Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, 22 ottobre 1966
OSSERVANZA DELLA POVERTA'
Meditazione del Primo Maestro alle Professe Perpetue4
Sono passati ormai i due terzi del mese del Rosario. In quest'ultima parte il Rosario sia recitato bene, con la meditazione dei misteri. Da ogni mistero si ricavi una verità da credere, una virtù da praticare, una grazia da chiedere, se si vuole recitare bene il Rosario, specialmente durante la ora di adorazione. Certamente si ricaverà maggior frutto così. Ci sia in primo luogo l'aumento di fede in noi; secondo: l'imitazione di Maria e di Gesù Cristo; terzo: la domanda di una grazia particolare.
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Oltre alle grazie per noi, chiedere grazie anche per l'Istituto. Siamo membri di un Istituto, ed è necessario vivere socialmente, evitando ogni individualismo, ed ogni egoismo.
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Quando uno si mette quasi da una parte, coltivando il proprio io e curando il proprio comodo, allora è nell'Istituto, ma non partecipa all'Istituto. Perde i meriti della vita sociale. Occorre invece sentirsi in famiglia, e nella famiglia contribuire ciascuno secondo ciò che può dare.
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Quando vi è buona salute, quando si è in tempo per operare, è dovere operare. E il contributo all'Istituto si deve dare dal primo giorno in cui uno entra a farne parte, fino all'ultimo momento della vita. Anche quando si fosse gravemente inferme, si è ancora tenute a dare all'Istituto. Non si potrà più dare il lavoro, ma si può dare l'offerta della sofferenza e della preghiera.
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A questo riguardo, sentite la presenza della Prima Maestra Tecla in mezzo a voi. Sentitela presente: come ella insegnò con la parola e con l'esempio, fino all'ultimo momento della sua vita. Sentitela presente, non solo per invocarla, ma, soprattutto, per imitarla.
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Meditando i misteri del Rosario, in questo tempo insistere sopra il primo voto: il voto di povertà.
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Pensare a Maria che fu così modesta e operosa nella sua vita. Ella compiva i lavori necessari per la sua famiglia: coltivava l'orto, faceva il pane, filava. E ciò fino a quando accompagnò Gesù sul Calvario; poi continuò a circondare con le sue cure gli Apostoli. In questi ultimi dieci giorni di ottobre chiedere la grazia di osservare veramente il voto di povertà.
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La povertà ha due parti. La prima è: dare all'Istituto; la seconda: accettare le mortificazioni inerenti alla povertà, nello spirito dell'Istituto. Questo si faccia in tutta la Congregazione, in tutte le Case della Congregazione; e in tutte le Case si tengano presenti tutte le attività di apostolato.
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Perché si mette in primo luogo il voto di povertà?
Perché quando c'è la povertà, più facilmente si domina la carne, e quindi si pratica il voto di castità; e con la povertà più facilmente si rinunzia al proprio io, e quindi si vive il voto di obbedienza. Quando siamo distaccati dalle cose della terra e dal nostro io, Dio vive e domina in noi.
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A volte di fronte alla Comunione c'è troppa superficialità. E' necessario entrare nello spirito di Gesù, capire come Egli è nato in una stalla e fu posto in una greppia. Ecco l'estrema povertà. Noi invece vorremmo essere comodi, soddisfatti in tutto, avere tutto quello che ci piace; e quando si è un po' avanti negli anni vien voglia di dire: " Ora posso riposare ". Il riposo verrà in Paradiso. Finché siamo sulla terra dobbiamo lavorare, e operare fino all'ultimo momento. Quando non si potrà più lavorare, si potrà sempre offrire. Si può offrire la sofferenza, e in questa offerta c'è una ricchezza di meriti e di preghiera per tutto l'Istituto.
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E' necessario esaminarsi se vi è l'osservanza della povertà individuale e sociale.
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Il Signore dà alle volte delle lezioni per farci meditare e imparare ciò che è da farsi e come è da farsi. Ci sia una povertà personale, individuale; ma ci sia anche una povertà sociale dell'Istituto.
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Imitare Maria. Ricordate le nozze di Cana? Maria ottenne che Gesù cambiasse l'acqua in vino. Ma Maria non chiese ciò per sé, lo chiese per gli sposi. E' necessario che ciascuna pensi, più che a sé, all'Istituto. Bisogna concentrare le forze, sentirsi bene unite, tutte. E nessuna rifiuti ciò che ancora può fare. Anch'io - e devo dirlo - alle sei del mattino vado ancora ad Albano a far scuola. Potete fare anche voi, alla vostra età, qualche buon lavoro.
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Vi è l'inclinazione ad usufruire dell'Istituto. Occorre invece dare all'Istituto. Con l'apostolato delle vocazioni si portano all'Istituto le persone; ma assieme occorre portare il contributo per la vita dell'Istituto, per il mantenimento delle vocazioni. Occorre dare il contributo imposto dalla povertà, sarà lavoro quando ciò è possibile e quando non si potrà più lavorare in piedi, si lavorerà da seduti. Si accetti volentieri tutto quello che viene assegnato da chi guida l'Istituto.
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Non ci siano dispersioni: né all'interno dell'Istituto, né all'esterno. Bisogna concentrare, operare per l'Istituto, secondo povertà. Ognuna senta la propria responsabilità, specialmente in questo momento di particolari necessità. Se si praticherà la povertà, certamente il Signore vi aiuterà e l'Istituto si svilupperà sempre di più.
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Sentire la propria responsabilità, specialmente da chi ha fatto i voti perpetui, o è più avanti negli anni. Operare sempre, secondo le proprie possibilità e dare così esempio di operosità e di osservanza della povertà.
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Facilmente troverete chi chiede il vostro aiuto, che prestiate il vostro servizio. Prima è necessario fare il lavoro dell'Istituto. Facilmente vi chiedono a vantaggio altrui: ma voi dovete cercare prima il vantaggio dell'Istituto. Vi chiedono due, quattro, dieci. Ma anche se vi chiedessero solo uno, quell'uno deve essere per l'Istituto. Capita poi molte volte che proprio chi è stato aiutato, critica l'Istituto.
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Ciascuna faccia il suo esame di coscienza.
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E in quest'ultima parte di ottobre consacrato al Rosario, chiediamo la grazia dell'osservanza della povertà, nella sua parte negativa, e anche nella sua parte positiva. Non si abbia alcuna pretesa per l'abitazione e per le mansioni; e si cerchi da tutte di produrre per l'Istituto.
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Il voto nella vita comune suppone si cerchi il bene comune. Altro è negli istituti secolari, in cui i membri fanno sì il voto di povertà, e talvolta anche con molto sacrificio, ma ognuno rimane libero di pensare a sé. Invece nella vita religiosa vissuta in comune, ci vuole una certa conformità nella vita quotidiana; è assieme vita religiosa e vita sociale: l'osservanza deve essere applicata nel modo adatto.
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Vi sono persone che capiscono molto bene il voto di povertà, e vi sono persone che non lo capiscono, e non lo capiranno neppure a 90 anni. Perché? Perché ci vuole più luce, più preghiera, per comprendere il dovere. Nel Rosario che si recita in questo tempo, si chieda questa luce per capire il voto di povertà. E non si sia facili a dare agli altri quello che invece spetta all'Istituto.
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Guardare a Maria, alla sua vita, anche in ultimo, dopo la morte di Gesù. Ella prese con sé Giovanni, un pescatore: anche questo vuol dire povertà. Vogliamo imitare la vita di Maria? la sua vita di povertà, di castità e di obbedienza totale al Signore? Ognuna mediti durante la Visita, e si domandi: " Che cosa devo fare per questo? cosa posso fare? Quello che ancora posso fare, sia la calza o lo scrivere, devo farlo. E' mio dovere occupare bene il tempo".
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Chi cerca solo il suo comodo, che vita religiosa vive?
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La vostra sia una vera vita religiosa. Utilizzate al massimo il tempo, dal mattino fino al riposo della sera. Il riposo è necessario, come è necessario il cibo; ma nel resto ognuna faccia il possibile per riempire la giornata di opere e di meriti.
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Vi sono molte fra di voi, qui e nelle Case, disseminate un po' in tutte le Nazioni, che veramente si sacrificano, lavorano, sono impegnate per l'Istituto nell'uso del tempo e nell'esercizio dell'apostolato. Persone che si sacrificano anche oltre le proprie forze. Da tutte si faccia tutto il possibile per spendere tutte le forze per il Signore.
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Vi benedica il Signore; vi conceda la sua grazia e tanta letizia. Vivete in fiducia, e specialmente ora, nell'osservanza della povertà, come virtù e come voto.
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State liete e abbiate fiducia nel Signore. Egli è con voi. Andate avanti, ricordando quale è stata la povertà della Prima Maestra Tecla, come ha operato fino a quando ha potuto, fino all'ultimo periodo della sua vita.
Tip.: Figlie di San Paolo - Roma, 25 - 10 - 1966 - Uso manoscritto
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4 Ottavo. In ultima pagina il tipo e data di pubblicazione: "Tip. Figlie di S. Paolo - Roma, 25.10. 1966". C'è la registrazione.