Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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[?, 12-7-1955]



L'AGGIORNAMENTO


Parliamo del cosiddetto "aggiornamento".
E prima di tutto mettiamolo sotto la protezione di S. Paolo, il quale tendeva sempre in avanti e cioè: sempre maggior amore a Gesù, sempre un più ampio apostolato, sempre mirando a un posto più alto in cielo. La parola aggiornamento può essere intesa in diverso modo, ma nel nostro caso dovete intenderla nel senso di progresso.
Il punto principale in cui dovete aggiornarvi è lo spirito.
Quanto invece alla parte che riguarda lo studio, avete progredito, sebbene abbiate ancora da progredire. Quanto alla parte che riguarda l'apostolato, avete progredito e tendete a progredire. Quanto alla parte della educazione umana, povertà, avete progredito e avete ancora da progredire. In questi tre punti si tratta di progresso.
Quanto alla prima parte, la parte spirituale, si tratta davvero di aggiornamento. Bisogna dire, infatti, che in generale prima vi erano virtù più forti che non attualmente. Allora aggiornarsi davvero, cioè riprendere lo spirito che vi era.
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Questo riguarda quattro punti: la fede, cioè "lo spirito di fede"; lo spirito di povertà; la delicatezza, specialmente riguardo la carità; e poi la obbedienza più cieca.
Parlare di aggiornamento può anche portare dei pericoli: cioè intendere male il significato della parola "aggiornamento".
I pericoli sono tre:
1) Voler riformare innanzi tutto gli altri e non noi; 2) voler riformare il non riformabile; 3) non voler invece riformare ciò che deve essere riformato.
Il primo pericolo è quello di voler riformare prima gli altri. C'è sempre stata nella Chiesa questa tendenza che si riflette anche negli Istituti. Si vorrebbe cambiare l'Istituto in certe cose, si vorrebbe che gli altri facessero meglio. Invece dobbiamo pensare che l'Istituto cammina bene se camminano bene i singoli.
Non c'è da dubitare che l'Istituto abbia delle belle Costituzioni, che portano alla santità e sono una via per portare a fare un apostolato largo, fruttuoso. Ma ciò di cui si deve dubitare è che non tutti i membri facciano abbastanza bene. Voglio dire: l'Istituto è una società, cioè un corpo morale. Che cosa avviene in un corpo, quando stanno bene e il cuore e i polmoni;
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quando stanno bene gli occhi e sta bene il braccio; quando stanno bene le singole membra? Si dice: quella persona sta bene. Ma quando in un corpo sono ammalati i denti e gli occhi, e i polmoni non fanno bene tutta la loro parte, il corpo è malato. E quando non si sta bene in un membro (per es. una ha forte mal di denti), sebbene stia bene in tutte le altre membra, tuttavia dice: Mi sento male, non ho potuto riposare. Qualche volta bastano pochi individui in una comunità per far star male. Qualche volta c'è la pace in una casa; giunge un carattere un po' difficile e poco tempo dopo in tutta quella casa la pace diminuisce; non vi è più la serenità di prima. Vi è poi chi ha l'abitudine di contraddire. Basta che si dica bianco, perché essi dicano nero, e se si dice nero essi dicono bianco. Nella Chiesa di Dio c'è sempre stata questa tendenza. Gli eretici sono partiti dal voler riformare la Chiesa. Invece i veri riformatori, come S. Carlo Borromeo, S. Francesco d'Assisi, S. Ignazio, S. Giovanni Bosco, hanno riformato prima se stessi: di riflesso poi è venuto il loro esempio, la loro predicazione. Hanno potuto dire: "Fate come faccio io". Ecco la riforma. E questa riforma è entrata. Ma quando si va contro l'autorità, specialmente la autorità ecclesiastica, religiosa, allora la vita
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non è più esemplare; di fatto si fa più male che bene.
Ognuna deve riformare se stessa, ognuna deve tendere ad essere migliore, ad essere vera paolina. Il mezzo è questo: più devozione alle Costituzioni. La riforma come Istituto, deve basarsi su questo punto: leggere meglio, meditare, applicare e praticare le Costituzioni nella lettera e nello spirito. Il culto della Regola. In sostanza, ognuna essere migliore paolina. Se una è ottima paolina, e l'altra ottima paolina, il corpo morale che è la Congregazione è ottimo, e diventa un membro vivo e operante nella Chiesa.
2) Il pericolo di voler riformare il non riformabile. Vi sono delle cose che non si devono riformare. Purtroppo c'è la tendenza a dire: – Oggi non deve essere più così: l'educazione è diversa; voi vecchie siete state educate male, ecc. – Mi pare che prima si debba esaminare se le anziane sono sempre imitate dalle giovani. E ricordare i sacrifici che esse hanno fatto quando si è iniziato l'Istituto, la loro dedizione generosa, il loro spirito di fede. – Non è più così! – Che cosa non è più così? Il Vangelo? È ancora lo stesso; si deve ancora sempre ritornare al Vangelo. Quando in principio vi erano dubbi sulla istituzione, ricordo bene che il Vicario
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generale di Alba mi disse: – Andate bene, perché avete le cose vecchie, vivete sul Vangelo, su S. Paolo; non avete novità che sorprendono nella Chiesa, ma volete solo vivere meglio il Vangelo. – Ecco: questo è lo spirito. Trovate qualche cosa da riformare nel Vangelo? "Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". E non vi è sempre nel Vangelo il duplice comandamento: "Ama il Signore con tutta la tua mente, con tutto il cuore, con tutte le forze, sopra ogni cosa e il prossimo come te stesso"? E non vi è sempre nel Vangelo: "Andate e predicate"? Possiamo forse strappare la pagina del Vangelo dove ci sono le Beatitudini?
Il non riformabile: ad esempio questa separazione, questa distinzione, questa "clausura" nel senso delle Costituzioni; non siete un Istituto di vita claustrale, ma la clausura ci deve essere e si deve osservare. Non dovete allacciare relazioni non conformi alla vostra vita religiosa. Non dovete, a motivo delle relazioni che avete, sospendere gli orari e le occupazioni e specialmente le pratiche di pietà. Gli uomini stiano con gli uomini; le donne stiano con le donne. – Ma è benefattrice, è benefattore! – È benefattrice e benefattore colui che anzitutto rispetta il vostro spirito, rispetta le vostre Costituzioni, perché altrimenti, pur essendo un
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benefattore e una benefattrice, è un malfattore riguardo al vostro spirito.
Non voler riformare ciò che non si deve riformare. La povertà è sempre la stessa.
3) Prendere posizione e non voler riformare il riformabile. Ci sono delle cose da riformare. Ce ne sono sulla povertà; ce ne sono sull'obbedienza, che spesso tenta di diventare un ragionamento; ce ne sono quanto allo studio. Ebbene non bisogna che prendiamo posizione: quello non bisogna toccarlo; quello va bene così. Se è difettoso bisogna ritoccarlo. Se dipingete un bel quadro e in un certo punto c'è un difetto, bisogna correggerlo. Se la Madonna è dipinta in un atteggiamento che non esprime la maggior virtù, quello bisogna ritoccarlo: il pittore dia mano al suo pennello e corregga il quadro.
Ora veniamo al punto da riformare. Riguardo allo spirito, ho detto quattro cose: la povertà, la delicatezza nella carità, l'obbedienza e lo spirito di fede.
Dobbiamo ricordare come erano le prime Figlie di S. Paolo, le quali hanno tanti meriti. Vivevano di fede! Nulla vedevano! È allora che vale la fede, perché fede è credere ciò che non si vede. Non vedevano come si sarebbe sviluppato l'Istituto; non vedevano neppure se sarebbe
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stato approvato; se si sarebbero superate le difficoltà che potevano incontrarsi in società e presso le autorità. Nulla vedevano, eppure parlavano di come si sarebbe sviluppato l'Istituto, le vocazioni e il moltiplicarsi delle opere. Credevano! E in questa fede sono state ferme e fedeli. E sentendo dire che un giorno avrebbero fatto i loro voti come religiose vere, incominciarono a farli privati e così si esercitavano e si preparavano con le virtù ad emettere un giorno i voti religiosi. E il Signore che fa le cose sempre a tempo, il Signore, il quale non precipita, ma sviluppa le cose secondo la natura e secondo la grazia, il Signore non ha mancato di premiare la loro fede. Se la pianta è piccola, non bisogna pretendere che cresca in una giornata! Si dice invece: questa è piccola, ma crescerà e un giorno allargherà i suoi rami e verranno le foglie, i fiori, i frutti.
Quanto è importante lo spirito di fede nelle cose che si dicono! Non siete ancora in tutto il mondo. Non c'è ancora possibilità di aprire "centri paolini" in città grandissime! Ma se c'è la fede, se si crede, a misura di questa fede, si vedrà! Beati quelli che non vedono, ma credono. Fede! Fede che compiendo quei doveri quotidiani, piccoli, l'anima si arricchisce di meriti. E tanto vale, in ordine al Paradiso, che sia scrittrice, o sia sarta, o sia cuoca. Anzi
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chi è in un ufficio più umile, ha minori difficoltà da vincere in se stessa: non è così facile che sia tentata di orgoglio. Fede che quelle nostre opere così piccole, nascoste, opere che gli uomini direbbero trascurabili, di nessun valore, producano frutti di vita eterna. "Non sunt condignae passiones huius temporis, futurae gloriae quae revelabitur in nobis".
Poi la povertà. Subentra questa interpretazione falsa della povertà: si vive poveramente finché non si hanno dei beni. Appena si può avere, allora si incomincia a ragionare: e per essere più moderne; e per avere maggior decoro; e perché gli altri fanno così... E adorna, e aggiungi... E questo me lo hanno dato... E quello se lo procurano...
Esaminatevi se c'è la devozione alla povertà. È vero: bisogna aver riguardo alla salute. Ci vuole un po' di aggiornamento in quanto che la salute, essendo in generale più debole, richiede che ci siano più aiuti. Ma lo "spirito di povertà", deve essere sempre uguale. Quale fu la tendenza di Gesù? La santità non sta anche oggi nella imitazione di Gesù? Gesù che cos'ha cercato? Le cose più povere. Dal presepio, (una grotta) alla croce, (un legno duro e scomodo per morire); al sepolcro non suo! In generale la povertà deve essere praticata meglio. Leggete il libro del Maestro Giaccardo su questo
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argomento: povertà che si priva; povertà che produce; povertà che provvede; povertà che eleva verso i beni eterni: sempre più assetate di beni eterni. Amate le vere ricchezze che sono quelle celesti!
Poi la delicatezza sulla carità. Con facilità si fanno passare i difetti da una casa all'altra. Se ne parla e alle volte si ingrandiscono. Cosa ci dice la carità? Quella carità che è paziente, che considera gli altri come superiori. "La carità è paziente, benigna... non pensa male, ecc.".
E sull'obbedienza? C'è una tendenza sempre più spiccata a ragionare, a giudicare le disposizioni, gli indirizzi. Questo ci toglie tanti meriti. Facciamo l'obbedienza anche quando a prima vista non comprendiamo. "Imitamini Dei sicut filii carissimi". Cambiarci da uomini in figli di Dio! Il primo atto da farsi quando si riceve una disposizione, un indirizzo, un orario è il "sì". Oh, i "sì" quante anime santificano! "Ecce ancilla Domini!". È un grande "sì" da imitarsi. "Non mea, sed tua voluntas fiat": non sia fatta la mia, ma la tua volontà.
In sostanza l'aggiornamento deve consistere in questo: vivere meglio Gesù Cristo: "Vivit vero in me Christus". Questa è una elevazione! Dio si è fatto uomo, perché l'uomo diventasse Dio. Vivere in Gesù Cristo.
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