Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III
LA SOCIETÀ CIVILE
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LEZIONE XVI

50. Che cos'è la società civile?

La società civile è un insieme di individui che si uniscono per uno scopo comune, da conseguirsi mediante l'unione delle forze, sotto il governo di una legittima autorità. Essa è una unità organica, maturata dalla ragione e voluta dalla Provvidenzaa per il bene degli uomini.
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51. Qual è l'origine della società civile?

La società civile è di origine divina. Dio ha creato l'uomo socievolea, dandogli tendenze, necessità e insufficienze che lo spingono ad associarsi ad altri per il proprio perfezionamento morale e materiale.
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52. La società civile ha doveri verso Dio?

La società civile, essendo di origine divina, deve riconoscere in Dio il suo autore; quindi essa ha il dovere di conoscerlo e onorarlo con culto pubblico, di osservarne le leggi e aiutare gli individui a compiere i propri doveri religiosia.
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LEONE XIII: «L'uomo è spinto da intuito naturale a vivere nella società civile, perché egli non può, vivendone separato, provvedere a se stesso con la necessaria larghezza, né può procurarsi i mezzi necessari allo sviluppo delle sue facoltà mentali e morali. Perciò è divinamente ordinato che egli viva - in famiglia o in società - con i suoi simili in mezzo ai quali può provvedere ai suoi bisogni adeguatamente» (Immortale Dei, 1885a).
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LEONE XIII: «È chiaro che una società... ai molti e gravi doveri, che a Dio la stringono, deve assolutamente soddisfare con atti di pubblico culto. La natura e la ragione che intimano a ciascun individuo di onorare Iddio con animo rispettoso e devoto... la medesima legge impongono alla società. Infatti la società non dipende meno da Dio che i singoli individui che la compongono, né ha minori obbligazioni che quelli verso Dio medesimo, dal quale essa riconosce l'essere, la conservazione, e tutto quel cumulo immenso di beni, che ha nel suo seno» (Immortale Dei, 1885a).
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Pio XII: «Una dottrina o costruzione sociale, che rinneghi tale interna, essenziale connessione con Dio di tutto ciò che riguarda l'uomo, o ne prescinda, segue falso cammino; e mentre costruisce con una mano, prepara con l'altra i mezzi, che presto o tardi insidieranno e distruggeranno l'opera» (Messaggio natalizio, 1942a).
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Abramo Lincoln. - Questo illustre statista nordamericano fra le opposte circostanze della sua vita fu sempre guidato da una incrollabile fede in Dio, sebbene sia dubbio se intendesse la fede in senso prettamente cattolico. Creato presidente degli Stati Uniti (1861), in occasione dello scoppio della guerra civile, indisse «un giorno di pubblica preghiera, di digiuno e di ossequio a Dio per ottenere dall'Onnipotente la prosperità degli Stati d'America, la benedizione delle armate e una sollecita pace». Ricordò inoltre a tutti gli Americani che «il timor di Dio è il vero principio della giustizia» e dichiarò che la disciplina e il carattere delle forze nazionali dovevano temere più di ogni altra cosa il danno proveniente «dalla profanazione del giorno festivo e del santo Nome di Dio».
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LEZIONE XVII

53. Quante specie di società vi sono?

Ecco le principali divisioni delle società:
Universali: ad es. lo Stato e la Chiesa.
Particolari: ad es. commerciali, culturali, sportive...
Perfette: Stato e Chiesa.
Imperfette: la famiglia e altre società particolari.
Naturali: la famiglia e lo Stato.
Soprannaturali: la Chiesa.
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54. Quali sono gli elementi essenziali di ogni società?

Gli elementi essenziali di ogni società sono: i membri che la compongono, il fine comune da raggiungersi con l'unione delle forze, l'autorità che la regge e ne coordina l'attivitàa.
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55. Da che cosa è determinato l'ordine di precedenza tra le varie società?

L'ordine di precedenza tra le varie società è determinato dall'eccellenza, dalla necessità e dalla gerarchia dei fini. Così lo Stato è superiore alle società particolaria.
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LEONE XIII: «II sentimento della propria debolezza sospinge l'uomo a voler unire l'opera altrui alla sua... L'intuito di questa naturale inclinazione lo muove, come alla società civile, così ad altre particolari società, piccole certamente e non perfette, ma pur vere società» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «Tre sono le società necessarie, distinte e pur armonicamente congiunte da Dio, in seno alle quali nasce l'uomo: due società di ordine naturale, quali sono la famiglia e la società civile; la terza, la Chiesa, di ordine soprannaturale» (Divini illius Magistri, 1929a).
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LEONE XIII: «Tra le varie società corre grandissimo divario per la differenza dei loro fini prossimi. Il fine della società civile è universale, come quello che riguarda il bene comune a cui tutti e singoli i cittadini hanno nella debita proporzione diritto. Perciò è chiamata "pubblica"... Al contrario le altre società, che seguono in seno a quella, si dicono e sono "private", perché han per iscopo l'utile privato dei soli soci. Società privata è quella che si forma per condurre affari privati come quando due o tre si uniscono a scopo di traffico (S. Tommaso)» (Rerum novarum, 1891a).
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«Adoro la vostra divina Sapienza, o Maestro Divino. Avete voluto la società civile e la Chiesa indipendenti; ma con mirabile subordinazione. Avete voluto tra tutte le nazioni unione. Tutti figli di Dio; redenti dal medesimo Sangue; avviati alla casa paterna in cielo. Nella Civitas Christiana è il massimo benessere temporale ed eterno» (Via Humanitatis1).
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LEZIONE XVIII

56. Da chi trae origine l'autorità sociale?

Dio che ha voluto la società, è fonte degli elementi che la costituiscono e specialmente dell'autorità che regge e coordina le forze: «Non vi è autorità se non da Dio» (Rom. 13,1a). L'autorità, tuttavia, non può violare i diritti di altre società, e neppure i diritti dei singoli individui.
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57. Quali sono i doveri dei singoli verso l'autorità sociale?

I doveri dei singoli verso l'autorità sociale sono il rispetto deferentea e l'obbedienza ragionevole. Tuttavia non è lecito ubbidire quando essa comandasse cose contrarie alla legge naturale o divinopositivab.
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58. È lecito resistere all'autorità?

Non è lecita un'aperta ribellione alle autorità costituite; è però lecito adoperare mezzi onesti per la legittima difesa e la tutela del bene pubblico. Nel frattempo, si preghi e si pazientia, attendendo l'ora di Dio.
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LEONE XIII: «Alla convivenza civile è indispensabile l'autorità che la regga; la quale, non altrimenti che la società, è da natura, e per ciò stesso viene da Dio. Donde nasce che il potere pubblico in se stesso non può derivare che da Dio. Iddio solo è il vero e supremo signore del mondo, e a lui devono sottostare tutte le creature, e servirlo, in guisa che chiunque è investito della sovranità non d'altronde la tiene che da Dio massimo Signore. Potestà non è se non da Dio» (Immortale Dei, 1885a).
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LEONE XIII: «I cittadini siano soggetti e obbedienti ai principi come a Dio, non tanto per timore delle pene quanto per riverenza della maestà, e non già per motivo di adulazione, ma per coscienza di dovere» (Diuturnum, 1881a).
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LEONE XIII: «Se accade talvolta che la pubblica potestà venga dai principi esercitata a capriccio ed oltre misura, la dottrina della Chiesa cattolica non consente ai privati di insorgere a proprio talento contro di essi, affinché non sia ancora più sconvolta la tranquillità dell'ordine, e non derivi perciò alla società maggior danno. E quando le cose sian giunte a tal punto che non sorrida alcun'altra speranza di salvezza vuole che si affretti il rimedio coi meriti della pazienza cristiana e con insistenti preghiere al Signore. Che se la volontà dei legislatori e dei principi, decreti o comandi alcuna cosa che sia contraria alla legge naturale o divina, allora la dignità e il dovere del nome cristiano e la sentenza Apostolica esigono doversi obbedire piuttosto a Dio che agli uomini» (Quod apostolici muneris, 1878a).
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GIOVANNI XXIII: «Noi pure riteniamo che sia legittima nei lavoratori l'aspirazione a partecipare attivamente alla vita delle imprese, nelle quali sono inseriti e operano. Non è possibile predeterminare i modi e i gradi di una tale partecipazione, essendo essi in rapporto con la situazione concreta che presenta ogni impresa; situazione che può variare da impresa a impresa, e nell'interno di ogni impresa, è soggetta a cambiamenti spesso rapidi e sostanziali. Crediamo però opportuno richiamare sul fatto che il problema della presenza attiva dei lavoratori esiste sempre, sia l'impresa privata o pubblica; e, in ogni caso, si deve tendere a che l'impresa divenga una comunità di persone nelle relazioni, nelle funzioni e nella posizione di tutti i suoi soggetti». «Ciò esige che i rapporti tra gli imprenditori e i dirigenti da una parte, e i prestatori d'opera dall'altra siano improntati a rispetto, a stima, a comprensione, a leale e attiva collaborazione ed interessamento come ad opera comune, e che il lavoro sia concepito e vissuto da tutti i membri dell'impresa, oltre che come fonte di reddito, anche come adempimento di un dovere e prestazione di un servizio. Ciò importa pure che i lavoratori possano far sentire la loro voce e addurre il loro apporto all'efficiente funzionamento dell'impresa e al suo sviluppo» (Metter et Magistra, 1961)a.
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GIOVANNI XXIII: «La convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un'autorità che assicuri l'ordine e contribuisca all'attuazione del bene comune in grado sufficiente».
«L'autorità non è una forza incontrollata: è invece la facoltà di comandare secondo ragione. Trae quindi la virtù di obbligare dall'ordine morale: il quale si fonda in Dio, che ne è il primo principio e l'ultimo fine».
«L'autorità che si fonda solo o principalmente sulla minaccia o sul timore di pene o sulla promessa e attrattiva di premi, non muove efficacemente gli esseri umani all'attuazione del bene comune; e se anche, per ipotesi, li muovesse, ciò non sarebbe conforme alla loro dignità di persone, e cioè di esseri ragionevoli e liberi. L'autorità è, soprattutto, una forza morale; deve, quindi, in primo luogo, fare appello alla coscienza, al dovere cioè che ognuno ha di portare volenterosamente il suo contributo al bene di tutti». «L'autorità umana pertanto può obbligare moralmente soltanto se è in rapporto intrinseco con l'autorità di Dio, ed è una partecipazione di essa».
«Tuttavia per il fatto che l'autorità deriva da Dio, non ne segue che gli esseri umani non abbiano la libertà di scegliere le persone investite del compito di esercitarla; come pure di determinare le strutture dei Poteri pubblici, e gli àmbiti entro cui e i metodi secondo i quali l'autorità va esercitata».
«L'autorità, come si è detto, è postulata dall'ordine morale e deriva da Dio. Qualora pertanto le sue leggi o autorizzazioni siano in contrasto con quell'ordine, e quindi in contrasto con la volontà di Dio, esse non hanno forza di obbligare la coscienza, poiché bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini...» (Pacem in terris, 1963)a.
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Doveri verso l'autorità. - «Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori, perché non vi è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono istituite da Dio; e quindi chi si oppone alle autorità si oppone all'ordine di Dio, e chi si ribella si attirerà la condanna; infatti i magistrati non son da temere per le opere buone, ma per le malvagie. Vuoi tu non aver paura dell'autorità? Fa' il bene e da essa ne avrai lode, essendo l'autorità ministra di Dio per il tuo bene. Se poi fai il male temi, perché non porta invano la spada quale ministra di Dio vendicatrice, che punisca i malfattori. È necessario dunque esser sottomessi, non solo per timore del castigo, ma anche per obbligo di coscienza. Per questa ragione voi pagate i tributi, perché i magistrati sono ministri di Dio e continuamente occupati nel loro ufficio. Rendete dunque a ciascuno ciò che gli dovete, a chi l'imposta, l'imposta; a chi il tributo, il tributo; a chi il rispetto, il rispetto; a chi l'onore, l'onore» (Rom. 13, 1-7).
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LEZIONE XIX

59. Quali sono gli errori odierni circa l'origine della società?

Gli errori odierni circa l'origine della società sono: 1. che l'autorità derivi soltanto da libero patto tra gli uomini, ossia che il popolo sia la fonte dell'autorità; 2. che l'autorità sia assoluta e indipendente da Dio e da convenzioni; 3. che il partito che raggiunge il potere possa governare senza tener conto della minoranza; 4. che il popolo non possa reclamare quandoa il governo non è più gradito.
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60. Chi designa le persone che devono rivestire l'autorità?

Mentre l'autorità viene da Dio, generalmente i designati a rappresentarla sono eletti dai membri della società, secondo leggi stabilite e convenzioni intervenute.
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61. Quali sono i vantaggi di una giusta concezione dell'autorità?

Dalla giusta concezione dell'autorità nasce il retto uso dell'autorità stessa che sarà contenuta, nel suo agire, dalle leggi di giustizia e di caritàa; sarà inoltre legittimato il diritto di comandare da parte di chi esercita il potere, e il dovere di obbedire da parteb dei sudditi. Il rispetto per la persona umana sarà, del pari, con giustizia tutelato.
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LEONE XIII: «Di tutti quanti i principi del naturalismo è ritenuto supremo questo: che siccome gli uomini considerati in astratto nella loro natura specifica sono tutti uguali fra loro, similmente lo sono in concreto nell'ordine pratico della vita: ciascun essere indipendente per guisa da non dover sottostare in nessun modo all'autorità altrui: libero di pensare e fare a talento: niuno avere diritto di comandare agli altri» (Immortale Dei, 1885a).
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LEONE XIII: «Principio capitale del razionalismo è la sovranità dell'umana ragione, che ricusando la debita obbedienza alla ragione divina ed eterna, e proclamandosi indipendente, si fa a se medesima principio supremo e fonte e criterio della verità...» (Libertas, 1888a).
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LEONE XIII: «Per prima cosa accettato ed ammesso da tutti che qualunque sia la forma di governo, l'autorità è derivata da Dio, ne consegue che qualcuno ha il legittimo diritto di governare e gli altri il dovere di obbedire. Né ciò è contrario alla dignità, perché Dio più che gli uomini è obbedito e Dio riserva un più grave giudizio per quelli i quali non rappresentano la sua autorità in conformità con il diritto e la giustizia. D'altro canto la libertà di ciascuno non può essere mai sospettata o calpestata; per non fare torto a nessuno tale libertà deve essere conforme alla verità e alla giustizia; necessari requisiti per la pace pubblica» (Praeclara gratulationis, 1894a).
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Il concetto dell'Autorità in un santo re medioevale. - Nel 997 Stefano divenne re d'Ungheria. Mentre unificava il suo regno stroncando con indomita energia tutti i tentativi di ribellione, attese alla conversione del suo popolo, con animo d'apostolo.
Per Stefano non esistono due ordini divino e umano, religioso è statale, ma esiste semplicemente l'ordine giusto... E se quest'ordine giusto è soltanto quello propugnato dalla religione di Cristo come egli solennemente afferma, lo stato non ha altro di meglio da fare che realizzare quest'ordine e difenderlo con tutti i mezzi.
Da questo concetto fondamentale egli deduceva l'identità del peccato col delitto comune e politico. Conseguentemente le sue leggi puniscono chi trascura la messa domenicale e non osserva il venerdì, come colpiscono il ladro e l'assassino. Forse che Dio merita meno rispetto degli uomini? È forse possibile un duraturo benessere economico e sociale senza il culto della divinità? Ciò spiega come nella legislazione di S. Stefano le penalità inflitte ai delinquenti comuni avessero sovente il carattere di una espiazione religiosa. Così chi giurava il falso era costretto a una rigorosa quaresima, e l'omicida, senza contare altre pene, doveva digiunare per tre anni a pane ed acqua.
Lo si vedeva catechizzare i poveri, ascoltare bonariamente le querele di sudditi e rendere loro giustizia. Primo requisito per un re è la fede religiosa. «Siccome non si deve permettere di giungere alla dignità regale che ai seguaci della fede cattolica - scriveva negli "Ammonimenti" a suo figlioa Emerico - noi, nei nostri insegnamenti, assegniamo il primo posto alla Santa Fede. Prima di tutto, o mio carissimo figlio, ti ordino, ti consiglio, ti raccomando, se vuoi veramente onorare la corona regale, di osservare la fede cattolica e in modo tale da poter venire additato ad esempio a tutti i tuoi sudditi. Come la fede senza le opere buone muore, così coloro che regnano senza seguire i precetti di Dio non saranno accolti nel regno dei deli».
Stefano era convinto che la santità personale è la migliore garanzia, anzi la condizione più importante per meglio governare un paese. Un santo è giusto, avveduto, forte e caritatevole, amante della propria patria senz'essere sciovinista.
Sapeva ancora che non si da vera fede senza il rispetto della Chiesa, unica depositaria della parola di Cristo. Perciò l'amò, la protesse e le dette incremento. Con una etimologia tipicamente medioevale, spiegava che i re erano chiamati «augusti» appunto perché accrescevano (augere) la Chiesa.
Quando il 15 agosto 1038, dopo aver visto perire tragicamente il suo unico figliolo, egli stava per morire, «onde rendere stabile e assicurare fino alla fine dei secoli il regno cristiano ungherese» offrì quasi per testamento il paese e la corona alla Vergine, offerta espressa nella bella epigrafe latina della dugentesca «porta speciosa» della Basilica di Esztergom: «Suscipe, Virgo pia, mea regna regenda, Maria». Da quel momento la Madonna divenne «la gran Signora degli Ungheresi», la sua effigie comparve più tardi incisa nelle monete e fu ed è tuttora considerata, ad onta della tirannide bolscevica, la vera sovrana del paese.
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LEZIONE XX

62. Che cos'è il Comune?

Il Comune è l'agglomerato e l'unione di un certo numero di famiglie che hanno bisogni uguali e si associano per il perfezionamento di tutti usando alcuni mezzi comuni. Fra le cose cui esso provvede vi sono le scuole, i servizi pubblicf, le strade, le poste, i mezzi di agricoltura, le abitazioni, le industrie locali, ecc.
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63. Che cos'è lo Stato?

Lo Stato è un'associazione umana, naturale e perfetta, che deriva da tendenze insite nell'uomo. È costituito in un determinatoa spazio, con un dato popolo e in una determinata forma d'organizzazione del potere sovrano.
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64. Qual è il fine dello Stato?

Il fine dello Stato è il servizio, la difesa ed il progresso della persona umana. Lo Stato, quindi, è tenuto a controllare, a svolgere e a coordinare le attività dei cittadini per farle convergere al bene comune, temporale e spirituale, secondo i tempi e le circostanze; deve inoltre promuovere l'educazione fisica, morale, intellettuale dei sudditi in collaborazione con la famiglia e la Chiesa.
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65. Quali sono i limiti del potere dello Stato?

I limiti del potere dello Stato sono le leggia naturali e positive, i diritti della persona umana e delle società minori, i diritti della Chiesa e delle famiglie, i diritti degli altri stati e gruppi etnici.
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Pio XII: «Lo Stato non contiene in sé e non accumula meccanicamente, in un dato territorio, un'agglomerazione amorfa di individui. Esso è, e deve essere, in realtà l'unità organica e organizzatrice di un vero popolo» (Messaggio natalizio, 1944a).
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Pio XII: «La sovranità civile, è stata voluta dal Creatore... perché regolasse la vita sociale secondo le prescrizioni di un ordine immutabile nei suoi principi universali, rendesse più agevole alla persona umana, nell'ordine temporale, il conseguimento della perfezione fisica, intellettuale e morale e l'aiutasse a raggiungere il fine soprannaturale»...
«Considerare lo Stato come fine, a cui ogni cosa dovrebbe essere subordinata e indirizzata, non potrebbe che nuocere alla vera e durevole prosperità delle nazioni» (Summi Pontificatus, 1939a).
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GIOVANNI XXIII: «Nell'epoca moderna l'attuazione del bene comune trova la sua indicazione di fondo nei diritti e nei doveri della persona. Per cui i compiti precipui dei Poteri pubblici consistono, soprattutto, nel riconoscere, rispettare, comporre, tutelare e promuovere quei diritti; e nel contribuire, di conseguenza, a rendere più facile l'adempimento dei rispettivi doveri.
Per cui ogni atto dei Poteri pubblici che sia od implichi un misconoscimento od una violazione di quei diritti, è un atto contrastante con la stessa loro ragione di essere e rimane per ciò stesso destituito da ogni valore giuridico».
«È inoltre un'esigenza del bene comune che i Poteri pubblici contribuiscano positivamente alla creazione di un ambiente umano nel quale a tutti i membri del corpo sociale sia reso possibile e facilitato l'effettivo esercizio degli accennati diritti* come pure l'adempimento dei rispettivi doveri. Infatti l'esperienza attesta che qualora manchi una appropriata azione dei Poteri pubblici, gli squilibri economici, sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto nell'epoca nostra, ad accentuarsi; di conseguenza i fondamentali diritti della persona rischiano di rimanere privi di contenuto; e viene compromesso l'adempimento dei rispettivi doveri» (Pacem in terris, 1963)a.
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Guido Baccelli. - Nel periodo che va dal 1870 ai primi decenni del 1900 si sa che, in Italia, il ministero dell'istruzione pubblica fu quasi sempre infeudato a elementi massonici. Ciò non impedì a Guido Baccelli di farsi paladino della religione nelle scuole: «La religione - disse un giorno in Parlamento - io la rispetto e sento quale sia la sua forza sull'anima umana. Il concetto della Divinità, dell'ordine superiore, di una vita avvenire, è il balsamo di ogni anima dolente, trafitta ed esercitata ogni giorno dallo stento e dalla sventura. E guai a noi se attentassimo ad essa. Come ministro d'Italia sento il dovere di educare la gioventù nostra ai grandi princìpi, tra i quali primeggia il principio religioso».
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LEZIONE XXI

66. In ordine alla libertà che cosa deve fare lo Stato?

Per il conseguimento del suo fine, lo Stato deve da una parte tutelare le libertà e i diritti dei cittadini; dall'altra reprimere il liberismo (o liberalismo economico)a e le licenze contrarie al buon costume e al beneb comune; deve inoltre promuovere la giustizia sociale con una sufficiente produzione e distribuzione della ricchezza, e un ragionevole risparmio.
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67. Lo Stato come deve promuovere la prosperità dei cittadini?

Lo Stato deve procurare una condizione di vita economica in cui tutti i cittadini abbiano pacea, lavoro e un tenore di vita sempre migliore; aiutando le singole persone e le società minori ad integrare le loro forze e le loro iniziative; distribuire secondo giustizia i pesi (imposte, servizio militare, ecc.) e i vantaggi, con particolare riguardo ai deboli e ai diseredati.
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68. Quali condizioni morali deve procurare lo Stato?

Lo Stato deve curare in sommo grado l'istruzione e l'educazione morale del popolo; tutelare l'ordine pubblico e la difesa delle famigliea; procurare la retta amministrazione della giustizia; difendere i cittadini nell'interno del paese e all'esterno da ogni violenza.
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LEONE XIII: «Non è giusto... che il cittadino e che la famiglia siano assorbiti dallo Stato: giusto è invece che si lasci all'una e all'altro tanta indipendenza di operare, quanta se ne può, salvo il bene comune e gli altrui diritti» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «Lo Stato deve mettere ogni cura per creare quelle condizioni materiali di vita senza cui un'ordinata società non può sussistere» (Divini Redemptoris, 1937a).
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Pio XI: «Quando poi i sussidi individuali non bastino, tocca alla pubblica autorità di supplire alle forze insufficienti dei privati» (Casti connubii, 1930a).
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LEONE XIII: «La prosperità delle nazioni deriva specialmente dai buoni costumi, dal buon assetto della famiglia, dalla osservanza della religione e dalla giustizia, dall'imposizione moderata e dall'equa distribuzione delle gravezze, dal progresso delle industrie e del commercio, dal fiorire dell'agricoltura e di altre simili cose, le quali quanto maggiormente promosse, tanto più felici rendono i popoli» (Rerum novarum, 1891a).
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Pio XI: «I veri e propri diritti dello Stato rispetto all'educazione dei cittadini sono partecipati all'autorità civile dall'autore stesso della natura, non per titolo di paternità, come alla Chiesa e alla famiglia, ma bensì per l'autorità che ad essa compete per il promuovimene del bene comune temporale, che è appunto il suo fine proprio. In conseguenza l'educazione non può appartenere alla società civile nel medesimo modo con cui appartiene alla Chiesa e alla famiglia, ma in modo diverso, corrispondente al suo fine proprio... Doppia è quindi la funzione dell'autorità civile, che risiede nello Stato: proteggere e promuovere; non già assorbire la famiglia e l'individuo, o sostituirsi ad essi. Pertanto in ordine all'educazione è diritto, o per dir meglio, dovere dello Stato proteggere nelle sue leggi il diritto anteriore... della famiglia... e per conseguenza rispettare il diritto soprannaturale della Chiesa... Similmente spetta allo Stato proteggere il medesimo diritto nella prole... In generale poi, è diritto e dovere dello Stato proteggere secondo le forme della retta ragione e della fede, l'educazione morale e religiosa della gioventù, rimuovendo le cause pubbliche ad essa contrarie» (Divini illius Magistri, 1929a).
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GIOVANNI XXIII: «La dignità di persona, propria di ogni essere umano, esige che esso operi consapevolmente e liberamente. Per cui nei rapporti della convivenza i diritti vanno esercitati, i doveri vanno compiuti, le mille forme di collaborazione vanno attuate specialmente in virtù di decisioni personali; prese cioè per convinzione, di propria iniziativa, in attitudine di responsabilità, e non in forza di coercizioni o pressioni provenienti soprattutto dall'esterno. Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che le persone siano coartate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e perfezionare se stesse» (Pacem in terris, 1963)a.
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Quintino Sella. - II rigido e incorruttibile finanziere, diceva al Parlamento: «Non mi faccio illusioni sull'efficacia delle leggi civili. Non sono le leggi del codice penale che portino nella società e nel seno della famiglia l'onestà e la purezza dei costumi. È indispensabile la religione. Come Ministro delle Finanze, io debbo specialissimamente desiderare che questo codice morale, che questa religione siano più che mai rispettati e seguiti dal popolo perché il Ministero delle Finanze è altamente interessato nell'incremento della pubblica moralità».
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LEZIONE XXII

69. Qual è la forma di governo più conveniente per uno Stato?

È indifferente qualsiasia forma di governo, purché il potere sia esercitato rettamente, tuteli i diritti degli individui ed il bene comune, permetta un giusto ed efficace controllo sull'«amministrazione della giustizia e del tesoro pubblico».
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70. Oggi non è da preferirsi il regime democratico?

Nella maggior parte degli Stati, oggi sembra da preferirsi il regime democratico, purché il popolo sia sufficientemente maturo per eleggere saggi governanti e per controllare l'amministrazione pubblica: occorre anche che l'autorità abbia un potere effettivo e rispettato per emanare e fare osservare buone leggi. È inoltre necessario che i governanti e i sudditi posseggano una coscienza morale ispirata alle verità cristiane.
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71. Quali sono i principali disordini nel governo di uno Stato?

I principali disordini nel governo di uno Stato sono costituiti dal dispotismo di uno o pochi astuti egoisti dominatori, dalla subordinazione dei diritti dei cittadini all'interesse dello Stato e dal restringere la cura alla vita economica o militare o politica trascurando le altre necessità della vita pubblica.
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Pio XII: «La Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte a procurare il bene dei cittadini, assicurando però, nel contempo, all'individuo una considerazione, un trattamento ed un tenore di vita confacenti alla dignità della persona umana. La cura e la sollecitudine della Chiesa sono rivolte non tanto alla struttura esterna della società politica, quanto all'uomo, come tale, che, lungi dall'essere un elemento passivo della vita sociale, ne è invece il soggetto, il fondamento. Una vera e sana democrazia, rispondente anche all'indirizzo sociale proprio della carità della Chiesa, può essere attuata così nelle monarchie, come nelle repubbliche» (Messaggio natalizio, 1943a).
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Pio XII: «La questione della elevatezza morale, della idoneità pratica, della capacità intellettuale dei deputati al Parlamento è, per ogni popolo di regime democratico, una questione di vita o di morte, di prosperità o di decadenza, di risanamento o di perpetuo malessere» (Messaggio natalizio, 1943a).
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GIOVANNI XXIII: «Non si può stabilire, una volta per sempre, qual è la struttura migliore secondo cui devono organizzarsi i Poteri pubblici, come pure il modo più idoneo secondo il quale devono svolgere le loro specifiche funzioni, e cioè la funzione legislativa, amministrativa, giudiziaria.
Giacché la struttura e il funzionamento dei Poteri pubblici non possono non essere in relazione con le situazioni storiche delle rispettive Comunità politiche: situazioni che variano nello spazio e mutano nel tempo» (Pacem in terris, 1963)a.
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Carlo Alessio Clerel de Tocqueville. - Questo celebre statista, nella sua opera «La democrazia in America» che gli meritò il seggio d'immortale all'Accademia di Francia (1841), ha questi pensieri: «A torto si riguarda la Religione cattolica come naturale nemica della democrazia; fra le differenti dottrine cristiane mi sembra che il cattolicesimo sia invece il più favorevole all'uguaglianza delle classi. È il dispotismo che può far senza la fede, non la libertà. La religione è più necessaria nella Repubblica che nella Monarchia, e più nelle Repubbliche democratiche che in tutte le altre. Che sarà di un padrone di se stesso, quando non resterà sottomesso a Dio?».
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LEZIONE XXIII

72. A che cosa devono mirare le leggi circa la ricchezza?

Le leggi circa la ricchezza devono mirare a promuovere una produzione sufficiente; a ottenere una distribuzione equa; a curare un uso e consumo retto e ragionevole di essa.
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73. Quali mali possono verificarsi riguardo alla ricchezza?

1. Da una parte, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e dall'altra l'aggravarsi della miseria delle masse; 2. la difficoltà di provvedere le materie prime e gli scambi dei prodotti; 3. l'insufficienza delle leggi sociali per assicurare la dignità e la libertà del lavoratore; 4. un sistema economico ispirato a una concezione materialistica della vita; 5. la demagogia di organizzatori di masse per oscuri fini politici e amoralia.
193
74. Quali sono i principali rimedi proposti?

I principali rimedi proposti sono: 1. il liberalismo, che diede origine ai disordini del capitalismo; 2. il socialismo, che propugna un nuovo ordinamento sociale mediante la lotta al capitalismo, la negazione della proprietà privata e la lotta di classe; 3. il comunismo, perverso e violento, che calpesta i più elementari e sacri diritti umani; 4. la sociologia cristiana contenuta nelle encicliche di Leone XIII, Pio X, Pio XI, Pio XII e Giovanni XXIII. I tre primi sistemi non hanno curato, ma aggravato i mali della società; la sociologia cristiana, invece, vi apporta salutare, efficace e pacifico rimedio mediante il riconoscimento della proprietà privata, la collaborazione delle classi e l'attuazione di una libera democrazia nel rispetto dei diritti dell'uomoa.
194
Pio XI: «... Ai nostri tempi non vi ha solo concentrazione della ricchezza, ma l'accumularsi altresì di una potenza enorme e di una dispotica padronanza dell'economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento. Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il denaro, agiscono da padroni, dominano il credito e padroneggiano i prestiti; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l'organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l'anima dell'economia; sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare. Ma tale concentrazione di forze e di potere, che è quasi la nota specifica dell'economia contemporanea, è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della sapienza. A sua volta poi la concentrazione stessa di ricchezze e di potenze genera tre specie di lotta per il predominio: dapprima si combatte per la prevalenza economica; poi si contrasta accanitamente per il predominio sul potere politico, per valersi delle sue forze, della sua influenza nelle competizioni economiche, infine si lotta tra gli stessi Stati... Ultime conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica...; la libera concorrenza cioè si è da sé distrutta; alla libertà di mercato è sottentrata l'egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l'economia è così diventata orribilmente dura, inesorabile, crudele. A ciò si aggiungono i danni gravissimi che sgorgano dalla deplorevole confusione delle ingerenze e servigi propri dell'autorità pubblica con quelli dell'economia stessa, tra i quali, per citarne uno solo tra i più importanti, l'abbassarsi della dignità dello Stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizioni umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento solo al bene comune e alla giustizia. Nell'ordine poi delle relazioni internazionali da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente: da una parte, il nazionalismo o anche l'imperialismo economico, dall'altra, non meno funesto ed esecrabile, l'internazionalismo o imperialismo internazionale del danaro, per cui la patria è dove si sta bene» (Quadragesimo anno, 1931a).
195
LEONE XIII: «Furono falsi principi filosofici e morali... che derivarono siffatte contese» (Graves de communi, 1901a).
196
Pio XI: «La dottrina materialistica predicata da Marx insegna e persegue due punti...: una lotta di classe la più accanita e l'abolizione assoluta della proprietà privata...» (Quadragesimo anno, 1931a).
197
Pio XI: «Anche nel campo economico-sociale, la Chiesa, benché non abbia mai offerto un determinato sistema tecnico, non essendo questo compito suo, ha però fissato chiaramente punti e linee che, pur prestandosi a diverse applicazioni concrete secondo le varie condizioni dei tempi, dei luoghi e dei popoli, indicano la via sicura per ottenere il felice progresso della società» (Divini Redemptoris, 1937a).
198
LEONE XIII: «La soluzione di sì arduo problema richiede il concorso e l'efficace cooperazione di altri..., ma... ove si prescinda dall'azione della Chiesa, tutti gli sforzi riusciranno vani. Difatti la Chiesa è quella che trae dal Vangelo dottrine atte a comporre o certo a rendere assai meno aspro il conflitto: essa procura con gli insegnamenti suoi, non solo di illuminare la mente, ma d'informare la vita e i costumi di ognuno; essa con un gran numero di benefiche istituzioni migliora le condizioni medesime del proletario: essa vuole che i consigli e le forze di tutte le classi sociali si colleghino e cospirino insieme a fin di provvedere il meglio che sia possibile agl'interessi degli operai: e crede che, entro i debiti termini, debbano svolgersi a questo scopo le leggi e l'autorità dello Stato». «... La Chiesa, non contenta di additare il rimedio l'applica ella stessa con la materna sua mano... 1) in educare e formare gli uomini... 2) col chiamare ed informare gli uomini a virtù... 3) col creare e promuovere quanto può conferire a sollievo dei proletari...» (Rerum novarum, 1891a).
199
LEONE XIII: «La Chiesa... anche nel possesso dei beni riconosce disuguaglianza tra gli uomini, per forze fisiche e attitudine di ingegno naturalmente diversi, e vuole intatto e inviolabile per tutti il diritto di proprietà e di dominio, che dalla stessa natura deriva... Non lascia tuttavia per questo dimenticata la causa dei poveri... con materno affetto se li stringe al seno... li tiene in grande onore, con ogni mezzo possibile li solleva; si adopera con ogni sollecitudine che in tutte le parti del mondo s'innalzino case ed ospedali destinati a raccoglierli, a mantenerli, a curarli, e quegli asili riceve sotto la propria tutela, i ricchi poi stringe col gravissimo precetto di dare ai poveri il superfluo... Da ultimo gli animi dei poverelli, meravigliosamente ricrea e consola, sia proponendo l'esempio di Cristo...; sia ripetendo quelle parole di Lui colle quali chiama beati i poveri ed ingiunge ad essi che si innalzino a sperare i premi della beatitudine eterna» (Quod apostolici muneris, 1878a).
200
GIOVANNI XXIII: «La Chiesa è portatrice e banditrice di una concezione sempre attuale della convivenza.
«Principio fondamentale di tale concezione è che i singoli esseri umani sono e devono essere il fondamento, il fine e i soggetti di tutte le istituzioni in cui esprime e si attua la vita sociale: i singoli esseri umani visti in quello che sono e che devono essere secondo la loro natura intrinsecamente sociale, e nel piano provvidenziale della loro elevazione all'ordine soprannaturale.
«Non dimentichiamo che le verità e l'efficacia della dottrina sociale cattolica vanno dimostratea soprattutto offrendo un orientamento sicuro per la soluzione dei problemi concreti. In tal modo si riesce pure ad attirare su di essa l'attenzione di coloro che l'ignorano o che, ignorandola, l'avversano; e forse anche a far entrare nel loro spirito qualche scintilla della sua luce» (Mater et Magistra, 1961)b.
201
S. Agostino esalta il magistero sociale della Chiesa cattolica. - «Tu muovi ed insegni, con argomenti adattati ai fanciulli, quelli che sono fanciulli; con magnanimi sensi i giovani, e con calma solenne i vecchi, secondo che richiede non pure l'età, quale apparisce nello stato del corpo, ma quale si scorge in quello dello spirito. Tu fai che le spose se ne stiano con casta e fedele obbedienza soggette ai mariti, non a soddisfacimento di passioni, ma per averne figli, e procedere così nel governo della famiglia.
Tu metti i mariti a sovrastare alle mogli, non perché tolgano a soggetto di trastullo la debolezza del sesso, ma perché siano ad esse legati coi vincoli di un amore sincero.
Tu per via di una tale servitù ingenua sottoponi i figli ai genitori, e costoro metti sopra i figli per via di un dominio pieno di tenerezza... Tu i cittadini ai cittadini, i popoli ai popoli, e l'umanità tutta intera, rammentando i primi progenitori, congiungi non pure con i legami della convivenza, ma ancora con quelli di una cotale fratellanza.
Insegni ai re a esser provvidi verso i popoli e i popoli ammonisci ad essere buoni sudditi dei re. Sei accorta maestra a indicare a chi si debba rendere onore, a chi si debba tributare affetto, a chi riverenza, a chi timore, a chi conforto, a chi consiglio, a chi esortazione, a chi freno, a chi rimprovero, a chi pena, mostrando come non ogni cosa a ciascuno si convenga di dare, sebbene si sia ad ognuno debitore della carità ed a veruno non si abbia mai da far torto» (De moribus Eccl. Cath., cap. 30, n. 63).
202

(137)

a V: individui... Provvidenza - I-IV: individui considerati nel loro grado sociale, uniti per uno scopo comune; unità organica maturata dalla ragione e cresciuta sotto il governo della Provvidenza.

(138)

a V: Dio... socievole - I-IV: Dio creatore ha voluto e ordinato l'uomo alla società.

(139)

a IV: civile,... leggi - I-III: civile, essendo composta di uomini, ha verso Dio gli stessi doveri che hanno verso di lui i singoli individui; quindi il dovere di conoscerlo, onorarlo con culto pubblico, osservarne le Leggi.

(140-142)

a V: la data.

(140-142)

a V: la data.

(140-142)

a V: la data.

(144)

a V: Ecco... la Chiesa - I-IV: Vi sono società universali, che sono la Chiesa e lo Stato, società particolari, come le società commerciali, culturali, sportive, ecc. Vi sono società perfette e imperfette. Perfette, come lo Stato e la Chiesa; imperfette come tutte le altre società particolari. Vi sono inoltre Società soprannaturali, come la Chiesa e gli Istituti religiosi; e società naturali, come la famiglia.

(145)

a IV: la regge e ne coordina l'attività - I-III: l'autorità che la regge e la coordina, e l'attività.

(146)

a V: L'ordine... particolari - I-IV: L'ordine tra le varie società è determinato dall'eccellenza, dalla necessità e dalla gerarchia dei fini. Così la Chiesa è superiore allo Stato; e lo Stato è superiore alle società particolari.

(147-149)

a V: la data.

(147-149)

a V: la data.

(147-149)

a V: la data.

(150)

1 Preghiera di Don Alberione.

(151)

a IV: Rom. 13,1 - I-III: San Paolo.

(152)

a IV: deferente - I-IlI: coscienzioso.

b IV: divino-positiva - I-III: positiva divina.

(153)

a V: Nel frattempo... si pazienti - I-IV: Intanto pregare e pazientare.

(154-156)

a V: la data.

(154-156)

a V: la data.

(154-156)

a V: la data.

(157)

a IV: tutto il numero.

(158)

a V: tutto il numero.

(160)

a V: tra gli uomini... quando - I-IV: tra gli uomini; 2. che il popolo sia la fonte dell'autorità; 3. che l'autorità sia assoluta e indipendente da Dio e da convenzioni; 4. che quel partito che raggiunge il potere possa governare senza tener conto della minoranza o che il popolo possa ribellarsi quando.

(162)

a IV: di giustizia e di carità - I-III: di giustizia, di verità e di carità.

b IV: obbedire da parte - I-III: obbedire, come a Dio, da parte.

(163-165)

a V: la data.

(163-165)

a V: la data.

(163-165)

a V: la data.

(166)

a V: Figlio.

(167)

a IV: le scuole... le strade - I-III: le scuole primarie, i servizi sanitari, le strade.

(168)

a IV: associazione... determinato - I-III: associazione naturale e perfetta, che deriva da tendenze insite nell'uomo. È costituita per il volere di Dio; vive in un determinato.

(170)

a V: leggi naturali - I-IV: leggi di Dio naturali.

(171-172)

a V: la data.

(171-172)

a V: la data.

(173)

a V: tutto il numero.

(175)

a V: (o liberalismo economico).

b V: costume e al bene - I-IV: costume, alla verità e al bene.

(176)

a V: pace - I-III: pane.

(177)

a V: l'ordine... famiglie - I-III: l'ordine e le famiglie.

(178-182)

a V: la data.

(178-182)

a V: la data.

(178-182)

a V: la data.

(178-182)

a V: la data.

(178-182)

a V: la data.

(183)

a V: tutto il numero.

(185)

a IV: È indifferente qualsiasi - I-III: La Chiesa è indifferente a qualsiasi.

(188-189)» V: la data.

(188-189)» V: la data.

(190)

a V: tutto il numero.

(193)

a IV: Quali mali... amorali. - I-III: Quali mali s'incontrano oggi nella società? Oggi nella società s'incontra: 1. da una parte, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e dall'altra l'aggravarsi della miseria delle masse; 2. la difficoltà di provvedere materie prime e gli scambi dei prodotti; 3. l'insufficienza delle leggi sociali che assicurano la dignità e la libertà della persona umana e delle famiglie; 4. un sistema economico ispirato a una concezione materialistica delia vita; 5. la demagogia di organizzatori di masse per oscuri fini politici e antireligiosi.

(194)

a IV: I principali... dell'uomo - I-III: I principali rimedi proposti per l'elevazione della società sono: 1. il liberalismo, che fu invece causa di innumerevoli mali; 2. il comunismo violento che calpesta i più elementari e sacri diritti umani; 3. la sociologia cristiana contenuta nelle encicliche di Leone XIII, Pio X, Pio XI e Pio XII. I due primi sistemi non hanno curato, ma aggravato i mali della società; la sociologia cristiana, invece, vi apporta salutare, efficace e pacifico rimedio.

(195-200)

a V: la data.

(195-200)

a V: la data.

(195-200)

a V: la data.

(195-200)

a V: la data.

(195-200)

a V: la data.

(195-200)

a V: la data.

(201)

a V: va dimostrata.

b IV: tutto il numero.