Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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2. CARATTERI DELLA VERA PIETÀ*

1. La vera pietà è sapiente. «Psallite sapienter: Lodate il Signore sapientemente»1. «Offrite a Dio il ragionevole vostro culto»2. Non prega sapientemente chi prega senza comprendere quanto dice e domanda: «Voi non sapete quello che domandate»3 diceva Gesù ai suoi Apostoli, e S. Giacomo conferma: «Voi domandate e non ricevete perché chiedete male»4. L'anima che non comprende [e] non penetra il senso della sua preghiera, non può essere esaudita, perché come potrà Dio concedere le grazie a chi non sa neppure di chiedere? «Prima dell'orazione prepara l'anima tua»5.
La preghiera per essere intelligente deve anzitutto porre l'anima nella giusta posizione: Chi sono io? Chi è Dio? Perciò come mezzi per rendere intelligente la preghiera serviranno: le letture spirituali per conoscere il Signore: «Noverim te»; gli esami di coscienza per conoscere se stessi: «Noverim me», le meditazioni per conoscere insieme Dio e noi stessi: «Noverim te, noverim me»6.
Aiuterà pure la preghiera il seguire attentamente sui libri il senso delle preghiere che si fanno, specialmente quando sono espresse in latino.
I libri liturgici con le traduzioni delle parti latine sono ottimi mezzi per illuminare la pietà.
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Se qualche volta l'anima non comprende appieno il senso della preghiera che fa, potrà pure fare una preghiera sapiente unendosi allo spirito della Chiesa che è maestra e che pone sul nostro labbro le preghiere più sapienti e quindi efficaci. Si lodi il Signore con la lode della Chiesa, egli comprenderà ed esaudirà, anche se l'anima non comprende tutto.

2. La vera pietà è pratica. La pietà che non arriva a mutare la vita non è vera pietà.
L'anima nella preghiera deve avere una mira precisa e molto particolare. Faccio questa meditazione, ma per portare il proposito su quello o quell'altro punto, per correggere questo o quel difetto. Assisto la santa Messa, ma per ottenere queste e quelle grazie determinate. Faccio la santa Comunione, ma proprio per portare con me la santissima Trinità, per ricevere Dio, e mentre in Cielo gli angeli lo contemplano svelatamente, io l'amo segretamente ed a lui confido le mie necessità particolari e quelle di quanti amo e di tutti gli uomini.
Quanto più la preghiera sarà particolareggiata e pratica, tanto più sarà efficace.
La preghiera indeterminata ha pure un'efficacia indeterminata. «La preghiera è zoppa quando l'azione non cammina di pari passo con l'orazione, perché la preghiera e le opere sono i due piedi che reggono l'anima».
«Cambiamo i nostri cuori, perché il giudice supremo si fa subito propizio per mezzo della preghiera, se chi prega si corregge delle sue cattive inclinazioni».

La vera divozione, la vera pietà è quella che non unisce a Dio solo in chiesa, ma unisce tutta la vita nel compimento esatto, quotidiano del proprio dovere e porta a fare la volontà di Dio: «Non chi mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi entrerà nel regno dei cieli»7.

3. La vera pietà è affettuosa. Non consiste in molte parole, ma in una preghiera sentita, piena d'amore. «Quando pregate
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non vogliate usare molte parole, come i Gentili che stimano di essere esauditi per il molto parlare. Non l'imitate, poiché sa bene il Padre vostro, avanti che gliele chiediate, di quali cose avete bisogno. Voi dunque pregate così: Padre nostro, che sei nei cieli»8, ecc. È la preghiera del figlio al Padre, una preghiera fatta spesso di una sola parola, di uno sguardo, di un sospiro intimo dell'anima che si rivolge a Dio: «Deus, in adiutorium meum intende, Domine, ad adiuvandum me festina: O Dio, muoviti in mio soccorso, o Signore, t'affretta ad aiutarmi»9.

«Nel far orazione non si ha sempre da discorrere con l'intelletto, ma può anche uno trattenersi alla presenza di Dio... rappresentandogli semplicemente le proprie necessità»10.
Il bambino non sa molte parole, ma il suo linguaggio è pieno di: mamma, mamma e con questo egli tutto domanda e tutto ottiene.
L'anima che ama il Signore non conosce forme retoriche nella sua preghiera, ma con semplicità e con affetto immenso corre a lui in ogni necessità, gli dice una sola parola e si comprendono.
La preghiera affettuosa è la preghiera dell'anima, che in qualunque punto, luogo, tempo si trovi, ferma un istante il suo pensiero e corre fino al Tabernacolo, per salutare Gesù, per raccomandargli una necessità urgente, per chiedergli luce, per implorare perdono, per dirgli il suo amore, per consolarlo o chiedere conforto, ecc.

4. La vera pietà è umile e fiduciosa. Chi prega bene è convinto del detto: «Da me nulla posso, con Dio posso tutto», quindi si umilia profondamente perché conosce la sua miseria e sente tutta la sua incapacità: «O Dio, abbi pietà di me peccatore»11. «Abbi pietà di me, o Signore, che sono infermo»12 e confida tutto nel Signore: «Se tu vuoi puoi mondarmi»13. «Credo, Signore, ma aiuta la mia poca fede»14.
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5. La vera pietà è regolare; non è fatta a sbalzi. L'anima veramente pia non prega solo quando le cose sono prospere, ma prega anche nell'avversità, nell'umiliazione, anzi aumenta allora la sua confidenza in Dio.
La pietà regolare è quella che si esercita continuamente, senza tener conto delle varie mutazioni che può subire l'animo.
«Esercitati nella pietà... perché la pietà è utile a tutto, avendo la promessa della vita presente e della futura»15.
<Dai frutti si conosce la pianta; dagli effetti si risale alla causa; esaminiamo: la pietà è destinata a produrre due effetti: la vittoria su noi stessi e il progresso spirituale, distaccandoci dal peccato, dall'affetto al peccato, dal desiderio vano di stima, di comodità e dei beni della terra. «I Santi non si presterebbero mai a nutrire la nostra poltroneria».
Tolto ogni desiderio vano, il cristiano diventa santamente indifferente ad ogni ufficio, alla povertà o ricchezza, alla salute o malattia, ad una condizione o ad un'altra.

Ancora: la pietà deve portare un progresso spirituale costante. Ogni giorno dobbiamo crescere nella fede e nei pensieri soprannaturali: santificando la mente. Ogni giorno dobbiamo uniformarci meglio alla vita di Gesù Cristo, ai suoi esempi, ai suoi precetti e consigli: santificando la volontà. «Non è detto che dobbiamo lasciare unicamente a Dio la cura della nostra salute. Ha diritto di aspettarsi aiuto e salvezza da parte di Dio solo chi impiega da parte sua tutte le forze per meritarsela». Ogni giorno dobbiamo crescere in grazia e spirito di preghiera e nell'amore a Dio, santificando il cuore. «Vieppiù studiatevi di render certa la vostra vocazione ed elezione per mezzo delle buone opere»16.
Come perfezioneremo la nostra pietà? Occorre che noi abbiamo i nostri propositi fermi; che i nostri propositi fermi non siano di un giorno, ma siano quelli che rinnoviamo ogni giorno; non siano quelli di una settimana, ma siano quelli di ogni settimana; non quelli di un mese, ma quelli di ogni mese, di tutto l'anno. «Il Paradiso non è fatto per i poltroni».
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È necessario che noi veniamo alla riforma di noi stessi e vediamo in noi stessi quello che manca ancora per essere totalmente di Dio. Il proposito che facciamo deve essere questo, di correggere un difetto e di praticare una virtù, ma quello di correggere un difetto e di praticare una virtù tutto l'anno. Usiamo sufficientemente della pietà per esser interamente di Dio? È da considerarsi che la devozione è una volontà risoluta di fare le cose che sono di servizio di Dio. La divozione non è una sensibilità, ma è una vita. «Bisogna lavorare come se tutto dipendesse da noi, ma bisogna pur pregare come se tutto dipendesse da Dio»17.>
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* Meditazione stampata in CI, 3[1938]4. Dice la Circolare Interna: “Sono pronte le Meditazioni degli ultimi Esercizi spirituali: (2-10 febbraio scorso) sulla Preghiera. Dovranno formare il secondo volume di: Oportet orare. Nell'attesa della correzione completa e della stampa queste ve le faremo avere successivamente sulla Circolare Interna” (marzo, p. 4). Poiché le meditazioni pubblicate sulla circolare sono solo tre le riproduciamo, indicando di ognuna la collocazione nel volume: Alberione G., È necessario pregare sempre II, Alba-Roma 1940, pp. 52-62.

1 Cf Sal 47,8.

2 Cf Rm 12,1.

3 Mt 20,22.

4 Gc 4,3.

5 Sir 18,23 (Volgata).

6 «Che io conosca me, che io conosca te». Cf S. Agostino, Soliloqui 1, 1, 1.

7 Mt 7,21.

8 Cf Mt 6,7-9.

9 Sal 70,2.

10 S. Teresa d'Avila, Cammino di perfezione, cap. 26, n. 2.

11 Lc 18,13.

12 Sal 6,3 (Volgata).

13 Lc 5,12.

14 Cf Mc 9,24.

15 1Tm 4,8.

16 Cf 2 Pt 1,10.

17 Frase comunemente attribuita a S. Ignazio di Loyola.