mentis et corporis

Quanto si santifica l'anima altrettanto si fa per il corpo. La santità si accresce con i Sacramenti, i sacramentali, l'orazione.
Si accresce con la fede, la meditazione, l'esame di coscienza, le elevazioni a Dio, i pii sentimenti, le alte aspirazioni.
Si accresce con le virtù teologali, cardinali, religiose, morali.
Si accresce con le fatiche dell'apostolato.
Si accresce con la mortificazione, la penitenza, la verginità.
Che splendore per i giusti! «Fulgebunt sicut sol»: i profeti, gli apostoli, i martiri, i confessori, i vergini, i penitenti, i religiosi, i veri cristiani.
Ogni volta che il corpo obbedisce allo spirito vi è un accrescimento di gloria. «Espectantes redemptionem corporis nostri» (Rom. VIII, 23).
In questo sta il vero amore al corpo: Abstine a malo, sustine in bonum. Ma quando per Dio si ha il ventre, per soddisfazione l'ozio o la lussuria... che terribile carnefice diviene l'anima per il suo corpo! I Martiri neppure la morte temettero, secondo l'avviso di Gesù Cristo: «Non temete coloro che uccidono il corpo; perché dopo di questo non avranno più potere contro di voi; temete piuttosto Dio che può dopo la morte condannare anima e corpo all'inferno». - Il giudizio finale lo svelerà.
«Castigo corpus meum et in servitutem redigo, ne cum aliis praedicaverim ipse reprobus efficiar».
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Mens sana in corpore sano

È dovere conservare la salute con una cura ragionevole, non irragionevole. «Non est census super censum salutis corporis» - Non vi è prezzo che valga la salute del corpo, dice lo Spirito Santo (Eccli. XXX, 16). È chiaro: essa è grande talento datoci da Dio: ed a noi sta il compito di conservarla con intelligenza; e farla servire alla nostra santificazione, allo studio, all'apostolato, alle anime.
S. Paolo ci dà un principio chiaro: «Non sapete che i vostri corpi sono membra di Gesù Cristo? Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo?»
Nella Famiglia paolina, certe ricreazioni, non tutte certo, possono essere ridotte in vista del movimento che si fa nell'apostolato; esempio: stare alle macchine, far propaganda, ecc.
In ogni caso, ogni ginnastica e ricreazione non siano soltanto indirizzate a formare gambe e braccia solide; ma specialmente a sviluppare gli organi e le funzioni principali dell'esistenza: i polmoni, il cuore, la circolazione, la digestione, la respirazione, ecc.
La pulizia si estenda a tutta la persona, perciò la necessità di bagni; pulizia specialmente alle mani, collo, orecchie, piedi, unghie, denti, ecc.
Ovunque abbondanza di aria, di luce, di acqua.
Il letto non sia né troppo morbido né troppo caldo.
Esigere posizione conforme a salute ed alla buona educazione: in chiesa, a studio, a tavola, a letto, ovunque.
Una giusta disciplina del corpo serve a conservarlo più a lungo ed a renderlo più agile, più resistente, più docile alla volontà.

Medico di te stesso

Sorveglia te stesso! nessuna sapienza di medico può valere le tue esperienze per il tuo corpo.
Sorveglia te stesso! nessun Direttore spirituale è sufficiente se tu non impari dalla tua storia, che è maestra del tuo retto vivere.
Il tuo esame di coscienza per lo spirito e le considerazioni sul tuo corpo è sempre necessario.
Ti regolerai nel lavoro, nella nutrizione, nel riposo, ecc.
Ti regolerai nel sorvegliare gli occhi, l'udito, la lingua, le relazioni, la lettura, le amicizie, ecc.
Si pratica la prudenza che tutto esamina, rettamente giudica, con fortezza eseguisce. Esempio: se un cibo fa male si lascia, per quanto la gola lo appetisca.
«Qui medice vivit, miserrime vivit»; chi moltiplica in esagerazione medici e medicine, e mai ne è soddisfatto, e per ogni piccolo disturbo si preoccupa, conduce vita miserabile. Ugualmente si dica delle cose spirituali: per non diventare scrupolosi, per non essere «puer centum annorum».
Per lo spirito giovane ci vogliono forti convinzioni.
Per guarire più facilmente dai mali ed acquistare resistenza alla fatica, la volontà ha un grande ruolo. L'accasciamento, l'indecisione, l'afflosciarsi, una precoce vecchiaia, il pessimismo sono già malattie di per se stesse.
Un sano ottimismo nei pensieri e nelle iniziative, poggiato sopra Dio, la bontà della causa, la cooperazione, le proprie grazie e risorse naturali e soprannaturali accompagni sempre la vita.
Essere volitivi!
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Scelta del medico

Corpo ed anima sono interdipendenti: perciò ogni individuo deve considerarsi nel suo complesso, «nella sua costituzione psico-psichica».
Un medico di sani principi morali e competente professionista; un medico che possibilmente abbia acquistato conoscenza della famiglia (il così detto medico di famiglia), conoscenza dell'ambiente, dell'istituto, per esempio, delle condizioni di vita, di lavoro, di spirito. Se sa le debolezze costituzionali del paziente, le anomalie, diatesi ereditarie, lo sviluppo (fino a 18 anni) il genere di vita cui aspira, se ne ha fatto costanti osservazioni, distinguendo tra floridezza apparente e reale, temperamento, carattere, reattività, ecc. potrà assai più facilmente prevenire, guidare, curare.
«Oggi soprattutto moltissimi medici trascurano il principio che non si può curare il corpo senza curare l'anima; né si può curare l'anima senza curare il corpo. Ogni sintomo è fisico e psichico assieme. L'umanità e la religiosità di un medico è spesse volte assai più efficace che la sua erudizione».
Mutare troppo facilmente medico può essere rovinoso, come accade per il mutare leggermente confessore.

Proficiebat aetate, sapientia et gratia

Eleviamo un sentito ringraziamento al Signore delle scienze per avere illuminato le menti di uomini studiosi, a trovare nuovi mezzi di salute e di cura: nutrizione, prevenzione, medicina, chirurgia. Sono benemeriti verso l'umanità. Così le statistiche ci dicono, che, in Italia, la media durata della vita dell'uomo è passata da 34 a 47 anni; particolarmente per la assai diminuita mortalità tra i bambini.
Utilizzare i suggerimenti e rimedi è cosa di buon amministratore del prezioso tesoro della salute. Per questo ad Albano Laziale, le Figlie di S. Paolo hanno preparato la casa di cura «Regina Apostolorum»; le Pie Discepole e la Pia Società S. Paolo l'hanno costruita a Sanfrè (Cuneo).
Crescere in età è la base: occorre aggiungere in sapienza e grazia in Cristo. Se ogni momento di tempo è prezioso, cosa dire se la nostra vita si prolunga di mesi ed anni? - Sono concessi per lo stesso fine per cui è data l'intera vita, «conoscere, amare, servire Dio, per l'aumento di merito e gloria in cielo».

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«Deus... interius exteriusque custodi, ut ab omnibus adversitatibus muniamur in corpore, et a pravis cogitationibus mundemur in mente».

Preghiera

O Signore, che mirabilmente hai creato e più mirabilmente hai redento la nostra anima ed il nostro corpo, infondici la luce, la forza e la grazia del tuo Santo Spirito, perché santificato tutto il nostro essere, possiamo giungere alla gloriosa risurrezione.

Sac. Alberione

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Dopo la visita di Febbraio alle Case d'Italia

Ho trovato tanto progrediti i vocazionari, quasi tutti. Ringraziamo il Signore!
Molto aiuto ha dato ad essi Casa-Madre, col denaro dell'ex cartiera e col cedere diverse collane alla Casa Generalizia per i piccoli vocazionari.
Vedo che si ha cura di tutte le quattro parti: pietà, studio, apostolato, povertà; benché con alcune diversità.
Da notarsi specialmente lo spirito più sentito di unione tra le varie case; e di queste con la Casa Generalizia. Contribuiscono: gli aiuti materiali più frequenti tra casa e casa; l'Ufficio Edizioni che dalla Casa Generalizia sceglie e distribuisce i nuovi libri, incoraggia e dà suggerimenti per la tecnica sempre in progresso; i frequenti ritiri mensili del Primo Maestro ad ogni casa; l'uso del libro comune delle preghiere (ultima edizione).
Ancora più decisamente i Maestri si dedicano ad orientare i giovani, sin dall'entrata nell'Istituto, verso la vita religiosa, con la formazione della povertà, culto alla purezza, obbedienza.
Mi è rimasto impresso quanto segue:
«Abbiamo molti giovani aspiranti abbastanza buoni; ma pochi sono i virtuosi. Perciò non so quale garanzia presentino di perseverare. Mi sembra che abbiano osservato i comandamenti... Ma se si proponesse il Si vis perfectus esse chiaramente, come fece Gesù al giovane ricco, molti si ritirerebbero».
Sottoscrivo queste parole di un bravo Maestro dei giovani. Aggiungendo: avviamoli gradatamente e amabilmente alla conoscenza, all'amore, alla pratica delle virtù: povertà, castità, ubbidienza. Con la carità, forte e soave, facciamone dei giovani virtuosi, dei paolini.
Teniamo presente che è con noi, sempre più con noi, la nostra Regina, Madre e Maestra.

A San Giuseppe chiedo questa grazia: che si salvino tutti i membri delle Famiglia paoline: Nostri e Suore; e che ad essi venga abbreviato il purgatorio, se mai vi cadessero.
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SAN GIUSEPPE INTIMO

S. Giuseppe ci insegna tante cose, ma ce le insegna... se le abbiamo dentro di noi.
Questo Santo non lo possiamo conoscere, per così dire, dal di fuori, perché poco ci dice il Vangelo di Lui.
La sua figura si chiarisce nella luce di Gesù. Con Gesù in noi possiamo rappresentarci la figura di San Giuseppe in quella sua particolarissima posizione, e quindi in quella santità tutta speciale, in cui l'ha voluto il Signore.
Del resto è sempre così in tutti i casi. Non conosceremo nessun santo, nella sua forma di santità, se non ci illuminasse lo Spirito di Dio.
Il Divin Maestro ha detto anche a noi come a Zaccheo : «Affrettati a discendere, perché voglio alloggiare in casa tua».
E' un invito che si ripete anche in questo momento...
Dobbiamo discendere nella profondità della nostra anima, perché questa è la dimora del nostro Dio, ed ivi restare col Signore.
Allora tutto si illumina, tutto, e si capisce anche come S. Giuseppe abbia potuto giganteggiare, nel suo nascondimento, per umiltà e fede.
Il nostro Santo stava alla presenza di Dio, posseduto nella fede, perchè la visione umana del Verbo Incarnato non chiariva abbastanza, anzi poneva l'accento sul mistero della sua vita e della sua missione.
Non so se San Giuseppe fosse un mistico secondo il concetto odierno della teologia, ma certamente realizzava l'unione divina «vivendo per Dio».
Si può dire di Lui, in particolare, ciò che il Philipon afferma per i santi in generale : «La sua fede luminosa e incrollabile gli faceva vedere tutte le cose nella luce del Verbo; la speranza lo stabiliva in anticipo nel possesso inalienabile delle ricchezze trinitarie; il suo amore sembrava identificarsi con quel riposo beatificante ove Dio trova in se stesso compiacenze ineffabili; la sua giustizia era una volontà invincibile di dare onore e gloria a Dio ovunque e sempre; la prudenza gli discopriva la Provvidenza sovrana che dirige e governa l'universo, regolandone anche i minimi particolari; la sua forza, trionfatrice e dominatrice di tutte le umane agitazioni, lo avvicinava all'immutabilità di Dio». Egli era puro : di quella purezza inaccessibile che isola l'Essenza divina da ogni contatto col creato".
Impariamo dunque l'esercizio della presenza di Dio e chiediamo, per intercessione di San Giuseppe, lo spirito di fede.
«L'esercizio della presenza di Dio - afferma ancora l'Autore citato - non è riservato alle sole anime contemplative; la grazia del battesimo mette la Trinità Santa in ciascuna delle nostre anime... Basta aderire a Lui con la fede, la carità, la pratica delle virtù cristiane».
Non occorre, per vivere alla presenza di Dio, tenere gli occhi chiusi e prendere un fare compassato. Noi, invece, dobbiamo tenere gli occhi ben aperti e rendere con i nostri atti - che si traducono in opere di apostolato - una continua lode al Signore.
«L'essenziale sta nell'intenzione che bisogna custodire rivolta sempre a Lui, quanto più attualmente è possibile. E proprio qui comincia la differenza fra i santi e noi. I santi in tutte le loro azioni cercano la gloria di Dio, mentre noi, forse, non sappiamo trovare Dio neppure nell'orazione perchè immaginiamo che la vita spirituale sia qualche cosa di inaccessibile.
"La vera mistica - la mistica di tutti i santi - è quella del santo Battesimo, con lo sguardo alla Trinità e col sigillo del Crocifisso, cioè nella via ordinaria della croce quotidiana» (Philipon - La dottrina spirituale di Suor Elisabetta della Trinità).
S. Giuseppe ha qualche cosa da dirci quest'anno in particolare.
Gli facciamo prestare le parole da S. Giacomo, ma è Lui che parla per noi. Disponiamoci in serenità e libertà di cuore.
«Chi è sapiente e scienziato tra voi ? Lo dimostri colla bontà della vita, colle sue opere fatte con quella mansuetudine che è propria della sapienza. Ma se avete nei vostri cuori amara gelosia e dissensioni, non vi vantate per non mentire contro la verità. Perché non è questa la sapienza che scende dall'alto, questa è sapienza terrena, animalesca, diabolica. Dove infatti è gelosia e dissenso, ivi è scompiglio ed ogni azione malvagia. Invece la sapienza che vien dall'alto prima di tutto è pura, poi è pacifica, modesta, arrendevole, da retta ai buoni, è piena di misericordia e di buoni frutti, aliena dal criticare e dall'ipocrisia. Or il frutto della giustizia è seminato nella pace da coloro che procurano la pace» (3, 13-18).
Ascoltiamo San Giacomo guardando San Giuseppe.

Fr. Claudio

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