Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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PREDICHEDEL PRIMO MAESTRO
III.
Alle Famiglie Paoline
(Marzo - Dicembre 1954)

NOTA

In quest'ultima sezione sono raccolte ventisette meditazioni tenute da Don Alberione alle comunità riunite nella Cripta del Santuario Regina Apostolorum, tra la primavera e la fine d'anno 1954. Mesi di intensa vitalità carismatica, contrassegnati da ricorrenze significative per la Famiglia Paolina (70° compleanno del Fondatore, 40° di fondazione della Società San Paolo, inaugurazione del tempio superiore del Santuario a Maria Regina Apostolorum) e da eventi ecclesiali non secondari, quali la canonizzazione di Pio X e la celebrazione dell'Anno Mariano.
I temi trattati, come si noterà, sono ispirati dalla liturgia e dalle circostanze celebrative, sempre tuttavia orientati a quel rinnovamento dello spirito che fu l'assillo dominante negli anni della maturità alberioniana.
Di notevole interesse l'anticipazione di alcune tematiche forti, che saranno sviluppate, contemporaneamente o successivamente, negli opuscoli degli anni 1953-1957 (cf. Anima e corpo per il Vangelo, nuovo volume dell'Opera Omnia).
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[Pr 5 p. 8]
FESTA DI SAN GIUSEPPE 19541

Celebrando la festa di S. Giuseppe, Capo della S. Famiglia, dobbiamo sempre compiere due cose:
1. Un esame di coscienza: Il Superiore, se compie bene il suo dovere, che è quello di istruire, guidare e santificare; cioè, se veramente è maestro; e tutti i figlioli e tutte le figliole, se compiono bene la loro parte, cioè se si comportano verso i superiori come si comportava Gesù rispetto a S. Giuseppe, con rispetto e umile docilità. Un esame di coscienza, quindi, per il Primo Maestro e un esame di coscienza per tutti quanti siamo qui raccolti.
2. Un proposito vero, sentito, non solamente per riconfermare la volontà nostra di compiere i doveri rispettivi, ma ancora di pregare e di sostenerci a vicenda con l'orazione. Vi è tanto bisogno di preghiera! La casa di Nazareth, sotto la guida di S. Giuseppe, era veramente «Domus orationis»: casa di preghiera.
Nella solennità di S. Giuseppe, la Chiesa ci fa leggere nella ufficiatura quelle bellissime parole: «Dilectus Deo et hominibus»: caro a Dio e caro agli uomini. «Cujus memoria in benedictione est»: la memoria di S. Giuseppe attraverso i secoli è sempre maggiormente in benedizione. Il culto a S. Giuseppe, da tre o quattro secoli, ha preso uno sviluppo veramente consolantissimo, quale merita il glorioso Patriarca, il glorioso protettore della Chiesa Universale. «In fide et lenitate, sanctum fecit illum».2 S. Giuseppe è l'uomo della fede, della fede profonda: in tutto vedeva la Provvidenza di Dio. È l'uomo della bontà: silenzioso, che non si sconcerta davanti alle difficoltà.
[Pr 5 p. 9] E allora «elegit eum ex omni carne»: il Signore lo ha eletto fra tutti gli uomini, ad altissimi uffici: sposo, custode della Vergine, padre putativo di Gesù Cristo, rappresentante in terra dello stesso Padre Celeste. Ammirabile Santo! Egli ebbe un ufficio eccezionale in tutta la storia dell'umanità.
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Due grazie chiediamo a S. Giuseppe. Egli raggiunse un'altissima santità. E tra i mezzi, tra i favori che gli concesse la Divina Provvidenza per salire a quell'altezza, vi sono specialmente questi: l'intimità con Maria, la convivenza con Gesù.
1. Chiedere a S. Giuseppe un amore intenso, filiale a Maria. Amare e venerare la Vergine SS. come egli l'amava e la venerava.
Il nostro cuore è fatto per amare. Quando un'anima, una persona si innamora di Gesù e di Giuseppe e particolarmente di Maria, si eleva. Le passioni non taceranno del tutto, ma si smorzeranno. L'amore a Maria! Belle sono le parole di S. Luigi Grignion di Montfort:3 «L'anima che ama Maria di un amore confidenziale, progredisce in un mese più di altre anime che poco amano Maria, con lo sforzo di anni». Meditare queste parole. Con un amore intenso a Maria si fa grande progresso nella santità. È un progresso che non costa la fatica che costerebbe senza questo amore.
Amiamo noi Maria con quell'amore rispettoso, con quell'amore fatto di divozione e di ammirazione di S. Giuseppe?
2. Chiedere a S. Giuseppe l'amore a Gesù. Sì, amare intensamente Gesù con tutto il cuore, sopra ogni cosa, come egli lo amava.
Quanto crebbe l'amore a Gesù in Giuseppe, là nel Presepio! Il Presepio ci presenta sempre San Giuseppe in atto di ammirare e di pregare il Bambino. | [Pr 5 p. 10] Quanto crebbe l'amore a Gesù, allorché dovette trafugarlo in Egitto! E specialmente nell'intimità della casa di Nazareth! Immaginare i momenti in cui, la sera, Giuseppe sospendeva il suo lavoro e s'intratteneva in soavissime e celestiali conversazioni col suo fanciullo Gesù... E Gesù gli asciugava il sudore e gli mostrava tutta la divozione e l'obbedienza.
Soavissime consolazioni ebbe nelle conversazioni con Maria. Veramente cosa grande, cosa ammirabile: Gesù, Maria,
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Giuseppe, in intima, celestiale conversazione! Per tanti anni! Chiedere dunque a S. Giuseppe la grazia dell'intimità con Gesù e con Maria.
Vi sono di quelli che si accontentano di piccoli canti, o di mettere qualche quadro, qualche statua negli ambienti. Il nostro amore a Gesù e a Maria deve essere un amore sentito, profondo, e deve generare l'abituale ricorso e l'invocazione frequente nel corso della giornata. Non sia una cosa che si riserva al momento in cui si viene in chiesa. Si senta continuamente la presenza di Gesù; si lavori sotto l'occhio di Maria, ci si confidi nelle pene; si chiedano i lumi per lo studio e la grazia di capire. Offrire sempre, continuamente possiamo dire, in quanto è possibile, le nostre azioni: così che non ci sentiamo soli, ma nella giornata possiamo sentire Maria che ci assiste, che ci protegge, che stende la sua mano benefica su noi. E sentiamo Gesù che ci ispira, che sta nell'anima nostra: noi con lui; egli con noi.
In questa giornata chiedere intensamente: amore a Gesù e amore a Maria. Chiedere questi due amori, per l'intercessione di S. Giuseppe.
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[Pr 5 p. 5]
GIOVEDÌ SANTO 19541

Prima di accostarci alla S. Comunione in questo grande giorno è utile qualche riflessione.
Ci facciamo tre domande: Che cosa abbiamo fatto noi rispetto a Dio? Che cosa hanno fatto gli uomini rispetto a Gesù Cristo? Che cosa ha fatto Gesù Cristo rispetto a noi?
La Chiesa ci fa contemplare in questi giorni Gesù Cristo elevato sulla Croce. Ecco l'opera degli uomini. Noi abbiamo crocifisso il nostro Dio, il Figliolo di Dio incarnato; noi siamo come i mandanti della flagellazione di Gesù Cristo, della incoronazione di spine, della condanna a morte, del suo doloroso viaggio al Calvario, della crocifissione, dell'agonia, della morte. Abbiamo peccato!
Che cosa ha fatto Gesù Cristo rispetto a noi? Gesù Cristo ci ha dato tutto: il Vangelo, la Chiesa, i Sacramenti, specialmente l'Eucaristia; ci ha dato il sacerdozio, lo stato religioso; ci ha dato la sua stessa vita e ci ha aperto il Paradiso. Sembra una gara in senso inverso, da parte di Dio e da parte dell'uomo: Dio a beneficare e l'uomo a rendere male per bene.
E che cosa vogliamo fare noi d'ora in avanti? Pentiti, confessati, noi vogliamo risorgere con Cristo. Risorgere ad una vita nuova, ad una vita di verità, di santità, di grazia.
In questo momento invochiamo l'Immacolata.
Una preparazione alla Comunione fatta nello spirito dell'Anno Mariano. Maria è immacolata di mente. Chiediamo per suo mezzo a Gesù Cristo, che è la Verità, la grazia di santificare i nostri | [Pr 5 p. 6] pensieri. Pensieri elevati! Pensieri a Dio! Pensieri alle cose che sono il compimento della volontà di Dio. La santificazione della mente! Chiediamo una fede viva, nei misteri divini, nelle verità che Gesù Cristo ha predicato e la Chiesa ci insegna. La mente sia occupata in cose sante, di volontà di Dio.
La mente di Maria era sempre elevata verso le cose celesti e verso le cose sante! «Conservabat omnia verba hæc conferens in corde suo».2
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Per mezzo di Maria Immacolata chiediamo la purezza del cuore. Che il cuore sia dominato da desideri, aspirazioni sante! Che mai il cuore si rivolga al fango! Che mai si attacchi alle cose della terra; ma che delle cose della terra sappiamo fare l'uso necessario per salvarci e per salvare. Il Cuore Immacolato di Maria ci ottenga dal Cuore sacratissimo di Gesù questa grazia.
Gesù è nostra vita! E per mezzo dell'Immacolata, Madre di Dio, chiediamo ancora la grazia di condurre una vita senza peccato. Quando si tratta di peccato, mai si coinvolge la Madre di Dio. La sua vita cominciò con la santità, continuò nella santità e si compì, si conchiuse nella santità più alta. Chiediamo la purezza nella vita. Purezza di occhi, purezza nella lingua, nel tatto, nell'udito. Siano purificate la memoria e l'immaginazione! Tutto quello che riguarda i santi comandamenti ci stia sempre presente. Così pure tutto quello che abbiamo promesso a Dio nelle confessioni e nei santi voti. Purezza di vita!
Ecco il grande mistero di oggi: Gesù «cum dilexisset suos qui erant in mundo, in finem dilexit eos»,3 amò i suoi fino all'estremo. E all'estremo della sua vita diede i segni più grandi di amore: «Prendete e mangiate» [Mt 26,26]. Quelle parole | [Pr 5 p. 7] non erano soltanto rivolte ai Dodici; erano rivolte a tutti gli uomini, di ogni tempo e di ogni luogo; anche a noi quindi, come erano rivolti a noi pure i Comandamenti, i Consigli.
In questo giorno Gesù istituì il Sacerdozio, cioè stabilì coloro che dovevano continuare la sua missione, esercitare i suoi divini poteri rispetto alle anime.
In questi giorni raccogliamo ancora dall'offerta di Gesù, la Madre. «Ecco tua Madre» [Gv 19,27]. Giovanni la prese con sé. E noi accettiamo da Gesù questa Madre divina, e promettiamo di sempre meglio conoscerla, meditandone i privilegi, le grazie e le virtù. Cerchiamo di imitarla, di amarla e di pregarla sempre meglio. Soprattutto a Maria è gradito che chiediamo questo: di non peccare più.
Immacolati nella mente, immacolati nel cuore, immacolati nella vita.
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Ora, per purificare la nostra coscienza da ciò che abbiamo commesso di offesa al Signore e per conservare il proposito di voler essere immacolati nella mente, nel cuore, nella vita, do la Benedizione, che viene detta Papale, cioè data in nome del S. Padre, cui è annessa l'indulgenza plenaria.
L'atto di dolore e il Confiteor siano recitati con particolare pentimento, onde riceviamo, almeno in questo giorno, Gesù con maggiore mondezza, con fervore più grande e con propositi più fermi.
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[Pr 5 p. 11]
VIA CRUCIS1

Recitiamo di cuore l'atto di dolore, rappresentandoci bene la scena del Calvario: Gesù Crocifisso vicino a spirare e la SS.ma Vergine che contempla il Divin Figlio e pensa a noi, ai peccatori, e prega per l'umanità.
«Clementissimo Gesù mio, ecc.».2
Chiediamo a S. Paolo la grazia di compiere bene questa Via Crucis. S. Paolo è il grande predicatore di Gesù Crocifisso. Scrive in una sua lettera: «Fra di voi io non ho creduto di sapere e di dovere predicare altro che Gesù Crocifisso» (1Cor 2,2). Che ci dia i suoi sentimenti! E invochiamo l'aiuto di Maria Addolorata: ella ci faccia sentire il dolore dei peccati e soprattutto ci ispiri il proposito di una vita santa.

1.a Stazione: «Gesù innocentissimo accetta per nostro amore ed in isconto dei nostri peccati la ingiusta sentenza di morte pronunciata contro di lui da Pilato». Pensiamo a quello che ci ha detto Gesù: «Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,21). Per manifestare la volontà di seguirlo, si stia in piedi durante le parole che dirò, e l'annunzio della stazione. Decisi a seguire Gesù! E in questa stazione dobbiamo considerare la ingiusta sentenza pronunziata contro Gesù Cristo. Pilato era persuaso dell'innocenza di Gesù. Sapeva che per invidia lo avevano presentato a lui e ne chiedevano la condanna; ma la sua debolezza lo portò a pronunziare la iniqua sentenza. | [Pr 5 p. 12] La sentenza di morte pronunziata contro di noi è giusta. Giusto è il Signore e giusta la sentenza che ha pronunziato sopra ogni uomo. E noi forse l'abbiamo ancora meritata per altre ragioni, per i peccati commessi.
Allora, in soddisfazione dei nostri peccati, accettiamo la morte, con tutte quelle circostanze dolorose che l'accompagneranno. E domandiamo la grazia di morire nel santo amore di Dio. Perciò divotamente diciamo tutti assieme: «Amorosissimo
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Gesù, per vostro amore, ed in penitenza dei miei peccati, accetto la mia morte con tutti i dolori, le pene e gli affanni che l'accompagneranno. Sia fatta non la mia ma la vostra volontà, o Signore. Fate che io gusti la consolazione di chi compie il vostro santo volere».

2.a Stazione: «Gesù riceve sulle spalle la croce per portarla fino al Calvario. Egli dice a noi: Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua [Lc 9,23]».
Il buon ladrone crocifisso accanto a Gesù, illuminato dalla luce divina, disse al suo compagno, al cattivo ladrone: «Noi abbiamo ricevuto la condanna, e soffriamo ciò che è giusto, ciò che abbiamo meritato, ma costui che male ha fatto?» (Lc 23,41). Che male ha fatto Gesù? E se noi troviamo nella nostra vita peccati, dobbiamo ripetere la medesima cosa. Abbiamo sofferenze, croci, dispiaceri, fatiche, ma è ciò che meritiamo. Abbiamo peccato, quindi è giusta la penitenza! E tutto offriamo a Gesù in soddisfazione. Almeno potessimo scontare il Purgatorio!
Già avete fatto la Comunione Pasquale. Cancellare anche ogni reliquia di peccato e ogni debito contratto con Dio. Perciò diciamo con attenzione: «Voglio venire dietro di voi, o Divin Maestro, mortificando | [Pr 5 p. 13] le mie passioni, accettando la mia croce quotidiana, imitando i vostri santi esempi. Attiratemi a voi, o Signore, perché io vi segua amorosamente ogni giorno. Stretta è la via, ma conduce al Paradiso. Nel cammino mi appoggerò a voi, mia guida e mio conforto».

3.a Stazione: «Gesù, affranto dall'agonia del Getsemani, martoriato dalla flagellazione ed incoronazione di spine, sfinito dal digiuno, cade per la prima volta sotto l'enorme peso della croce».
Anime che siete ancora innocenti, attente alle prime tentazioni, alle prime cadute. Il demonio è il grande invidioso dell'innocenza. Alle prime tentazioni si ricorra al Confessore, al Direttore spirituale, per ricevere lumi e ricevere forza. È molto pericoloso cadere una volta. È assai più facile non cadere mai, che cadere una volta sola.
Per i meriti di Gesù che cadde la prima volta sotto la croce, preghiamo il Signore che sostenga i cadenti. «Gesù è caduto per
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sostenere i cadenti. Molte sono le tentazioni del demonio, della carne, del mondo. Non ci inducete in tentazione, o Signore, e liberateci da ogni male passato, presente e futuro».

4.a Stazione: «Gesù incontra la sua Madre trafitta nell'anima da una spada di dolore. Il cuore di Gesù e il cuore di Maria sono uniti anche nella stessa passione».
Quanto siamo costati a Maria! Quanto siamo costati a Gesù! E tuttavia vi sono cuori che rimangono indifferenti. Vi sono anime che si commuovono per sciocchezze e non si commuovono mai considerando l'amore di Gesù e l'amore di Maria, considerando i propri peccati. Gesù rimproverava gli ebrei: «Siete duri di cuore!» [Mt 13,15].
Domandiamo la sensibilità spirituale, recitando | [Pr 5 p. 14] le parole che seguono: «Ecco i due cuori che tanto hanno amato gli uomini e nulla hanno risparmiato per essi. O Cuori SS. di Gesù e di Maria, concedetemi la grazia di meglio conoscervi, amarvi, imitarvi e farvi generosa ammenda. Prendetevi tutto il mio cuore perché sia sempre vostro».

5.a Stazione: «Gli Ebrei con finta compassione, incontrato un uomo di Cirene, lo obbligano a portare la croce di Gesù».
Tutti siamo tenuti a portare la croce di Gesù e cioè a cooperare alla redenzione del mondo. Vi è in noi amore per le anime? Le anime che camminano verso l'eterna dannazione, che soffrono in Purgatorio, ci danno pena? Questi fanciulli che sono così insidiati nell'innocenza, questi peccatori induriti, ostinati, ci danno pena? Sappiamo noi comprendere i sentimenti del Cuore di Gesù e i sentimenti del Cuore di Maria? Sappiamo noi pregare per i peccatori, per gli innocenti, per gli eretici, per gli scismatici, per gli atei, per i pagani, per gli ebrei, per i maomettani? E quando diciamo la Coroncina alla Regina degli Apostoli, comprendiamo qualche cosa di quelle parole che ci impegnano a pensare non solo all'Europa, ma all'Asia, all'America, all'Africa, all'Oceania? Vi è, in sostanza, in noi qualche fiamma di zelo? Gesù l'accenda questa sera nel nostro cuore. E diciamo molto adagio tutte le parole: «Sono anch'io tenuto a cooperare alla redenzione delle anime, completando con le mie sofferenze la passione di Gesù Cristo. Accettatemi o buon Maestro, come
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piccola vittima. Preservate gli uomini dal peccato, salvate i peccatori dall'inferno e liberate le anime purganti dalle loro pene».

6.a Stazione: «La Veronica per pia compassione | [Pr 5 p. 15] asciuga il volto a Gesù, e Gesù la premia imprimendo il suo volto in quel lino».
Gesù cerca anime riparatrici: «Non potuistis una hora vigilare mecum?»3 domandava nel Getsemani agli Apostoli che si erano addormentati, mentre egli soffriva agonia di sangue.
Fra tanta gente che lo accompagnava al Calvario, Gesù ha trovato finalmente una persona che ha avuto pietà di Lui. E vedendo il suo volto coperto di sangue, di sputi, di sudore, vi si accostò e lo asciugò. Vi sono ai nostri giorni anime riparatrici; vi è anzi una schiera di belle anime che hanno sentimenti nobilissimi e piissimi, che si offrono vittima per i peccatori. L'offrirsi vittima non vuol dire che si debba accelerare la morte; ma vuol dire spendere tutte le forze per Dio, perché morire per Dio è grande merito, ma operare soffrendo per le anime, lavorando alla loro salvezza, è merito più grande ancora, merito più prolungato.
Chi sente qualche voce nel suo cuore in questo momento, non rimanga insensibile: «Si vocem eius audieritis, nolite obdurare corda vestra».4 Se suona al vostro orecchio qualche voce divina, non fate i sordi.
E diciamo: «Riconosco in questa pia discepola il modello delle anime riparatrici. Comprendo il dovere che ho di piangere i miei peccati e tutte le offese fatte alla vostra divina Maestà. O Gesù, imprimete in me e in ogni anima riparatrice, le virtù del vostro Cuore santissimo».

7.a Stazione: «Una seconda volta vengono meno le forze a Gesù, ed egli, fatto obbrobrio degli uomini e rifiuto della plebe, cade la seconda volta sotto la croce».
Le prime cadute frequentemente avvengono per ignoranza o per fragilità; ma una volta rialzati e | [Pr 5 p. 16] conosciuta la malizia del peccato e la malizia del demonio nel tentare, si divenga prudenti: perché dal peccato di fragilità e di ignoranza si passerebbe al
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peccato di malizia, al peccato commesso, cioè, ad occhi aperti, sapendo il male che esso è, acconsentendovi dopo riflessione, dopo l'ispirazione dell'Angelo Custode a resistere. Attenti a non ricadere: ogni ricaduta aggrava il male, perché facilmente introduce l'abitudine. E se abbiamo avuto la misericordia di Gesù nel ricevere il perdono dopo il primo fallo, noi non sentiamo maggiormente il debito di amare di più Gesù? E di riparare? E di vigilare per non ricadere più?
Gesù, per i dolori di questa sua ricaduta, ci voglia illuminare, ci voglia infondere un grande odio al peccato. E insieme la prudenza per evitare le occasioni di peccato. Quindi molto adagio leggiamo la preghiera: «O buon Maestro, voi scontate così le nostre ricadute nei peccati fatte per malizia, per esserci messi nell'occasione, nonostante le vostre ispirazioni. Signore, detesto i miei peccati, offesa alla vostra Maestà, cagione della morte del vostro divin Figlio e mia spirituale rovina, e propongo di non commetterne più per l'avvenire».

8.a Stazione: «Seguivano Gesù gran popolo e molte donne che piangevano sopra di lui. Egli disse loro: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma su di voi e sui vostri figli [Lc 23,28]».
Un giorno dovetti assistere un sacerdote morente, molto amico, già compagno di studi, il quale conoscendo che la sua malattia era gravissima e vedendo afflitti coloro che stavano attorno al suo letto, disse: «Non piangete su di me: perché dovreste piangere? lo me ne vado in Paradiso. Piango per voi, che restate nel mondo in mezzo a | [Pr 5 p. 17] tante difficoltà e soprattutto in mezzo a tanti peccati».
Piango su di voi! E quanto più dobbiamo piangere noi, se questi peccati fossero commessi per causa nostra, per mancanze di zelo e per negligenza nei doveri. Queste donne erano invitate quindi a piangere su se stesse e sui loro figli, cioè sui peccati dei figli e sulla rovina che li aspettava. Piangiamo sui peccati degli uomini. Ma vigiliamo e siamo delicatissimi per non portare con i nostri esempi la tiepidezza in mezzo a noi, la negligenza nei doveri; per non portare delle parole o delle azioni che siano come incoraggiamento al male, al peccato. Non carichiamoci di tante responsabilità, e diciamo di cuore al Signore:
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«Mi umilio per le molte mie colpe personali, e per quelle che altri hanno commesso per i miei cattivi esempi, le mancanze di zelo e negligenze ai miei doveri. Gesù mio, vi prometto di impedire per quanto potrò, il peccato con le opere, l'esempio, la parola, la preghiera. Datemi un cuore puro ed uno spirito retto».

9.a Stazione: «Per la terza volta Gesù cade sotto la croce perché la nostra ostinazione ci ha portato a ripetere i peccati».
Dopo il primo peccato forse seguirono altri peccati, poco per volta si formò l'abitudine; e all'abitudine può seguire l'ostinazione. Ciò avviene quando l'anima non sente più rimorso, quando non ascolta più i richiami, quando ha perduto la luce della mente e la sensibilità del cuore.
Finché si sente il rimorso, è ancora la voce di Dio che suona in fondo all'anima; non è perduta ogni speranza. Ma che cosa avverrebbe se si arrivasse all'ostinazione? Quella persona diceva: «Non posso farne a meno. Se andrò all'inferno, | [Pr 5 p. 18] non sarò solo». Allorché si pensa così, quale via di salvezza, anzi quale via resta ancora per arrivare a commuovere un'anima? Solo la grazia di Dio. E ci conforta il pensiero che Maria è il Rifugio dei peccatori. Quanti peccatori ha ella convertiti! peccatori che sembrava resistessero ad ogni richiamo. Per questo la Confraternita del Cuore Immacolato di Maria per la conversione dei peccatori va sempre più dilatandosi nelle parrocchie. Ci rimane quindi quest'ultima tavola di salvezza: rimane la Madre. Forse chi ha resistito a tutti non resisterà alla Madre. Preghiamo:
«L'ostinazione acceca la mente, indurisce il cuore e mette l'anima in pericolo dell'impenitenza finale. Signore, misericordia, per i meriti della vostra passione. Datemi la grazia di vigilare sopra di me, di essere fedele all'esame di coscienza ed alla preghiera; di confessarmi spesso e con le dovute disposizioni».

10.a Stazione: «Gesù arrivato sul Calvario viene spogliato dei suoi abiti e amareggiato con una bevanda di fiele e mirra [cf. Mt 27,34-35]».
In questa stazione chiediamo al Signore la grazia di evitare i peccati di ambizione e di golosità, la grazia di saper domare il corpo. Santificare il corpo, santificare cioè i sensi: gli occhi, l'udito, la lingua, il tatto, i sensi interni. Ed evitare specialmente
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i peccati di ambizione e di golosità. Vi sono persone che sono ricche di molti doni e di molta grazia; e alle buone qualità aggiungono anche questa: la modestia, l'umiltà. Quanto è più bella l'umiltà, la modestia in una persona ricca di doti! E quanto più brutta è l'ambizione nel vestire, nell'ornarsi e nell'ungersi quando la testa è vuota e le qualità sono poche!
Sapersi regolare ed essere padroni del nostro | [Pr 5 p. 19] gusto, evitando la golosità. Diceva già il pagano: «Hai tu forse l'anima di un bruto, cioè di una bestia, che ti precipiti addosso al cibo e mangi con voracità? E pensi alla soddisfazione prima di andare a tavola, e mentre sei a tavola, e dopo che sei stato a tavola».
Vivere ragionevolmente, cioè secondo la ragione e secondo la grazia.
«Ecco quanto hanno costato a Gesù i peccati di ambizione nel vestire e di golosità nel cibo. Signore, concedetemi la grazia di staccare sempre più il mio cuore da ogni vanità e soddisfazione peccaminosa per cercare unicamente voi, somma ed eterna mia felicità».

11.a Stazione: «I carnefici inchiodano sulla croce Gesù, con suo spasimo indicibile, sotto gli sguardi dell'afflittissima sua Madre [cf. Lc 23,33]».
La croce è la salvezza e noi abbiamo cantato: «In quo est salus, vita et resurrectio nostra». Nella croce ogni salvezza, la vita, la resurrezione. Noi facciamo sopra il nostro corpo tanti segni di croce; segni di croce sulla fronte, sulle labbra, sul petto; ovunque è appesa la croce. E la croce sta sui campanili, e sui tabernacoli in vista di tutti. Tutto questo ci richiama alla mortificazione.
Non basta fare il segno di croce, bisogna che le mani siano segnate dalla croce. Bisogna che il tatto sia segnato dalla croce, gli occhi segnati dalla croce, gli orecchi segnati dalla croce, le labbra, la lingua segnate dalla croce, cioè dalla mortificazione. Quando verrà vicino a noi morenti il sacerdote per amministrarci l'Olio santo, ungerà gli occhi, gli orecchi, le mani, i piedi e dirà: «Per questa santa unzione e per la sua piissima misericordia il Signore perdoni tutto quello che hai commesso di male con gli occhi, con l'udito, con | [Pr 5 p. 20] il gusto, con la parola, col tatto, ecc.».
Conserviamo i sensi innocenti. Mortifichiamoli! Per appartenere a Gesù bisogna che segniamo noi stessi, la nostra carne colla
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croce; non sia però un semplice segno esteriore, magari fatto male, senza sentimento interno. Segniamo la nostra carne con la mortificazione. Non potremo giungere ad imitare quella santa che con un ferro rovente stampò una croce sul suo petto, sulle sue carni, ma facciamo volentieri almeno le mortificazioni necessarie.
Preghiamo: «Appartengono a Gesù Cristo quelli che crocifiggono la loro carne con i vizi e le concupiscenze. Io voglio essere di Gesù Cristo in vita, in morte, al giudizio universale e nell'eternità. Non permettete, o Gesù, che mi separi da voi».

12.a Stazione: «Gesù soffre ineffabili pene per tre ore; poi muore sulla croce per i nostri peccati».
Sul Calvario, ad assistere alla morte di Gesù Cristo, vi erano tre specie di persone: i nemici ostinati di Gesù, i quali hanno cercato il modo di rendere più penosa ancora la sua agonia con gli insulti; vi erano poi gli indifferenti, i curiosi, accorsi solo per vedere come si comportava il morente, com'era la sua agonia; e vi erano le anime elette: le pie donne, Giovanni, Maria.
La morte di Gesù in croce viene rinnovata ogni giorno nella S. Messa. Come l'ascoltiamo? Vi sono coloro che in chiesa si comportano in un modo che sembra quasi un insulto: nessun rispetto al luogo santo, nessuna pietà; vi sono i curiosi e gli indifferenti, i quali aspettano solo che la messa termini, che si chiuda quel tempo per loro pesante; e vi sono quelli che hanno la pietà vera, l'intelligenza della Messa, e vogliono ascoltarla con le disposizioni che sono suggerite dalla Chiesa | [Pr 5 p. 21] nel Messalino, specialmente con le disposizioni con cui Maria assistette Gesù nelle ultime ore. Accostiamoci all'altare, quando incomincia la S. Messa, con i sentimenti di Maria.
«La morte di Gesù si rinnova ogni giorno sui nostri altari con la S. Messa. Gesù amorosissimo, concedetemi la divozione alla S. Messa, perché vi assista spesso e con le disposizioni che ebbe la vostra santa Madre nello stare ai piedi della croce sul Calvario».

13.a Stazione: «L'addolorata Maria riceve tra le braccia il Figlio deposto dalla croce».
Per i dolori di questa Madre santissima chiediamo la grazia di essere da lei assistiti in vita, di poter sempre camminare sotto
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il suo manto. E di essere da lei assistiti specialmente in punto di morte.
Gesù ha voluto morire così, sotto gli occhi della Madre. Ogni dolore, ogni pena che sentiremo in morte sia come una chiamata, un'invocazione a Maria, perché venga al nostro letto per consolarci, per darci la vittoria contro gli ultimi assalti del demonio, per prendere la nostra anima sulle sue braccia e portarla in cielo.
«Maria contempla nelle piaghe del Figlio l'opera orribile dei nostri peccati e l'amore infinito di Gesù per noi. La divozione a Maria è un segno di salvezza. O Madre e corredentrice nostra, datemi il vostro amore, concedetemi la grazia di pregarvi ogni giorno; assistetemi adesso e specialmente nell'ora della morte».

14.a Stazione: «Il corpo di Gesù, unto con gli aromi, è portato al sepolcro, con accompagnamento di pochi fedeli [Lc 23,50-56]. Nell'immenso dolore essi erano confortati dalla speranza della risurrezione».
Gesù aveva predetto la sua Passione: «Ecco, | [Pr 5 p. 22] andiamo a Gerusalemme e il Figliolo dell'uomo sarà tradito e messo a morte e il terzo giorno risusciterà» (Mt 20,18-19).
Anche noi risorgeremo. Di quale risurrezione? Di una risurrezione gloriosa simile a quella di Gesù, simile a quella di Maria? O della risurrezione ignominiosa dei perduti?
Risorgere adesso! per assicurarsi la risurrezione gloriosa. Risorgere come scriveva quel giovane: «Voglio risorgere dai miei errori e dai miei peccati e dal turbinio di queste passioni, che mi agitano continuamente».
Chiediamo adesso di risorgere spiritualmente.
«Credo fermamente, mio Dio, la risurrezione di Gesù Cristo, come credo la risurrezione della carne. Ogni giorno voglio risorgere a vita nuova per meritare di risorgere nella gloria dell'ultimo giorno. Lo spero, o Gesù, per i meriti della vostra passione e morte».
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LA CORONCINA ALLA REGINA DEGLI APOSTOLI1

Questa meditazione ha il fine di farci comprendere meglio, e meglio recitare, la Coroncina alla Regina degli Apostoli.
La Coroncina è divisa in cinque punti. Nel primo punto consideriamo l'istante in cui Maria diviene Regina nell'Incarnazione del Verbo.
Nel secondo punto Maria è proclamata Regina. Dall'alto della Croce Gesù la dà Regina a tutti, Regina specialmente degli Apostoli.
Nel terzo punto Maria esercita l'ufficio di Regina degli Apostoli nel cenacolo e nel periodo in cui la Chiesa muove i primi passi.
[Pr 5 p. 23] Nel quarto punto Maria lascia la terra. Contempliamo la morte della Regina, la sua risurrezione, la sua glorificazione, con l'Assunzione in cielo.
Nel quinto punto contempliamo Maria in Paradiso nell'esercizio della sua Regalità. Ella è grande per essere con noi misericordiosa e per soccorrere tutte le nostre necessità.
Ogni punto incomincia con lodi che rivolgiamo a Maria e si conchiude sempre con parole che ci ispirano la confidenza in lei.

1. Nel primo punto la preghiera è alquanto lunga, ma le parole essenziali sono: «Io venero e lodo quel privilegio unico al mondo per cui, piacendo al Signore nella vostra umiltà, conservando la più illibata verginità, diveniste la grande Madre del divin Salvatore nostro Maestro, luce vera del mondo, fonte di ogni verità». Maria divenne la Madre di Gesù Cristo, Re dei re, e la madre del Re è Regina.
Inoltre Maria è regina nostra per una ragione molto più profonda: Ella, generando Gesù Cristo che è il capo del Corpo mistico, ne generò ancora tutte le membra secondo l'insegnamento della Teologia. E perciò ella ha un dominio su tutti: divenne vera Madre nostra. Perciò la chiamiamo «vita» nostra. Allora noi
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ci rivolgiamo a questa nostra Regina e le domandiamo la grazia di possedere la sapienza celeste, che è la luce del Vangelo, e domandiamo pure la grazia che tutti gli uomini vengano al Vangelo, conoscano il Vangelo, lo accolgano dalla Chiesa, siano suoi discepoli, onde, camminando nella luce del Vangelo, arrivino alla luce eterna, alla visione di Dio. E quindi diciamo: «Illuminate i dottori, i predicatori, gli scrittori».
[Pr 5 p. 24] Adesso diciamo adagio, tutti insieme, il primo punto.

2. Le parole essenziali del secondo punto sono: «Ricordate il doloroso e solenne istante in cui il moribondo vostro Gesù dalla croce vi donò per figliolo Giovanni, e in lui tutti gli uomini e specialmente tutti gli apostoli».
Maria, già regina, viene proclamata regina degli Apostoli e di tutti gli apostolati. E perciò in questo punto chiediamo che il numero degli Apostoli aumenti sempre più: «Accrescete la gloriosa schiera degli Apostoli, dei Missionari, dei sacerdoti e delle vergini». E siano santi! E siano integri nei loro costumi ed abbiano soda pietà, profonda umiltà, ferma fede, ardente carità. E i motivi di fiducia sono i titoli di Maestra dei Santi e Madre del Gran Sacerdote.
In principio la lode dice: «Regina degli Angeli tutti, piena di grazia e concepita senza macchia, benedetta fra le creature, tabernacolo vivente di Dio, ricordate il doloroso e solenne istante in cui il moribondo vostro Gesù dalla croce vi donò per figliolo Giovanni, e in lui tutti gli uomini e specialmente tutti gli apostoli».
Ascoltiamo con divozione e riconoscenza Gesù che dalla croce dice: «Donna, ecco tuo Figlio» (Gv 19,26). E meditiamo: «Giovanni, ecco tua Madre!». Al nome di Giovanni possiamo sostituire ognuno il nostro nome. Le parole dette a Giovanni non erano rivolte a lui solamente, in particolare, come nell'ultima Cena non erano rivolte solamente ai dodici le parole: «Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo!» [Mt 26,26]. Erano rivolte anche a noi. Allora con divozione e adagio ripetiamo: «O Maria, Regina degli Angeli tutti...».

[Pr 5 p. 25] 3. Nel terzo punto onoriamo Maria Regina nell'esercizio della sua regalità sulla terra, come nel quinto punto consideriamo Maria nell'esercizio della sua regalità in cielo.
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In questo punto le parole essenziali sono: «Rallegratevi per i giorni in cui sedeste Maestra, conforto e madre degli Apostoli nel Cenacolo, per invocare ed accogliere il Divin Paraclito, lo spirito coi sette doni, Amore del Padre e del Figliolo, rinnovatore degli Apostoli». Allora noi chiediamo lo Spirito apostolico, un cuore apostolico, una mentalità apostolica. Chiediamo che nel nostro cuore entri il vero amore alle anime e il desiderio della loro salvezza.
Le parole di lode in principio sono: «Vergine candidissima, augusta Regina dei Martiri, stella mattutina, sicuro rifugio dei peccatori». E le parole di confidenza: «Madre di misericordia, avvocata nostra, a voi sospiriamo in questa valle di lacrime». Diciamo perciò bene: «O Vergine candidissima...».

4. Nel quarto punto le parole essenziali sono: «Io penso al momento fortunato per voi, in cui lasciaste la terra per volare fra le braccia benedette di Gesù. Fu in un atto supremo di amore che la vostra anima infranse i vincoli del corpo, fu la predilezione onnipotente di Dio che vi risuscitò e bella e immortale vi assunse al cielo».
In queste parole consideriamo il passaggio, il transito cioè della Regina, che dopo aver compiuto l'ufficio della regalità verso gli Apostoli, riceve il premio.
Maria spira in un atto di perfetto amor di Dio e, risuscitata, è assunta, in corpo ed anima al paradiso. Allora noi la lodiamo e le domandiamo la grazia di vivere santamente, per morire santamente; | [Pr 5 p. 26] chiediamo una morte serena, e che Maria venga a ricevere la nostra anima e a portarla in Cielo.
Le parole di lode sono: «O nostra tenera Madre Maria, porta del cielo, sorgente di pace e di letizia, aiuto dei cristiani, fiducia dei moribondi e speranza anche dei disperati». E le parole di consolazione: «Maria, procuratevi la gloria più bella, cambiate un gran peccatore in un gran santo, o rifugio dei peccatori, o stella mattutina, o consolatrice degli afflitti».
Diciamo bene, cercando di capire ogni parola: «O nostra tenera Madre Maria...».

5. Nel quinto punto le parole essenziali sono: «Quanto fu grande e quanto dolce il giorno in cui l'Augusta Trinità vi incoronò
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regina del cielo e della terra, dispensiera di tutte le grazie, Madre nostra amabilissima». Maria entra nell'esercizio della sua regalità in Paradiso, e la eserciterà in ogni secolo, fino al termine del mondo. Ella è grande per poter dare a noi ogni grazia; è regina: «Regina di misericordia», «Mater misericordiæ»; è speranza nostra.
Perciò consideriamo la sua regalità, rispetto agli Angeli, rispetto al Purgatorio e rispetto alla Chiesa militante; in modo speciale ciascuno la considera riguardo a se stesso. «Non mi lasciate un istante, o Madre; che io possa passare la giornata sotto il vostro sguardo», come Gesù lavorava sotto lo sguardo di Maria a Nazareth.
Le parole di lode sono: «O Maria, stella del mare, mia dolce Sovrana, nostra vita e regina della pace». E le parole di fiducia: «Maria, mia regina, mia avvocata, mia dolcezza, ottenetemi la santa perseveranza».
[Pr 5 p. 27] Ed ora con grande cuore salutiamo la Regina e invochiamo la sua benedizione.
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PER LA CANONIZZAZIONE DI PIO X1

Nell'epistola della Messa di oggi si leggono le parole tolte dalla Lettera di S. Giacomo: «Fratelli, non ascoltate solo la parola di Dio, ma mettetela in pratica: Estote factores verbi, non auditores tantum» (Gc 1,22). Non solo ascoltarla, ma ritenere e far fruttificare la Parola di Dio, che in Congregazione è così abbondante. E perché essa porti frutto, si meditino le parole che vi sono nel Vangelo: «Domandate e otterrete» (Gv 15,7); perché il seme della divina parola nel nostro cuore germogli e cresca e porti il cento per uno o il sessanta per uno, occorre la grazia divina, l'aiuto soprannaturale, che venga a migliorare la nostra povera umanità, così inclinata al male.
Un grande esempio abbiamo da meditare in questi giorni, avvicinandoci alla Canonizzazione di Pio X,2 che sarà celebrata al termine di questa settimana.3 Quando, contro le previsioni umane, Pio X fu eletto Pontefice, un sacerdote di grande esperienza, di grande sapienza e soprattutto di grande virtù, diceva: «Questa elezione è un miracolo: procede certamente dallo Spirito Santo; prepariamoci a vedere in questo pontificato un risveglio di pietà e di spirito cristiano». E fu così.4
Pio X apparve subito come l'immagine del Maestro Divino in mezzo agli uomini, per la sua bontà, | [Pr 5 p. 28] ma nello stesso tempo per la sua fermezza. Per tre aspetti particolari egli si presentò come l'immagine del Maestro Divino: sia per la dottrina: «Io sono la Verità», sia per la sua santità: «Io sono la Via», e sia per la sua pietà: «Io sono la Vita» [cf. Gv 14,6].
In quel tempo si agitavano tante questioni: alcuni ritenevano che per governare la Chiesa fosse necessario possedere una diplomazia più avveduta; altri reclamavano una soluzione giusta delle questioni sociali: chi voleva trovare soluzioni particolarmente nuove per l'azione pastorale, per il ministero sacerdotale. Si agitavano tante questioni riguardo agli studi, riguardo all'indirizzo della Chiesa
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della Chiesa e di tutta la sua azione in mezzo agli uomini. Come risolvere tali questioni? Molti si guardavano, interrogandosi: «Come potrà un sacerdote, nato in un paese così umile e che è stato per tanti anni parroco, anzi cappellano,5 come potrà risolvere le questioni attuali, e nello stesso tempo dare alle anime quello che esse attendono?». Trovò subito la via Pio X: «Instaurare omnia in Christo»,6 nel Maestro Divino.
Non c'è altra soluzione, per tutte le questioni che si agitano anche oggi in mezzo agli uomini, che questa: «Instaurare omnia in Christo». Vivere Gesù Cristo, far rivivere Gesù Cristo in mezzo agli uomini. Non viene di là la salvezza? E perciò nella sua prima enciclica egli tracciò il programma: «Non abbiamo bisogno di programmi: abbiamo bisogno di mettere in pratica i programmi che sono nel Vangelo. Là è tutto! Senza questo l'umanità non troverà né la via della pace, né la via della moralità, né la via del cielo. Instaurare omnia in Christo. Quindi far rivivere Gesù Cristo in tutto: in tutte le parti dell'azione sacerdotale e dell'azione della Chiesa».
E come far rivivere Gesù Cristo | [Pr 5 p. 29] nell'umanità? Come presentarlo? Come condurre meglio l'umanità a Gesù Cristo?
Nella seconda enciclica Pio X indica la strada: «Andare a Gesù per mezzo di Maria».7 Con queste parole egli comincia l'enciclica che indice la celebrazione cinquantenaria della proclamazione del dogma dell'Immacolato Concepimento di Maria.
Quindi la Via è Gesù, ma a Gesù si va per la via Maria. E il Papa porta e svolge in quell'enciclica sei ragioni.
Rinnovò tutti gli studi sacri, e quando l'eresia più terribile della storia, il modernismo, minacciava di infettare tutto, egli intervenne con mano risoluta.8 Gli avversari, o meglio gli eretici
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nuovi, avevano creduto di trovare un Papa debole e, specialmente, incapace di comprendere le nuove dottrine e di rilevare il veleno che si stava mettendo nel seno della Chiesa.9 I dotti erano troppo infatuati di sé, come oggi sono infatuati dello scientismo e della meccanica.
Pio X fu chiaro. E le sue riforme si estesero a tutte le parti del sapere sacro: dalla Teologia all'Arte sacra; dalla Scrittura alla Letteratura; dal Diritto Canonico alla Storia ecclesiastica, perché - disse il Papa Pio XII nell'elogio che ne fece - egli non si contentava mai di dire solo delle parole. Prima di parlare aveva già predisposto tutti i mezzi perché la sua parola fosse attuata. Egli fu soprattutto uomo pratico. Si potrebbe anche a lui cantare l'altra antifona che è indirizzata al Maestro Divino: «Maestro, appresso di te facciamo Pasqua».
Fu infatti il Papa dell'Eucaristia, e il restauratore del culto sacro: non solo per il Breviario, ma particolarmente per il Canto sacro, che egli riportò al suo ufficio, alla sua missione nella Chiesa di Dio.10 Egli seppe risolvere le questioni | [Pr 5 p. 30] da tanto tempo agitate circa la frequenza alla Comunione, la Comunione ai bambini, agli infermi, le disposizioni necessarie per la Comunione.11 E richiamò tutti al tabernacolo, alla confessione. Quanto poi alla pietà, perché fosse più viva, volle che i maestri di pietà, i sacerdoti, fossero santi. E non sappiamo se la sua «Esortazione al Clero»12 si debba mettere in questo punto o si debba ricordare trattando della codificazione del Diritto Canonico, con cui intese richiamare tutti sulla via retta.13
Pensando all'esortazione al Clero, si può applicare a Pio X la terza antifona: «Maestro, che debbo fare per salvarmi?» (Mc 10,17). Ed egli, Pio X, lo indicò bene. Difatti fu efficacissima l'opera sua per il rinnovamento dei costumi del popolo cristiano,
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per sviluppare la delicatezza nei giovani, per far rifiorire la carità in mezzo al popolo, per riportare tutti all'osservanza della povertà, perché religiosi e sacerdoti vivessero secondo la loro missione.
Noi conosciamo quale fermezza abbia avuto nel sostenere i diritti della Chiesa. Era inatteso un atto così forte come quello che egli compì a riguardo della Francia.14 Non lo si attendeva da lui, che era solito chiamarsi il parroco di campagna, o il Cardinale di campagna. Non lo si attendeva, ma fu quanto mai salutare e valse non solo a richiamare la Francia ad una nuova vita cristiana, ma valse anche come esempio per le altre nazioni.
Bisogna che ci facciamo una domanda, perché vogliamo ricavare qualche cosa di pratico anche per noi: Pio X come arrivò a tale altezza di santità? Come governò così saggiamente la Chiesa? Come seppe risolvere le questioni più difficili del suo tempo? Forse tale domanda richiede una risposta complessa; ma questa può anche essere | [Pr 5 p. 31] semplificata: Pio X, fin da bambino, faceva bene le cose che doveva fare. Era un giovanetto pio, uno scolaro diligente, un chierico studioso e pio, un cappellano modello, un parroco zelantissimo, un vescovo che si impose in Mantova alla massoneria, e al popolo con la sua carità e bontà. E fu un Cardinale, Patriarca di Venezia, ammirato da tutti. E quindi fece bene come Papa! Quando si fa bene in ogni ufficio, in ogni tempo della vita, si è preparati a tutti gli uffici a cui la Provvidenza può chiamare. Far bene tutto!
Dappertutto Pio X portò tre virtù: l'umiltà, la docilità, la bontà. E come era umile e docile fanciullo a Riese col suo Parroco e in famiglia, così fu umile quando, Papa, operava quei prodigi che venivano divulgati, sia pure con molta prudenza! «Oh! mi dicono - confidava ad un amico - che mi son messo a far miracoli. E ci vorrebbe che non avessi da fare che questo!» E faceva passare sotto uno scherzo quello che da tutti era ammirato.
Quanto era docile alla correzione! E nello stesso tempo, se si volesse leggere il modo con cui egli dirigeva i chierici quando fu fatto Vicario della diocesi e Direttore spirituale, tutti i giovani avrebbero tanto da imparare. Voleva l'obbedienza ad ogni costo, l'umiltà ad accettare tutto.
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Ricordiamo anche la sua bontà; egli è il Santo dei lavoratori, il santo dei poveri.15 E nel suo testamento lasciò scritto: «Sono nato povero, vissuto povero, e voglio morire povero». Pensò Iddio a esaltare tanta umiltà e tale spirito.
Naturalmente tutto questo procedeva dalla pietà profonda, dalla sua divozione a Gesù Eucaristico, dalla sua divozione a Maria. Non si potrebbe altrimenti spiegare come, in un pontificato che non fu lunghissimo (14 anni), abbia potuto fare circa tremila atti, sottoscritti da lui e tutti diretti | [Pr 5 p. 32] al vero bene; atti che erano opportuni, dati i tempi e le circostanze in cui allora viveva la Chiesa, e che portarono la sua azione in ogni campo.
Ora anche noi dobbiamo ricavare qualche frutto. Il frutto è questo: far bene ciò che dobbiamo fare. Quando il fanciullo fa bene, il giovanetto fa bene, ecc., il Signore lo guida a compiere tutto quello che era stabilito nei disegni divini a suo riguardo. Vi sono persone che corrispondono in pieno alla loro vocazione, perché in ogni anno della vita, in ogni ufficio, in ogni dovere si applicano a compierlo quanto meglio possono. E vi sono persone che non corrisponderanno mai a tutta la loro vocazione, ai disegni che Dio ebbe sopra di loro creandoli, perché da una parte sprecano grazie, dall'altra non corrispondono alle cure dei loro superiori: fanno male in ogni ufficio, pensano sempre a beni maggiori e intanto dimenticano quello che è attuale. Vivono di fantasie.
Far bene ciò che abbiamo da fare, quanto è possibile alla nostra povera umanità. E Dio sarà con noi, Dio ci guiderà, Dio ci adopererà nelle opere della sua gloria, nelle opere che santificheranno l'anima nostra e che ci prepareranno un gran tesoro di gloria in cielo.
Facciamoci allora la domanda: Compiamo bene ciò che dobbiamo fare ogni giorno? Siamo diligenti nel nostro ufficio? nella nostra posizione? Voglio dire: nelle scuole medie, nelle scuole ginnasiali, nell'apostolato, nella pietà, nelle confessioni, facciamo bene?
Preghiamo secondo il nostro libro di pietà? Facciamo bene l'apostolato? Seguiamo tutta l'istruzione e tutta la direzione che
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ci viene dai maestri che sono accanto a noi? E abbiamo lo spirito di povertà? La rettitudine?
[Pr 5 p. 33] Facciamo bene in ogni tempo della vita. NelIa vita, chi avrà una strada e chi ne avrà un'altra; ma saranno tutte strade che salgono al cielo. E in punto di morte si potrà dire: «Cursum consummavi».16 E quando avremo fatto ciò che Dio aspettava da noi, sul letto di morte, quando saremo senza forze, potremo ancora fare quello che è più utile all'umanità e a noi: potremo ancora accettare la morte e offrire la nostra vita per le vocazioni, per la Congregazione, per gli apostolati nostri, per la salvezza del mondo, come Pio X offerse la sua vita per la pace del mondo.
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FESTA DELL'ASCENSIONE1

La grazia principale da chiedersi in questa meditazione è la fede nel Paradiso. Sollevare i nostri cuori considerando Gesù che, chiusa la sua giornata terrena, ascende al cielo e siede alla destra di Dio Padre onnipotente, e là prepara un posto a ciascuno di noi e ci attende.
Leggiamo negli Atti degli Apostoli il racconto della ascensione di Gesù Cristo al Cielo [cf. At 1,1-11].2
[Pr 5 p. 34] Gesù comparve nel Cenacolo dove stavano gli Apostoli, e fece con loro l'ultimo pasto. Poi li invitò ad uscire da Gerusalemme e salì sul monte degli ulivi, che è il più alto dei monti che circondano Gerusalemme. E diede gli ultimi avvisi. E affidò loro la missione che essi dovevano compiere, come risulta dal Vangelo. Indi li benedisse. E cominciò ad alzarsi verso il cielo. E mentre essi lo miravano meravigliati, ecco che una nube lo tolse al loro sguardo.
Noi possiamo immaginare che in quel momento i giusti dell'Antico Testamento gli siano andati | [Pr 5 p. 35] incontro, ed egli a capo della loro schiera sia entrato nei cieli, sorpassando tutti i cori angelici, per andare ad assidersi alla destra del Padre.
«Vocem jucunditatis nuntiate»3 abbiamo cantato domenica. Fate sentire la voce di gioia, fatela giungere fino alle estremità della terra, perché Gesù Cristo ha liberato il popolo dal peccato. Oggi possiamo aggiungere un'altra voce, un'altra ragione di giocondità: la nostra povera carne in quel giorno entrò in cielo. L'umanità era unita alla divinità del Figlio di Dio e si assise là alla destra del Padre.
Questo ricorda ciò che toccherà a noi: dopo la Risurrezione, corpo ed anima, riuniti, saliranno al cielo. Saliremo al cielo! E perché avesse questo significato anche alla mente degli Apostoli, gli Angeli comparendo loro, che ancora se ne stavano meravigliati con lo sguardo al cielo, ricordarono che un giorno Gesù sarebbe ritornato, per prenderci tutti e portarci con sé.
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Chi lo avrà seguito sulla terra, lo seguirà al cielo, prenderà il posto che Gesù ha preparato. Gesù è la Via completa, e la fermata ultima di questa via è quella predetta in quel gran giorno: «Uomini di Galilea, perché state mirando verso il cielo? Quel Gesù che da voi è asceso al cielo verrà così come l'avete veduto salire al cielo».
Ricordare il cielo, in questo tempo. Chiedere aumento di fede: «Credo vitam æternam».4 Salì al cielo, ove siede alla destra del Padre.
Però dobbiamo ricordare quello che Gesù disse prima di sollevarsi dalla terra, e che è registrato nel Vangelo: «In quel tempo Gesù apparve agli undici mentre erano a tavola, e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore per non aver creduto a quelli che l'avevano visto risuscitato. E disse loro: Andate | [Pr 5 p. 36] per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo: chi poi non avrà creduto sarà condannato. Or questi sono i segni che accompagneranno coloro che avran creduto: in nome mio scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue, maneggeranno i serpenti e, se avranno bevuto qualche veleno, non farà loro male; imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno. E il Signore Gesù, dopo aver loro parlato, fu assunto in cielo e siede alla destra di Dio. Quelli poi andarono a predicare da per tutto, con la cooperazione del Signore, il quale confermava la parola coi prodigi che l'accompagnavano» (Mc 16,14-20).
Ecco: gli Apostoli vanno, compiono la loro missione, predicano Gesù Cristo, si guadagnano il Paradiso.
Compiere bene l'apostolato nostro, col quale ci guadagneremo il Paradiso. È un Paradiso bello, un Paradiso che possiamo dire doppio: per chi avrà fatto bene, cioè sarà santo, e per chi avrà santificato, salvato anime. L'apostolato fatto bene, nello spirito apostolico, è simile alla predicazione di Gesù. Siamo cooperatori del suo apostolato. Dunque in questi giorni ricordare e chiedere sempre più l'aumento di fede nel Paradiso.
Domani incominciare la Novena allo Spirito Santo. È la Novena che hanno celebrata, santificata gli Apostoli con Maria.
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Maria li guidava nella preghiera, li incoraggiava, li assisteva, elevava le loro menti alla speranza, ricordava la promessa di Gesù che avrebbe inviato lo Spirito Santo. Questa Novena fu la prima ad essere celebrata solennemente.
Uniamoci in ispirito a tutti coloro che in questi giorni celebreranno questa Novena, e mettiamo | [Pr 5 p. 37] le intenzioni della Chiesa nel celebrarla.
Leone XIII volle scrivere una enciclica, che fu poi seguita da disposizioni, per preparare i cristiani a solennizzare questa Novena.
Le intenzioni dovrebbero essere quelle di Maria nel Cenacolo. Chi può indovinare le aspirazioni, i desideri, le sollecitudini che partivan dal cuore di Maria e andavano al cielo?
Questa Vergine benedetta, che aveva accelerato la discesa del Figlio di Dio sulla terra, e che aveva fatto suonare l'ora in cui il Figlio di Dio incarnato doveva incominciare la sua pubblica missione, ora sollecita dal Padre celeste il Datore dei lumi, lo Spirito Santo. Unirsi bene alle intenzioni di Maria, per tutta la Chiesa. Ella si sentiva allora madre della Chiesa, madre degli Apostoli.
Invocare con Maria, per mezzo di Maria e in Maria, lo Spirito Santo. Che Egli discenda coi sette doni sopra di noi e dia a tutti l'intelligenza delle cose spirituali, la sapienza celeste, il dono del consiglio, il dono della fortezza, pietà, timor di Dio, come pure il dono della scienza: tutti i sette doni. Riflettere su di essi, meditarli; chiederli per mezzo di Maria insieme agli Apostoli.
Sabato sera, poi, ci sarà - come già abbiamo meditato domenica scorsa5 - la canonizzazione di Pio X. Abbiamo già ricordato che da lui c'è da imparare soprattutto la fedeltà ai doveri quotidiani: compiere bene le nostre cose, secondo lo stato, le condizioni in cui ci troviamo.
Ma possiamo aggiungere che il Signore ha voluto esaltare Pio X per la sua umiltà. Come Maria, che fu la più umile creatura, fu esaltata sopra tutti i cori angelici: Exaltata est!
[Pr 5 p. 38] L'esaltazione che cos'è? L'esaltazione di un'anima è la santità, è l'elevazione ad un posto più alto in cielo. Al Signore
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piacque di esaltare Pio X, così umile dinanzi al cospetto del mondo. E l'umanità e la cristianità si commuovono davanti a questa esaltazione. Sarà la canonizzazione più solenne che la Chiesa abbia compiuto.6 Imparare da lui.
Inoltre: dobbiamo ricordare che nei prossimi giorni vi sarà la chiusura del mese di maggio. Se si è santificato il mese, si santifichino ancor più gli ultimi giorni. E il mese di maggio ci porterà al mese di giugno, in cui si celebra la solennità di S. Paolo. Quindi santificheremo il mese di giugno, ad onore del nostro Padre. Comprendere i suoi insegnamenti, seguire i suoi esempi, vivere sotto la sua protezione paterna.
Nei prossimi giorni vi saranno gli Esercizi Spirituali dei Sacerdoti a Roma, come in principio di maggio vi sono stati in Casa Madre [Alba]. Tutti invochino lo Spirito Santo, onde questi giorni siano una rinnovata Pentecoste.
Gli Esercizi Spirituali di quest'anno sono specialmente indirizzati alla conoscenza, all'amore, all'imitazione, alla divozione a Gesù Maestro. Noi preghiamo in questi giorni lo Spirito Santo perché porti una luce e una scienza particolare su tale divozione. Dice la Scrittura: «Le labbra del Sacerdote custodiscono la sapienza e il popolo ne avrà il frutto» [Ml 2,7]. E cioè: dalle labbra del Sacerdote si riverserà sopra le anime la scienza divina.
Il Sacerdote deve battezzare, ma deve soprattutto predicare, guidare le anime, deve indirizzarle alla pietà.
Ecco, siamo tutti interessati a pregare per il | [Pr 5 p. 39] Sacerdote, ed è anche nostro dovere, perché dobbiamo restituirgli in qualche modo il bene che da lui riceviamo.
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PREGHIERE DI CONSACRAZIONE A MARIA REGINA DEGLI APOSTOLI1

La meditazione presente è divisa in tre punti: 1) la Consacrazione dell'Apostolato a Maria, Regina degli Apostoli; 2) le preghiere per la redazione, la parte tecnica e la propaganda nell'apostolato; 3) la Consacrazione di noi stessi a Maria Regina Apostolorum.

1. La Consacrazione a Maria Regina degli Apostoli del nostro lavoro di apostolato.
Intendiamo invocare Maria, perché ella non solo susciti apostoli, ma dia a tutti lo spirito apostolico. Intendiamo di consacrare a Maria le penne con cui si scrive, le macchine, i caratteri con cui si compongono gli articoli, i muri che formano i locali dell'apostolato, le macchine che stampano, che brossurano: tutto, in sostanza, quello che riguarda l'apostolato, che noi intendiamo di fare con lo spirito stesso con cui Gesù ha predicato il Vangelo. Perché la macchina è un pulpito e il locale dell'apostolato è una chiesa.
Elevarsi! Rispettare i locali! I locali dell'apostolato non sono luoghi dove si scherza o si fanno discorsi importuni. È avvenuto che proprio | [Pr 5 p. 40] l'apostolato sia occasione di simpatie pericolose o antipatie pericolose. Se si amano i locali di apostolato, non avviene quello che in essi si può vedere qualche volta: disordine, polvere, carta per terra. O si ha la fede e si crede che il nostro apostolato è veramente evangelizzazione, oppure noi non entriamo nello spirito della Congregazione. Ma se si ha questa fede, si entra nello spirito della Congregazione e si compie l'apostolato con spirito soprannaturale. E se i locali sono rispettati, le macchine ben tenute; e se cade un carattere lo si raccoglie.2 E si prega perché le macchine e i mezzi di produzione siano sempre più celeri, sempre più fecondi di bene. E si desidera che a servizio
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di Dio si possano mettere tutti i ritrovati dell'ingegno umano, onde progredire.
Recitare la Consacrazione dell'apostolato alla Regina degli Apostoli.

2. Vi sono tre preghiere da recitarsi: Prima della Redazione; Prima dell'Apostolato tecnico, e Prima della Propaganda. Infatti l'apostolato si compone di tre parti: redazione, tecnica e propaganda.
Questo vale per la stampa, per il cinema e per le trasmissioni radio e televisive.
La redazione è la parte più importante, più difficile: prima di tutte e sopra tutte necessaria. Se l'apostolato ha da essere evangelizzazione, ecco che è necessaria l'opera del Sacerdote, al quale Gesù ha detto nella persona degli Apostoli: «Andate e predicate» [Mc 16,15]. E noi dobbiamo entrare nello spirito di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi» [Gv 15,9]. E Gesù è venuto e ha compiuto la volontà del Padre: «Io sono venuto per rendere testimonianza alla verità» [Gv 18,37]. E così «mando voi perché andiate e predichiate a ogni creatura» [Mt 28,19-20].
[Pr 5 p. 41] E allora l'opera della penna è necessaria per la stampa; per preparare il copione per il cinematografo e per le trasmissioni radiofoniche o televisive. Recitare la preghiera Per la Redazione.
Tutti siamo interessati a pregare per l'Ufficio Redazione, l'ufficio delle Edizioni. Tutti devono pensare che la Casa degli Scrittori e la Casa delle Scrittrici è la prima, dopo la Casa generalizia, nella Congregazione; la prima e la più importante. Ha bisogno dell'assistenza e dell'effusione dello Spirito Santo, che invochiamo di cuore, per i doni intellettuali: sapienza, scienza, intelletto, consiglio. La redazione deve essere fatta con purezza d'intenzione, nello spirito di Gesù Maestro, Via, Verità e Vita.
Recitare la preghiera Per l'Apostolato tecnico, prima della composizione, della stampa, della brossura. Offrire il nostro apostolato con le intenzioni con cui Gesù lavorava nella casetta di Nazareth. Il suo lavoro era espiativo per i peccati degli uomini. Ed era redentivo: serviva cioè a redimere le anime dall'errore e dal peccato.
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Pregare ben di cuore, ed entrare con spirito di raccoglimento in tipografia. Chiediamo queste grazie. Recitare la preghiera per l'apostolato tecnico.
Far bene l'apostolato tecnico. E i Discepoli diventino capi nei loro reparti. E tutti nella tipografia ascoltino i capo-reparti. E cooperino docilmente con cuore.
Poi l'ufficio di propaganda. È quello che fa arrivare la parola di Dio alle anime. Stampiamo perché leggano, come si parla perché sentano la predica, e la mettano in pratica.
Ma l'ufficio propaganda ha particolari difficoltà. | [Pr 5 p. 42] Ci vuole intelligenza, spirito organizzativo, vigilanza e precisione. E soprattutto intenzione retta. Si veda ciò che è stato scritto e che è ancora conservato in tutte le nostre Librerie. E sulle Librerie domandiamo grazie speciali, e tutto il lavoro sia compiuto con spirito soprannaturale.
Portare al mondo Gesù Via, Verità e Vita. Non assorbire lo spirito del mondo, ma dare lo spirito di Gesù Cristo.
Recitare la Preghiera per la Propaganda.

3. E dopo [avere] consacrato il nostro apostolato di redazione, di tecnica, di propaganda, i locali, i mezzi, consecriamo noi stessi a Maria, perché si possa essere degni apostoli: «Dignare me laudare te, Virgo sacrata»: Fammi degno di lodarti, o Maria; «Munda cor meum ac labia mea, omnipotens Deus»: Monda il mio cuore e le mie labbra (e le mie mani), o Signore, perché l'apostolato sia santo e porti, con la benedizione di Maria e di Gesù, i maggiori frutti. Perciò preghiamo insieme:
«Ricevimi, o Madre, Maestra e Regina Maria, fra quelli che ami, nutri, santifichi e guidi, nella scuola di Gesù Cristo, Divino Maestro.
Tu leggi nella mente di Dio i figli che egli chiama e per essi hai preghiera, grazia, luce e conforti speciali. Il mio Maestro, Gesù Cristo, tutto si è consegnato a te, dall'Incarnazione all'Ascensione; questo è per me dottrina, esempio e dono ineffabile. Anch'io mi rimetto pienamente nelle tue mani. Ottienimi la grazia di conoscere, imitare ed amare sempre più il Divin Maestro Gesù, Via, Verità e Vita; presentami tu a Gesù: sono indegno peccatore, non ho altri attestati per venire accolto nella sua scuola che la tua raccomandazione. Illumina la mia mente,
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fortifica la mia volontà, santifica il mio cuore in quest'anno | [Pr 5 p. 43] di mio lavoro spirituale, onde possa profittare di tanta misericordia, e possa conchiudere al fine: vivo autem iam non ego, vivit vero in me Christus.3
San Paolo Apostolo, Padre mio e fedelissimo discepolo di Gesù, corroborami: desidero impegnarmi e sopra-impegnarmi finché si formi Gesù Cristo in me».
Ed ora si canti l'antifona «Suscipe nos».4 Maria ci riceva, ci accolga. È Regina: noi siamo i suoi sudditi. È Madre: noi siamo i suoi figli: Suscipe nos! E poi invochiamo da lei: «Roga Filium tuum», prega il tuo Figlio, perché mandi molti e santi operai alla sua messe.5
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I DONI DELLO SPIRITO SANTO1

In questa settimana è utile ripetere più volte nella giornata il terzo mistero glorioso, in cui si contempla la discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli e sopra Maria SS.ma. E questo per invocare che discenda anche sopra di noi lo Spirito del Signore, lo Spirito che viene dal Padre e dal Figlio, coi suoi sette doni, il Settenario. Il Profeta aveva detto che sopra Gesù Cristo sarebbe disceso lo Spirito Santo: «Requiescet super eum Spiritus scientiæ et intellectus».2 Noi dobbiamo vivere in Cristo, e come in Gesù Cristo sono discesi i doni dello Spirito Santo, così chiediamo che ora discendano in ogni cristiano, | [Pr 5 p. 44] in ognuno di noi.
A questo ci porta il Vangelo di questa domenica, il quale è tolto da S. Giovanni: «In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Quando sarà venuto il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza di me; anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin da principio. V'ho detto queste cose, affinché non siate scandalizzati. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi verrà tempo che chi vi ucciderà crederà di far omaggio a Dio e vi tratteranno così perché non han conosciuto né il Padre, né me. Ma v'ho detto questo, affinché giunto quel tempo, vi ricordiate ch'io ve l'ho detto» (Gv 15,26; 16,1-4).
Perciò dopo che i sette doni sono discesi sopra Gesù Cristo, eccoli ora discendere sopra gli Apostoli.
Lo Spirito Santo è uno, ma i suoi effetti sono molteplici. E nell'epistola della Messa, S. Pietro dice: «...Ciascuno secondo il dono ricevuto» [1Pt 4,10]. Ciascuno, cioè, ha i suoi doni e, secondo i doni ricevuti, si metta a servizio degli altri come buon dispensatore della multiforme grazia di Dio.
Il che vuol dire che, come c'è una multiforme sapienza, c'è pure una multiforme grazia di Dio, una grazia che produce in noi molti effetti.
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Che cosa sono i doni dello Spirito Santo? Li avete studiati nel Catechismo. Ieri sera fra le intenzioni che ho messo nel vedere la solenne Canonizzazione del Papa Pio X, ci fu questa: che tutti studiamo volentieri il Catechismo, per ora il catechismo di Pio X. Egli vive ancora nella mente e nel cuore di ognuno col suo Catechismo. Amare il Catechismo.
[Pr 5 p. 45] Che cosa dice il Catechismo? Dice che i sette doni dello Spirito Santo sono misericordie o elargizioni dello Spirito Santo, destinate a perfezionare in noi le sette virtù fondamentali, cioè le tre virtù teologali e le quattro virtù cardinali. Gli autori ne fanno un catalogo alle volte un po' diverso l'uno dall'altro, ma questa è la sostanza.
E allora noi con gran cuore ripeteremo per sette volte: «Emitte Spiritum tuum et creabuntur».3 Ma siccome questi doni non li chiediamo soltanto per noi, ma anche per l'apostolato, aggiungiamo: «Et renovabis faciem terræ».4
Se vi saranno degli apostoli che avranno il cuore acceso di amore di Dio, l'anima piena di Gesù Cristo, un'istruzione e una fede viva, allora si rinnoverà la faccia della terra, di questa terra che è ancora coperta da tanti errori, da tante idolatrie e da tanti vizi. Tutti chiediamo questi doni non solo per noi, ma anche per coloro che si consacrano all'apostolato: sacerdoti o laici: che tutti siano accesi di amore a Dio e di amore alle anime. E nello stesso tempo chiediamo che le anime siano docili a ricevere i doni di Dio.

1. Il primo dono, secondo il libro che ho davanti,5 è definito il dono del Consiglio. Esso perfeziona la virtù cardinale della prudenza, facendoci giudicare prontamente e sicuramente, per una specie di intuizione, ciò che conviene fare, specialmente nei casi difficili. E di casi difficili se ne incontrano molti nella vita. Vi è chi è subito illuminato, scopre i pericoli, e conosce il volere di Dio.
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Vi sono persone poi che arrivano anche a saper bene consigliare. Questo dono non lo possiedono solo per sé, ma lo possiedono anche per gli altri. È necessario chiederlo.
[Pr 5 p. 46] Abbiamo letto nei giorni passati nel Breviario che S. Antonino,6 vescovo di Firenze, era chiamato Antonino dei consigli. Si legge nella vita del Canonico Allamano7 che egli non si sentiva chiamato né per l'insegnamento, né per la predicazione, né per altri ministeri rumorosi: «Io mi sento portato a consigliare». E nella sua vita esercitò questo dono, che aveva ricevuto in abbondanza dal Signore. E quante opere sono venute fuori dalle sue mani. S. Giovanna d'Arco8 dopo la preghiera diceva ai soldati, e anche a certi capitani del suo esercito: «Voi siete stati al vostro consiglio: io sono stata al mio...». Ed era una giovane! E non aveva certo studiato quello che si riferisce all'arte militare. Tuttavia condusse l'esercito alla vittoria, perché possedeva il dono del Consiglio.

2. Il dono della Pietà. Questo dono perfeziona la virtù della giustizia, producendo nel cuore un affetto filiale al Signore e una tenera divozione alle Persone e alle cose divine e ci aiuta a compiere con santa premura i doveri religiosi. Al dono della pietà, comunicato dallo Spirito Santo, allude S. Paolo quando dice: «Accepistis Spiritum adoptionis, in quo clamamus Abba Pater».9 Voi avete ricevuto lo Spirito di adozione: cioè non più il timore dell'antico tempo, ma la fiducia, l'amore filiale verso Dio.
Dal dono della pietà viene l'amore a Gesù Eucaristico, alla SS. Vergine, all'apostolo Paolo, alla Chiesa e ai Superiori. Vi è la pietà filiale e la pietà fraterna. Si incontrano persone che non
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hanno per i fratelli bontà, o non hanno per i Superiori riconoscenza: chiediamo il dono della pietà.

3. Il dono della Fortezza. Questo dono perfeziona la virtù della fortezza, dando alla volontà | [Pr 5 p. 47] un impulso ed un'energia che la rendono capace di operare e di patire lietamente e intrepidamente grandi cose, superando tutti gli ostacoli. Avete sentito ieri sera il S. Padre: quali elogi ha fatto della fortezza del mitissimo Pio X. Egli infatti fu mitissimo nel compatire tutti gli erranti, ma fortissimo nel difendere Dio e la verità e nel compiere il suo dovere apostolico.

4. Il dono del Timore. Ma dobbiamo chiedere specialmente il timore che inclina la volontà al rispetto filiale di Dio. Quindi non dobbiamo temere solo il castigo, l'inferno, ma dobbiamo soprattutto temere di disgustare il Signore col peccato. Il timor filiale ci allontana dal peccato, perché esso dispiace a Dio, e ci fa sperare il suo potente aiuto.
Quando ci prepariamo alla confessione, chiediamo questo timore filiale del peccato: timore che ci faccia detestare il peccato commesso e proporre di non commetterne in avvenire.

5. Il dono della Scienza. Per scienza non si intende la scienza filosofica e teologica per sé; si intende la scienza dei santi, la quale suppone in un certo grado la scienza teologica. Ma è un grande perfezionamento. E la scienza dei santi, in altissimo grado, fu in S. Giuseppe, sebbene egli non avesse studiato libri di teologia e consultato Padri. Questo era impossibile; però sapeva bene leggere nella Scrittura.
Il dono della scienza, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, perfeziona la virtù della fede, facendoci conoscere le cose create nelle loro relazioni con Dio. Insigne, in questo dono, è stato S. Francesco d'Assisi, che invitava tutte le creature a lodare il Signore col celebre «Inno al sole».10
[Pr 5 p. 48] Questo amore alle creature, bene inteso, procede dal dono della scienza. Dobbiamo servirci di tutto per andare a Dio: invitare
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tutti e tutto a cantare Dio. «Domine, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra».11

6. Il dono dell'Intelletto, sotto la azione illuminatrice dello Spirito Santo, ci dà una penetrante intuizione delle verità rivelate, senza però svelarcene il mistero. Quando il Curato di Ars venne interrogato perché se ne stesse così in fondo alla chiesa, per tempo notevole, senza muovere le labbra, ma con lo sguardo fisso al Tabernacolo, rispose: «Io vedo Lui e Lui vede me»! Nel suo spirito vedeva Gesù e pensava che Gesù lo guardasse con occhio di bontà e di misericordia.12
Ecco, questo dono deve far capire meglio la divozione al Maestro Divino Via, Verità e Vita, cioè Maestro completo.

7. In ultimo il dono della Sapienza, un dono che perfezionando la virtù della carità, ci fa discernere e giudicare Dio e le cose divine nei loro più alti principi e ce le fa gustare. E quindi noi rileviamo in grado altissimo questo dono quando leggiamo il vangelo e le epistole di S. Giovanni.

Nei sette giorni che ci separano dalla Pentecoste, chiediamo i sette doni. E chiediamoli subito, adesso, con cuore umile, pensando al momento in cui lo Spirito Santo discese sotto forma di fuoco che, dividendosi in fiammelle, andò a posarsi prima sul capo di Maria, poi sul capo degli Apostoli. Che una fiammella divina, fiammella di Spirito Santo, discenda su di noi come luce e come calore!13
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[Pr 5 p. 51]
ADDOLORATA1

La Chiesa due volte nell'anno ricorda e celebra i dolori della SS. Vergine: la prima il venerdì dopo la domenica di Passione e la seconda oggi 15 settembre.
La prima volta ricorda i dolori di Maria particolarmente come Corredentrice, come Colei che unì la sua passione alla passione di Gesù Cristo. I cuori di Maria e di Gesù furono sempre uniti nella medesima missione di salvezza per l'umanità e quindi nella medesima passione. Sul Calvario vi erano due altari: uno la Croce per Gesù e l'altro, il cuore stesso di Maria, la cui anima era trapassata da una spada di dolore, mentre i chiodi trapassavano le mani e i piedi del figlio suo Gesù.
Quest'oggi la Chiesa vuole specialmente che | [Pr 5 p. 52] consideriamo Maria come modello di pazienza e quindi come Regina Martyrum.
Bellissima la schiera dei Martiri che in cielo alzano le palme vittoriose, rosseggianti del loro sangue. Qualche volta alla palma si unisce il giglio, come in S. Maria Goretti.
A capo di questa gloriosissima schiera dei testimoni di Gesù e della loro fede vi è il Re dei dolori, Gesù Cristo; segue Maria, Regina Martyrum.
In questo giorno dobbiamo chiedere parecchie grazie. Ne ricordiamo alcune.
1. Sentire bene la Messa. Sul Calvario vi erano tre pie donne; vi era Giovanni evangelista; vi era qualcheduno dei fedeli seguaci di Gesù. Da Maria impariamo il modo di ascoltare la Messa. Il sacrificio della Croce fu il primo sacrificio, gli altri ne sono una rinnovazione. Ascoltiamo le S. Messe in unione con Maria, domandando a lei i suoi sentimenti e le sue intenzioni.
2. Altra grazia da chiedere è il capire che cosa sia la passione cattolica. Vi sono alcuni che si ribellano alla croce e altri che l'accettano e la santificano: in penitenza dei loro peccati, per aumentare i meriti per la vita eterna e per esercitare le virtù. Gesù e Maria sul Calvario hanno subìto una passione cattolica, cioè hanno sofferto per redimere il mondo, a vantaggio delle anime.
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Noi dobbiamo soddisfare per i peccati dell'umanità e dobbiamo chiedere al Signore la grazia che l'umanità scelga la via che conduce al cielo, all'eterno godimento, anche se è una strada ardua, | [Pr 5 p. 53] e qualche volta seminata di spine, e perciò più difficile della strada del piacere.
Ma il piacere e il dovere hanno due risultati molto diversi. Il piacere si presenta con faccia attraente e lusinghiera; il dovere invece con faccia severa e richiede il sacrificio. «Chi vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso e prenda la sua croce» [Mt 16,24].
Noi possiamo sentirci uniti a tutta l'umanità ed entrare nei cuori di Gesù e di Maria che soffersero per l'umanità. La nostra passione è cattolica, cioè universale nell'intenzione, quando soffriamo per soccorrere tutti i deboli, per far penitenza per tutti quelli che sono sulla via errata e per ottenere il loro ravvedimento. Che l'umanità riconosca il suo Dio, e Gesù Cristo come suo Salvatore, e trovi la smarrita strada del cielo.
3. Chiedere la grazia di saperci mortificare. Tutta la vita di Cristo - dice l'Imitazione - fu croce e martirio. S. Alfonso in due bellissime meditazioni dimostra che il martirio di Maria fu il più lungo tra quello dei Santi e dei Martiri, e fu il più penoso e il più santo, per le sue intenzioni e per il modo con cui ella seppe soffrire fino all'ultimo momento.
Dice uno scrittore: Il Cuore di Maria fu sempre sotto il torchio del dolore, dalla nascita di Gesù fino al Calvario, nel timore e nella previsione della passione del figlio. Ella soffrì condividendo con Gesù i dolori di una passione del cuore. Poi alla morte, alla separazione dal suo Gesù, fu ancora il torchio del dolore che la oppresse.
Tutta la vita di Maria fu un martirio.
È bene ricordare una lode che veniva cantata tempo fa. Aveva sette punti. | [Pr 5 p. 54] Ricordiamoli così, in lingua italiana.
1. Ricordati, Vergine Maria, della spada di dolore che infisse nel tuo cuore la profezia di Simeone, che ti predisse la morte di Gesù, tuo Figlio, e metti nel nostro cuore il dolore per i peccati, onde questa spada uccida il serpe maligno.
2. Ricordati, Vergine Maria, del dolore che avesti quando dovesti prendere la via dell'Egitto. Ora fa' che noi, esuli tuoi figli, torniamo dalle tenebre alla luce e quindi agli splendori della patria eterna.
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3. Ricordati, Vergine Maria, del dolore che provasti nel ricercare per tre giorni Gesù, che ritrovasti nel tempio. Concedici di aver sete di Cristo, che lo cerchiamo sempre e dovunque, e che la nostra ricerca sia coronata da successo.
4. Ricordati, Vergine Maria, del dolore che avesti quando Gesù fu catturato e legato dai giudei, flagellato, coronato di spine. Ascolta, Maria, il grido dei tuoi figli e spezza le catene dei nostri peccati.
5. Ricordati, Vergine Maria, del dolore che avesti quando Gesù fu innalzato in croce e tra spasimi indicibili rese il suo spirito al Padre. Concedi a noi pure di partecipare al sacrificio della Croce e alle sacre piaghe di Cristo.
6. Ricordati, Vergine Maria, del dolore che avesti quando ricevesti tra le braccia il sacrosanto corpo di Gesù, con sensi di profonda pietà. Stringi noi pure, o madre, al tuo seno, perché godiamo per sempre del tuo amore.
7. Ricordati, Vergine Maria, del dolore che avesti quando Gesù, avvolto nel lenzuolo, fu collocato nel sepolcro. Monda le anime nostre col preziosissimo Sangue del tuo figliolo e, nell'ora estrema della nostra vita, infondi in noi | [Pr 5 p. 55] sentimenti di pentimento, di fede, di speranza e di carità; poi aprici le porte del Cielo.

Chiediamo in modo particolare la grazia di sapere anche noi soffrire qualche cosa, di sopportare cioè quelle piccole pene che incontriamo nella nostra vita e di valorizzare la mortificazione interna.
La mortificazione interna comprende parecchie cose:
La mortificazione della mente. Non dobbiamo abbandonarci a qualunque pensiero, ma solo ai pensieri che sono buoni. Questi dobbiamo nutrire nella nostra mente, non lasciando che vada vagando qua e là senza disciplina.
Mortificarsi nelle letture: quello che è assegnato, leggerlo, studiarlo quando è necessario.
La mente tende a fuggire: mortificarla, richiamarla tante volte finché sia finita la preghiera, nel caso che questa divagazione, questa leggerezza continuasse. Una preghiera in cui l'anima combatte continuamente contro le distrazioni, per avere almeno qualche sentimento di fede, di umiltà, di amore, è sempre
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una preghiera ben fatta, sebbene sia stata un travaglio per l'anima nostra: infatti abbiamo sofferto in due maniere.
Mortificazione della mente, quando si ascoltano gli avvisi del confessore, quando si ascoltano le correzioni, quando si ascoltano quegli indirizzi, quegli avvisi che sono dati pubblicamente o anche in privato.
La mortificazione poi va praticata particolarmente quando i pensieri non sono buoni, perché contrari alla fede, alla carità, all'obbedienza, o contrari alla povertà, alla pazienza, all'umiltà.
Richiamare la nostra mente a posto e contrapporre un atto di virtù alla tentazione che sta subendo: all'orgoglio contrapporre un atto di | [Pr 5 p. 56] umiltà, all'impazienza un atto di pazienza. Così, se la tentazione è contro la fede, contrapporre un atto di fede, fosse anche la recita della formula che abbiamo nelle orazioni.
Mortificazione della volontà. Non tutto quello che piace a Dio, piace a noi. Tante volte la nostra tendenza naturale è contraria, perché sempre «caro concupiscit adversus spiritum»: la carne ha desideri contrari allo spirito [Gal 5,17]. Vi sono due tendenze in noi: una è la tendenza celeste, che ci porta a seguire Gesù, a seguire Maria, a seguire S. Paolo; l'altra è la tendenza che ci porta ben lontani, verso la libertà, non quella dei figli di Dio, ma la libertà di coloro che si ribellano a Dio e seguono le lusinghe del demonio. Ad essa bisogna opporre un atto di obbedienza: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà» [Lc 22,42]. Quanti meriti!
Vediamo se nell'osservanza degli orari, dal mattino alla sera, e nell'applicazione alle occupazioni che ci sono assegnate, se continuamente, col fatto, protestiamo: «Sia fatta la tua volontà qui sulla terra, come gli Angeli la fanno in cielo» [cf. Mt 6,10].
Che le comunità siano composte di Angeli, i quali vanno a gara in cielo a compiere la volontà del Padre celeste! Ognuno disimpegna la sua mansione, ma con quanta diligenza, con quanto amore ognuno compie il divino volere!
È nel centro del Padre nostro, e sempre dobbiamo porre l'accento su questa espressione: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» tra noi.
Mortificazione interna, mortificazione del cuore: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore» (Mt 11,29). Frenare l'ira, i rancori; di più: eccitarci a sentimenti di pietà, di amore
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nella preghiera. Un cuore languido, un cuore | [Pr 5 p. 57] tiepido è un cuore che non piace a Gesù. Che cosa vede in noi Gesù quando stiamo per accostarci alla Comunione? Vede un cuore che ha tanti sentimenti di pietà, di fede, di amore? oppure un cuore freddo e languido, un cuore indifferente al suo amore? E mettiamo noi Gesù in un letto freddo, anzi in un letto coperto di spine?
Mortificare il cuore quando ha delle tendenze che non sono buone. Imparare a tenere a freno il cuore, e saperlo formare a sentimenti buoni, di fede, di generosità, di pietà, di umiltà.
Chiediamo a Maria che per i suoi dolori renda il nostro cuore simile al suo. E particolarmente in questo momento domandiamo di saper praticare la mortificazione interna della mente, del cuore, della volontà.
Ma una mortificazione che edifica è quella che non soltanto combatte il male, ma cerca specialmente di sostituirvi il bene. Per esempio: se vi è invidia, noi mettiamo sentimenti di carità.
Sappiamo mortificare, guidare, dominare la nostra mente, occupandola in cose sante? Sappiamo almeno pregare con raccoglimento?
Mortifichiamo la nostra volontà? È entrato in noi lo spirito di obbedienza?
Sappiamo guidare il nostro cuore, o lo lasciamo libero di seguire vie tortuose?
Si faccia il proposito e poi si canti solennemente la Salve Regina per ricordare i dolori di Maria e per ottenere la grazia della mortificazione interiore.
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[Pr 5 p. 58]
S. MESSA1

Chiediamo al Signore la grazia di rafforzare le nostre divozioni essenziali: la divozione eucaristica, la divozione mariana, la divozione paolina. Oggi particolarmente la divozione alla SS. Eucaristia: la grazia di conoscere sempre meglio il gran dono, la grazia di corrispondere al gran dono, la grazia che un giorno possiamo vedere Gesù svelato.
Se in terra la fede deve supplire ai sensi, in Paradiso l'anima nostra si fisserà direttamente in Gesù Cristo.
Consideriamo la Messa, per ora. Abbiamo tre figure dell'Antico Testamento: il sacrificio di Melchisedech, che ci preannuncia il sacrificio della Messa offerto in pane e vino; la manna, con cui si nutrirono per tanto tempo gli Ebrei nel deserto, simbolo della Comunione: «Panem de cœlo præstitisti eis»;2 il Tabernacolo nel Tempio di Gerusalemme e la nuvola che lo copriva in certi momenti e riempiva il Tempio, figura della presenza reale di Gesù Cristo nel santo Tabernacolo.
Quando poi Gesù predicò il suo Vangelo alle turbe nelle contrade della Palestina, preannunziò il grande mistero, specialmente con i miracoli della moltiplicazione dei pani e col discorso che è registrato in S. Giovanni, cap. 6: «Io sono il pane vivo | [Pr 5 p. 59] disceso dal cielo, chi mangia questo pane non morrà; chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna» [Gv 6,50].
Gesù si preparò all'Ultima Cena, e volle che si preparassero gli apostoli. Si preparò al grande sacrificio pieno d'ardore. Dal desiderio di essere battezzato nel battesimo di sangue, affrettava il passo per il suo ultimo viaggio a Gerusalemme [cf. Lc 9,51]. Egli doveva finalmente dare agli uomini l'estremo segno: il segno supremo del suo amore per noi, e volle che gli Apostoli preparassero il cenacolo, grande, addobbato per l'ultima Cena. Là egli compì il sacrificio, cioè celebrò la prima S. Messa. «Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo. Prendete e bevete: questo è il calice del mio sangue che sarà sparso per voi in remissione dei peccati» (Mt 26,28).
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Preparazione, quindi, di secoli. Preparazione alla Messa, preparazione che viene dalla condotta di Gesù Cristo.
Non ascoltare con leggerezza la Messa, non ricevere con leggerezza la Comunione. Quando si discende dalla camerata per recarsi in chiesa, non è come per andare a fare colazione, o per fare la ricreazione. Avere pensieri santi. Gesù dice agli Apostoli: «Parate nobis»: andate a preparare per la Cena [cf. Lc 22,8]. Andare in chiesa recitando il Rosario; raccolti, concentrati in pensieri alti e in pensieri umili: alti, per la grandezza dell'atto; umili, per conoscere le nostre necessità. Il nostro cuore è fatto per Dio, perciò non ci sarà mai pace che in Dio.

La Messa si divide in tre parti.
1. Gesù predicò il Vangelo, prima di offrire il Sacrificio della Croce; e nella Messa abbiamo l'istruzione, che va fino al Credo compreso, per chiedere | [Pr 5 p. 60] al Signore l'aumento di fede, la grazia che la nostra mente sia riempita di sapienza celeste: «Mens impletur gratia».3 Capire l'epistola, capire il Vangelo. Ogni Messa ha una cosa da dire, e chi segue il Messalino certamente prende, almeno in qualche misura, l'insegnamento di Dio, che la Chiesa intende darci. Chiedere aumento di fede. Che cos'è quello stare con indifferenza alla Messa, mentre parla Iddio e mentre l'atto di fede deve prepararci al Sacrificio?
Parla Iddio! Quanta pietà mi fanno quegli uomini che trascurano la Messa! Ma fanno pietà anche quelli che, entrati in chiesa, sono indifferenti per la parola di Dio.
Santificare la prima parte della Messa. Domandare al Signore perdono dei peccati, perché nell'anima possa entrare la sapienza di Dio.

2. Viene poi il sacrificio. Il sacrificio dobbiamo intenderlo bene. Noi, con Cristo, offriamo il pane e il vino: questo significa che nella consacrazione Gesù ci dà l'estrema prova del suo amore. «Nessuno ama più di Colui che dà la vita per l'amato» [Gv 15,13]. Ecco: Gesù s'immola, e noi pure ci offriamo e offriamo le nostre cose. L'amore condotto fino al sacrificio è la virtù che riassume tutte le altre virtù. «In hoc verbo instauratur
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dilige»: tutta la legge e tutte le virtù si riassumono nella parola ama, nella carità (cf. Rm 13,10.19).
Gesù dà la vita per noi, e noi dobbiamo capire che la vocazione e la missione nostra è di mettere le nostre forze, il nostro ingegno, la nostra vita a servizio delle anime. Ecco il sacrificio della Messa. Il sacrificio della Croce viene a confermare la predicazione di Gesù, e per il sacrificio della Croce noi otteniamo la grazia di credere | [Pr 5 p. 61] e di amare. Si può in quel momento elevare una gran croce sull'altare. Ma è ancora meglio fare come fa la Chiesa: eleva l'Ostia, eleva il Calice.
S. Pio X insisteva: In quel momento dite: «Signor mio e Dio mio».4 Terminata la consacrazione, il Sacerdote distribuisce il gran frutto del Calvario. Il primo frutto va a Dio, dà gloria al Signore: «Jube hæc perferri per manus sancti Angeli tui»: Signore, comandate che i vostri Angeli vengano a prendere questo Sangue e questa Ostia, e li portino innanzi alla vostra Maestà, a vostra gloria.5
Poi, dopo il Paradiso, rappresentiamo il Purgatorio: «Memento etiam, Domine, famulorum famularumque tuarum, qui nos præcesserunt cum signo fidei et dormiunt in somno pacis».6
Quindi rappresentiamo la Chiesa militante: «Nobis quoque peccatoribus»,7 che speriamo dalla moltitudine delle tue misericordie, perché vivendo bene possiamo avere «partem aliquam», un posticino in Paradiso in mezzo agli altri santi.
La seconda parte della Messa quindi è sacrificale.

3. Dal Pater noster alla lettura dell'ultimo Vangelo,8 abbiamo la terza parte della Messa: la Comunione.
Ci prepariamo con un atto di fede? con un atto di pentimento? «Agnus Dei».9 Ci prepariamo con proteste di non volerci separare mai dall'amore di Gesù Cristo? E con domandare: «Prosit
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mihi ad tutamentum mentis et corporis», questa Ostia mi sia di aiuto e di difesa dell'anima e del corpo?
Quindi sopra di noi, che S. Paolo paragona all'olivo selvatico, il Sacerdote mette una gemma preziosa e noi veniamo innestati in Cristo. La | [Pr 5 p. 62] gemma delle gemme è Gesù Cristo. Noi ci nutriamo di Lui e non è un nutrimento soltanto del corpo; giova anche al corpo, perché «futuræ gloriæ nobis pignus datur»:10 è pegno della risurrezione finale; ma soprattutto lo spirito, l'anima è nutrita. Aumento di fede, aumento di grazia, aumento di virtù, aumento di consolazioni celesti. «Omne delectamentum in se habentem»:11 ogni conforto, ogni diletto in questo Pane Eucaristico, di cui i santi si nutrivano così bene, e lo ricevevano dopo una lunga preparazione, che consisteva specialmente nella purificazione della coscienza, nel desiderio, nell'atto di amore.
Poi segue il ringraziamento che, nella Messa, è costituito dalle parole che si dicono per la purificazione del calice, nel Communio, nel Postcommunio,12 e nel Vangelo.
Innestati in Cristo, noi non produrremo più quei frutti scarsi, cattivi dell'ulivo selvatico: «Olivaster cum esses tu, insertus es in bonam olivam»;13 ma produrremo i frutti di Gesù. Gesù nel cuore porta una vitalità, un'effervescenza di attività spirituale per chi fa bene la Comunione. È la santità, è la virtù ad alta tensione: non a bassa tensione, come quella della lampadina, ma l'alta tensione, che viene dalla vita di Gesù Cristo in noi quando la Comunione è ben fatta.
Allora daremo frutti di carità, di zelo, di diligenza nello studio, di divozione, di rispetto ai fratelli, ai superiori, agli inferiori; daremo frutti di vita comune, spirito di povertà, castità, obbedienza, umiltà, pazienza. «Fructus autem Spiritus».14 S. Paolo
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ne enumera dodici, che sono piuttosto un esempio e non esauriscono certamente tutta la quantità dei frutti che la Comunione è destinata a portare in noi.

[Pr 5 p. 63] Le tre Ave Maria, la Salve Regina, i due Oremus, il «Cor Jesu Sacratissimum...» ripetuto tre volte, il «Dio sia benedetto...»15 sono preghiere con cui intendiamo riassumere i frutti della Messa, e chiediamo la grazia di conservarli. E cioè: l'aumento di fede, che viene dalla prima parte della Messa; la crescita della carità, che viene dalla seconda parte della Messa; l'aumento della vitalità, effervescenza, calore, alta tensione spirituale, che ci vengono dalla Comunione.
La nostra vita è una Messa. Istruzione, fede, amore alle anime, amore a Dio, sacrificio che compiremo sul letto di morte, e poi la visione eterna di Dio, e l'assistenza alla Messa eterna, dove celebra il gran Pontefice Gesù Cristo, assistito da tutta la corte celeste. La vita è una grande Messa che si prolunga nell'eternità.
Domande: Cerchiamo di capire meglio la Messa? Vi portiamo la divozione come S. Luigi? E la Comunione? Dalla Messa e dalla Comunione ricaviamo frutti di vita spirituale? E pensiamo che la vita è una Messa e che la Messa è eterna in cielo?
Alle volte è così scarsa la stima della Messa, che si finisce di dire: «Messa più, Messa meno!» Siamo tanto ignoranti nelle cose spirituali! Di questo gran tesoro che è la Messa, vi è tanta ignoranza nel popolo cristiano! Quanti la perdono anche la domenica! Quanti vi assistono di rado! Almeno noi ripariamo l'indifferenza di tanti; e soprattutto partecipiamo alla Messa come offerenti. Medesima è la vittima che si offre e medesimo è l'offerente principale, Gesù Cristo; sono i medesimi frutti che Gesù Cristo conquistò sul Calvario.
Uniamoci all'apostolo Giovanni e a Maria, e offriamo con Gesù Cristo il grande Sacrificio.
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[Pr 5 p. 64]
GLI APOSTOLATI DI MARIA1

Dedichiamo il mese di ottobre a meditare, glorificare, pregare Maria. Però non sia una divozione incolore: abbia il colore Regina Apostolorum. Perciò considereremo il titolo Regina Apostolorum: quali siano le ragioni di questo titolo e quale sia l'imitazione che noi dobbiamo avere per onorare Maria Regina Apostolorum. Poi, soprattutto, le preghiere, le lodi, gli ossequi diretti alla Regina Apostolorum. Onorarla in particolare con la pratica intelligente, generosa dell'apostolato e con l'impegno alla preparazione dell'apostolato.
Se il Papa stesso, come è stato annunziato, proclamerà solennemente sulla Piazza di S. Pietro la Messa a Maria Regina,2 noi, che abbiamo questa divozione, dobbiamo sentirla più dei fedeli comuni; e di più ancora, perché stiamo nella chiesa Regina Apostolorum.
È utile che tutti e in ogni casa abbiano il libro Regina degli Apostoli: o quello che è stato scritto dal M. Giaccardo,3 o quello che è stato pubblicato più recentemente.4 In sostanza, l'uno o l'altro contengono quello che si è meditato in Casa Madre; prima in un mese intero (mese di maggio) e poi successivamente in tanti sabati e nelle feste celebrate ad onore di Maria Regina Apostolorum. A nessuno dell'Istituto dovrebbe mancare questo libro. «Conosci tua Madre!» e conoscila sotto quel particolare titolo che devi invocare, onorare, seguire, imitare.
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Il libro ultimo contiene questi titoli nell'indice: | [Pr 5 p. 65] Maria è l'Apostola: principi. - La vocazione di Maria all'apostolato. - Cristianizzazione del mondo per Maria (riassunto della enciclica di Pio X5). - Poi, gli Apostolati di Maria: Maria Apostola della vita interiore, Maria Apostola della preghiera, Maria Apostola dell'esempio, Maria Apostola della sofferenza, Maria Apostola dell'azione: in primo luogo, della beneficenza; poi in quanto preparò la Vittima alla Redenzione, quindi in quanto partecipò all'immolazione della Vittima. Quanto al frutto di questa immolazione, Maria è la Corredentrice. Allora vengono le condizioni per compiere bene l'apostolato: una grande fede (questa è la base); poi un grande cuore, un cuore amante di Dio e amante delle anime.
Inoltre, l'apostolato occorre considerarlo nei suoi due fini: gloria a Dio e pace agli uomini; il che è considerato in due meditazioni. L'apostolato riguarda anzitutto l'onore di Dio, e quindi la salvezza delle anime. Si viene perciò ad apostolati particolari: l'apostolato per la famiglia; l'apostolato per la Chiesa: l'apostolato dell'insegnamento, l'apostolato apologetico (la difesa della Chiesa); l'apostolato per la salvezza dei peccatori (Maria rifugio dei peccatori); l'apostolato della perfezione e cioè del progresso delle anime (Maria santificatrice); gli apostolati moderni: stampa, radio, cinema, televisione; l'apostolato riguardo alla donna, l'apostolato per le vocazioni, Maria Regina dei Religiosi (due meditazioni). Poi, considerando noi, quali disposizioni portare all'Apostolato? quale divozione in particolare per formarci all'apostolato? E quale dev'essere il cuore dell'apostolo paolino? Apostolato universale, amore a tutti gli uomini: scrivere, | [Pr 5 p. 66] dare la verità, altrimenti non siamo paolini.
Maria che ottiene lo Spirito Santo alla Chiesa e agli Apostoli deve formare noi. Maria Apostola della civiltà cristiana: ciò importa di pensare ai grandi problemi odierni: i problemi della pace e i problemi della sociologia cristiana. Oh! se S. Paolo vivesse adesso, da quali problemi nuovi sarebbe agitato il suo cuore! e come si lancerebbe per soccorrere l'umanità, per metterla sulla strada della verità, adesso che il mondo è pieno di bugie ed
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inganni in tanta parte, e falsissime ideologie travagliano l'umanità e minano nella base il Cristianesimo!
Viene infine la conclusione, cioè la consacrazione a Maria di noi stessi e del nostro apostolato, che intendiamo compiere nel suo spirito e nella sua generosità. Vi sono vari esempi.
Se prendete il libro La Regina degli Apostoli scritto dal Maestro Giaccardo, troverete giovamento negli esempi. Il primo esempio: S. Bernardino da Siena, apostolo del Rinascimento; S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, l'apostolo dei poveri; l'apostolo del Chiablese e della vera pietà, S. Francesco di Sales; poi l'apostolo scrittore, predicatore, maestro e dottore della scienza morale, S. Alfonso de' Liguori; segue S. Pio V, l'apostolo del popolo cristiano, grande difensore della Chiesa; poi vi è l'apostolo del Rosario, e si può dire anche della civiltà cristiana, S. Domenico; l'apostolo prediletto da Gesù e da Maria, S. Giovanni Evangelista; il primo apostolo della Spagna, S. Giacomo Maggiore; vi sono poi tre apostoli della gioventù, apostoli che lasciarono particolari esempi per la santificazione degli anni giovanili: S. Stanislao Kostka, S. Giovanni Berchmans e S. Luigi Gonzaga. | [Pr 5 p. 67] Fu provvidenziale ciò che intervenne tra Maria e S. Caterina Labouré, che si può chiamare l'apostola della potenza di Maria, come S. Giovanni fu l'apostolo della vera e perfetta divozione a Maria. Quindi abbiamo la sede dell'apostolato mariano in Roma: Santa Maria Maggiore.
L'apostolato, poi, in ogni settore sociale: nella pietà, S. Pio X. Abbiamo l'apostolato della vita evangelica e della carità fraterna: S. Francesco di Assisi. Quindi l'apostolo precursore che ha dato il tono all'Azione Cattolica: Pio Brunone Lanteri. Abbiamo gli altri apostoli, e cioè S. Bernardo, S. Giovanni Vianney, S. Andrea Corsini, S. Fedele da Sigmaringa, e quindi si conchiude con l'esempio del Papa Pio XI; al quale oggi bisogna aggiungere l'esempio della pietà mariana di Pio XII. Ma sono anche da ricordare S. Gabriele dell'Addolorata, S. Bernardetta Soubirous, il Beato Giovanni Eymard,6 apostolo dell'Eucaristia, S. Bartolomea Capitanio, S. Teresa del Bambino Gesù e S. Luigi Maria Grignion de Montfort.
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È bene che nel corso di questo prossimo ottobre, e nella novena dell'Immacolata, ricordiamo pure i nostri defunti, quelli specialmente che hanno lasciato un così soave ed edificante profumo di virtù in mezzo a noi, siano Sacerdoti, Discepoli, o Figlie di S. Paolo, o Pie Discepole, o Pastorelle defunte. Ricordare i nostri, mirare ai migliori.
La Provvidenza ha messo in mezzo a noi esempi mirabili da imitare. Si può già dire che non è più il caso di ricorrere a troppi fatti ed esempi fuori: ne abbiamo avuti tra noi, sotto i nostri occhi, e noi siamo persuasi che queste anime che sono passate più silenziosamente, sono già in possesso della gloria e si interessano di noi. Sentiamo | [Pr 5 p. 68] di essere con loro e sentiamo loro con noi; vi è lo scambio di affetto e di influsso mistico tra coloro che sono passati all'eterno riposo e coloro che vivono attualmente.
In modo speciale si legga la vita di Maggiorino Vigolungo, la vita del Maestro Giaccardo.
Risveglio! Bisogna considerare ciò che c'è nell'introduzione al libro Maria Regina degli Apostoli: «Fate degli Apostoli! E date loro per condottiera Maria, l'Apostola e la Regina».7 Ella è la Madre, la condottiera degli apostoli e di ogni apostolato moderno, di cui è ispiratrice e protettrice.
Concretarsi dunque in una divozione colorata, il colore Regina Apostolorum.
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APOSTOLATO DELLA PREGHIERA1

Primo giorno di ottobre: incominciamo il mese consacrato a Maria, alla Vergine del Rosario; quest'anno, in modo speciale, consacrato alla regalità di Maria. In questi primi tre giorni del mese consideriamo i tre apostolati di Maria: apostolato della preghiera, apostolato del buon esempio, apostolato della sofferenza. Entriamo nel vero spirito della divozione alla Regina Apostolorum.
Non è solo un titolo che si dà a Maria, ma è un riconoscimento di quella grande missione che ella ebbe. Come Gesù è Redentore e Maria è Corredentrice, così Gesù è l'Apostolo e Maria è l'Apostola, | [Pr 5 p. 69] o Coapostola in unione con Gesù Cristo e in dipendenza da Lui.
Tra gli apostolati, il più semplice e facile è quello della preghiera, e lo ricordiamo per primo perché nella nostra giornata più volte ripetiamo la preghiera dell'apostolato, e cioè: «Cuore divino di Gesù, io vi offro in unione col Cuore immacolato di Maria...» ecc. Giacché incominciamo la giornata, ripetiamola bene, ma con molta attenzione e badando bene al senso.
Per comprendere subito la bellezza dell'apostolato della preghiera, ricordiamo che, per mezzo di questo apostolato, noi ci uniamo allo stesso apostolato di Gesù Cristo nel Tabernacolo, dove egli continuamente prega e supplica per l'umanità; particolarmente ci uniamo alle intenzioni che Gesù ha nella parte centrale della Messa, alla Consacrazione. Le parole: «Con le intenzioni per cui voi continuamente v'immolate sugli altari», significano che ogni atto della giornata, ogni preghiera, ogni sofferenza, tutto l'apostolato, tutto lo studio, le stesse ricreazioni e lo stesso riposo, tutto il lavoro spirituale e tutta la cura che abbiamo per la nostra formazione, tutto può diventare apostolato, tutto può redimere le anime.
Vogliamo dire che mentre noi attendiamo alle nostre cose in semplicità e con retta intenzione, operiamo lontano lontano; operiamo su tutto il mondo, unendo le nostre opere e le nostre intenzioni a quelle di Gesù Cristo stesso. Grande elevazione:
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tutto il lavoro diviene redenzione.2 Perciò recitiamo spesso questa preghiera, o con la formula che recitate adesso, oppure con una formula anche più breve.
Questo apostolato l'hanno proposto i chierici di un seminario. Si sono uniti e, avendo considerato in una conferenza fatta fra di loro, i grandi | [Pr 5 p. 70] bisogni della Chiesa, i grandi bisogni delle anime, dei peccatori, dei pagani, degli eretici ecc., hanno conchiuso: facciamo una crociata di preghiere. E da quel germe è nata la grande istituzione, che oggi comprende quasi 50 milioni di iscritti, un esercito di oranti: l'Apostolato della Preghiera.
Per comprenderlo, è bene ricordare il testo di S. Giacomo e quello di S. Paolo. Dice S. Giacomo: «Orate pro invicem ut salvemini. Multum enim valet deprecatio iusti assidua»: Pregate a vicenda per salvarvi, perché la preghiera del giusto vale molto [Gc 5,16]. Ecco l'apostolato: ad invicem pregate. E questo può esser fatto fra due persone, le quali si uniscono e dicono: preghiamo a vicenda. E può essere invece allargato a molte persone, a tutto il mondo. Allora questo apostolato prende un vigore speciale, perché è esercizio di carità. La prima carità è quella della verità, la seconda carità è quella dell'orazione: ut salvemini: per salvarsi. E allora, se amiamo, non spendiamoci in vani sentimenti o in vane proteste: preghiamo.
S. Paolo poi scrive: «Vi scongiuro, figlioli, vi scongiuro, che anzitutto facciate orazioni, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini» [1Tm 2,1]. Nel cuore di Paolo vi erano i desideri di Gesù: per tutti gli uomini. «Venite ad me omnes»3 diceva Gesù. E più avanti S. Paolo aggiunge: «Pro regibus, et omnibus qui in sublimitate sunt, ut quietam et tranquillam vitam agamus».4 Pregare per il Papa, per i Vescovi, affinché essi possano compiere la loro missione a vantaggio della società, e la società si componga nella pace, nella verità e nella giustizia.
Se dalle notizie che riceviamo quotidianamente non traessimo questa conseguenza, bisognerebbe dire che noi non capiamo
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la nostra missione: portare | [Pr 5 p. 71] la pace. Il Signore benedice quelli che portano la pace, la verità, la grazia, la giustizia: «Beati i passi di costoro» [cf. Rm 10,13]. Quanto è bella la propaganda del Vangelo, del Catechismo, di tutti i libri che direttamente o indirettamente ci portano ad inginocchiarci davanti a Gesù Cristo Verità. «Sermo tuus veritas est»: la tua parola è verità (Gv 17,17). E S. Paolo aggiunge: «Hoc enim bonum est et acceptum coram Salvatore nostro Deo, qui omnes homines vult salvos fieri et ad agnitionem veritatis venire»: Questo pregare per tutti è cosa buona e gradita al Salvatore nostro Dio, che vuole che tutti si salvino e arrivino alla conoscenza della verità del Vangelo» (1Tm 2,4). E noi dobbiamo considerare i pensieri e i desideri di Gesù stesso. Vivere in Lui.
Maria è modello in questo apostolato. Occorrerebbe fare una lunga spiegazione, ma si può dire anche in breve: Maria pregò più di tutti e meglio di tutti, e la sua preghiera fu elevata per tutti, e ciò durante la sua vita terrena e adesso in cielo. Come Gesù prega nel Tabernacolo notte e giorno, così Maria in cielo si rivolge alla SS. Trinità e supplica per tutti gli uomini, per noi, per ciascheduno di noi.
Maria (questo pensiero serve specialmente per quelli che hanno studiato più profondamente le cose) visse nell'Antico Testamento, e visse in Gesù e vive nella Chiesa. Ella fu al centro del grande avvenimento: chiuso il Vecchio Testamento, aperto il Nuovo per Gesù Cristo, ella appartiene al Corpo Mistico come il membro più santo, più perfetto dopo Gesù Cristo.
Le sue preghiere, prima che venisse Gesù Cristo, cioè prima che il Figlio di Dio s'incarnasse, accelerarono la Incarnazione; e la ottennero i gemiti, le preghiere di quella tenera bambina, di quella giovane | [Pr 5 p. 72] santissima, la quale intese la necessità che arrivasse presto l'ora della Redenzione. Erano troppi gli errori, troppi i vizi e troppa l'idolatria, ed ella più che tutti i Patriarchi sollecitò dal cielo l'Incarnazione e la salvezza del genere umano. «Veni, Domine, et noli tardare».5 E il Redentore venne per mezzo di lei.
Quando poi nacque Gesù, ella dal Presepio alla Croce, al Calvario e fino al sepolcro fu continuamente unita a lui. Al presepio
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le sue adorazioni furono migliori di tutte le adorazioni che facciamo noi, per quanto possiamo essere raccolti. E in tutta la vita, ella viveva come noi presso Gesù. Noi lo abbiamo nel Tabernacolo, Maria lo vedeva anche con i suoi occhi, e verso di lui nutriva sentimenti di amore, di adorazione, di propiziazione, di supplica, pure nella sua posizione di madre.
La Vergine non era solamente un'anima che abbia una divozione eucaristica: era un'anima immensamente adorante, perché doveva essere la Regina di tutti. E se tutti dobbiamo fare l'apostolato della preghiera, ella doveva essere esempio a tutti in questo apostolato, più di tutti i Serafini e Cherubini assieme.
Quando Gesù ascese al Cielo, ella fu del Corpo Mistico, della Chiesa, il membro più santo, l'anima più eletta; quella che stava nel cuore della Chiesa, quella che continuava le suppliche per la Chiesa nascente e per tutta l'umanità: affinché il Vangelo, come dice S. Paolo, «corresse» [2Ts 3,1], cioè si estendesse, fosse accolto e seguito da tutti gli uomini.
Ora Maria in cielo continua le sue preghiere e noi continuamente la supplichiamo: «prega per noi adesso e nell'ora della nostra morte».
Compiamo noi l'apostolato della preghiera? lo abbiamo compreso? Per mezzo dell'apostolato della preghiera, che cosa diamo al Signore? Diamo | [Pr 5 p. 73] il valore impetratorio di tutte le nostre preghiere, orazioni, azioni e patimenti: orazioni che facciamo nella giornata; azioni, tutto il lavoro della giornata, sia interiore che esteriore; e sofferenze, che non mancano mai e che devono accompagnare la vita fino alla fine: moriremo per una sofferenza. Tutto viene offerto a Gesù in unione del Cuore di Maria, e viene offerto in quel momento in cui Gesù si immola sugli altari per gl'interessi dell'umanità.
Alla considerazione che oltre un miliardo di uomini non conosce ancora nulla della Redenzione, pensiamo quanto bisogno vi sia di pregare Gesù, il quale «vult omnes homines salvos fieri et ad agnitionem veritatis venire».6
Ecco il nostro valore impetratorio dato a Gesù. Questa offerta non impedisce che affidiamo intenzioni particolari a Gesù;
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ma si lascia a sua disposizione tutto il valore impetratorio di ogni orazione, azione, patimento, perché egli, secondo gli interessi della gloria di Dio e gli interessi delle anime, lo applichi a quelle persone, a quelle nazioni che ne hanno maggiormente bisogno.
È bello questo, perché non poniamo più le nostre misere intenzioni, che qualche volta possono essere anche un po' egoiste, ma ci uniformiamo al Cuore di Gesù: per cui le nostre opere, sofferenze e preghiere prendono un valore particolare, essendo unite ai suoi meriti, al suo sacrificio che è rinnovato nella Messa.
Con questo ci eleviamo e sentiamo di avere un cuore aperto a tutti i bisogni. Sentiamo che il cuore di Gesù batte, palpita per tutti gli uomini, per tutta l'umanità, perché venga il suo regno. Noi sentiamo di compiere in tutto un apostolato.
[Pr 5p. 74] Ora alcune domande:
1. Siete iscritti tutti all'Apostolato della Preghiera? Veramente l'iscrizione non è neppure tanto necessaria, ma ci assicura tutto il frutto delle indulgenze che sono concesse a questa grande famiglia orante: Unione dell'Apostolato della Preghiera.
2. Studiamo e comprendiamo bene la preghiera «Cuore Divino di Gesù...»?
3. Recitandola, ci uniamo al Cuore immacolato di Maria e al Cuore di Gesù, facendo nostre le loro intenzioni; o meglio, dando a Gesù il valore impetratorio che ha ogni preghiera, azione, patimento, perché l'adoperi per la gloria di Dio e la pace degli uomini? Crediamo noi che anche chiusi in una camera, anche nel silenzio, anche nella sofferenza possiamo esercitare un apostolato larghissimo?
Non dappertutto si arriva con la stampa, né dappertutto si arriva con la radio, ma per mezzo di Gesù noi possiamo arrivare ad ogni anima. Le anime bisognose sono tante. Ripetiamo allora la nostra offerta: «Cuore divino di Gesù...».
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APOSTOLATO DEL BUON ESEMPIO1
(Ritiro mensile)

Questa sera chiediamo alla Regina Apostolorum di poter compiere nella nostra vita l'apostolato che è obbligatorio per tutti i cristiani, nessuno escluso: l'apostolato del buon esempio.
Il sacramento della Cresima è il sacramento dell'apostolato | [Pr 5 p. 75] per tutti i fedeli, i quali devono almeno arrivare qui: edificare il prossimo con la loro condotta: «Videant opera vestra bona et glorificent Patrem vestrum qui in cœlis est».2 Che anche gli avversari, tutti quelli che ci avvicinano in casa e fuori, vedano il buon comportamento, sentano il buon modo di parlare, considerino le belle opere e glorifichino il Padre Celeste, che ha dato questa grazia a noi, e ne abbiano edificazione.
S. Paolo è il grande Dottore delle genti. Si potrebbe per tutta la vita fare la meditazione sopra le sue lettere e sopra la sua vita stessa, senza esaurirne l'argomento. S. Paolo dice: «Ognuno si renda gradito al prossimo nel bene per edificarlo, perché Cristo non cercò la propria soddisfazione...» (Rm 15,2-3). Noi viviamo in società: siamo membri di una società civile, di una società religiosa e di una Congregazione. Vivendo in società abbiamo obblighi speciali verso gli altri membri, perché siamo in contatto continuo; oltre che appartenere a un corpo, siamo a contatto continuo con gli altri membri, e abbiamo sempre una influenza: benefica o malefica.
Nessuno può dire: io non darò tanto buon esempio, ma almeno non sarò di scandalo. Non è possibile: la nostra condotta fa un'impressione sugli altri. Anche il non far niente è già scandalo, perché dobbiamo operare il bene; anche l'essere tiepidi è già scandalo, perché dobbiamo fare buona impressione, non indurre gli altri alla tiepidezza. Non possiamo dire: io penso a me
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stesso. Fosse vero che ognuno pensasse a se stesso! S. Bernardo diceva al Papa Eugenio III:3 «Sis tibi primus, sis tibi ultimus»:4 cioè i primi pensieri, le prime preoccupazioni per l'anima tua e gli ultimi pensieri | [Pr 5 p. 76] siano di nuovo per l'anima tua; ogni preoccupazione cominci da te. Ma, nonostante questo, noi sempre facciamo un'impressione sugli altri; sempre, in bene o in male, ancorché diciamo: io penso a me stesso. Se pensassimo sempre bene a noi stessi, saremmo anche di buon esempio.
L'apostolato del buon esempio non si deve mettere in cima alle nostre intenzioni, ma si compie senza pensarci; cioè, operando bene: le opere buone saranno vedute. Badiamo di comportarci bene ovunque, e allora il popolo sarà edificato, i compagni saranno edificati, ancorché noi non ci proponiamo e non abbiamo l'ambizione di dare buon esempio. S. Paolo dice: «In omnibus teipsum præbe exemplum bonorum operum», in tutto sii esempio di opere buone [cf. Tt 2,7]. Dal mattino comincia a fare impressione sugli altri la nostra condotta, la stessa levata; e poi tutto il corso della giornata: o siamo in Chiesa, o siamo per strada, o siamo a tavola, o siamo in apostolato, o facciamo ricreazione. Quando uno studia bene, dà buon esempio all'altro; e se uno leggicchia e spreca il tempo, è di cattivo esempio: «Exemplum esto fidelium». E specifica S. Paolo: «In verbo, in conversatione, in caritate, in castitate».5 Vuol dire: esempio nel parlare moderato, in un parlare che esca da un cuore buono: conversazioni liete e sante. Poi dice: «in caritate», l'esempio di carità, di benignità, di compatimento verso tutti. Poi «in castitate»: la delicatezza, la quale si mostra in ogni cosa. La persona delicata in fatto di castità, per chi è un po' abituato a considerare le cose spirituali, si scorge a distanza e subito, senza che faccia cose straordinarie.
Bisogna dare buon esempio in tutta la vita: | [Pr 5 p. 77] lo deve dare il fanciullo, il giovanetto, l'adulto: tutti, nessuno escluso. S. Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, dice una frase che a prima vista
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sembrerebbe un'audacia: «Quæ vidistis in me, hæc agite»:6 fate come avete veduto che io facevo in mezzo di voi; comportatevi come mi comporto io. Se noi ci domandassimo: se tutti gli altri facessero come faccio io, le cose andrebbero bene? Quante volte vi sarebbero tanti rilievi da fare nella scuola, nell'apostolato, nella pietà, nel trattamento vicendevole!
È necessario ricordare quello che risulta dalla narrazione del libro intitolato Fabiola.7 Dimostra che il Cristianesimo si è diffuso con l'esempio di vita santa, di pazienza, di carità, di premura per i fratelli: si è mostrato una religione sociale, prima ancora che la religione della verità. «Vedete come si amano»: questa è la tesi di quel libro.
Predicare con l'esempio come ha fatto Gesù: trent'anni di virtù domestica e poi per tre anni predicò. Dovremmo dire che la predica dell'esempio vale dieci volte quella della parola? Verrebbe la voglia di sentire quello che dice S. Teresa [d'Avila], la quale ha scritto: «Un uomo santo, perfetto, virtuoso fa maggior bene alle anime di molti istruiti ed attivi, ma di minore spirito». Noi stimiamo l'attività e stimiamo il sapere, ma vediamo che un uomo veramente santo, perfetto, virtuoso, fa maggior bene alle anime, che molti uomini attivi e istruiti.
Contempliamo la vita di Maria: è tutto un apostolato di esempio. Non vi sarà più sulla terra una persona che dia e lasci esempi così santi in ogni virtù. Le differenti virtù dei Santi sono tutte raccolte in essa.
[Pr 5 p. 78] La cristianità è cresciuta sull'esempio della Madre Celeste. I Vergini hanno preso l'esempio della Regina dei Vergini; i Martiri hanno contemplato la Regina dei dolori, sono stati forti e sono stati soccorsi nella loro debolezza dalla intercessione di Maria; i Confessori, questi uomini di preghiera, questi uomini che hanno esercitato ogni specie di virtù e ogni opera buona, sono stati guidati in tante iniziative di zelo dalla Regina dei Confessori; gli Apostoli, quando è scomparso dalla loro vista il Maestro Divino, si sono volti a contemplare la Vergine, la nuova Madre che avevano ricevuta, e hanno veduto la sua costanza,
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la sua fermezza. Durante la Passione subirono una umiliante lezione; ma con la grazia dello Spirito Santo appresero ad essere coraggiosi, ad amare davvero Gesù, a zelare la sua gloria, ad andare incontro ai pericoli.
Vi è un autore, il quale enumera gli esempi virtuosi di Maria. L'esempio della sua fede: «Beata te che hai creduto» (Lc 1,45). L'esempio della carità: va a servire S. Elisabetta. L'esempio delle sue virtù quotidiane: il raccoglimento, la laboriosità, l'umiltà, lo spirito di orazione. L'esempio di pazienza in tutte le angustie.
Soprattutto noi abbiamo uno specchio in Lei per corrispondere alla vocazione. Mai nessun tentennamento da quando ella piegò la testa dinanzi alla volontà di Dio: «Ecco l'ancella del Signore» (Lc 1,38). Per trent'anni accompagnò Gesù; | [Pr 5 p. 79] per tre anni lo ascoltò nella evangelizzazione e non lo lasciò nel tempo della prova e del dolore. Successivamente compì il suo ufficio di vera Madre degli Apostoli, finché il Signore la lasciò ad essi come esempio, come consolatrice e come aiuto, per la sua pietà, per le sue preghiere, finché essi raggiunsero, diciamo, la maggior età, non della vita, ma dell'apostolato.
Siamo di buon esempio? Questo sarebbe da considerarsi bene. Occorre che ci esaminiamo come è il nostro comportamento nella pietà.
Si va presto in chiesa? Si sta il tempo necessario? Si ha un atteggiamento di raccoglimento e di divozione? Come sono fatte le visite? Gli esami di coscienza?
Come si sta in chiesa? Ci sono perfino dei segni di croce che non sono affatto tali; e dei giovani che sembrano già vecchi nel fare la genuflessione. Aspettate a settant'anni!
E nello studio si arriva per tempo? Si studia? Ho visto che gli occhi, a volte, servono a distrarre meglio dell'udito, perché si leggicchiano periodici, riviste e libri che non fanno per il nostro caso. Uniamo le forze nei nostri studi, le forze dell'intelligenza per quello che è dovere apprendere.
E nell'apostolato? Si mette veramente l'intelligenza per farlo bene? Si ha cura di ogni cosa? Non solo del tempo, ma anche degli strumenti, che sono sacri perché consacrati all'apostolato? E di quello che si usa: della carta, ad esempio?
E in ricreazione? Esempi di bontà? Elevatezza, nobiltà di discorsi? Pure negli scherzi? La sciocchezza, la stoltezza nel discorrere
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in generale abbassa il livello morale, mentre il discorrere dignitoso, decoroso per uno che si chiama cristiano e | [Pr 5 p. 80] paolino, eleva tutti, fa bene a tutti e lascia l'animo ben disposto a compiere successivamente le cose di dovere, di studio, di pietà e di apostolato. Gli scherzi grossolani, le cose stolte, il modo di fare ineducato, vanno messi da parte! Non devono esserci nelle nostre case.
Il rispetto vicendevole? Il parlare bene di tutti? Il compatire gli sbagli? Vi sono - dice l'Apostolo S. Paolo - quelli che criticano gli altri e non vedono che commettono gli stessi difetti. «Tu dunque, o uomo, chiunque tu sia, ti rendi inescusabile, perché nel giudicare gli altri condanni te stesso, poiché fai le medesime cose che condanni negli altri. Or sappiamo che il giudizio di Dio contro coloro che fanno tali cose è secondo verità» (Rm 2,1-2).
Innanzi a Maria, apostola del buon esempio, facciamo i nostri propositi e rinnoviamo intanto il nostro proposito principale.
«Sub tuum præsidium...».8
Offriamo a Maria la giornata, perché sia bella, bianca e sia veramente esemplare.
Recitare la breve consacrazione: «Io sono tutto tuo, e tutto quanto posseggo te l'offro...», ecc.
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APOSTOLATO DELLA SOFFERENZA: LA MORTIFICAZIONE1

In primo luogo chiediamo la buona volontà di ascoltare la parola divina, perché è la parola che salva. Questa è la prima condizione per ricevere il | [Pr 5 p. 81] frutto della predicazione, e particolarmente dal ritiro mensile.
Il ritiro mensile suppone che entriamo nelle profondità della nostra coscienza e che ci mettiamo davanti a Dio, invocando quella luce che avremo quando saremo in morte, quando cioè comprenderemo perché Dio ci ha creati, perché ci ha mandati sulla terra.
Creati per essere felici in eterno, con Dio. Ma questo Paradiso è da guadagnarsi mediante una vita buona e santa. Vi è buona volontà? Quando Gesù predicava, dice a un certo punto il Vangelo: «...turbæ irruerunt in Jesum ut verbum eius audirent»,2 le turbe irrompevano verso di lui, cioè si accostavano con un desiderio, una sete viva della parola di Dio.
Preghiamo Gesù che parla al nostro cuore, e disponiamo il cuore ad accogliere la sua parola.
Dobbiamo parlare dell'apostolato della sofferenza. La sofferenza va considerata sotto tre aspetti: 1) Come mortificazione per non peccare; 2) come santificazione per fare il bene, specialmente l'apostolato, e 3) come mezzo e supplica per ottenere che l'apostolato abbia il suo valore e la sua efficacia: il frutto, in sostanza.

1. Chiunque abbia meditato sul peccato, sarà venuto a questa conclusione: «Tamquam a facie colubri fuge peccata»,3 fuggire il peccato come si fuggono i serpenti velenosi.
La prima parte riguarda la nostra santificazione e salvezza. «Abstine!», astieniti. Lasciare quello che piace al senso. Ai nostri
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progenitori Adamo ed Eva il Signore domandò una mortificazione e non seppero farla. Aveva detto: «Mangia pure di ogni albero del Paradiso, ma dell'albero della scienza del bene e del male non ne mangiare, perché nel | [Pr 5 p. 82] giorno in cui ne mangerai tu morrai» (Gn 2,16-17). Il Signore chiedeva quindi un sacrificio, una mortificazione, e non seppero farla.
Il Signore ci ha messo sulla terra con tanti beni. Possiamo dire che oggi, col progresso che abbiamo, sono messe a disposizione dell'uomo tante cose per rendere la sua vita sempre più elevata. Noi abbiamo poi tante grazie nell'Istituto, dove non c'è solo il pane materiale, ma il pane dello spirito. Vi è l'educazione da parte di persone e di maestri che si spendono per la salvezza e santificazione nostra. Quale abbondanza di grazia del cielo, e quale abbondanza di mezzi per la santificazione! Il Signore però ci chiede anche la mortificazione: adopera tutti i mezzi.
Vi sono cose proibite, e sono quelle contrarie ai doveri che risultano dalla Professione [religiosa], dai santi voti, dall'obbligo della vita comune.
Vi sono cose non vietate, ma pericolose o inutili. Ecco la prima mortificazione: negarci qualche cosa. È il primo passo per andare a Gesù, per salvarsi. «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso» (Mt 16,24; Lc 9,23). Bisogna negare qualche cosa alla lingua, qualche cosa all'occhio, qualche cosa all'udito, qualche cosa alla fantasia, qualche cosa al cuore, qualche cosa alla mente, all'intelligenza: mortificazione nei pensieri.
Bisogna, in sostanza, che noi consideriamo la vita cristiana come una vita che ci eleva verso il cielo. Ma per elevarci verso il cielo, richiede che ci stacchiamo dalla terra, cioè che amiamo Dio e gli facciamo sacrificio di quello che ci ha vietato.
È proibita la pigrizia, la golosità, la lussuria, l'ira, la vendetta, l'invidia, la superbia, l'orgoglio, l'attaccamento alle cose della terra.
Occorre che noi qualche volta diciamo | [Pr 5 p. 83] alla lingua: non parlare adesso; oppure: puoi parlare, ma non dire certe cose. Ecco: «Abstinet»; «abneget semetipsum».4 È il primo passo nella mortificazione.
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2. Il secondo passo poi è: «Tollat crucem suam»,5 che sarebbe la corrispondenza alla volontà di Dio. Non solo non parlare in studio, ma studiare; non accondiscendere alla curiosità, ma applicarsi alle cose che devi imparare; per esempio: stare attenti alla predica, stare attenti agli avvisi del confessore, alle conferenze, stare attenti ad osservare il galateo, ad apprendere l'apostolato.
«Et sustine».6 Il bene richiede sempre una mortificazione: la preghiera per cui ti sforzi, per cui ti scuoti, e lo studio per applicarti all'apostolato. Lo spirito di povertà e la formazione richiedono corrispondenza.
Elevarsi! I corpi subiscono la legge della gravità. La nostra natura, dopo il peccato originale, subisce una legge di tendenza al basso. Quindi dobbiamo far forza per star sollevati. Per elevarci alle cose belle, alle cose buone, alle cose sante, per corrispondere alla vocazione, per camminare verso il cielo, occorre uno sforzo. Vedete come fa a sollevarsi da terra l'aeroplano? Vince la legge della gravità con le stesse forze della gravità.
E allora? Noi dobbiamo elevarci, cioè servirci di queste mortificazioni che si fanno per pregare bene, per far bene l'esame di coscienza e guadagnare meriti. La mortificazione stessa ci eleva al cielo. Un giorno noi ci troveremo lassù in alto, ma bisogna che costantemente ci sia l'aspirazione: «Sursum corda!»:7 tenere la fronte alta, guardare il cielo, il quale si conquista con la legge della mortificazione.
Al mattino dobbiamo partire per il corso della | [Pr 5 p. 84] giornata, persuasi di questo: oggi bisogna che mi astenga da certe cose e bisogna che ne faccia altre. Abstine et sustine. In tutte e due troverò la mortificazione. Quante volte costa la stessa ricreazione, lo stesso giocare, muoversi e non far circolo, a chiacchierare di cose che alle volte non sollevano lo spirito. Lo stesso giocare richiede mortificazione. Alle volte bisogna trattenersi di giocare per recarsi allo studio.
È una dura legge, ma legge. Per mostrarsi cristiani e per seguire la nostra strada e arrivare al cielo, vi è questa legge: lascia
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quel che ti piace, cioè quel che piace alla natura, e fa' quello che non piace alla natura: rinnega te stesso e prendi la croce.

3. Si può considerare, in terzo luogo, la mortificazione in ordine alla salvezza delle anime, cioè come apostolato. Gesù Cristo come ha salvato il mondo? Adamo lo ha rovinato col soddisfare il suo senso e la sua curiosità; Gesù Cristo lo ha salvato col predicare la verità e col morire sulla Croce. Il primo Adamo in opposizione al secondo Adamo. E siccome per la disobbedienza di un uomo l'umanità fu rovinata, così il mondo è salvato per l'obbedienza di un altro uomo, il Figlio di Dio [cf. Rm 5,15-19].
È l'apostolato che abbiamo fatto nostro: salvare l'umanità mediante la parola di Dio. La parola è la semente: «Semen est verbum Dei» (Lc 8,11). Ma il seme non dà frutti senza certe condizioni. Occorre che sia messo nella terra, sia innaffiato e quindi si sviluppi. Noi possiamo stampare degli ottimi libri: si potrebbe riempire anche il mondo di carta buona, che porta cose sante, magari la Bibbia, il Vangelo; ma se manca l'acqua della grazia? Forse il seme è stato sparso nel terreno, ma per mancanza di umidità esso non ha dato il frutto. Non è nato neppure in quelle anime, perché | [Pr 5 p. 85] il terreno era pietroso, troppo secco, asciutto. Vi sono anzi quelli che si oppongono addirittura alla grazia e alla parola di Dio, quindi il seme non può germogliare.
Gesù, dopo aver predicato, conferma e dà vita alla parola mediante la passione e morte. Chiusa la sua predicazione, Gesù va al Getsemani e là accetta la Croce: «Sia fatta la tua volontà, o Padre, e non la mia» [cf. Lc 22,42]. Lo vediamo legato, imprigionato; lo vediamo davanti ai tribunali; lo vediamo sotto i flagelli, incoronato di spine, condannato a morte, confitto in croce, agonizzante per tre ore. Ecco come egli ha dato vita alla sua parola. Ha dato vita, e le sue parole salvano.
S. Agostino dice che le sofferenze di Gesù erano sufficienti «in capite»,8 ma perché divengano sufficienti in noi, occorre che vi uniamo la nostra mortificazione, cioè che cooperiamo alla redenzione delle anime mediante la sofferenza [cf. Col 1,24].
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Facciamoci la domanda: Comprendo che la vita mia deve essere un'astinenza, cioè una mortificazione, una privazione rispetto a certe cose che chiede il senso? Vi sono quelli che non arrivano mai all'a-b-c della santità: non comprendono che bisogna mortificarsi. Genitori che hanno allevato i figli e hanno sempre dato ragione; sempre concedendo quello che volevano i loro capricci. Bambini capricciosi che finivano col comandare al babbo e alla mamma. Molte volte, i nostri ragazzi furono educati così. Questo non è educare: è pervertire.
Abbiamo compreso che occorre astenersi da certe cose e bisogna mortificarsi in certe altre, che sono vietate dalla legge di Dio? E abbiamo compreso che per fare il bene occorre che ci mortifichiamo, ci solleviamo dalla terra verso il cielo con la medesima mortificazione, cioè portando | [Pr 5 p. 86] la croce?
E comprendiamo che per fare del bene agli altri non basta stampare o portare, ma occorre mortificarsi? Un certo parroco domandò al Curato d'Ars: «Come faccio a salvare queste anime nella mia parrocchia? Ho lavorato tanto, ho fatto opere, ho predicato, ho adoperato tanti mezzi e la popolazione si allontana sempre più dalla Chiesa!». Il Curato d'Ars gli rispose: «Ditemi un po': quante volte avete digiunato? Quante volte avete ridotto il vostro riposo allo stretto necessario? Andate, fate questo: la vostra parrocchia cambierà aspetto».
La parola nostra diventa vita se innaffiata dal Sangue di Gesù Cristo, unito al nostro sacrificio: sacrificio di Gesù e sacrificio nostro. Stamattina andare alla Comunione per domandare a Gesù la grazia di capire l'«Abstine».
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LA VOCAZIONE1

Questa mattina chiediamo a Maria la grazia di stimare e corrispondere generosamente alla vocazione. Invochiamo Maria Mater Boni Consilii, Regina Apostolorum, Regina Virginum.
La vocazione è la chiamata rivolta da Dio ad anime predilette, che egli vuole al suo speciale servizio. Può essere che queste anime siano chiamate soltanto ad una santità particolare e può essere che debbano associare alla loro santità l'apostolato.
[Pr 5 p. 87] La vocazione quindi è una grazia, la grazia più grande dopo il Battesimo.
Gesù è il Chiamato: il Padre lo mandò sulla terra per compiere una missione: «Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret»: il Padre amò gli uomini così che mandò ad essi il proprio Figlio (Gv 3,15); «ut omnis qui credit in illum non pereat sed habeat vitam æternam»:2 affinché gli uomini credessero alla sua parola e, credendo alla sua parola, non si perdessero, non si dannassero, ma avessero la vita eterna, il cielo.
Gesù Cristo è l'Apostolo, e Maria dopo di lui, fu chiamata all'apostolato più grande, alla stessa missione. Tutti gli altri sono apostoli per partecipazione: partecipazione all'apostolato di Gesù Cristo e di Maria. Parlando di Gesù, l'apostolo Paolo dice ai Romani: «Per quem accepimus gratiam et apostolatum ad obœdiendum fidei in omnibus gentibus».3 Per Gesù Cristo noi abbiamo ricevuto la grazia e l'apostolato; per obbedirgli, dobbiamo compiere l'apostolato, «omnibus gentibus», a tutte le nazioni.
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Perciò S. Paolo, sebbene non avesse ancora potuto arrivare a Roma, già mandava la sua lettera «in omnibus gentibus».
Maria è chiamata all'apostolato.
I fedeli pensano che Maria fu destinata a portare al mondo il Salvatore Gesù; il Signore voleva dare per mezzo di lei la Verità, la Via e la Vita che è in Gesù Cristo. Quindi la sua vocazione risulta come la prima vocazione, già nel Paradiso terrestre: «Porrò inimicizia tra te, serpente, e una donna» [cf. Gn 3,15].
Ecco la vocazione di Maria. Fu allora annunziata da Dio; poi venne sempre meglio descritta nelle figure dell'Antico Testamento e dai Patriarchi. Poiché ella compare al mondo | [Pr 5 p. 88] bambina; nella culla già gli angeli vengono ad attorniare questa loro Regina e già comprendono che la salute del mondo è vicina. Perché doveva venire su una radice di Jesse e doveva mostrarsi il fiore. Il fiore è Gesù, la verga è Maria, che porta questo fiore benedetto.
Maria compie la sua missione corrispondendo alla vocazione. Appena l'ebbe conosciuta, ella piegò la testa dicendo all'Angelo: «Ecco l'Ancella del Signore, sia fatto di me secondo che tu mi hai detto» [Lc 1,38], cioè secondo il divino volere, secondo l'annunzio che mi hai dato.
E Maria dà al mondo Gesù. Nel presepio ella lo mette nella greppia, si inginocchia ad adorarlo, mentre gli angeli attorno alla capanna cantano l'inno: «Gloria a Dio e pace agli uomini». Lo presenta ai pastori che accorrono, secondo l'avviso dell'Angelo: «Andate a Betlemme: troverete un bambino con la Madre» [Lc 2,12]. E trovarono il Bambino nelle braccia della Madre.
Lo presenta ai Magi, che al segno di una stella vengono da lontano a cercare il nato Re, colui che non è fatto Re dagli uomini, che gli uomini neppur conoscono, ma è nato Re per sua natura. E Maria presenta ai rappresentanti della gentilità il suo Bambino, perché lo conoscano e lo adorino. Essi comprendono, adorano e, in segno di adorazione, di amore e di sudditanza, gli offrono i tre doni simbolici.
Siccome Gesù doveva essere il Sacerdote e la vittima, Maria lo offre al Tempio, ove Simeone pronunciò su di lui le parole che conosciamo: «Ora posso morire sicuro, perché i miei occhi hanno veduto il Salvatore del mondo» (cf. Lc 2,30).
Maria lo presenta ancora agli stessi Apostoli, facendolo riconoscere per quello che era. Nelle nozze di Cana, per il prodigio
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che Gesù compì | [Pr 5 p. 89] per intercessione di Maria, gli Apostoli credettero in lui [cf. Gv 2,1-11]. E questo fu il principio dei prodigi che Gesù avrebbe operato in seguito, nel suo ministero pubblico. In questo atto Maria presenta al mondo Gesù Maestro. Successivamente lo presenterà al Padre, Sacerdote e Vittima sul Calvario, assistendo alla sua agonia, partecipando al suo sacrificio, e offrendo al Padre il sacrificio del Figlio per la salvezza di tutto il mondo. Così Maria compì la sua missione, la sua vocazione rispetto a Gesù.
Poi Gesù le assegna un'altra vocazione, che non è diversa, ma è la continuazione della prima: la fa Madre della Chiesa nascente, con le parole: «Donna, ecco tuo figlio» [Gv 19,26], indicando Giovanni, che rappresentava allora gli altri Apostoli.
Come Maria all'annunzio dell'Angelo divenne la Madre di Gesù, così nel Cenacolo [a Pentecoste], quando nacque la Chiesa, divenne Madre del Corpo Mistico di Gesù Cristo, di tutti i fedeli. Quindi noi siamo suoi figli.
Maria assiste come Madre la Chiesa per un po' di anni sulla terra, poi va a compiere questo ministero in Paradiso. Perciò il papa Pio X dice: «La stessa SS.ma Genitrice di tutte le membra di Cristo, cioè la Madre nostra, che ora è in cielo e regna col Figlio, risplende nel corpo e nell'anima». Che cosa fa? Si adopera con insistenza per ottenere da Gesù che scendano senza interruzione su tutte le membra del Mistico Corpo rivoli di abbondantissime grazie. Ella medesima col suo sempre presente patrocinio, come per il passato così oggi, protegge la Chiesa e ad essa e a tutta l'umana famiglia impetra da Dio un'era di maggior tranquillità. Ecco, la sua missione continua in cielo e durerà fino al compimento del numero degli eletti.
Posti in questa luce, guardiamo Maria.
[Pr 5 p. 90] Quali sono i disegni che il Signore ha sopra di noi? La Madre del Buon Consiglio ci illumini. Il Signore ci ha mandati sulla terra a compiere una missione, e secondo la fedeltà avremo il premio.
E chi non corrisponde? Deve riflettere, deve essere pensoso della sorte che lo attende.
La vocazione è un segno della predilezione di Dio. Il Signore in una Parrocchia, in un paesello, in una città, mette l'occhio su qualche giovane e fa sentire al Parroco, al Maestro, ai genitori, a
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qualche buona persona parole simili a quelle che fece sentire lo Spirito Santo ad Antiochia, alla Chiesa congregata: «Segregate mihi Saulum et Barnabam in opus ad quod assumpsi eos»: Mettete da parte Saulo e Barnaba: sono destinati ad una missione. In opus ad quod assumpsi eos: a compiere quella evangelizzazione dei gentili per la quale sono destinati (cf. At 13,2).
Quando il Signore, nella sua bontà, ha fatto arrivare al nostro orecchio e al nostro cuore parole simili, ci ha dato non solo una grazia, ma ci ha messo sopra le spalle una responsabilità. Ci ha forniti dei talenti necessari, dei quali noi dovremo rispondere a Dio.
Le tentazioni contro la vocazione possono essere varie: alcune vengono dai genitori; altre vengono da parenti ed amici o conoscenti; altre, e son le più, dipendono da noi stessi. La incorrispondenza alla vocazione può avvenire anche in diverse maniere: o coll'abbandono della strada per cui ci chiama il Signore; oppure col restare sulla strada inutilmente, senza camminare, e cioè non facendo le opere della vocazione stessa; o coll'indifferenza: persone che non hanno zelo per la loro anima, per loro stesse e non possono essere accese di zelo per le anime altrui.
La carità | [Pr 5 p. 91] incomincia sempre da noi stessi: se non amiamo l'anima nostra, potremo amare quella dei fratelli? E se non vogliamo con tutto l'impegno raggiungere la santità per noi, potremo raggiungere o aspirare a far raggiungere la santità agli altri?
Allora un esame: Stimiamo la grazia della vocazione? Preghiamo ogni giorno per corrispondere alla vocazione? Essa è un tesoro d'immenso valore, ma i nemici dell'anima nostra cercano di rubarcela. Inoltre, ogni giorno ci sforziamo per la corrispondenza?
La corrispondenza si ha con lo studio: studio in tutte le forme, sia per le materie che si devono apprendere nella scuola, sia per il modo di compiere l'apostolato.
Ci sforziamo di renderci degni della vocazione? La vocazione esige la santità interiore, esige la generosità: vi è generosità nello spendersi e sopraspendersi? Vi sono talenti che vengono sepolti e vi sono talenti che vengono moltiplicati.
I nostri talenti li usiamo, li traffichiamo? Ci lasciamo persuadere da scuse che possono avere una sembianza di realtà, ma che non contano davanti a Dio?
Recitiamo il Patto perché si moltiplichino in noi le grazie e corrispondiamo alla divina chiamata.
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[Pr 5 p. 92]
RECITA DEL ROSARIO1

Il Breviario domani incomincerà con le parole: «Maternitatem Beatæ Mariæ Virginis celebremus, Christum eius filium adoremus Dominum»: Celebriamo la Maternità di Maria Vergine e adoriamo il suo Figlio Gesù Cristo Signore nostro.2 Questo invitatorio corrisponde alla definizione del Concilio di Efeso: «La Vergine Santissima è chiamata ed è vera madre di Dio» e, di conseguenza, è la madre nostra.
Quindi domani giorno di gioia per i figli di Maria. Infatti l'antifona che avete cantato adesso dice: «Cum jucunditate Maternitatem Mariæ Virginis celebremus»: Celebriamo con gioia la festa della Maternità di Maria. Prodigio unico, prodigio dell'onnipotenza di Dio.
Come celebrarla? Nel mese di ottobre, l'ossequio è già quello indicato da Leone XIII: egli volle che si dedicasse il mese alla divozione del Rosario. Recitare bene il Rosario; recitarne quanto più è possibile: una terza parte, due parti, intero. Soprattutto: «Sacratissimo Beatæ Mariæ Virginis misteria rosario recolentes», meditando i misteri del Rosario, «et imitemur quod continent», imitiamo ciò che insegnano, «et quod promittunt assequamur», e conseguiamo quello che i misteri ci promettono: la grazia nella vita presente e la felicità nell'altra vita.3
Una piccola industria per recitare bene le tre parti del Rosario consiste nel servirsi degli Angeli. I misteri sono quindici e sono divisi in tre serie: i gaudiosi, i dolorosi, i gloriosi.
[Pr 5 p. 93] La prima serie dei gaudiosi comincia con la Annunciazione dell'Angelo a Maria.
La seconda serie, i dolorosi, ricorda l'Angelo che apparve a Gesù per confortarlo nell'orto del Getsemani.
La terza serie, i gloriosi, incomincia con l'annunciazione degli Angeli alle Pie donne: «È risuscitato, non è qui».
Perciò, il primo mistero gaudioso ci fa considerare l'episodio con cui incomincia la Redenzione dell'umanità [Lc 1,26ss]: «Missus est Angelus Gabriel». È stato mandato l'Angelo Gabriele
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a Maria in una città piccola, Nazareth, e il nome della Vergine lo conosciamo. Se vogliamo, possiamo considerare quello che è passato tra l'Angelo e Maria. L'Angelo arriva nella casetta di Nazareth, trova Maria in preghiera, sta con rispetto innanzi a lei e la saluta con riverenza: «Ave gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus». Maria resta meravigliata di questo saluto e riflette. Allora l'Angelo le dice il motivo dell'apparizione. «Tu hai trovato grazia presso il Signore». La grazia era stata perduta da Eva, Maria l'ha trovata.
Perciò eccola scelta a diventare la Madre del Figliolo di Dio. Maria chiede spiegazione e, assicurata dall'Angelo, pronuncia le parole che determinano l'incarnazione: «Ecco l'Ancella di Dio, si faccia di me come hai detto». E subito «Verbum caro factum est et habitavit in nobis»: il Verbo si fece carne ed abitò fra noi (Gv 1,14).
S. Bernardo commenta questo «fra noi» e dice: «Il Verbo abita in noi, quando noi crediamo alla verità».
Enunciato quindi il mistero, cosa faremo durante il Pater e le dieci Ave Maria? Ci accompagneremo | [Pr 5 p. 94] con l'Angelo. Soprattutto invochiamo il nostro Angelo Custode e recitiamo con lui il Pater e le dieci Ave Maria. Allora il mistero sarà più facilmente meditato. Seguirà poi il Secondo, il Terzo, il Quarto, il Quinto.
Che cosa significa meditare tutti i cinque misteri gaudiosi in unione del nostro Angelo? Significa domandare i suoi lumi; presentare i nostri ossequi a Maria per mezzo di lui; invocare la grazia di Maria per l'intercessione del nostro Angelo Custode.
Quando si incomincia il Rosario, guardarsi quasi attorno: accanto a noi e con noi c'è l'Angelo che prega la Regina degli Angeli, la Regina degli Apostoli, la Regina del mondo intero: Maria. Non siamo soli, ma entriamo nella compagnia degli Angeli.
La seconda serie ci presenta i misteri dolorosi. Gesù, dopo l'ultima Cena, si ritira a pregare nell'Orto detto del Getsemani. Separatosi dagli Apostoli e allontanatosi alquanto, entra in orazione profonda. Considera i patimenti suoi; considera la gravità dei peccati degli uomini, per i quali egli deve soddisfare alla divina giustizia, e considera che, nonostante i suoi patimenti, molti andranno perduti.
Il suo cuore è così oppresso che si manifesta in tutto il suo corpo un sudore di sangue. «Padre, se è possibile, si allontani da
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me questo calice, però non sia fatta la mia volontà, ma la tua». E il Vangelo nota: «Et apparuit ei Angelus confortans eum».4 Confortare Gesù. Gesù non era stato confortato dagli Apostoli, ma il Padre Celeste gli manda un Angelo. Noi vogliamo unirci a questo Angelo, per confortare Gesù nella sua agonia, e nella riparazione dei peccati degli uomini.
[Pr 5 p. 95] Allora con l'Angelo Custode recitiamo divotamente il mistero, e offriamo all'Eterno Padre il nostro rosario per la salute dell'umanità. Il calice che l'Angelo presenta a Gesù, è il calice della passione. Noi quel calice, l'offriamo all'Eterno Padre: ecco il sangue del tuo Figlio: «Respice in faciem Christi tui».5 Abbiate misericordia del mondo, degli errori, dei vizi e della perversione di tanti uomini. Illuminateli con la vostra luce, richiamateli sulla strada del cielo. Salvate noi anzitutto.
Invochiamo l'Angelo Custode perché ci stia accanto nei cinque misteri dolorosi, e chiamiamo anche l'Angelo che confortò Gesù in quella notte, là nel Getsemani. Egli compie ancora il suo ufficio, non già di confortare Gesù, ma di applicarne il sangue per la salvezza dell'umanità. Egli lo può fare intercedendo presso Iddio con la sua preghiera.
Nella terza serie meditiamo i cinque misteri gloriosi.
Il primo giorno dopo il sabato, le pie donne camminano verso il sepolcro di Gesù, recando aromi per terminare l'imbalsamazione. Ma arrivano e trovano una scena molto diversa da quella che pensavano. Innanzi al sepolcro vi sono due Angeli, i quali fanno coraggio alle donne: «Non temete; sappiamo che cercate Gesù Nazareno: Non è più qui, è risuscitato; venite a vedere il luogo dove è stato posto» (cf. Mc 16,6). E cadde la pietra, e il sepolcro apparve vuoto.
Allora ci rallegriamo con gli Angeli della risurrezione di Gesù Cristo e con quei due Angeli, e col nostro Angelo Custode recitiamo i misteri gloriosi, che, mentre sono gloriosi per Gesù, sono letizia per Maria: «Regina cœli lætare, Alleluia».6
[Pr 5 p. 96] Chiediamo la grazia di risorgere spiritualmente dai nostri peccati e dai nostri difetti, la grazia di elevarci a pensieri celesti.
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Consideriamo quello che ci attende dopo la vita presente. Come cambierà la scena dopo che saremo passati da questo mondo visibile, all'altro invisibile. Domandare la grazia che lo Spirito Santo discenda sopra di noi per fortificarci; invocare Maria Assunta in Cielo in corpo ed anima, perché assista la Chiesa, il Papa, i Sacerdoti e tutti quelli che si dedicano all'apostolato, e assista noi perché siamo difesi dal peccato, perché possiamo camminare sulla via diritta che conduce al Paradiso.
Questi pensieri di eternità, che sono in sostanza i novissimi, dominino il nostro spirito, la nostra anima; questi pensieri ci elevino a sperare nella nostra Madre Celeste.
Farci accompagnare dagli Angeli, specialmente dall'Angelo Custode, nella recita dei quindici misteri è una santa industria, perché il nostro rosario sia più raccolto, più gradito a Maria e le grazie del Rosario siano più abbondanti.7
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[Pr 5 p. 106]
LA CHIESA A MARIA REGINA APOSTOLORUM1

Nell'oremus che si recita durante l'ottava e nello stesso giorno dell'ottava della Dedicazione di una chiesa, si dice al Signore che esaudisca le suppliche e le preghiere del suo popolo, affinché tutti quelli che entrano nella chiesa per domandare grazia, possano uscirne consolati di aver ottenuto. Veramente appropriato è quest'oremus.

La chiesa è la casa di Dio.
La chiesa è la porta del cielo.
La chiesa è il luogo di orazione.
[Pr 5 p. 107] A questi tre titoli corrispondono i nostri tre doveri verso la chiesa: la chiesa si deve amare, si deve rispettare, si deve soccorrere.

1. La chiesa è casa di Dio.
L'oremus che si legge nel giorno della Dedicazione dice che il Signore abita ovunque e tuttavia non è contenuto da nessuna casa [cf. 1Re 8,27]. Egli però si degna di abitare più visibilmente in alcuni luoghi, cioè nei templi, nelle chiese a lui dedicate. Qui abita Dio. Possiamo considerare tanti monumenti, tanti palazzi, abitazioni ricche; ma in nessun palazzo, in nessuna abitazione ricca abita un Signore così grande quanto è Iddio, infinitamente buono, infinitamente giusto, infinitamente santo. Egli è il Padre e stabilisce qui la sua dimora per ricevere i suoi figli, parlare con loro e distribuire le sue grazie.
«Hic domus Dei est».2 Qui vi è la presenza reale di Dio, la presenza eucaristica di Gesù Cristo. Gesù ha santificato il presepio con la sua dimora: quello fu il tempio più grande che ebbe
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la umanità. Non sono i marmi, o l'oro che rendono preziosa la chiesa: la chiesa è resa preziosa dalla presenza di Dio. Qui veramente egli abita con gli uomini: «Cum hominibus conversatus est».3 È qui che si prolunga la sua presenza attraverso i secoli.
Il Vangelo della Dedicazione della chiesa è quello in cui si narra l'episodio di Zaccheo. Gesù si trovava a Gerico ed era circondato da grande turba. Un principe del popolo di nome Zaccheo, che era piccolo di statura, voleva tuttavia vedere Gesù. Non potendosi avvicinare e forse credendosi indegno, precorse la turba, salì sopra un albero e di là fra i rami poteva osservare a suo | [Pr 5 p. 108] agio il Salvatore che passava. Gesù alzò gli occhi, osservò Zaccheo e subito lo invitò: «Presto, discendi, perché oggi voglio venire a casa tua». E Zaccheo, disceso, accolse il Maestro nella sua casa. Ma mentre lo accoglieva, Gesù penetrava nella sua anima con la sua luce, con la sua grazia. La dimostrazione esterna di quello che avvenne nel suo interno, furono le parole che egli disse: «Signore, se io ho defraudato alcuno, restituirò quattro volte e darò ancora metà dei miei beni ai poveri» [cf. Lc 19,1-8].
Gesù in quella casa non solo convertiva un peccatore, ma gli infondeva un gran desiderio di perfezione. La via della perfezione parte sempre dal distacco da noi stessi, dagli averi, dalle cose della terra. La presenza di Gesù noi la sentiamo quando ci accostiamo alla Comunione, quando ascoltiamo la Messa, quando veniamo a visitare Gesù. La sentiamo di più allora, ma egli è sempre qui: qui onora il Padre, qui prega per gli uomini.
«Hic domus Dei est». E allora occorre rispettare la chiesa. «Pavete ad sanctuarium meum»,4 entrate con rispetto in chiesa. Rispettare la chiesa significa entrarvi con raccoglimento, pensando che si entra non nell'abitazione di un gran personaggio, ma si va alla presenza di Dio. L'anima nostra deve essere tutta investita di grande amore e, anzitutto, di grande rispetto. Perciò, non si entri mai in chiesa con il peccato; e se mai l'anima nostra fosse macchiata, entrarvi col pentimento. Il pubblicano entrò in chiesa col peccato, ma si mise in fondo. Non osava alzare gli occhi all'altare, si riteneva indegno e pregava percuotendosi il petto: «Signore, abbi pietà di questo peccatore» [cf. Lc 18,9-14].
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Lavare l'anima nostra prima di mettersi alla | [Pr 5 p. 109] presenza di Dio. Nel momento in cui si entra, si abbia un vero pentimento, vi sia sempre l'umiltà nel cuore. «Domine, non sum dignus ut intres...».5 Si dice sempre: «Non son degno che entri nell'anima mia»; ma non siamo neppure degni di metterci alla sua presenza, di entrare cioè dove egli abita, nel suo santuario, dove anche gli Angeli stanno con rispetto e adorano Gesù con venerazione, con profonda umiltà.
Entrando poi in chiesa, si faccia bene il segno di croce. Non si faccia come quelli che chiacchierano finché sono sulla porta o magari già entrati. In chiesa, gran silenzio. Dobbiamo solo parlare con Dio e sentire Dio che parla a noi... La genuflessione sia ben fatta. Anche l'esteriore rifletta il rispetto e la divozione interiore.

2. La chiesa è inoltre porta del cielo.
Perché porta del cielo?
La chiesa dove abita Dio è una immagine della Città superna, cioè della casa paterna di Dio, del Padre nostro celeste; là dove egli è corteggiato dagli Apostoli, dai Patriarchi, dai Profeti, dai Martiri, dai Confessori, dai Vergini, da tutti i Santi. La chiesa è l'immagine di quella santa città, «cœlestis urbs Jerusalem, beata pacis visio».6 La chiesa è la porta del cielo perché qui si riceve la Comunione; in chiesa si fa la confessione dei peccati; nella chiesa siamo stati battezzati; alla chiesa si viene per sentire la parola di Dio; nella chiesa saremo portati dopo la morte, e allora il Sacerdote pregherà che gli Angeli discendano a prendere la nostra anima e la portino con loro in Paradiso.
Luogo sacro, porta del cielo.
Allora noi dobbiamo amare la chiesa. Amarla | [Pr 5 p. 110] perché in essa si ricevono i massimi benefici. Sacro è il luogo dell'apostolato; sacro è il luogo dove noi ascoltiamo il maestro a scuola: più sacra è la chiesa.
Quest'amore, come si dimostra? Nel venire volentieri in chiesa. Il venire in ritardo, l'uscire appena è possibile, lo starci
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come in un luogo dove ci sentiamo a disagio, significa non amare la chiesa. Chi ama la chiesa pensa spesso ad essa; chi ama la chiesa ci viene ogni volta che può; chi ama la chiesa vi sta volentieri e non trova dura la conversazione con Dio. «Non ha amarezza - dice la Scrittura - la conversazione con Dio» [Sap 8,16]. Chi ama la chiesa non sta distratto e non anticipa il tempo dell'uscita.
La chiesa si deve amare: perché, quando noi saremo in punto di morte, per consolarci non ricorderemo i tempi passati nel divertimento, o visitando monumenti più o meno sacri; non vorremmo ricordare i luoghi dove abbiamo incontrato pericoli per l'anima nostra. In punto di morte, per consolarci, vorremmo pensare a quel posto dove abbiamo pregato, a quell'angolo dove abbiamo ottenuto il perdono dei peccati, a quella balaustra dove abbiamo ricevuto la Comunione.
Il più bell'ornamento di una chiesa è questo: che vi siano in essa persone sante, persone che vi stanno con grande amore, e lo mostrano nelle preghiere e nei loro canti sacri.

3. La chiesa è ancora casa di orazione.
Tutti i luoghi della terra sono adatti per pregare. Noi possiamo pregare per la strada, possiamo pregare nella camera dove riposiamo, ma il luogo di orazione per eccellenza è la chiesa. L'andare in chiesa è già un atto di fede: si crede che | [Pr 5 p. 111] lì vi è Dio che ci ascolta; andare in chiesa è già esercizio di speranza: si va per ottenere le grazie; andare in chiesa è atto di amore a Dio: chi ama Dio lo cerca. E dove lo cerca? In chiesa. Entrare in chiesa è quindi esercizio di fede, di speranza, di carità: una professione di fede, di speranza e di carità di fronte a tutti.
È lì che dobbiamo domandare le grazie: «In ea omnis qui petit accipit et pulsanti aperitur»,7 dice la liturgia nell'ottava della Dedicazione della chiesa. - Perciò riflettiamo su noi stessi circa i maggiori bisogni dell'anima. Chi ha più bisogno di purezza e chi ha più bisogno di umiltà; chi ha più bisogno di crescere nella fede e chi invece ha più bisogno di essere forte nella sua vocazione. Venite in chiesa, pregate e riceverete.
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Allora abbiamo un terzo dovere: soccorrere la chiesa. Gesù ha a sua disposizione tutti gli ori, tutti gli argenti e tutti i marmi: tutto è suo. Ma egli vuole essere elemosinante: aspetta da noi le offerte. Egli elemosina in chiesa come ha elemosinato il cibo e un ricovero, quando esercitava il ministero pubblico durante gli anni della sua predicazione.
Quanto siamo orgogliosi noi e quanto poco capiamo lo spirito di Gesù! Quale bontà! Egli che è padrone di tutto, accetta da noi qualche elemosina. Generalmente quelli che fanno l'elemosina in chiesa, cercano nel portamonete la moneta più piccola. Avari con Gesù? Significa che noi restringiamo la sua mano. Non vogliamo che la sua mano si allarghi con noi nel distribuire le sue grazie. Quello che si dà, lo si riceve moltiplicato. E se si dà una piccola cosa della terra, si ricevono tesori per l'eternità. Quella moneta sarà cambiata | [Pr 5 p. 112] in pietre preziose, in gioia eterna nel Paradiso. Che fortuna dare qualche cosa a Gesù e che degnazione quella di Gesù nell'accettare qualche cosa da noi! Dare alla chiesa.8
È molto utile che si pensi alle paramenta, alla pulizia. Tanti non possono dare denaro, anche perché vi è il voto di povertà. Ma, in generale, quanto si è stati generosi verso la chiesa in costruzione! E chi non può dare denaro, almeno pensi alla pulizia della chiesa; pensi a rendere le funzioni della chiesa più solenni col canto. Allietiamo Gesù con i nostri piccoli omaggi.
Pensate con quale divozione Maria avvolgeva il Bambino in quei poveri panni e lo metteva nella culla. Pensate con quale divozione quei due discepoli comprarono la sindone, e con Maria vi avvolsero il corpo di Gesù, e lo portarono al sepolcro dopo che era morto in croce. Pensate con quale divozione la Maddalena e Marta ospitavano Gesù.
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Soccorrere Gesù. Non dovremmo considerare un sacrificio il dare a Gesù, ma ringraziarlo che egli si degni di accettare. Alla fine, poi, che diamo? «De tuis donis ac datis».9 Diamo a Gesù un po' di quello che da lui abbiamo ricevuto.

Stasera, incominciando la funzione della Consecrazione,10 è utile ricordare quali sono le reliquie che si metteranno nell'altare. Anzitutto una reliquia di S. Giacomo Maggiore, apostolo: quindi è rappresentato uno del collegio apostolico. Poi tre martiri: S. Ignazio d'Antiochia, S. Tecla, S. Timoteo, discepolo di S. Paolo. E qui abbiamo una vergine, uno scrittore e il discepolo prediletto di S. Paolo. Poi, siccome la nostra istituzione è incominciata proprio il giorno in cui S. Pio X passava dal lavoro al premio e al riposo eterno, anche | [Pr 5 p. 113] una reliquia di S. Pio X.
Invochiamo allora questi Santi nella recita delle preghiere e nella processione, perché intercedano per noi. «Hic domus Dei est, porta cœli, domus orationis».
Queste loro reliquie ci ammoniscono: «amate la chiesa, rispettate la chiesa, soccorrete la chiesa».
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NOVENA PER LA DEDICAZIONE DEL SANTUARIO «REGINA APOSTOLORUM»
ORA DI ADORAZIONE1

Canto: «Magnificat anima mea Dominum».2
Con l'odierna dedicazione del Santuario «a Dio ottimo e massimo e a Maria Regina degli Apostoli» compiamo due atti:
1. Chiudiamo un periodo di ansie, per i pericoli incontrati durante l'ultima, lunga, tremenda guerra dalla Famiglia Paolina; e l'adempimento della nostra amorosa riconoscenza alla Regina Apostolorum.
2. Apriamo un altro periodo, che si illumina della luce nostalgica e materna di Maria.
È tuttavia sempre la stessa missione che ella compie attraverso i secoli; missione affidatale da Gesù morente sul Calvario nella persona di Giovanni: «Donna, ecco tuo figlio» [Gv 19,26].
Oggi pensiamo con cuore commosso che in quel momento la mente di Gesù era pure rivolta a | [Pr 5 p. 114] ciascuno di noi; e volentieri quasi sentiamo nella parola del Maestro Divino, al nome di Giovanni, sostituito il nostro... «Ecco tua Madre» [Gv 19,7].
Canto: «Salve, Mater misericordiæ».

I. Dice la Scrittura: «Fate voti al Signore Dio nostro; ed adempiteli» [Sal 76/75,12].
Sono circa 15 anni dacché si era scatenata la seconda guerra mondiale:3 essa causò tantissime vittime non solo tra i combattenti, ma pure tra i civili, tra le popolazioni inermi. Già allora la Famiglia Paolina era sparsa in diverse nazioni e composta di molti membri; e tanti di essi giorno e notte stavano trepidanti nel timore di una morte tragica. Le pene ed i timori di ognuno si
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assommavano nel cuore del Primo Maestro. Questi, preso consiglio, fiducioso per molte esperienze nella bontà di Maria, nel maggior pericolo, interpretando il pensiero di tutti prese l'impegno: «O Maria, Madre e Regina degli Apostoli, se salverai tutte le vite dei nostri e delle nostre, qui costruiremo la chiesa al tuo nome». Il luogo della promessa è presso a poco il centro della chiesa costruita; ed è compreso nel circolo segnato nel pavimento e circoscritto dalle parole lapidarie: «ANNO MARIANO CONFECTO - DIRO BELLO INCOLUMES - FILII MATRI VOTO P. - DIE VIII DEC. MCMLIV». Cioè: «Al termine dell'Anno Mariano - usciti incolumi dalla tremenda guerra - i Figli offrono alla Madre in adempimento del loro voto - Il giorno 8 dicembre 1954».

Per maggior precisazione.
Un giorno verso le ore 14, le sirene diedero l'allarme: uno stormo di aerei da bombardamento avanzandosi da Ostia verso Roma si avvicinava | [Pr 5 p. 115] a queste case paoline. Tutti, allora, si diressero nella grotta-rifugio!,4 questo era l'ordine; e tutti i giovani professi vi accorrevano.
Il Primo Maestro volle rendersi conto anche delle Figlie di San Paolo; e si avviò verso la loro casa passando per il sentiero di allora. A circa metà strada una bomba cadde a pochi metri; qualche scheggia sfiorò il capo.
La maggior pena fu per qualche Figlia che, indisposta, arrivava al rifugio per ultima ed a stento sorretta dalle sorelle; e per qualche altra che dovette rimanere per il male a letto, pur confortata da una suora di molta carità.
Passato il pericolo, fu preso l'impegno ed anche stabilito il posto ed il modo con cui si sarebbe costruito: locali sottochiesa, e la chiesa che dominasse le case: e Maria rimanesse al centro, in mezzo ai suoi figli e figlie.
Dalla conclusione della guerra (5 maggio 1945), sapendo quanto avrebbe costato di sacrifici questa chiesa, ne scelsi la costruzione come penitenza e riparazione.
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E tu, Maria, ci hai salvati! con una protezione che ha del prodigioso: dal Giappone alla Francia.
Ed eccoci oggi a sciogliere il voto: Ti offriamo questo modesto santuario, sede del tuo trono, come a nostra Regina. Ogni mattone rappresenta i sacrifici dei tuoi figli e di molti Cooperatori, il cui nome (anche se ignoto agli uomini) è scritto nei registri posti ai tuoi piedi, quasi a supplica e testimonianza di fede. Ricordali tutti, o Maria. - E ciò che più importa è: il loro nome è scritto in cielo [cf. Fil 4,3].
Tutti, oggi, i tuoi Figli e le tue Figlie sono felici, giacché dopo la chiesa a S. Paolo ed al Divin Maestro,5 tutti insistevano per una chiesa in tuo | [Pr 5 p. 116] onore. Ti offriamo cose che sono già tue: «de tuis donis ac datis»; poiché hai mosso i nostri cuori ed aperte le mani; da Te ti sei costruita questa casa. Hai illuminato gli artisti, guidato i lavoratori, suscitato fervore in tutti, sempre più, man mano che si avvicinava questo bel giorno.
Sii benedetta! o Madre, Maestra e Regina! Tu hai data l'ispirazione, il volere, il potere.
Canto: «Magnificat anima mea Mariam».6

II. Volgendoci ora, o Maria, al vostro bel trono e pensando al presente ed al futuro, vi diciamo: «Regina, posate sopra di noi i vostri occhi misericordiosi; poiché avete trovato grazia presso il Re come Ester. La vostra universale sollecitudine per essere la Mater humanitatis,7 e l'ufficio vostro di Mediatrice della grazia, ci infonde fiducia nel presentarvi le suppliche, per i bisogni nostri e quelli più attuali della Chiesa e dell'umanità».
Nell'ingresso della chiesa sono incise nella pietra le parole: «Suscipe nos, Mater, Magistra, Regina nostra: roga Filium tuum ut mittat operarios in messem suam». Accoglici, o Madre, Maestra e Regina nostra; prega il tuo Figlio perché mandi operai alla sua messe. - Vocazioni per tutti gli apostolati, vocazioni per tutti gli istituti religiosi, vocazioni per tutti i seminari, vocazioni
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per tutte le nazioni: fra esse, specialmente, le vocazioni per gli apostolati più urgenti, più moderni, più efficaci.
Canto: «Salve, o Madre benedetta».

Ed a questi operai evangelici ottieni lo Spirito Santo che è lo spirito di Gesù. Si rinnovi su di essi la Pentecoste. La prima Pentecoste è ricordata | [Pr 5 p. 117] nella scritta del cornicione della Chiesa: «Petrus, et Joannes, Jacobus, et Andreas, Philippus, et Thomas, Bartholomæus, et Matthæus, Jacobus Alphæi, et Simon Zelotes, et Judas Jacobi: hi omnes erant perseverantes unanimiter in oratione cum mulieribus, et Maria Matre Jesu, et fratribus eius... Et repleti sunt omnes Spiritu Sancto, et cœperunt loqui variis linguis, prout Spiritus Sanctus dabat eloqui illis»: Pietro, Giovanni, Giacomo, Andrea, Filippo, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Giacomo Alfeo, Simone Zelota, Giuda di Giacomo: tutti questi concordi perseveravano nella preghiera, assieme con le donne e con Maria, Madre di Gesù e con i fratelli di Lui... E furono ripieni tutti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in varie lingue, secondo che lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi (At 1,13-14; 2,4). A quei nomi si sostituiscano i nostri. Dona a noi il dono della parola, orale, scritta, fotografata, trasmessa, secondo il volere di Dio.
Canto: «Apostolorum contio».8

Ed assistete, accompagnate, appianate i passi ed assicurate abbondanti frutti a questi operai evangelici.
Sulla porticina del tabernacolo sta scritto: «Venite, filii, comedite fructum meum»: Venite, figlioli, mangiate il mio frutto;9 è il frutto benedetto del seno di Maria, Gesù Cristo. Con questo cibo l'apostolo si sostiene nel suo difficile cammino.
Tu, Madre, l'hai provveduto a chi è stanco e debole: «Si dimisero eos ieiunos in domum suam deficient in via», se li rimando digiuni verranno meno per strada [Mt 15,32].
La Madre Celeste ha preparato col suo sangue | [Pr 5 p. 118] un pane che dà la vita che è il corpo stesso di Gesù Cristo: esso è la luce, la forza, la consolazione degli apostoli che attendono alla mietitura.
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«Benedicta Filia tu a Domino, quia per te fructum vitæ communicavimus».10
Canto: «O Regina Apostolorum».11

In questa chiesa non verrà meno la preghiera: e perciò, o Madre e Regina, non verranno meno le tue grazie: sul Papa, sul sacerdozio, sulla vita religiosa, sopra le case della Famiglia Paolina, in tutte le nazioni ove è stabilita.
Continuate, o Maria, dal cielo il vostro apostolato di dare al mondo Gesù: Via, Verità e Vita. Molte nazioni sono povere perché mancano di Gesù Cristo. Nuove generazioni si affacciano alla vita. Il mondo sarà salvo solo se accoglierà Gesù così com'è: tutta la sua dottrina, tutta la sua liturgia.
Un Vangelo pieno di catechismo e liturgia; un catechismo pieno di Vangelo e liturgia; una liturgia (esempio Messalino) piena di Vangelo e catechismo.
Gli editori possiedono la parola, la moltiplicano, la diffondono vestita di carta, carattere, inchiostro. Essi hanno, sul piano umano, la missione che nel piano divino ebbe Maria: che fu Madre del Verbo Divino; ella ha captato il Dio invisibile e lo ha reso visibile ed accessibile agli uomini, presentandolo in umana carne.
Fate, o Madre, che gli uomini assecondino l'invito del Padre Celeste: «Questo è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo» [Mt 17,5].
Canto: «D'ogni apostolo Regina».

«Exaudi preces populi tui, o Regina: et præsta,| [Pr 5 p. 119] ut quisquis hoc templum beneficia petiturus ingreditur, cuncta se impetrasse lætetur». Ascolta le preghiere del tuo popolo, o Regina; e concedi che chiunque entra in questo tempio per chiederti grazie, esca lieto per essere stato esaudito.12
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Il peccatore abbia il perdono, il dubbioso la luce, l'afflitto la consolazione, il malato la salute, il debole la forza, l'operaio il suo pane quotidiano; il tiepido il fervore. E la tua misericordia si estenda di generazione in generazione su quanti temono ed amano il Signore.
Canto: «Maria, lux Apostolis».13

Ecco nella prima cupola14 rappresentati i due gruppi oranti, formati dai rappresentanti dell'umanità: dall'umile operaio al Pontefice Supremo.
Tu, o Maria, hai una missione sociale:
Primo: hai santificata una casa, domicilio delle virtù domestiche: custodisci la prima società, che è la famiglia.
Secondo: hai dato principio alla vita religiosa con il voto di verginità e l'osservanza di una perfetta obbedienza e povertà: custodisci la società religiosa.
Terzo: hai portato sulle braccia la Chiesa nascente, società soprannaturale istituita dal tuo Figlio Gesù: custodisci la Chiesa.
Quarto: ti venne affidata l'umanità, di cui sei madre spirituale e che deve affratellarsi in una società soprannazionale: per te si uniscano gli uomini nella verità, carità, giustizia: custodisci la Società delle Nazioni.
Quinto: in Gesù Cristo sei la Madre della civiltà, che sgorga dal Vangelo e si svolge nell'opera della Chiesa: custodisci la vera civiltà.
Prega la Chiesa: «Augusta cœlorum Domina | [Pr 5 p. 120] et apostolorum Regina, jugiter exora, ut omnes gentes agnoscant quia Dominus est Deus et non est alius præter eum».15
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Canto: «Regina jure diceris».16
«Andrò a vederla un dì - in cielo patria mia, - andrò a veder Maria - mia gioia e mio amor».17
Lo sguardo nostro si posa volentieri a considerare gli episodi di vita e santità di Gesù e di Maria: ci indicano per quali vie si passa per arrivare lassù, ove voi ci state attendendo. Ecco il cielo! dove condividete il regno col Figlio vostro, corteggiata da un immenso stuolo di angeli, incoronata dalla SS. Trinità con la triplice corona della sapienza, potenza, amore.
Canto: «Dal tuo bel trono, amabile Maria».18
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PARTICOLARITÀ DELLA NOSTRA CHIESA1

Ricordiamo le particolarità della nostra chiesa dedicata alla Regina degli Apostoli.
Anzitutto questa chiesa è costruita per imitare Dio, il quale esaltò Maria sopra tutte le creature. Alla Famiglia Paolina non doveva mancare questa esaltazione. Imitare Dio «sicut filii carissimi»,2 come dice la Scrittura. Esaltare Maria, seguire Dio, seguire Gesù Cristo: questa è la strada che ci conduce a salvezza; questa è la strada nella quale noi troveremo la gioia e tutte le grazie sopra la terra.
[Pr 5 p. 121] L'umanità sempre, da principio fino alla fine del mondo, guardò e guarderà Maria. Appena i progenitori nostri si macchiarono di colpa, il Signore fece brillare loro una speranza: Maria. «Inimicitias ponam inter te et mulierem».3 E questa Regina precederà tutta l'umanità salva dopo il giudizio universale e, seguendo Gesù, entrerà in cielo a capo dei Beati, intonando il «Magnificat anima mea Dominum».4
Imitare Gesù Cristo: egli è la Via. Volle scegliersi per madre la Santissima Vergine Maria. E allora i figli non dovrebbero venerare questa Madre? Non dovremmo noi seguire l'esempio di Gesù, facendoci figli di questa Madre celeste? Non possiamo tracciarci una via migliore che seguire Gesù, il quale anche in questo ci indica il cammino da percorrere. E perché noi comprendessimo la sua intenzione, il suo desiderio, stando per chiudere la sua vita terrena, ci diede Maria per madre, affinché tutti andassimo a lei, e perché attraverso lei ottenessimo ogni grazia. «Qui totum nos habere voluit per Mariam».5 Tutto il Signore vuole che abbiamo per Maria.
La Famiglia Paolina non doveva privarsi di questa potente intermediaria presso Gesù Cristo. Perciò, subito dopo l'erezione
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della chiesa a San Paolo e al Divin Maestro in Alba, abbiamo ricevuto dai figli più anziani e più responsabili della Congregazione [questa richiesta]: «Ora è il tempo di pensare a glorificare la Regina Apostolorum». E si è cercato di compiere il loro desiderio.
Che cos'è ancora questa chiesa rispetto alla Famiglia Paolina?
È il centro vitale, perché da Maria tutta la Famiglia spera; a Maria tutta la Famiglia si rivolge; e da ogni casa, pregando Maria, si pensa al | [Pr 5 p. 122] santuario Regina Apostolorum. Per mezzo di Maria noi speriamo le vocazioni, e speriamo che le vocazioni corrispondano al volere di Dio. Confidiamo che i chiamati, una volta arrivati sul campo del lavoro, con l'assistenza di Maria, raccolgano per sé tanti meriti e siano luce a tante anime; siano sale per la terra e siano come la città posta sul monte, che deve indicare agli uomini la strada di Dio, la strada per cui si arriva a salvezza.
Inoltre dobbiamo dire che questa chiesa ha qualcosa di importante rispetto all'umanità. Nella chiesa sarà costituita l'adorazione continua, e cioè noi presenteremo a Gesù, per mezzo di Maria, le suppliche per le vocazioni; ma non per le vocazioni paoline soltanto. Oggi la Chiesa [universale] ha il problema dei problemi da risolvere: il problema delle vocazioni. Noi le chiederemo per tutta la terra, per tutte le istituzioni, per tutte le diocesi, per tutti gli apostolati. Il nostro cuore deve essere aperto, largo. Aperto ai bisogni di tutti, largo per inchiudervi tutte le anime. Deve essere formato secondo il Cuore di Gesù. «Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos».6
Centro vocazionario, il santuario Regina Apostolorum.
Dobbiamo però anche guardarci attorno.
La Famiglia Paolina, nelle preghiere che si faranno in questa chiesa, ha da avere due intenzioni: il Papa e i benefattori.
Il Papa. Che il Santo Padre, vedendo dal suo alto trono, dalla sua alta specola, i bisogni dell'umanità, possa contare sulle preghiere, sulle adorazioni che in questa chiesa si faranno. Inchiudiamo fin d'ora tutte le intenzioni del Papa: sono le intenzioni del Vicario di Gesù Cristo stesso.
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[Pr 5 p. 123] Intendiamo ancora raccogliere nel nostro cuore le intenzioni dei Cooperatori, i quali davvero hanno cooperato con la Famiglia Paolina. In questi ultimi tempi hanno cooperato specialmente con le offerte per l'erezione del tempio. Anche se non presenti, in maggioranza, si rivolgono qui con il loro pensiero, e con noi offrono il loro dono a Maria, quest'ossequio conclusivo dell'Anno mariano: la dedicazione del tempio alla Regina Apostolorum.
Abbiamo da discendere particolarmente alle nostre necessità. Noi dobbiamo formarci sopra Gesù Cristo; anzi questa è la vera formazione in Cristo: vivere Gesù Cristo, viverlo come egli è, Via, Verità e Vita. E per mezzo di chi? Troveremo sempre Gesù nelle braccia di Maria. Come all'inizio della cristianità, i primi inviati a Gesù, cioè i pastori e i magi, trovarono Gesù fra le braccia di Maria, così noi per l'intercessione di Maria potremo formare in noi Gesù Cristo. Sempre insistere nei Rosari e nelle altre preghiere, specialmente quelle stampate nel nostro libro, sempre insistere presso Maria, affinché ci doni il suo Figlio. Questa è la sua missione. Infatti l'immagine della Regina Apostolorum ci rappresenta Maria in atto di offrirci Gesù, che noi dobbiamo accogliere nella Comunione, nella sua dottrina, nella sua grazia.
I nostri studi allora, le nostre opere di pietà, il nostro apostolato, sia tutto sotto la protezione di Maria Regina Apostolorum.
Se vogliamo guardare in modo particolare all'apostolato, esso si compone di tre parti: redazione, tecnica e propaganda. La redazione sotto la protezione di Maria. Non è Maria che ci diede il Verbo di Dio? E non è il Verbo di Dio che dobbiamo dare all'umanità? Dice un Santo Padre che Maria diede a leggere | [Pr 5 p. 124] il Verbo di Dio.7 L'apostolato della redazione deve partire da questo principio.
Sotto la protezione di Maria l'apostolato tecnico. Nella chiesa superiore, insieme agli altri episodi, è rappresentata Maria intenta al lavoro. Il lavoro tecnico va indirizzato a Dio secondo le intenzioni che ebbe Maria a Nazareth. Il suo lavoro fu un lavoro redentivo: offerto cioè per la redenzione del mondo.
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Ancora sotto la protezione di Maria l'apostolato della propaganda, poiché la propaganda ha bisogni particolari. Non fu Maria che per la prima portò il Verbo di Dio incarnato nella visita a S. Elisabetta? E non fu Maria che presentò Gesù al tempio? E non fu Maria che lo presentò a Cana quando, per mezzo del miracolo, ottenne che si manifestasse ai discepoli?
Quindi tutto l'apostolato sotto la protezione di Maria. La formazione perciò, e quello che dobbiamo fare per le anime: da Maria, per Maria, con Maria e in Maria. Possiamo dire così: «Sine Maria nihil»; niente senza Maria, tutto con Maria.
Perciò ora concludiamo col canto Suscipe nos e il Magnificat anima mea Dominum.
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I NOSTRI DEFUNTI1

Dopo il gaudio della Dedicazione della chiesa Regina Apostolorum, il nostro pensiero si rivolge a quelli tra i nostri fratelli, tra le nostre sorelle | [Pr 5 p. 125] che sono già passati all'eternità. Noi amiamo di vederli spiritualmente lassù fra gli Angeli.
Il pensiero del Paradiso deve essere il pensiero dominante. È il pensiero che orienta la vita: pellegrini su questa terra, indirizzati verso il cielo. Perciò, essendo il pensiero dominante della vita per tutti quelli che realmente vogliono santificarsi, si è voluto che nelle due cupole2 fosse rappresentato il gaudio di coloro che sono passati all'eternità, e il gaudio degli Angeli, ai quali dovremo un giorno unirci. I nove cori angelici raffigurati rappresentano anche le nove virtù,3 la pratica delle quali ci rende degni di essere ammessi un giorno in Paradiso con loro.
Ogni volta che alziamo lo sguardo in alto, non è solo per ammirare un'opera d'arte;4 è per sollevare il nostro pensiero e
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prevenire, in una certa maniera, la gioia che proveremo un giorno, quando entreremo lassù in Paradiso. È un atto di fede: «Credo vitam æternam».5 È un orientamento: voglio risolutamente camminare per la via della santità, del Paradiso. È un atto di desiderio: «andrò a vederla un dì»; «cupio dissolvi et esse cum Christo».6 Ed è insieme un incitamento: voglio e voglio fermamente; non come persone che sono sempre indecise, che vogliono al momento della Comunione e non vogliono più dopo colazione. Decisi verso il cielo: ogni parola, ogni azione, ogni momento. Tesi verso il Paradiso.
E fra i desideri nostri, questo: che anche coloro che hanno già lasciato e hanno chiuso il terrestre pellegrinaggio, siano ammessi al più presto alla visione, alla pace dei giusti, all'eterno riposo.
Dobbiamo però notare: la Chiesa ora è come divisa in tre parti: la Chiesa militante, la Chiesa | [Pr 5 p. 126] purgante, la Chiesa trionfante. L'ultimo arrivo è alla Chiesa trionfante; ma sulla terra siamo militanti e occorre che militiamo bene. «Non coronatur nisi qui legitime certaverit»: non sarà coronato se non colui che avrà combattuto rettamente [cf. 2Tm 2,5], coraggiosamente, poiché il regno di Dio si acquista con la forza, cioè col coraggio. Persone decise! «Regnum Dei vim patitur, violenti rapiunt illud»7 (Mt 11,12).
E affrettiamoci per due cose: 1) soccorrere quelli che sono già passati all'eternità, semmai avessero bisogno dei nostri suffragi, e 2) pensare a noi medesimi.
La Congregazione, piccola parte della Chiesa, come la Chiesa può avere delle persone che ancora militano sulla terra, come siamo noi; e può avere delle persone che si trovano in stato di purificazione, per l'ultima preparazione all'ingresso in cielo; e intanto siamo persuasi che fratelli e sorelle sono già alla contemplazione beatifica, innanzi alla SS. Trinità assieme a Maria, a S. Paolo.
Nonostante la buona volontà, finché siamo sulla terra andiamo soggetti a molti difetti, imperfezioni. Per entrare in Paradiso
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occorre che l'anima sia totalmente monda, cioè abbia soddisfatto la pena per i peccati commessi; che sia totalmente distaccata dalle cose della terra e viva in fervore, e con tale purezza da meritare di essere ammessa fra i bianchissimi Angeli, tra i Martiri e gli Apostoli, i Confessori, i Vergini.
Ora dobbiamo dire che non sempre si esce dalla terra così macchiati da meritare l'inferno, e non così puri da essere ammessi immediatamente al cielo. Perciò la misericordia di Dio ha stabilito un luogo, uno stato ove l'anima possa purificarsi. Essa è certa del cielo, della salvezza, ma pure tormentata | [Pr 5 p. 127] dal desiderio stesso, dall'amore stesso che porta a Dio, a cui vorrebbe unirsi, che vorrebbe contemplare, che vorrebbe vedere. A queste anime che si trovano là sofferenti, tese verso Dio, che sentono da una parte una spinta al cielo e dall'altra parte sono trattenute con mano ferma dalla giustizia di Dio, possiamo applicare le parole di Giobbe: «Miseremini mei, miseremini mei, saltem vos amici mei».8
I fratelli, le sorelle, i cooperatori passati all'eternità, li raccogliamo tutti nel nostro cuore e il Sacerdote che celebrerà la Messa per essi li metterà tutti nel calice. Suffraghiamo i defunti.
La Congregazione, mentre viviamo sulla terra, è un aiuto vicendevole per la santificazione. Ma quando qualcuno passa all'eternità, i suffragi gli sono assicurati. L'unione non si rompe, ma si perfeziona. Amiamoci! Amiamo! E amiamo in modo speciale coloro che non possono più aiutarsi da sé: le anime del Purgatorio; le quali, mentre pregano per quelli che sono rimasti sulla terra a combattere e li assistono nella lotta, attendono da noi il soccorso che a noi è possibile mandare. Se il Signore, per la giustizia, ha dovuto fermare quelle anime nel carcere del Purgatorio, per la sua misericordia ha dato, per così dire, a noi le chiavi di questo carcere. E chi ha buon cuore, certamente non sarà sordo ai gemiti e alle invocazioni che di là arrivano fino a noi.
Intanto occorre che noi pensiamo ai fratelli che sono partiti dalla terra e son sepolti in tanti luoghi. Voglio ricordare solo due Sacerdoti: l'uno sepolto nella Cina e l'altro sepolto nel Cile.9
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Sono partiti, ma ci hanno lasciato anche dei buoni esempi. Quante volte penso: leggiamo spesso vite di Santi e ammiriamo i loro esempi, degnissimi di essere imitati. | [Pr 5 p. 128] Ma non facciamo torto a noi stessi e alla famiglia religiosa! Sacerdoti, Discepoli, Suore sono passati all'eternità, dopo averci lasciato tali esempi che non sappiamo alle volte abbastanza apprezzare: esempi di pietà, esempi di apostolato, esempi di vita religiosa ben vissuta nella povertà, nella castità, nella obbedienza.
La Congregazione è tutta un'attività. Quelli che la guardano all'esterno, la confondono con un'attività quasi industriale, o commerciale. Ma è tutto un fuoco che sta nel cuore della nostra Congregazione! E quando il fuoco è ben acceso, quando il motore è forte, allora si spiega l'attività. L'azione dall'orazione.10 Non abbiamo ancor capito del tutto, o forse meditiamo poco, il cumulo di meriti specialissimi che può farsi, nella vita religiosa paolina, colui che corrisponde alla sua vocazione. Corrispondendo alla sua vocazione santamente, è certo della salvezza; non solo, ma è certo di raggiungere un grande grado di gloria in Paradiso.
Non è il caso di fare dei paragoni o d'insistere su certi punti: sono cose che conviene meditare, quando la Famiglia Paolina è tutta raccolta e sola. Il cumulo di meriti che va acquistando, i tesori di cielo che va guadagnando chi nella Famiglia Paolina corrisponde bene, con perseveranza alla sua vocazione, è tale che solo nel momento dell'ingresso in cielo potremo apprezzare come merita. Allora ci stupiremo: «Non credevamo, non pensavamo!...».
Esempi quindi dei fratelli, esempi delle sorelle che ci hanno lasciato e che di lassù, per la Comunione dei Santi, continuano ad aiutarci. Bello è il dogma della Comunione dei Santi in generale, ma è anche bello il ricordare questo dogma | [Pr 5 p. 129] pensando alla circolazione di vita, di meriti e di aiuti che la Famiglia Paolina, presa interamente, può vicendevolmente darsi. È tutta una circolazione di soprannaturalità. Occorre però che siano unite le menti, i cuori e le volontà.
La preoccupazione del Maestro Divino, quando stava per lasciare la terra, cioè per chiudere la sua giornata terrena, qual
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era? «Ut sint unum»: che siano una cosa sola [Gv 17,11]. Quattro volte lo ripete prima di iniziare la sua agonia nel Getsemani, in quella preghiera che noi chiamiamo Oratio Christi. Questa unione che è carità, questa unione di intendimenti, di pensieri, che si verifica nell'obbedienza e nella carità insieme, quanto ci eleva, e quanto arricchisce l'anima nostra!
Forse bisogna insistere di più su quel punto delle Costituzioni: santificarsi, attendere alla perfezione mediante i voti di purezza, di obbedienza e di povertà. Sì, ma è detto anche: «nella vita comune», uniformando la nostra vita alle Costituzioni. Sono i meriti propri nostri: quelli per cui abbiamo lasciato altre strade, abbiamo lasciato il mondo; i meriti nostri speciali: poiché era possibile vivere religiosamente anche nel mondo, ma non era possibile acquistare quei meriti che sono propri della vita religiosa, e gli altri che sono propri della vita paolina: dare la dottrina di Gesù Cristo con i mezzi che il progresso ci procura.
E abbiamo anche da ricordare: quante anime saranno in Purgatorio per causa della stampa, o del cinema, o della radio, o della televisione. Redattori, tecnici, uditori, lettori. Chi può numerarli? Quando si sa che, per esempio, stanotte milioni e milioni di fogli, di giornali sono usciti dalle potenti rotative e che proprio adesso, in quest'ora, vengono acquistati e letti con avidità? Vi è il bene, | [Pr 5 p. 130] vi è il meno male e vi è il male. Soccorriamo tutti quelli che si trovano in Purgatorio per queste ragioni.
Poi consideriamo il nostro apostolato come una riparazione ai peccati commessi. Lo studio, il lavoro spirituale interno, l'apostolato, la pratica della povertà, la pratica della vita religiosa, quotidianamente cancelleranno il Purgatorio per loro.
Si ha qui, nella vita religiosa e nella vita paolina, ogni mezzo. È vero che la Congregazione provvede ai suffragi per noi dopo morte, ma è meglio non andare in Purgatorio, che aspettare di venir liberati; poiché non è conveniente cadere nel pozzo con la speranza che qualcheduno ci venga in aiuto. Siamo saggi anche per noi, mentre siamo pii e caritatevoli per i fratelli e per le sorelle!
Chiediamo [loro, in cambio del nostro] aiuto, che ci ottengano questa grazia: di essere veramente religiosi osservanti.
Ora cantare il De profundis11 con grande pietà.
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LA REDAZIONE1

Offriamo la presente giornata a Maria Regina per ottenere le grazie necessarie alla parte principale dell'apostolato: la redazione.
La redazione è termine che comprende molte cose. In generale la redazione nostra è la predicazione della dottrina di Gesù Cristo; dottrina completa, cioè riguardante i dogmi, le verità, la morale, l'ascetica, la liturgia, i Sacramenti, la Messa. | [Pr 5 p. 131] La predicazione può essere fatta o con la voce o con lo scritto, e può essere trasmessa in varie maniere, ad esempio con la televisione, la radio. Sempre entra la redazione: si tratti di stampa, o di cinema, o di radio, o di televisione. L'oggetto è uguale: la parola di Gesù Cristo, la parola della Chiesa.
Dobbiamo perciò considerare come sacro l'apostolato della Famiglia Paolina. Nello stesso tempo possiamo aggiungere quello che pochi giorni fa diceva il Papa agli Editori cattolici.2 Non è necessario che essi parlino sempre di religione. Tutto quello che è buono, è cattolico. E questo comprende tutte le scienze, il modo d'insegnarle e divulgarle. Quando il Signore, creando, conchiudeva la sua giornata, secondo il modo di esprimersi della Bibbia, «vidit quod esset bonum»: vide che quello che aveva fatto era buono (cf. Gn 1,4). Allora noi siamo come gli altoparlanti che ripetono quello che era nel disegno creatore di Dio, allorché diamo la scienza umana; più altoparlanti ancora quando diamo la scienza divina, quella predicataci da Gesù Cristo e tramandata dalla Chiesa, dalla Tradizione, perché ovunque si diffonda e venga conosciuta la multiforme sapienza di Dio [cf. Ef 3,10].
Abbiamo poi da notare: il redattore è colui che comunica il suo pensiero. I pensieri ch'egli formula devono entrare a illuminare
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la mente dei lettori, dei radioascoltatori, degli spettatori del cinema e della televisione. Il redattore deve essere persona piena di fede soprattutto, e nello stesso tempo deve essere persona istruita; deve essere persona piena di speranza, che mira al cielo, sia nel proprio lavoro fatto per Dio, per la sua gloria e sia rispetto al lettore, che vuole portare al Paradiso; deve essere persona piena di carità, e | [Pr 5 p. 132] cioè che realmente ami il Signore e realmente ami le anime. Le tre virtù teologali, quindi, profonde nell'anima dello scrittore. Si ispiri alle disposizioni e al modo con cui S. Paolo dettava le sue lettere.
Il redattore deve considerarsi [vivente e operante] in Cristo, «qui propter nos homines et propter nostram salutem descendit de cœlis»: per la salvezza degli uomini discese dal cielo. «Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine»: e si incarnò per l'opera dello Spirito Santo, da Maria.3 Il redattore deve farsi uomo fra gli uomini. Perciò, come Gesù, prima deve rivolgersi alle masse, alla grande quantità delle anime, alle moltitudini che compongono in prevalenza la società; poi a tutti, secondo Gesù, che «cum hominibus conversatus est»,4 dice la Scrittura, e «nos salvos fecit verbo veritatis»: ci fece salvi mediante la parola della verità [cf. Ef 1,13].
E i lettori? devono pure essere guidati da fede, o almeno avere le disposizioni per accogliere la verità. Vi è sempre chi accoglie la verità e vi è chi è sordo. «Sui eum non receperunt; quotquot autem receperunt eum, dedit eis potestatem filios Dei fieri».5 Occorre docilità in chi legge, in chi ascolta, in chi vede.
Come noi possiamo rivolgerci a Maria riguardo alla redazione? Un principio generale: attraverso Maria è passata tutta la grazia. La grazia comprende anzitutto la verità. L'uomo deve unirsi a Dio anzitutto con la mente. La grazia comprende la vita eterna; comprende la santità interiore ed esteriore. Tutto è passato attraverso Maria e quindi anche la verità. Se il modello divino ha insegnato, tutto è passato attraverso Maria.
Inoltre vi sono cose dette da alcuni Padri, i | [Pr 5 p. 133] quali parlano più in particolare dell'ufficio dell'insegnamento di Maria.
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Dice uno scrittore: Senza dubbio Maria istruì S. Luca sui fatti dell'infanzia di Gesù, sull'Incarnazione, la nascita, la fuga in Egitto. Nessuno conosceva questi fatti meglio di lei.6
A Vicenza, in sacrestia, si vede un bel quadro,7 ove Maria sembra faccia scuola ai quattro Evangelisti e in modo speciale è rivolta verso S. Luca.
S. Ildefonso8 scrive riguardo all'apostolato di insegnamento di Maria, della scienza divina e della influenza che esercitò sugli Evangelisti: «Siccome Maria fu parte e testimonio diretto di molti avvenimenti della vita di Gesù Cristo, poté riferirli con sicurezza e precisione agli Apostoli, i quali, da lei istruiti, giacché non erano stati presenti, poterono ripeterli più minutamente al popolo e, al momento opportuno, poterono, con lo scritto, in modo chiaro, permanente, esporli a tutti gli uomini».
S. Beda Venerabile9 scrive: «Maria conservava tutte le parole udite, meditandole nel suo cuore. La Vergine Madre conosceva bene tutto quello che disse e fece il Salvatore, tutto ricordava e meditava nel suo cuore, allo scopo di poter tutto riferire agli Apostoli e ai fedeli, quando venisse interrogata a suo tempo, perché tutto fosse predicato e tutto fosse scritto per il mondo intero».
S. Tommaso d'Aquino, commentando l'Epistola dell'Assunzione, con precisione teologica scrive: «Maria habuit meritum Apostolorum et Evangelistarum, docendo».10 Maria si acquistò,
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per mezzo del suo insegnamento, i meriti degli Apostoli e degli Evangelisti, poiché molte cose essi non avrebbero potuto predicare né scrivere, senza speciale | [Pr 5 p. 134] rivelazione, come: l'Annunciazione, l'Incarnazione, la visita a S. Elisabetta.
S. Ambrogio11 fa osservare: «Non mi stupisco che S. Giovanni, più degli altri Apostoli, ci abbia rivelato i divini misteri della carità, poiché stava con Maria, che meglio conosceva i disegni di Dio».
Nell'ufficiatura della Regina degli Apostoli leggiamo tra le altre cose: «Non è difficile indovinare quanto fece Maria dopo la scomparsa di Gesù. La sua vita mortale doveva sembrarle lunga e dura, ma nel medesimo tempo era confortata dal pensiero che tale era il volere di Dio ed ancora dalla persuasione che la Chiesa nascente aveva bisogno della istruzione, del conforto che ella dava ai fedeli per illuminarli e fortificarli».
Del resto Maria fu la più sapiente di tutte le creature, perché ella possedeva la sapienza di Dio, la sapienza celeste. Vi sono tanti uomini che conoscono tante cose; vi sono uomini istruiti in diverse scienze, ma quante volte mancano della sapienza! Come vi sono tanti uomini che fanno tante cose, ma non fanno la cosa unica necessaria: la salvezza dell'anima propria. I Santi son tutti sapienti. Maria Regina dei Santi è regina di ogni sapienza, di ogni scienza.
È utile ricordare, per conchiudere, una cosa che deve mantenere l'unità: la redazione profondamente unita con la tecnica, e la redazione con la propaganda. Non scriviamo per scrivere.
Noi non abbiamo bisogno di molti metodi, perché c'è il metodo divino ed è quello tenuto da Gesù Cristo. Noi dobbiamo fare questo: considerare i bisogni dell'umanità; poi andare a Gesù, considerare la scienza sacra, fare una bella visita al SS. Sacramento e, quindi, prendere da Gesù quella scienza di cui il mondo ha bisogno, e spezzarla ai | [Pr 5 p. 135] piccoli. Si dovrebbe sempre dire: «Et non erat qui frangeret eis»?12 L'umanità ha bisogno di
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pane, del pane di cui parla Gesù Cristo: «Non de solo pane vivit homo, sed de omni verbo quod procedit ex ore Dei».13
Due cose quindi: 1. Considerare i bisogni degli uomini, poi considerare quegli uomini a cui dobbiamo rivolgerci: se sono bambini, scienziati, pagani. 2. Prendere la verità da Colui che è la Verità stessa, quindi la stessa sapienza, e spezzarla agli uomini che hanno bisogno di questo pane. Talvolta il bisogno è così grande, che non sentono neppur più la fame, come quando uno è estremamente debole.
Inoltre chiedere a Maria le disposizioni per la redazione.
Ho accennato alle tre virtù teologali che formano il piedistallo, i tre piedi su cui deve reggersi la redazione: fede, speranza e carità. Ma oltre a questo ci vuole prudenza, amore alla verità. Sentire il cuore pieno delle verità che s'imparano, che si studiano. Sentire nell'anima un santo fuoco. Che queste anime si salvino, che giungano al cielo.
Maria è Regina nella redazione; perciò mai mettersi a scrivere senza avere invocato il suo aiuto.
Dipendere sempre dai Superiori. Dev'essere a servizio della Congregazione, della Chiesa la linotype14 e la rotocalco, ma specialmente la penna. Tuttavia ricordiamo che prima siamo religiosi e poi scrittori. Quindi, dipendenza; è in questa dipendenza che sono assicurate le divine benedizioni.
Invochiamo questa nostra Madre e Regina, perché assista tutti quelli che hanno l'ufficio della | [Pr 5 p. 136] redazione, e perché tutti gli altri, tecnici e propagandisti, li assecondino: sia per interpretare meglio il modo di presentare tipograficamente la verità, sia nel modo di diffondere le edizioni che vanno man mano producendosi.
Togliamo quella cosa,15 che è veramente molto brutta perché rivela una deficienza di mentalità e di sensibilità paolina, e cioè: perché una cosa è fatta in Congregazione, non è bella, non è buona, si deve mettere da parte. E non amiamo noi stessi? E che cosa insegna la saggezza?
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TECNICA E PROPAGANDA1

La nostra elevazione consiste sempre nella imitazione di Dio, nel vivere la vita di Gesù Cristo. Imitazione di Dio anche come Autore e come Editore. L'autore ha un gran modello nel libro divino, la Bibbia, e l'editore ha parimenti un grande modello nella produzione, nella moltiplicazione della Bibbia, la quale non solo si è conservata, ma è stata tradotta in ogni lingua, possiamo dire, e va moltiplicandosi continuamente. Dio autore, Dio editore; Dio modello degli autori, Dio modello degli editori. Maria è Regina nella redazione.
Perciò della propaganda, nell'articolo 244 [delle nostre Costituzioni], è detto: «Ogni edizione o tratti espressamente delle cose di fede, di morale e | [Pr 5 p. 137] di culto; o ad esse si ispiri; o almeno contenga qualche cosa di utile alla salute spirituale».2
Perciò anzitutto le cose che riguardano la dottrina, la morale, il culto, e poi le altre cose che dispongono a ricevere le verità della fede o almeno che elevano il tenore della vita dell'uomo: le cose scientifiche, ad esempio.
Dio, creando il mondo, è diventato l'autore di ogni scienza. Il sapere non è che studiare Dio. Ogni scienza nuova è un capitolo che ci spiega l'opera di Dio. Dio poi insegnò per mezzo della sua parola, per mezzo dei suoi profeti; «novissime vero in Filio suo»: ultimamente parlò per mezzo del Figlio suo, Gesù Cristo (Eb 1,1-2).
Col nome di edizione non intendiamo soltanto un libro: noi intendiamo altre cose. La parola edizione ha molte applicazioni: edizione del periodico, edizione di chi prepara il copione per la pellicola, di chi prepara il programma per la televisione, di chi prepara le cose da comunicare per mezzo della radio. «Edidit nobis Salvatorem», dice la liturgia.3 La Vergine SS.ma ci diede il Salvatore. Usa il verbo edidit. L'edizione comprende
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il concetto artistico, lo studio per produrre un oggetto che sia nel medesimo tempo liturgico ed artistico. Comprende anche il lavoro delle Suore che si preparano per fare il catechismo ai fanciulli e poi realmente, in carità, lo spiegano.
Oltre la redazione vi è la tecnica e la propaganda. Abbiamo considerato che vi deve essere una stretta unità fra una cosa e l'altra, fra una parte e l'altra. Quando esce un bel libro, non si parla tanto dell'autore, o dello stampatore, o del propagandista; si dice: la Famiglia Paolina ha pubblicato il tal libro. Questo modo di esprimersi indica che la Famiglia è unita e forma una cosa sola. Sono | [Pr 5 p. 138] profondamente uniti l'autore, il tecnico, il propagandista. Solo in questa unione noi otteniamo il bene per le anime: comunichiamo il pensiero, diciamo qualche cosa all'umanità. Lo scrittore prepara; il tecnico deve essere istruito a capire almeno il concetto generale dell'autore, per tutto disporre convenientemente; il propagandista poi deve sapere in riassunto il contenuto del libro, per poterlo presentare. Se chiedono un libro per la gioventù o per coloro che si trovano in particolari circostanze di vita, non darà un libro che parli di tutt'altro argomento. Sia nella tecnica che nella propaganda, si richiede molta istruzione.

Parlando della tecnica abbiamo quattro cose da ricordare, che sono contenute nelle Costituzioni.
1. I mezzi tecnici, le macchine, i caratteri, tutto l'apparato cinematografico e tutto l'apparato radiofonico ecc., sono oggetti sacri per il fine a cui servono. Perciò la macchina diviene il pulpito; il locale della compositoria, delle macchine e della propaganda, divengono chiesa, in cui bisogna stare con maggior rispetto di quando si sta a scuola. Se la scuola è un tempio, quanto più lo sono i locali del nostro apostolato!
2. Si cerchino i migliori mezzi per la produzione del libro, del periodico, della pellicola, ecc. Il progresso in questo campo è rapido. Nel 1934 si potevano dire invecchiate le macchine del 1914; nel 1954 sono invecchiate quelle del 1934. Nel 1974 diranno: «Quei là, che cosa usavano!». Dobbiamo vivere col progresso, ma progresso sano, non insano.
3. Il lavoro sia compiuto nello spirito con cui Gesù fanciullo, Gesù giovinotto lavorava nella casa di Nazareth. Pensiamo con
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quali intenzioni e con quale diligenza attendeva a un lavoro umile | [Pr 5 p. 139] quale era quello del falegname. Se noi comprendiamo il senso del lavoro e facciamo proprie le intenzioni di Gesù lavoratore, quanti meriti guadagneremo e come ci sentiremo nobilitati, anche se le mani sono sporche d'inchiostro!
4. Occorre comprendersi a vicenda. Il propagandista dica che cosa gli occorre e l'autore sia pronto; il tecnico senta il giudizio del propagandista e nello stesso tempo si lasci dirigere dall'autore, affinché dall'unione di tutti insieme possiamo dare quello che è veramente utile alle anime, nella forma adatta, nella forma più conveniente per una maggiore divulgazione.

Riguardo alla divulgazione, le Costituzioni dicono parimenti alcune cose. Portare Gesù Cristo al mondo, ma non prendere lo spirito del mondo. Vi possono essere dei pericoli. Ognuno nella meditazione e nella preghiera si prepari a far del bene senza ricevere del male.
Inoltre: «...la parola di Dio possa arrivare alle anime in conveniente quantità e frequenza».4 L'importanza della propaganda sta qui: nell'arrivare alle anime. Massima diffusione. Occorre che noi abbiamo libri scelti, produzione scelta, ma che essa sia moltiplicata indefinitamente. Un libro, anche se ottimo, se rimane in magazzino, oppure se ne diffondono poche copie, che bene farà? La stessa stabilità economica dell'Istituto richiede le più ampie tirature. Quali sono i mezzi da usarsi?
Oggi si deve curare particolarmente la propaganda collettiva, la quale ci permette di arrivare a più persone e di risparmiare quel tempo che poi si userà per altre cose necessarie. L'apostolato occorre che renda il massimo, per la gloria di Dio e per la salute delle anime.

Ora una riflessione sopra la nostra Madre e Regina.
[Pr 5 p. 140] Il primo pensiero è questo: Si possono distinguere tre divozioni a Maria. La prima divozione a Maria fu quella di Gesù, che la chiamava madre e la ubbidiva. Questa non è per noi, perché Maria non possiamo chiamarla madre naturale, bensì madre
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spirituale. La seconda divozione, la più antica nella Chiesa, fu quella degli Apostoli. Il titolo «Regina Apostolorum» sta a capo di tutti i titoli, dopo quello della divina maternità. Anzi, si può dire una cosa che conviene meditare con attenzione, per non pensare quasi ad un errore: tutto quello che ebbe Maria, fu per diventare apostola. La stessa maternità la ebbe per darci Gesù: è il suo apostolato. Per darci Gesù, non solo come quando ella lo presentò ai pastori e ai magi, ma per continuare a darlo a tutti gli uomini, poiché il Figlio di Dio incarnato l'ha costituita mediatrice e distributrice della grazia, quindi della salvezza.
Quando noi diciamo divozione alla Regina degli Apostoli, non siamo della gente che inventa una divozione, ma ritorniamo alle origini del Cristianesimo; così, come quando divulghiamo il Vangelo, non facciamo una novità, perché questo è stato l'ufficio degli Apostoli.
Maria poi è Regina Apostolorum in quanto suscita tutte le vocazioni; in quanto prepara gli animi, le persone a ogni apostolato; in quanto interviene con la sua grazia in tutte le opere di apostolato.
Quando si parla di propaganda, ricordiamo sempre il secondo mistero gaudioso: la visita di Maria a S. Elisabetta. È la prima propaganda di Gesù. Maria se l'è portato nel seno e lo ha recato in salute, salvezza e santificazione a quella famiglia. Propaganda fatta a piedi con molti chilometri di strada. Visita a una famiglia, che deve servire | [Pr 5 p. 141] di modello nella propaganda, nella visita alle famiglie.
Da raccomandarsi in modo speciale la propaganda dei periodici. Il libro è la parola di Dio che entra una volta in famiglia; il periodico invece arriva ogni settimana, ogni mese. Quindi cureremo in modo speciale la propaganda dei periodici fatta in modo collettivo.
Per conchiudere ricordiamo tre pensieri.
Il primo di Bossuet.5 Dice che il Signore volle tutto darci per Maria e non cambierà stile; continuerà nel suo metodo: perciò chi vuole grazia deve ricorrere a Maria.
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Il secondo è di S. Dionigi,6 il quale dice: «Fra le cose divine, la divinissima è attendere alla salute delle anime». Consideriamo la Famiglia Paolina come un complesso di anime apostoliche, che si dànno e che impiegano tutte le forze per gli uomini. Potessimo dire al termine della vita: nulla ho risparmiato per essi: né tempo, né salute, né ingegno, né comodità; nulla ho risparmiato per le anime, nulla. Vi è un grande esame da fare. Quante forze, ancora, che non si raccolgono intorno a quella che è la missione, che è la vocazione, la volontà di Dio! Raccogliere le forze in quello che dobbiamo fare!
Il terzo pensiero è di S. Agostino: Tutti i predestinati al Paradiso sono nel seno di Maria, la quale tutti nutre, tutti custodisce, finché li genererà alla gloria eterna in cielo.
Dunque consacriamo noi e il nostro apostolato a Maria! La preghiera «Ricevimi» è la nostra consacrazione; poi vi è la consacrazione del nostro apostolato.
Oggi in modo speciale rileggere nel libro delle | [Pr 5 p. 142] Preghiere l'orazione prima dell'apostolato tecnico e prima della propaganda.
In questi giorni ho già ricordato di pregare per il Papa e ho ricordato che questa chiesa deve essere il luogo sacro dove facciamo nostre le intenzioni del Papa. Torno a ricordarlo adesso con insistenza e, come conclusione, cantiamo: «Dominus conservet eum».7
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VITA RELIGIOSA PAOLINA1

L'altare della chiesa Regina Apostolorum è quotidiano privilegiato,2 così l'altare centrale della Cripta. Vi è l'indulgenza plenaria, in vista della dedicazione della chiesa, per tutti i primi sabati del mese, in tutte le feste di Maria, nelle feste della Chiesa universale, nelle feste di Nostro Signore Gesù Cristo, dei quattro Evangelisti e degli Apostoli, per chi fa almeno un pio esercizio di mezz'ora pregando per le vocazioni, cioè secondo le finalità di questa chiesa. Preghiamo per tutte le vocazioni: vocazioni a tutti gli apostolati, vocazioni al sacerdozio, vocazioni religiose specialmente.
Va bene oggi parlare della vita religiosa.
Maria è chiamata anche Regina dei Religiosi. Che cosa significa la vita religiosa, già tutti lo sappiamo; tuttavia è bene che penetriamo un po' sia la dottrina che la riguarda, sia la pratica e sia | [Pr 5 p. 143] la pietà religiosa. Anche la pietà religiosa deve essere diversa o superiore alla pietà dei cristiani.

1. Che cosa è la vita religiosa? È la volontà del Signore sopra di noi: la volontà di Dio che chiama alcune anime a essere più vicine al Signore in cielo e, per conseguenza, le vuole più vicine a sé sulla terra. La vita religiosa è quindi un dono di Dio, un privilegio. Risulta chiaramente dal Vangelo, quando il Signore chiama alcuni alla sua sequela speciale [cf. Mc 3,13-15]. Ma vi è sempre chi non corrisponde alla grazia e vi è sempre chi, corrispondendo, riceve maggiori grazie per raggiungere la perfezione, per quanto è possibile sulla terra.
La vita religiosa è frutto di una fede più viva, di una speranza più ferma e di una carità più ardente. Non possiamo trovare altra strada per invitare le anime alla vita religiosa e per formarle, altra strada più sicura di questa: predicare loro le verità della fede, fare risplendere davanti a loro il pensiero, la visione del Paradiso e portarle alla santa Comunione, alla intimità con
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Dio. Cioè infondere, per la grazia del Signore, fede più viva, speranza più ferma e carità più ardente. Queste anime allora non si sentiranno solamente portate alla vita cristiana, ma si sentiranno portate a scegliere il meglio. «Optimam partem elegit sibi Maria».3 Quanto è sapiente questo!
La vita religiosa però è come una pianta che ha bisogno di un ambiente particolare, ha bisogno di un clima caldo, sia per nascere, sia per crescere, sia per portare i suoi frutti. Generalmente le vocazioni nascono in quelle parrocchie dove la vita cristiana è ben vissuta, in quelle famiglie che hanno meritato la grazia di dare un figlio, una figlia al Signore; lo hanno meritato con la pratica dei Comandamenti, con la pratica del | [Pr 5 p. 144] culto. La vita religiosa sboccia quando il giovane, la giovane trovano un maestro pio, una maestra che sente la nobiltà della sua missione; quando hanno un confessore che sa parlare intimamente al giovane, alla giovane; quando son circondati da compagni buoni; quando i genitori li custodiscono come gigli e tesori, che non devono sentire l'alito del mondo per non venire corrotti. È un fiore allora che è circondato, difeso da una siepe; il quale è piantato in un terreno buono e sboccia, cresce e a suo tempo dà frutti.
Dolorosamente il mondo in cui viviamo è circondato, anzi tutto disseminato di pericoli. Perciò le cure dei Sacerdoti, le cure dell'Istituto devono essere molto più attente. Di molti pericoli, cinquant'anni fa, non si parlava; oggi ci sono, e sono quanto mai insidiosi. Bisogna allora che le vocazioni siano affidate a Maria.
Ricordiamo ciò che dice Pio XII nell'esortazione apostolica «Sacra Virginitas».4 È una parola che non avevamo mai sentita in quella forma. Cioè che infondere la divozione a Maria in un giovane, in una giovane significa farle prendere, adottare, usare i mezzi per vivere delicatamente. Tale divozione infatti riassume in sé questi mezzi: importa e frutta un grande timore per il peccato, un grande amore di Dio, un desiderio di essere fuori da tanti pericoli. Pone i giovani in un ambiente caldo, dove si respira aria pura, aria soprannaturale.
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Maria è la madre dei Religiosi. Si può dire veramente degna di questo titolo, perché ella iniziò nel mondo la vita religiosa con il voto di purezza, con l'amore alla povertà, con l'amore all'obbedienza, con l'amore e la santificazione della vita domestica, che è vita comune. La vita religiosa ha per modello la vita di Nazareth. Là c'è la | [Pr 5 p. 145] prima forma di vita religiosa, c'è la prima forma della perfezione cristiana.
Gesù divenne il dottore e il modello della vita religiosa; divenne la grazia del Religioso. Ma questa dottrina fu prima vissuta da Maria, da Gesù stesso, da Giuseppe nella casetta di Nazareth. Tre gigli delicatissimi. Amore al lavoro, alla povertà; sempre docilità al volere di Dio; pazienza, pietà, carità, che sono l'ornamento della vita religiosa ben vissuta. Maria a Nazareth era come la madre della vita religiosa.
Durante il ministero pubblico di Gesù, poi, fu colei che ascoltò meglio, capì di più e praticò più esattamente quanto Gesù insegnava. Gesù invitava alla vita religiosa. Come poteva mancare di questo merito colei che è la creatura che raccoglie le grazie e i meriti di tutte le altre creature e le supera? Non poteva mancare in lei il merito grande, specialissimo della vita religiosa, poiché in cielo era destinata a venire elevata sopra tutti i cori angelici e sopra tutti i Santi del Paradiso.
Dobbiamo pensare anche ai vantaggi della vita religiosa. Anzitutto allontana da molti pericoli; poi fornisce molti mezzi in più per la santificazione e per la salvezza nostra. Perciò nella vita religiosa si cade più raramente e, se si cade, ci si rialza più facilmente. Le giornate sono riempite di meriti, perché pratichiamo l'obbedienza continua, l'amore perfetto nella castità perfetta, la povertà perfetta, e abbiamo la possibilità di compiere abbondanti pratiche di pietà.
E noi Paolini, nell'apostolato delle edizioni, quale aumento! Doppio Paradiso. Che nobiltà hanno tutti i Paolini nel dedicarsi a un apostolato di cristianizzazione e di civilizzazione cristiana! Fatti come altoparlanti di Dio, di Gesù Cristo e della Chiesa!
[Pr 5 p. 146] Una morte più serena attende i Religiosi; una speranza e fiducia più certa del Paradiso e un giudizio che, fin dal letto di morte, si preannuncia favorevole. Quest'anima ha cercato sempre Gesù e finalmente lo incontra, lo vede: «Entra nel gaudio del tuo Signore» [Mt 25,21].
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2. È utile dire ora qualche cosa sulla pratica della vita religiosa.
Siamo veramente Religiosi, secondo le Costituzioni, secondo la dottrina del Vangelo riguardante la vita religiosa, secondo il Diritto Canonico? Si richiede fede viva in quei principi evangelici che reggono la vita religiosa. Poi si richiede una pietà particolare, più alta, più calda, più sapiente che non per i semplici cristiani. Poi occorre una volontà più generosa, più pronta al servizio di Dio. La vita del Religioso deve essere basata sull'esempio di Gesù, sull'esempio di Maria.
Occorre inoltre che noi abbiamo zelo per le vocazioni. Chi ha zelo per le vocazioni, salva e santifica la propria. D'altra parte l'amore alla propria, aumenta lo zelo per la vocazione altrui. Non tutti corrispondono alla chiamata divina. Anche nel Vangelo abbiamo esempi di giovani chiamati che non corrisposero. Un certo scrittore, usando espressioni poco riguardose, dice: Il Signore fu un impresario infelice, perché creò tanti Angeli in Paradiso e una buona parte si ribellarono, diventando tizzoni d'inferno; creò Adamo ed Eva perché fossero progenitori dell'umanità, e si ribellarono e peccarono; dà tante vocazioni, e molti non corrispondono. Impresario infelice!
Il Signore ha fatto l'uomo libero. La vocazione è un atto di amore di Dio, perciò richiede un atto volontario di amore per venir seguita, corrisposta. Occorre modellarsi sul Figlio di Dio: | [Pr 5 p. 147] «Padre, se vuoi, manda me. Ecce venio»5 [cf. Is 6,8; Eb 10,7]. Egli, che è il Sacerdote e l'Apostolo: «Habemus pontificem et apostolum nostrum Christum Iesum... Ecce venio».6
Modellarsi sull'esempio di Maria. Udita la sua vocazione, subito: «Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum».7 Sì, il sì generoso, quotidiano. La vocazione alle volte non viene corrisposta quando si sente la voce di Dio, e alle volte non viene corrisposta in seguito, quando già si è detto il sì.
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3. Se si lascia la pietà, che succede? La vocazione è grazia speciale, e come nasce, così vive, si mantiene e fruttifica. Nasce da una fede più viva, da una speranza più fervente, da carità più ardente, da pietà sentita. Perciò sempre chiedere aumento di fede, di speranza e di carità.
Il chiamato alla vita religiosa è colui che meglio sviluppa la sua personalità umana: la sviluppa in un modo eccellente, sia nel lato umano, sia nel lato soprannaturale. Il soprannaturale è quello che poi mantiene anche il naturale sulla strada giusta.
Siamo veramente fedeli a tutta la pietà? Se essa viene a mancare, manca l'alimento. Pietà non incolore, ma pietà di colore paolino, e cioè pietà che si rivolge al Maestro Divino, alla Regina degli Apostoli, a S. Paolo. La pietà nostra! È quella che mantiene il Paolino, che mantiene la Paolina; non solo, ma darà gioia alla vita religiosa. Darà gioia e porterà alla santificazione, a un apostolato largo e profondo, tale che arriverà alla conversione delle anime.
Ora cantiamo le litanie degli Scrittori.
Tutta la giornata sia indirizzata a chiedere le vocazioni e la grazia di corrispondere alla nostra.
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[Pr 5 p. 148]
ORDINAZIONE DEI SACERDOTI1

Sempre abbiamo da rinnovare il patto con Nostro Signore. Vedendoci tanto scarsi in ogni cosa: scienza, spirito, apostolato, povertà, ci impegniamo di usare ogni mezzo per la gloria di Dio e per il bene, la pace degli uomini, rinnovando in pari tempo la nostra fiducia in Dio. «Qualunque cosa chiederete con fede, la riceverete» [cf. Mt 21,22]. Questo patto è da ripetersi specialmente oggi, giorno dell'ordinazione dei Sacerdoti, per due motivi: primo, perché sebbene vi sia stato impegno nella preparazione al sacro ministero sacerdotale, la preparazione è sempre molto scarsa rispetto ai grandi uffici, ai doveri che ha il Sacerdote nella sua vita; secondo, perché la vita sacerdotale presenta tali e così frequenti difficoltà, che senza una speciale grazia, una assistenza continua, non si potrà essere Sacerdoti buoni e operanti nella Chiesa di Dio. Perciò oggi massima umiltà e fiducia estrema, totale, in Colui che ci ha chiamati. Avendoci chiamati, proporziona le grazie ai nostri bisogni, agli uffici che ci ha affidato.
Le difficoltà si conoscono subito se si considera chi è il Sacerdote e che cosa deve fare. Non abbiamo da perderci in alte speculazioni. Basta guardare il Maestro Divino: egli è il Sacerdote eterno, noi siamo partecipanti al suo sacerdozio. Guardare Gesù Cristo, che cosa ha fatto. Egli ha insegnato, ha lasciato i più santi esempi di virtù; egli, morendo sulla croce, ha ottenuto la grazia, la vita soprannaturale che noi abbiamo da infondere | [Pr 5 p. 149] alle anime. Guardare a Gesù Cristo.
Il suo sacerdozio fu preparato con tanti anni di lavoro, di preghiera, di nascondimento, di umiliazioni, là nella casetta di Nazareth. L'immediata preparazione è stata questa: prima di manifestarsi, premise tanti giorni di digiuno; poi si confuse con i pubblicani e i peccatori a ricevere il battesimo di penitenza. Egli, la santità, riceve il battesimo di penitenza da un uomo. La
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sua profonda umiltà ottenne che il Padre Celeste intervenisse e lo facesse conoscere, indicandolo ai presenti: «Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto» [Mt 3,17]. Gesù predicò la verità, poiché venne a portarla dal cielo per la salvezza di tutti. Per questo ci annunziò il suo Vangelo.
Quest'oggi nel vangelo della Messa [Mt 11,2-10] leggiamo appunto quell'episodio in cui Giovanni Battista dal carcere manda i suoi discepoli a incontrare Gesù che stava predicando e a domandargli: «Chi sei?» - Chiediamo a Gesù chi è il Sacerdote.
E Gesù diede due risposte: da una parte descrisse quali erano le sue opere. Così il Sacerdote si conosce dalla sua vita esemplare. È questo che aspettano i fedeli. Il Sacerdote annuncia la parola di Dio: «Et pauperes evangelizantur».2 Ecco: Gesù evangelizza i poveri. Immaginiamo Gesù in quei tre anni di vita pubblica, mentre si porta di città in città, di borgo in borgo, di casa in casa, per le strade e sui pendii delle montagne, lungo il mare, dalla barca: predicava e insegnava.
Oggi non basta il pulpito: occorrono tutti i mezzi. Realmente in pochi anni si è trasformato il mondo e noi, per camminare col mondo, dobbiamo un po' aggiornarci. Il cinema, la radio, la stampa, la televisione, è tutto in moto ciò che serve | [Pr 5 p. 150] per comunicare il pensiero. E realmente il cinema ha fatto anche presso la Società S. Paolo dei passi importantissimi, più difficili, perché man mano che procedono i tempi, i mezzi nuovi sono più costosi e anche richiedono più capacità a usarli.
Ecco il Sacerdote, che predica non solo sul pulpito o nel confessionale, ma con la pellicola e con la stampa. «Ego sum lux mundi - Vos estis lux mundi».3 Il Sacerdote è Gesù predicante.
I protestanti hanno voluto ridurre il Sacerdote solamente a predicatore. No: è anche persona che comunica la vita; è persona che si conosce dalle opere, dagli esempi, dal vivere delicato, mortificato, povero, laborioso, generoso, attivo.
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Inoltre Gesù Cristo è il nostro esempio, e il Sacerdote è l'esempio: «Exemplum præbe te ipsum»,4 dice S. Paolo al sacerdote [Tito] suo discepolo: mostrati esempio. Gesù edificò in modo particolare con i suoi esempi. Quale umiltà, quale sottomissione al Padre, quale bontà con tutti, quale spirito di carità, quale spirito di orazione! Il Sacerdote ha da essere esemplare. Quando ci domandano: Tu chi sei? non dobbiamo rispondere solo con le parole, ma dobbiamo rispondere anche: guardate le opere, guardate il mio modo di vivere.
Quando, dopo il 1861, arrivarono in Giappone i nuovi missionari perché anche in quello Stato si era aperta la porta alla immigrazione fino allora vietata, i fedeli che da tre secoli non avevano più sentito un predicatore, non avevano più veduto un Sacerdote, sentendo parlare da essi di Gesù Cristo, cominciarono a sperare, o almeno a dubitare che quelli fossero veri Sacerdoti cattolici. E allora fecero una domanda per mezzo di una | [Pr 5 p. 151] commissione: Chi siete? Vi ha mandato il Vescovo di Roma? Secondo: Tra di voi si prega la Madonna? Terzo: Vivete in castità?
Il Sacerdote è «sale della terra» [Mt 5,13]. Il sale ha da penetrare ovunque, in tutte le particelle del cibo. Il Sacerdote non è una statua bella che si espone alla vista di tutti. È un uomo che vive alla comune: mangia e beve come gli altri, ha le tentazioni che hanno gli altri, ha le lotte interiori che hanno gli altri. Ma deve essere esemplare nel vincersi, nel rinnegarsi: ecco il Sacerdote.
Il Sacerdote è un orante. Egli sempre ha da muovere il cielo, supplicare la Vergine, supplicare tutti i Santi, supplicare il Maestro Divino glorioso, supplicare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo a favore del popolo. «Ecce multum orat pro populo et civitate sancta Dei», è detto di quel gran Sacerdote nella Scrittura: «Ecco un uomo che molto prega per il popolo e per la città santa, cioè Gerusalemme».5 Il Sacerdote deve trattare con Dio le cause degli uomini, e trattare con gli uomini la causa di Dio. È un intermediario, come Gesù Cristo.
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D'altra parte è chiamato alla sofferenza, la quale va aumentando nella vita man mano che si va avanti, e che si compiono o si devono compiere uffici più distinti nel sacerdozio. «Piccoli: piccole sofferenze; grandi: grandi sofferenze».6 Questo perché realmente il Sacerdote riproduca in sé Gesù Cristo. Non che adesso finiscano le fatiche e i sacrifici con l'ordinazione. Incominciano quelle che proprio si possono chiamare pene e sacrifici. Allora si ottiene dal Signore la grazia che la parola di Dio abbia frutto e che i fedeli coraggiosamente imitino Gesù Cristo, osservino i precetti e siano molte le anime che si consacrano a Dio per mezzo dei santi | [Pr 5 p. 152] voti.
Il Sacerdote comunica questa vita divina specialmente nei Sacramenti: Battesimo, Comunione. Ma ha ancora altri modi: le vie della grazia son tante per arrivare alle anime.
Bisogna che oggi invochiamo le grazie per i Sacerdoti novelli. Nel Breviario di quest'oggi, nelle prime lezioni della Scrittura si ricordano le parole profetiche rispetto a Gesù e a ogni Sacerdote, che è un altro Gesù vivente: «Requiescet super illum spiritus sapientiæ et intellectus, scientiæ et consilii», ecc.7 che vuol dire: lo Spirito della sapienza, della scienza, dell'intelletto, del consiglio, della fortezza, della pietà, del timor di Dio investa questi Sacerdoti, i quali non dovranno più giudicare le cose come sembrano al modo umano, e non devono più stare a sentire tutti i giudizi degli uomini, ma devono giudicare secondo i principi divini. Essi hanno la luce di Dio e, secondo questa luce, vedono e considerano ogni cosa.
Una cosa particolarmente da notarsi per noi: il Sacerdote deve formare la mentalità cristiana; ma quella mentalità cristiana che è conforme al Vangelo.8 Nella società, nel mondo egli rappresenta non un partito, ma rappresenta una scuola sociale: quella del Maestro Gesù, quella che Gesù ha insegnato con la sua vita e con le sue parole. Scuola divina! Scuola divina anche per quello che riguarda la famiglia e l'individuo. Il Sacerdote
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insomma è il predicatore delle cose spirituali, dei beni spirituali. È colui che fa la reclame continua del Paradiso, perché tutti vi si innamorino e vogliano andarvi con ogni sforzo, ed insieme ne insegna la strada e ne offre i mezzi.
Consideriamo anche il gran bisogno di Sacerdoti. Quando nel 1870 fu presa Roma e si compì l'unità d'Italia, l'Italia non arrivava a 30 milioni | [Pr 5 p. 153] di abitanti e aveva 120.000 Sacerdoti. Adesso è arrivata a 48 milioni e ha circa 47.000 Sacerdoti. Questa diminuzione non s'è verificata solo in Italia, ma un po' in tutto il mondo. Allora la popolazione del mondo era molto sotto i 2 miliardi e ora è oltre i 2 miliardi e mezzo; e i Sacerdoti in diminuzione.9 Si va in senso inverso.
«Orate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam».10
Propositi. Stimo abbastanza il Sacerdote? Lo venero per i suoi uffici? M'accosto a lui per essere illuminato e santificato? Prego per le vocazioni?
Diciamo quindi a Maria: «Roga Filium tuum ut mittat operarios in messem suam».11
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I COOPERATORI1

La celebrazione di questa novena aveva un primo fine: la Dedicazione della chiesa e il ringraziamento; e un secondo fine: portarci a fare i propositi e ricavare abbondanti frutti spirituali. Il giorno dell'Immacolata deve essere il giorno dei propositi; in questo triduo [dobbiamo] prepararli. Se questi giorni scorsi sono stati un po' disturbati riguardo allo spirito, ora [occorre] più raccoglimento, più preghiera, più riflessione. Un Anno mariano non può chiudersi senza aver portato in noi una più profonda | [Pr 5 p. 154] divozione a Maria, che duri per tutta la vita, anzi aumenti: sempre con la mira e col pensiero di amare questa Madre, di pregare questa Madre, di studiare questa Madre, di zelare questa Madre. E prepararci così ad andare a cantare in cielo le sue lodi, e con lei cantare alla somma Trinità, a Dio ottimo e massimo. Allora avremo raggiunto il nostro fine.
La celebrazione non consiste principalmente nelle cose esterne. La celebrazione è specialmente nelle Visite, adorazioni; è specialmente nei momenti culminanti della pietà: Messa, Comunione, predicazione, Confessione. La Confessione settimanale sarebbe bene, per chi non ha ancora provveduto, farla precedere alla festa dell'Immacolata Concezione. La Confessione ci porta a riflettere sopra di noi e a pensare che cosa dobbiamo ancora fare per meglio servire il Signore e per meritarci più abbondanti le grazie di Maria.
Se questa novena eccitasse davvero un fervore vivo di amore a Maria, non ci sarebbe bisogno di raccomandare né la castità, né la povertà, né l'obbedienza, né la vita comune, né l'apostolato. In Maria troveremo tutto, perché ogni bene passa per le sue mani. Chi vuole grazia e non si rivolge a Lei, sarebbe come l'uccello che volesse volare, ma non avesse le ali:2 non riuscirebbe.
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In ogni anima entri profondo il sentimento di amore a Maria. In ogni esame di coscienza di questi giorni: Amo Maria? Conosco bene questa Madre? La imito nelle sue virtù? Ho il desiderio vivo ed efficace di farla conoscere?
L'enciclica di Pio X «La cristianizzazione del mondo per mezzo di Maria»3 sarà di attualità fino alla fine del mondo. Il mondo deve tornare a Gesù Cristo per mezzo di Maria. Il mondo deve | [Pr 5 p. 155] rivolgersi alla Chiesa Romana, a Gesù Cristo, al suo Vicario per mezzo di Maria.
Quando in un'anima si è innestata profondamente la divozione a Maria, e quando nel mondo s'innesta la divozione a Maria, allora vi è una trasformazione nelle anime: trasformazione spirituale, intellettuale, trasformazione vitale. Nella società si vedrà il mondo rivolgersi al Vangelo e la civiltà cristiana spandersi e portare i suoi frutti nelle singole Nazioni.
Non si è Paolini se non si ha il cuore largo, la mente larga per pensare a tutti gli uomini, e neppure si ha lo spirito di Gesù Cristo, il quale venne a dare la sua vita per tutti. «Deus vult omnes homines salvos fieri et ad agnitionem veritatis venire».4 Che si moltiplichino le vocazioni; che nelle Nazioni sorgano i Santuari dedicati a Maria; che gli Stati si popolino di conventi, e i conventi di anime fervorose.
In questa opera abbiamo bisogno dell'aiuto dei Cooperatori.
La giornata presente è per domandare al Signore questo aiuto. Persone cioè che, pure restando nella loro vita ordinaria, ma vivendo da buoni cristiani, portino alla Congregazione, alla Famiglia Paolina, quel sussidio di preghiere, di opere, di offerte onde il bene si allarghi.
Chi sono dunque i Cooperatori?
Sono persone che hanno il senso di Cristo.
I Cooperatori sono persone che hanno istruzione cristiana più ampia, una fede più viva.
I Cooperatori sono quelli che conducono vita migliore; sono quelli che hanno zelo e pensano alla salute delle anime; quelli che vedono nella Famiglia Paolina una iniziativa, una organizzazione
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religiosa che, mentre attende a perfezionarsi, vuole dare Gesù Cristo al | [Pr 5 p. 156] mondo, la sua dottrina con i mezzi moderni: stampa, cinema, radio, televisione.
I Cooperatori quindi capiscono la finalità duplice della Famiglia Paolina; capiscono in sostanza i due primi articoli delle Costituzioni5 nel modo che possono comprenderli essi; e capiscono insieme lo stato della società attuale, i bisogni della società attuale, l'efficacia che hanno questi mezzi messi dal progresso a servizio dell'uomo e a servizio dell'apostolo. Non sono persone comuni; non sono quelli che semplicemente mandano l'offerta per la Messa o semplicemente aderiscono per avere il beneficio delle 2400 Messe annuali, ma sono persone che hanno due intenzioni:
1. Darsi ad una vita migliore, imitando, come essi possono, la vita religiosa paolina. È una elevazione della vita semplicemente cristiana ad una vita che imita la vita religiosa, in quanto è possibile per coloro che vivono in famiglia. Quando mandarono una persona a dirigere i Terziari domenicani,6 si domandò: Che cosa si dovrà fare? - Renderli cristiani migliori; più istruzione religiosa, più vita praticamente cristiana, più pietà e, se potete, farli passare allo zelo, a zelare cioè il bene, a zelare fra il popolo, fra le anime, perché si avvicinino di più a Gesù Cristo. - Ecco: presso a poco questo. Ma la prima condizione per il Cooperatore paolino è di voler migliorare la vita. Non sarà una cosa improvvisa; si cammina gradi per gradi, ma questo è il principale intento.
2. Pensare alle anime altrui. Non vivere chiusi nel nostro egoismo; non più una pietà che si restringe e magari si trasforma in semplici opere e pratiche di pietà, fatte più o meno bene. Il Cooperatore paolino considera l'attività, lo zelo dell'Apostolo Paolo; ne legge volentieri la vita, le | [Pr 5 p. 157] Lettere e, pensando alle grandi fatiche dell'Apostolo nel dare per Cristo
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la sua vita stessa, esce un po' da se stesso, si guarda attorno e, se ha intelligenza, questo sguardo lo spinge molto avanti, attraverso le Nazioni. «Vi supplico di far preghiere per tutti» è detto nella Scrittura [1Tm 2,1]. Il Cooperatore non soltanto farà preghiere, ma agirà conforme alle sue convinzioni. Quel padre, quella madre educheranno meglio i figli per condurli a salvezza; quel padre, quella madre domanderanno al Signore la grazia di una vocazione nella loro famiglia o parentela; quell'impiegato, quel maestro, quel professionista, colui che si trova in fabbrica, vedrà attorno quello che si può fare per le anime, e specialmente mirerà ad adoperare o favorire l'uso dei mezzi di apostolato paolino.
La Famiglia Paolina ha avuto in principio un grande numero di Cooperatori. Sento che alle volte si dicono delle cose che non corrispondono ai fatti, alla storia. Quante anime hanno circondato il primo nascere, la culla della Famiglia Paolina!7 Anzitutto i Sacerdoti e, forse, prima ancora, i Chierici, poi tanti fedeli che avevano conosciuto le finalità della Congregazione.
Specialmente è degna di essere ricordata una famiglia, nella quale vi fu veramente il modello, il campione della cooperazione paolina.8 Nulla era lasciato da parte. Arrivarono fino ai voti religiosi temporanei, da osservarsi in casa, come si possono osservare in famiglia. Tutta la pietà indirizzata alla Famiglia Paolina.
Persone che offersero la vita; persone che diedero tutto il loro avere; persone che si fecero propagandisti di tutta la nostra stampa; persone che venivano e domandavano notizie, non solo, ma volevano essere a parte dei progressi, dei desideri, dei bisogni. Persone, le quali sono state visibilmente | [Pr 5 p. 158] benedette da Dio. Ecco, il Signore si è degnato di accettare anche alcune offerte di vita. Specialmente ricordo alcuni chierici. Qualcuno chiuse la sua vita durante la prima guerra mondiale e qualcuno subito dopo il sacerdozio.
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Le famiglie religiose, specialmente quelle che sono in maggiori attività, devono da una parte essere progressiste e dall'altra parte, per questo camminare, hanno bisogno di aiuti. L'aiuto è triplice:
a) Aiuto di preghiera. Le belle Messe, le sante Comunioni, la vita di pietà vissuta, quella che parte dalla meditazione e dall'esame di coscienza, dall'adorazione e dal confessionale.
b) Aiuto di opere: i propagandisti delle edizioni, specialmente con la propaganda collettiva. Molto aiuto ci può venire dai fedeli, dai propagandisti. Alcuni, infatti, costituirono le loro biblioteche, altri pensarono alla diffusione dei periodici. Altri scrittori e corrispondenti dei periodici, scrivono libri, offrono copioni per il cinema e altri ancora, lontano, parlano anche alla radio in nome nostro, e preparano pure alcune trasmissioni per televisione, e aiutano in ogni modo questi mezzi di apostolato.
c) Vi sono poi le offerte. Queste offerte in modo particolare per le opere nuove: supponiamo le chiese della Famiglia Paolina; i nuovi mezzi di produzione; le nuove vocazioni; le nuove case che si vanno stabilendo qua e là. Perché è uso nostro di mandare [apostoli paolini] nelle Nazioni al modo con cui Gesù mandò gli Apostoli. E veramente coloro che son partiti per le varie Nazioni, hanno praticato l'invito di Gesù: Andate senza nulla [cf. Lc 22,35]. E quando poi tornavano, alla nostra domanda: «Siete andati senza nulla e vi è mancato qualcosa?». No - risposero.
[Pr 5 p. 159] Pensiamo al giorno in cui avvenne quella | pesca miracolosa al lago di Genezaret. Pietro aveva per obbedienza calate le reti per la pesca, sebbene prima avesse obiettato che per tutta la notte non era riuscito a prendere un solo pesce. Ma «in verbo autem tuo laxabo rete»,9 e le reti si riempirono. E allora, dice il Vangelo, «annuerunt sociis»,10 chiamarono dei compagni per tirare le reti piene di pesci, portare i pesci alla spiaggia e quindi per dividere il pesce buono dal pesce cattivo.
Nel 1908 ho sentito questo invito dal mio direttore spirituale: «Ricorda sempre: Annuerunt sociis: bisogna cercare gli aiuti di persone». Allora si incominciò a curare i Cooperatori.
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Accenno solo a quello che si dovrebbe spiegare largamente:
1) Reclutarli. Più sono intelligenti e meglio è.
2) Formarli con l'istruzione, con il bollettino.
3) Organizzarli.
4) Cercare di condurli a maggior santità, a migliorare la loro vita cristiana.
5) Convergere le loro forze verso le finalità della Famiglia Paolina, cioè la diffusione della dottrina cristiana con i mezzi più moderni.
Mi è anche venuto un dubbio: se certi Cooperatori si possono chiamare tali. E il dubbio è andato più avanti, sopra un punto che non è prudente adesso accennare. Ma pur senza accennarlo, occorre conchiudere: il Cooperatore è un'anima che si unisce a noi; che noi dobbiamo amare; che dobbiamo aiutare a salvarsi; che poi deve dare a noi la mano perché il nome di Gesù sia portato ovunque, affinché il Vangelo, come dice S. Paolo, «currat et clarificetur»:11 si estenda e sia accolto.
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[Pr 5 p. 160]
LA FAMIGLIA PAOLINA NELLE NAZIONI1

Questa è la giornata più paolina tra le giornate della novena. S. Paolo, l'Apostolo delle Nazioni, delle genti, scriveva ai Romani, parlando di Gesù Cristo: «Per quem accepimus gratiam et apostolatum ad obœdiendum fidei in omnibus gentibus»: da Gesù Cristo vi è venuta la grazia e la vocazione all'apostolato, per portarsi alle varie Nazioni, a predicare la fede, la salvezza delle anime [cf. Rm 1,5]. E sta bene quello che nella medesima lettera dice: «Fides vestra annuntiatur in universo mundo»; la vostra fede è predicata in tutto il mondo [Rm 1,8]. Da Roma la fede; centro di luce il Pontificato Romano. E questa luce deve diffondersi nel mondo intero. Non vi è civiltà senza la verità; non vi è civiltà senza la moralità, e non vi è civiltà senza la giustizia, la quale anzitutto riguarda la nostra posizione davanti a Dio: rendergli il debito culto, considerandolo nostro creatore e nostro ultimo fine, da cui veniamo ed al quale andiamo.
In questa giornata tre pensieri:
1. Pensare ai nostri fratelli che si trovano in varie parti del mondo, come è indicato ora dalle bandierine portate all'altare. Ogni bandierina richiama la nostra attenzione e chiede le nostre preghiere per i fratelli che si trovano in quelle Nazioni. Veramente la nostra bandiera è il Papa, è la bandiera del Papa; tuttavia il mondo è diviso in varie Nazioni e ogni Nazione ha un segno: la propria bandiera.
2. Pregare per i fratelli. Vi sono difficoltà in ogni Nazione, anzi molte difficoltà. Perciò è | [Pr 5 p. 161] necessaria la grazia dello Spirito Santo; la grazia che sia luce, la grazia che sia conforto, la grazia che frutti santità e apostolato.
3. Acquistare un cuore largo, un cuore apostolico, il cuore di S. Paolo. A quante Nazioni egli arrivò! E dove non arrivò con la sua presenza fisica, arrivò col suo cuore, con la sua preghiera, con la sua parola. La sua parola illumina ancora oggi tutta la teologia, illumina tutta la morale e l'ascetica e illumina tutta la
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Chiesa. L'organizzazione della Chiesa riflette ancora la sua organizzazione delle Chiese nelle varie Nazioni.
Le condizioni perché il Vangelo venga diffuso nelle varie Nazioni e perché le varie case nelle Nazioni prosperino, sono specialmente tre.

1. In ogni Nazione ripetere quello che si è veduto, e dire quello che si è sentito.2 Si comprende bene che vi sono delle particolarità in ogni Nazione, ma sostanzialmente le difficoltà, i bisogni, i mezzi son sempre uguali ovunque. Difficoltà o particolarità in ogni Nazione: ad esempio la lingua, il grado di cultura, lo stato della letteratura, le ideologie del paese, il grado di moralità, la pratica del culto. Vi sono particolarità, ma tutte possono rivolgersi in bene per coloro che amano Gesù Cristo [cf. Rm 8,28] e per coloro che vogliono ripetere nelle altre Nazioni quello che hanno veduto. Ripetere quello che è stato fatto in Italia.
Ripetendo si avranno le medesime grazie, e ogni Nazione diverrà un focolaio di apostoli e un focolaio di santi. Sì, anzitutto di Santi. Ancora troppe Nazioni non hanno Santi, e quando non vi sono i Santi, il popolo non sa vivere il cristianesimo, perché i cristiani leggono il Vangelo più nella vita dei Santi che nel libro divino. Soltanto leggendolo, il Vangelo di Gesù Cristo non ha sempre tutto il frutto; | [Pr 5 p. 162] avrà sì qualche frutto, ma non tutto. Quando vi sono Santi, questi commentano con la vita i versetti del Vangelo. Come i primi seguaci di Gesù, quando egli predicava, guardavano Maria, cioè come ella prendeva il Vangelo, come lo praticava e viveva, così gli uomini di ogni Nazione hanno bisogno di vedere nei Santi come si pratica il Vangelo.
Ripetere allora quello che si è veduto in Italia, a partire dal 1914. Il libro «Mi protendo in avanti»3 non è stato stampato per
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fare una mostra; è piuttosto per farci meditare la bontà di Dio e per farci ricordare i principi su cui si fonda ogni famiglia. Farci ricordare i principi e cioè:
a) la pietà;
b) la fiducia in Dio;
c) un'operosità che s'impara leggendo la vita di S. Paolo.
In qualunque impresa è sempre necessario partire dall'umiltà. Quando uno incomincia la sua vita o religiosa o sacerdotale, quando uno incomincia una casa, quando va in missione, deve porre l'umiltà a base. «Da me nulla posso». Allora si ha veramente ragione di sperare in Dio. Colui che pensa: «da me nulla posso», come si conosce? Da questo: se prega. Lo spirito di pietà nasce dall'umiltà: nulla posso, dunque mi rivolgo a Dio. E Dio può tutto [cf. Mt 19,26]. L'umiltà, la quale fa diffidare di noi, ci rende prudenti, ci rende obbedienti, ci mette nella condizione di voler imitare, imparare. L'umiltà quindi sta bene nello scolaro, come sta bene nell'uomo adulto. L'umiltà resta più facile man mano che si va avanti negli anni, perché si viene sempre meglio a conoscere la nostra nullità, la nostra impotenza e incapacità, la nostra | [Pr 5 p. 163] insufficienza. Facilmente il giovane è più orgoglioso, confida più in se stesso.

2. Fede in Dio. Si parte, ma si parte con Gesù. Prima cosa, un Tabernacolo; e questo si trova ovunque e, se non c'è, si costruisce. Oh, i Tabernacoli! Si stabiliscano in ogni città e in ogni paesello. Si parte, ma non si parte soli. Si dice a Maria: «Se vieni con me ci vado; se non vieni con me, non mi sento». E allora si prende Maria con noi. Si parte con S. Paolo; con lo spirito con cui egli, cominciando le sue missioni, andò a Cipro, Antiochia di Pisidia,4 Atene, Filippi, Listri, Roma.
Sempre abbiamo da considerare che l'Italia ha una vocazione missionaria, nel senso più largo. Siamo tutti missionari, sotto un certo aspetto. Missionari tutti, perché «sicut misit me Pater et ego mitto vos».5 «Misit»: quindi Gesù è missionario; e «mitto»: quindi tutti siamo missionari. E tuttavia la Famiglia Paolina
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non ha una vocazione missionaria in quel senso che comunemente si dice, come del missionario che va a catechizzare i pagani nei vari luoghi, nelle varie case.
Partire nello spirito di S. Paolo. Perciò leggere lungamente il Vangelo, il libro Regina Apostolorum6 e la vita di S. Paolo, onde averne il cuore pieno: onde nelle varie nazioni saper modellare la vita sulla vita di S. Paolo, sugli esempi e sotto la protezione di Maria, portando Gesù con noi. Fede viva in tutti i versetti del Vangelo. Portare Gesù nel cuore: un grande amore a Gesù, che faccia superare tutti i sacrifici, i distacchi, le delusioni. Allora, anche se si cade a terra, ci si può rialzare meglio di prima: più prudenti, più umili e con fede più pura. Fede in Colui che ci ha mandato. L'obbedienza opera miracoli. Quando Dio ci | [Pr 5 p. 164] manda, stiamo fermi in questo pensiero: Dio non mi manda solo, mi accompagna con la sua grazia.
Viene dunque la necessità di avere un cuore apostolico. Occorre uscire un po' dal nostro io, dal nostro egoismo. Noi non abbiamo vita di clausura nel senso stretto; noi dobbiamo arrivare alle genti: è nostro dovere, perché questa è la nostra vocazione. Abbiamo da portare là l'uso dei mezzi più celeri e fecondi per disseminare la dottrina di Gesù Cristo. Quindi occorre anche che quelle nazioni a cui si va, abbiano già raggiunto un certo grado di civiltà. Non leggerebbero se non avessero scuole. E tuttavia anche là si può adoperare qualche altro mezzo. Per esempio, tutti sanno leggere le figure. Un bel catechismo di figure presenta l'occasione di parlare di Gesù Cristo, anzi parla da sé. D'altra parte, vi è anche la radio e il cinema: questi sono mezzi che in una certa misura si possono adoperare ovunque.
Cuore largo dunque! Il cuore di S. Paolo, il cuore di Gesù Cristo.

3. Pregare per i fratelli, particolarmente per le vocazioni. In ogni nazione occorre che si formino le vocazioni. La prima opera di chi va in una nazione è questa: accostare giovani, cercare
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vocazioni. Poi cominciare subito l'apostolato, il quale dà mezzi di vita e dà i mezzi per formare il Paolino. Le nazioni a poco a poco devono provvedere a sé le vocazioni, sebbene giovi sempre uno scambio di personale fra le nazioni, e sebbene tutto deve partire dal centro, come dal centro viene predicata la fede, viene il governo della Chiesa. Quindi pregare per le vocazioni delle varie nazioni.
Pregare perché ovunque si pratichino le opere di pietà. Una volta che ci si distacca un poco da Dio, noi diventiamo gli uomini più infelici, perché da una parte non possiamo | [Pr 5 p. 165] confidare in noi e dall'altra parte non possiamo confidare in Dio, perché non abbiamo le disposizioni e non vediamo il modo e i mezzi. Allora siamo come gente che vuol camminare sulle onde.
Inoltre, in questa giornata ripensare a ogni casa. Non abbiamo solamente da vedere come sono fatte le bandiere di ogni Nazione. Pensare a quelle anime che vi sono. Oggi non si deve studiare una geografia al modo di 50 o 100 anni fa, in cui tutto si restringeva a dire quale era la capitale, quali i monti, quali i fiumi, ecc. La geografia oggi va studiata molto meglio: bisogna studiare i costumi, le ideologie, il grado di cultura del paese, i culti del Paese.
E poi noi dobbiamo fare un passo avanti. Chi salverà quelle anime? Allora nel nostro cuore portare alla Comunione tutte le anime, tutti gli uomini. «Andare in capo al mondo - diceva quel missionario - lavorare, predicare, salvare un'anima e poi mi basta: morire». Questo per indicare come vi sono cuori che capiscono e s'inteneriscono al pensiero di tante anime che camminano sulla strada falsa, alle volte addirittura sulla strada della perdizione.
Poi rivolgiamo il nostro sguardo su noi stessi. Iddio mi chiamerà? E se tale fosse la risposta che ci viene da Dio, noi non induriamo il nostro cuore.
Sotto l'aspetto paolino le nazioni vanno bene quando non solo producono il personale per loro, ma ancora producono personale religioso paolino per altre nazioni. Allora si è raggiunto uno stato sufficientemente sviluppato. Preghiamo quindi per tutte le nazioni. Che in ogni nazione sorgano anime generose, e i nostri fratelli siano sostenuti in quelle fatiche quotidiane. Occorre sempre che | [Pr 5 p. 166] abbiano accanto a sé il pensiero di Dio, di Gesù Cristo, la protezione di Maria e l'esempio di S. Paolo.
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PROPOSITI AL TERMINE DELL'ANNO MARIANO1

Oggi, giorno dei propositi. Dobbiamo cioè raccogliere i frutti dell'Anno mariano e della novena celebrata ad onore di Maria Immacolata. Sotto la luce di Maria Immacolata, di Maria Regina Apostolorum, noi formuleremo dei buoni propositi che riguardano la nostra vita intera, in modo speciale la nostra divozione a Maria.
Torniamo indietro col pensiero. L'Anno mariano aveva come fine: conoscere meglio Maria, amarla più vivamente, imitarla più divotamente e pregarla con maggior fiducia ed insistenza. Vi è stato realmente questo profitto, questo progresso nella divozione a Maria?
Passano gli anni e vi sono studenti che ricavano profitto e conchiudono con una buona promozione all'anno superiore; e vi sono studenti che non fanno profitto e conchiudono con una delusione, con il pianto in gola. Tuttavia noi pensiamo che ognuno in quest'anno abbia progredito nella divozione a Maria. S. Bonaventura2 dice che «scire et cognoscere Mariam est via immortalitatis, et narrare virtutes eius est vita salutis æternæ».3 Se abbiamo fatto questo progresso, nutriamo | [Pr 5 p. 167] una dolce fiducia, una serena certezza che la Vergine SS.ma ci accompagnerà nei giorni della nostra vita, ci assisterà in morte come ha assistito il suo Divin Figliolo e ci riceverà in Paradiso vicino a sé.
Quando però si è imparato qualche scienza o qualche arte, due cose si devono conchiudere: si impara una scienza per usarla, e s'impara un'arte per esercitarla. Quando imparate a comporre
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alla cassa,4 imparate per comporre in séguito; e quando imparate a fare i temi in scuola, è per continuare a farli; e quando si è terminato lo studio, è per usarlo nella vita, per noi e per gli altri. Così, conchiudendo l'Anno mariano, se abbiamo veramente approfittato di questa grazia grande, non deve cessare la divozione a Maria. L'abbiamo meditata e appresa meglio per praticarla, per viverla. Quello che si è imparato, deve servire per la vita. Mai si deve pensare: adesso sono già grande. Adulti, siamo sempre i bambini nello spirito; siamo sempre i figlioli piccoli di Maria. Anzi, coloro che riflettono, man mano che passano gli anni si fanno più piccoli e più divoti di Maria.
Un giorno il celebre Federico Ozanam5 entrò in una chiesa per confortare il suo spirito e mettere in pace il suo cuore. Si sentiva tanto stanco di lottare contro se stesso e contro gli errori del tempo. La chiesa era deserta. Dando uno sguardo attorno, vide soltanto un uomo profondamente raccolto, che teneva in mano la corona del Rosario. Ozanam s'inginocchiò in disparte, ma quando quell'uomo si alzò per uscire dalla chiesa, egli cercò di avvicinarlo: «Chi siete?». Era il celebre fisico inventore Ampère,6 il quale confessò sinceramente: «La mia scienza e la perseveranza dipendono specialmente dalla corona del Rosario». | [Pr 5 p. 168] Ozanam stesso dice che questa lezione gli giovò per tutta la vita, e mai più lasciò la corona. E noi sappiamo quale apologista della religione egli sia stato: apologista più con le opere di carità che non con la dottrina, con la parola.
Ricavare frutti dall'Anno mariano: proponiamo di essere per tutta la vita figli di Maria. E bisogna progredire in questa divozione, come coloro che amano la musica s'ingegnano di trovare spazio di tempo per dedicarsi al suono e al canto. Progredire sempre di più in questa divozione: sempre meglio conoscere Maria, sempre più amarla, sempre più zelarla col nostro apostolato. Allora le grazie di Maria discenderanno sempre più abbondanti su noi.
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Vi è una grazia che oggi particolarmente si deve chiedere a Maria. Festa dell'Immacolata non è soltanto festa degli Immacolatini,7 ma di tutti. Si dovrebbe dire: Immacolatini per tutta la vita.
Leone XIII in una enciclica sul Rosario dice: Di qui si conosce la grande carità di Gesù verso di noi: egli sulla croce ci diede una madre. Già aveva dato tutto, Gesù; conchiudeva ormai la sua vita e ci aveva lasciato la Chiesa, i Sacramenti, il Vangelo, l'Eucaristia, se stesso. Gli rimaneva questo grande regalo da consegnare a noi, e ce lo volle fare proprio negli ultimi istanti della sua vita, perché i ricordi che si danno in morte restano più impressi nell'anima. Allora i morenti sentono quasi il bisogno di perpetuare la loro memoria nei cuori e nelle menti di coloro che hanno amato e stanno per lasciare.
Ecco: questa Madre ci vuole suoi figli, e vuole formare di noi figli simili a Gesù; vorrebbe | [Pr 5 p. 169] trovare in noi dei figli buoni, docili, amanti di Dio, zelanti come il suo Gesù.
E allora: Come era Gesù? Quali sono le condizioni per essere veri figli di Maria?
Odio al peccato, fuga costante del peccato. Immacolati presso Maria; e se qualche volta, alla sera prima di addormentarci, guardando l'immagine di Maria, sentiamo quasi uscire da quelle labbra un rimprovero, presto il pentimento, presto detestare il peccato e rimetterci in piena amicizia con Gesù. Maria vuole delle anime che non crocifiggano di nuovo il suo Figlio e che neppure gli piantino le spine nel cuore con i peccati veniali. Troppo spesso si sentono espressioni che dovrebbero umiliare colui che le pronuncia: «Tanto è solo un peccato veniale!» E non si capisce quale danno ne segua per noi, e quale pena sia per questa Madre e per Gesù.
Maria vuole formare in noi ancora degli apostoli, delle anime che si dedichino a salvare altre anime.
Come fu il suo Gesù? Fu Salvatore. Dobbiamo essere salvatori: questa è la missione. Sappiamo che cosa sarà di tante anime che sono nel mondo, quale sarà la loro sorte eterna? Vivono due miliardi e mezzo di uomini. Fra cento anni la faccia della terra avrà altre persone; sulla faccia della terra cammineranno altri uomini, e quelli passati all'eternità dove si troveranno? E noi dove ci troveremo? Se impieghiamo tutti i mezzi per la santificazione nostra e per la salvezza delle anime, ci troveremo certamente
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in cielo, e nel Giudizio universale troveremo persone che ci verranno incontro e diranno: «La mia salvezza venne da te».
Ecco il frutto della giornata presente: perseverare | [Pr 5 p. 170] nella divozione a Maria, anzi progredire ogni giorno. Vi può essere un figlio che dimentichi la madre? Difficilmente avviene questo. Non sarebbe altro che un figlio ingrato, che non capisce il beneficio ricevuto dalla madre: la vita.
Quest'oggi quindi le preghiere per ottenere questa grazia: progredire nella divozione a Maria. E il progresso deve essere simile nei mezzi ai mezzi adoperati nell'Anno mariano. Conoscere di più Maria: leggerete di Maria i migliori autori, e sentirete volentieri parlare di Maria. Pregare Maria: le nostre belle preghiere alla Regina degli Apostoli. Questa chiesa stessa ci deve ricordare che la nostra particolare pietà mariana deve avere il colore di Maria Regina Apostolorum. I propositi degli Esercizi, dei ritiri mensili, della confessione settimanale, [mettiamoli] in mano a Maria. «Tu sei la mia luce, tu sei la mia guida».
Uno dei più grandi divoti di Maria fu S. Bernardo. Quanto scrisse, e come scrisse di Maria! Dice un suo biografo che sembrava che Maria gli avesse imprestato la penna. Veramente le parole gli uscivano non soltanto dalla mente, ma più dal cuore. Mandato come delegato del Papa in Germania per la pacificazione di quella gente, arrivato a Spira fu ricevuto con grande entusiasmo e solennità. L'Imperatore gli andò incontro e processionalmente lo si accompagnò alla cattedrale. Là i fedeli sapevano l'antifona che più piaceva a S. Bernardo, la Salve Regina, e l'intonarono solennemente, facendo pausa a ogni versetto. San Bernardo si commosse fino al profondo del cuore e, quando la Salve Regina terminò con le parole «Mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto del tuo seno», alzando la sua voce nel silenzio generale, aggiunse | [Pr 5 p. 171] quelle parole che rimasero come chiusa: «O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria!».8
Sempre sulle nostre labbra il nome della Madre. Oggi solennemente, ma non di una solennità esteriore, bensì di una solennità interiore, eleggere Maria per nostra madre; promettere di camminare come suoi veri figli e divoti.
Non è una profezia predire che saremo consolati in morte e che ci troveremo tutti in cielo, a cantare l'eterno Magnificat con Maria.
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1 Meditazione dettata venerdì 19 marzo 1954. - Nell'opuscolo originale questa meditazione è collocata dopo quella del Giovedì Santo. Per conservare l'ordine cronologico è parso opportuno anticiparla qui.

2 Sir 45,4: «Lo santificò nella fedeltà e nella mansuetudine».

3 Luigi Maria Grignion de Montfort (san): (1673-1716), francese. Cappellano in un ospedale di Nantes, fondò le Figlie della Divina Sapienza e, poco prima della morte, i Missionari della Compagnia di Maria. Scrisse opere di solida dottrina spirituale, vari libri di mariologia, tra cui emerge: “Il trattato della vera devozione a Maria”, che fonda teologicamente e traduce pastoralmente il rapporto dei cristiani con Maria.

1 Meditazione dettata giovedì 15 aprile 1954.

2 Lc 2,19: «Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore».

3 Gv 13,1: «Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine».

1 Meditazione dettata il 16 aprile 1954, Venerdì santo.

2 È l'Atto di contrizione che apre la Via Crucis. Nell'esposizione delle stazioni, Don Alberione segue il testo delle Preghiere della Pia Società San Paolo, pp. 173ss.

3 Mt 26,40: «Non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?».

4 Sal 95/94,8: «Ascoltate oggi la sua voce: non indurite il cuore».

1 Titolo originale: Festa della Regina degli Apostoli. Meditazione dettata domenica 2 maggio 1954, celebrazione esterna della festività.

1 Meditazione dettata domenica 23 maggio 1954, quinta dopo Pasqua.

2 V. nota 4 di p. 441 e nota 5 di p. 465.

3 La canonizzazione avvenne sabato pomeriggio 29 maggio (cf. più avanti).

4 Cf. in proposito Abundantes divitiæ, nn. 48-51.

5 Nato a Riese, nella campagna trevigiana, fu successivamente cappellano a Tómbolo (Padova), parroco a Sarzano (Treviso), direttore spirituale del Seminario diocesano a Treviso, vescovo di Mantova e cardinale di Venezia: con scadenze stranamente costanti di nove anni.

6 Ef 1,10: «Ricapitolare in Cristo tutte le cose»: questo il programma enunciato nella sua prima enciclica, E Supremi apostolatus Cathedra, del 4 ottobre 1903.

7 Enc. Ad diem illum, 2 febbraio 1904.

8 Documenti significativi in proposito: decreto Lamentabili sane (3 luglio 1907) ed enc. Pascendi dominici gregis (8 settembre 1907).

9 Sul dramma del Modernismo e l'atteggiamento di G. Alberione in proposito, cf. “Excursus storico-carismatico” in Gesù il Maestro ieri oggi e sempre, San Paolo, Roma 1997, pp. 45-63.

10 Cf. Motu proprio del 22 nov. 1903 per la Musica sacra.

11 Decreti del 20 dic. 1905 e dell'8 ag. 1910, rispettivamente sulla comunione frequente e sulla prima comunione ai fanciulli.

12 Esortazione ap. Hærent animo, 29 giugno 1908, nel suo giubileo sacerdotale.

13 Promulgazione del nuovo Codex Juris Canonici, 19 marzo 1904.

15 Significativa in proposito la Scuola Sociale cattolica di Bergamo, da lui voluta e inaugurata il 15 agosto 1910, nella quale si diplomarono i chierici paolini Desiderio Costa e Paolo Marcellino nel 1919.

16 2Tm 4,7: «Ho terminato la mia corsa».

1 Meditazione dettata giovedì 27 maggio 1954.

2 Nell'originale il brano è riportato per intero.

3 Is 48,20: «Con voce di gioia annunciatelo»: introito della V domenica dopo Pasqua.

4 «Credo la vita eterna»: Simbolo apostolico.

5 V. sopra, p. 464ss.

6 La cronaca registrò il grande successo delle celebrazioni romane (sabato 29 maggio in Piazza San Pietro e domenica 30 in S. Maria Maggiore, dove le reliquie furono esposte). Celebrazioni prolungate nell'ampio pellegrinaggio dell'urna, che fu trasportata e venerata in tutte le località dell'Italia settentrionale, dove il Santo aveva esercitato il suo ministero.

1 Meditazione dettata sabato 29 maggio 1954. Titolo originale: Festa liturgica della Regina degli Apostoli.

2 Si ricordi che a quel tempo la composizione tipografica avveniva ancora con i caratteri mobili in piombo (almeno per i titoli), e questi con facilità potevano sfuggire di mano e cadere.

3 Gal 2,20: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

4 «Accoglici, o Maria».

5 Dal “Diario”, in data 29 maggio: «Dopo la meditazione alla comunità, va a dettarne altra alle Pie Discepole di Casa Generalizia, sulla Via Portuense, 739. Argomento: L'apostolato specifico della Suora Pia Discepola. Tornando a casa, parla con coloro che sono con lui in macchina, facendo notare quanto è necessario pregare secondo lo spirito paolino, lo spirito della nostra Famiglia religiosa, e non secondo i propri gusti. “Oggi - dice il Primo Maestro - c'è la diavoleria, e durerà un bel po', la quale fa considerare il nostro apostolato come industria e commercio... La nostra furberia non dev'essere nel lavorare per ingrandire le nostre case o librerie; ma nel migliorare la pietà. Quando si prega con umiltà e fervore, il Signore non ci fa mancare nulla...”
Nel pomeriggio [il Primo Maestro] è stato un'ora e trenta davanti all'apparecchio della TV per assistere alla funzione della Canonizzazione del Beato Pio X, svoltasi nella Basilica di S. Pietro. È rimasto molto contento e dopo la trasmissione parla di questo Santo... narrando alcuni episodi che riguardano il Papa canonizzato e che si riferiscono al tempo in cui egli ebbe la fortuna di venire a Roma nel 1913... Le Pie Discepole sono state incaricate per la prima volta di addobbare il trono papale [per la funzione della Canonizzazione] e il Primo Maestro di questo servizio è rimasto contento».

1 Meditazione dettata domenica 30 maggio 1954. Titolo originale: Domenica fra l'ottava dell'Ascensione.

2 Is 11,2: «Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza».

3 Cf. Sal 104/103,30: «Manda il tuo Spirito e saranno creati».

4 «E rinnoverai la faccia della terra» (ivi).

5 Sembra trattarsi del Compendio di Teologia Ascetica e Mistica, di A. Tanquerey. Secondo questo autore, “se si studiano i doni in corrispondenza colle virtù da essi perfezionate” (n. 1320), si avrebbe la classificazione seguita qui da don Alberione.

6 Antonino (1389-1459), domenicano, priore di S. Marco e vescovo di Firenze; scrisse notevoli opere di teologia e morale, economia e storia; fu amico del pittore Beato Angelico, suo confratello. Canonizzato nel 1523.

7 Giuseppe Allamano (1851-1926), rettore del santuario della Consolata in Torino e del Convitto ecclesiastico; fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata; fu amico e consigliere di Don Alberione. Beatificato da Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990.

8 Giovanna d'Arco (1412-1431), giovane contadina bretone, condottiera carismatica dell'esercito francese contro gli occupanti inglesi.

9 Rm 8,15: «Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà Padre».

10 Si tratta, per la precisione, del “Cantico di Frate Sole” (Fonti francescane, Ed. Francescane, Assisi 1993

3 , pp. 136-137).

11 Sal 8,2: «O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra».

12 Secondo una diversa tradizione, questo atteggiamento di preghiera contemplativa è attribuito a un contadino di Ars, interpellato dal santo Curato.

13 N.B. Nell'opuscolo originale segue una breve meditazione, datata 12 settembre 1954, dal titolo “Unione con la Prima Maestra - Divozione alla Regina Apostolorum - Santificazione della mente”: meditazione dettata «alle Figlie di S. Paolo in Esercizi», secondo il Diario di A. Speciale. Esulando essa dal comune contesto della Cripta e comunità in essa riunite, abbiamo ritenuto di non inserirla nel presente volume.

1 Meditazione dettata mercoledì 15 settembre 1954.

1 Meditazione dettata giovedì 16 settembre 1954.

2 Sap 16,20: «Dal cielo offristi loro un pane già pronto».

3 «La mente è riempita di grazia»: antifona O sacrum Convivium.

4 Gv 20,28.

5 Cf. Canone Romano, offerta delle S. Specie.

6 Memento dei defunti, nel Canone Romano: «Ricordati anche, o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve, che ci hanno preceduti con il segno della fede e dormono il sonno della pace».

7 «Anche a noi peccatori...».

8 Il prologo di Giovanni, secondo l'antico rito.

9 «Agnello di Dio».

10 «Ci è dato il pegno della gloria futura»: antifona O sacrum Convivium.

11 «Che ha in sé ogni delizia» (cf. Sap 16,20).

12 Rispettivamente: antifona alla comunione e preghiera dopo la comunione.

13 Rm 11,24: «tu reciso dall'oleastro che eri... sei stato innestato su un olivo buono».

14 Gal 5,22: «Il frutto dello Spirito...». Da notare che per san Paolo il frutto (al singolare) dello Spirito è uno, l'amore; i frutti elencati dopo (gioia, pace, pazienza, ecc.) sono visti come effetto dell'amore. Don Alberione, come tutti gli autori del suo tempo, parla di frutti (al plurale) dello Spirito, e ne elenca dodici (cf. Donec formetur, nn. 102-104; ed. 2001, pp. 256-258).

15 Formule supplementari che chiudevano le celebrazioni eucaristiche quotidiane.

1 Meditazione dettata domenica 19 settembre 1954. Titolo originale: Preparazione al mese di ottobre. - Può meravigliare tanta insistenza sulla preparazione al tradizionale mese del Rosario. La ragione è che quell'Ottobre 1954 rivestiva per la Famiglia Paolina una grande carica di opportunità. Si profilavano storiche scadenze: chiusura dell'Anno Mariano, completamento e inaugurazione del Santuario R.A., avvio dell'Istituto Regina Apostolorum per le Vocazioni, inizio della S.A.I.E. a Torino, nuove produzioni cinematografiche, ecc.

2 Tale proclamazione avvenne l'11 ottobre 1954, con l'enciclica Ad Cœli Reginam, che stabiliva la festa di Maria Regina del Mondo.

3 TIMOTEO GIACCARDO SSP, La Regina degli Apostoli, Roma 1928, pp. 339; 2

a ed., Roma 1934, pp. 393. (Nel 1961 uscirà poi una 3

a edizione di pp. 362).

4 SAC. G. ALBERIONE SSP, Maria Regina degli Apostoli, Alba-Roma-Catania 1948; 2

a ed., Albano 1954, pp. 295.

5 Enc. Ad diem illum, del 2 febbraio 1904.

6 Si tratta di S. Pier Giuliano Eymard.

7 Cf. SAC. G. ALBERIONE SSP, Maria Regina degli Apostoli, cit., 2

a ed., p. 5.

1 Meditazione dettata venerdì 1° ottobre 1954.

2 Nell'opuscolo originale troviamo “redazione”, ma riteniamo sia un errore di trascrizione.

3 Mt 11,28: «Venite a me, voi tutti».

4 1Tm 2,2: «Per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiate trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità».

5 Sal 70/69,6: «Vieni presto, Signore, non tardare».

6 1Tm 2,4: «Vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità».

1 Meditazione dettata nel pomeriggio di sabato 2 ottobre 1954. Al mattino ne aveva tenuta un'altra, come appare dal “Diario”: «Terminata la Messa [in cappella generalizia per le Pie Discepole], si dirige in Cripta per dettare, alle ore 6, altra meditazione a tutte le comunità, che avrà per argomento: “Maria SS. con la sua grazia ha ottenuto al mondo la vita”».

2 Mt 5,16: «Perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli».

3 Eugenio III (Bernardo Paganelli di Pisa), papa dal 1145 al 1153; fu novizio di S. Bernardo nell'abbazia delle Tre Fontane in Roma.

4 «Sii per te il primo [dei pensieri], sii l'ultimo».

5 1Tm 4,12: «Sii di esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fedeltà, nella purezza».

6 Fil 4,9: «Ciò che avete veduto in me, è quello che dovete fare».

7 È il noto romanzo storico di N. Patrick Wiseman (1802-1865), arcivescovo di Westminster e cardinale.

8 «Sotto la tua protezione…»: antifona mariana.

1 Meditazione dettata la mattina di domenica 3 ottobre 1954, come seconda riflessione del ritiro. - Nell'originale c'è la data del 2 ottobre, ma il pomeriggio del 2 ottobre Don Alberione ha tenuto la precedente meditazione (v. p. 502ss) e alla fine della presente meditazione dice: «Stamattina andare alla Comunione per domandare a Gesù la grazia di capire l'“Abstine”».

2 Lc 5,1: «La folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio».

3 Sir 21,2: «Come alla vista del serpente fuggi il peccato».

4 Mt 16,24: «Rinneghi se stesso».

5 Mt 16,24: «Prenda la sua croce».

6 «Sopporta»: secondo imperativo della morale stoica: «Abstine et sustine».

7 «In alto i cuori».

8 «Nel capo», cioè in lui come capo del Corpo mistico.

1 Meditazione dettata lunedì 4 ottobre 1954. - Nota di cronaca dal “Diario”: «Meditazione alla comunità alle ore 6. Argomento: “Maria Modello di ogni santa vocazione”. Terminata la meditazione in Cripta, va a dettare la terza meditazione del Ritiro ai Nostri della “San Paolo Film” in via Portuense. Poi, senza accettare nulla per colazione, dice all'autista di partire subito. E infatti parte subito per Bari, con alla guida D. Alberto Barbieri (nel sedile posteriore vi è anche il sottoscritto)... Durante il viaggio Roma-Bari, che durò sette ore, recitammo insieme il Rosario intero. Non ci si fermò; si mangiò solo un pezzetto di cioccolato».

2 Gv 3,16: «Perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna».

3 Rm 1,5: «Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti».

1 Meditazione dettata domenica 10 ottobre 1954, ai vespri.

2 Invitatorio dell'ufficio della Divina Maternità della B.V. Maria.

3 Cf. colletta della festa del S. Rosario.

4 Lc 22,41-43: «Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo».

5 Sal 84/83,10: «Guarda il volto del tuo consacrato».

6 «Regina del cielo rallegrati, Alleluia»: antifona pasquale.

7 Nell'opuscolo originale, segue una meditazione datata 7 novembre 1954, titolata “Vita sociale”, di cui non risulta traccia nel “Diario” di Don Speciale per quel giorno. Essa rimanda all'opuscolo “Per una coscienza sociale” (cf. San Paolo del Novembre 1953 e parallela Circolare interna FSP). Dal contenuto della meditazione si deduce che fu rivolta solo alle Figlie di San Paolo.

1 Meditazione dettata lunedì 29 novembre 1954. Titolo originale: Che cosa è la Chiesa (espressione ambigua, che richiama una meditazione precedente sulla Chiesa Corpo Mistico). - Dal “Diario”: «Il Primo Maestro celebra presto come al solito; poi va in Cripta recando il programma per l'inaugurazione della chiesa superiore “Regina Apostolorum”. Ascolta la Messa della comunità alle ore 6 e poi dètta la meditazione sulla Consacrazione della Chiesa».

2 Gn 28,17: «Questa è la casa di Dio».

3 Bar 3,38: «Ha vissuto fra gli uomini».

4 Lv 26,2: «Porterete rispetto al mio santuario».

5 Mt 8,8: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto».

6 «Gerusalemme città celeste, beata visione di pace»: inno ai Vespri della Dedicazione.

7 Communio della Messa: «In essa chiunque chiede riceve, e a chi bussa sarà aperto» (cf. Mt 7,8).

8 Il “Diario” di D.A. Speciale testimonia in proposito le umili e insistenti domande di aiuto, da parte del Fondatore, per affrontare le ingenti spese del Santuario. Inviti alle comunità della Famiglia Paolina; lettere e petizioni rivolte a persone facoltose, domande di crediti, ecc., erano sempre sostenute da questa motivazione: chi contribuisce a «scavare un pozzo di grazie» potrà attingervi per sé e per tutte le persone care. È noto che molti benefattori, gli stessi imprenditori e artisti che collaborarono all'impresa, si sentirono spesso debitori a Don Alberione, più che creditori.

9 «Dalle cose che tu ci hai donate...»: preghiera di offerta dal Canone romano.

10 La funzione solenne iniziò nel tardo pomeriggio di lunedì 29 novembre, primo giorno della novena dell'Immacolata, e fu officiata da Mons. Ettore Cunial, Vicegerente di Roma. Non fu possibile celebrarla l'8 dicembre, come si desiderava, perché in quella data tutti i vescovi presenti in Roma erano convocati nella basilica di Santa Maria Maggiore, per la conclusione dell'Anno Mariano 1954.

1 Ora di adorazione tenuta in Santuario, nel pomeriggio di martedì 30 novembre 1954. Testo pubblicato sul San Paolo di Novembre-Dicembre 1954 (cf. Carissimi in San Paolo, pp. 595-600).

2 Lc 1,46: «L'anima mia magnifica il Signore».

3 Seconda guerra mondiale: 1940-1945.

4 La grotta era scavata nel tufo della Collina Volpi (lato ovest del Santuario), poi sterrata per la costruzione della nuova casa delle FSP e il cortile del vocazionario maschile.

5 Entrambe costruite in Alba tra il 1925 e il 1935. Successivamente al Divino Maestro fu eretto il Tempio di Via Portuense, Roma.

6 «L'anima mia magnifica Maria».

7 «Madre dell'umanità».

8 Inno Gli apostoli uniti in preghiera.

9 Cf. Pro 9,5: «Venite, figli, mangiate i miei frutti».

10 «Benedetta dal Signore sei tu, Figlia: per te abbiamo partecipato al frutto della vita» (Antifona 4ª ai Secondi Vespri dell'Assunzione e della D. Maternità della B.V.M.).

11 «O Regina degli Apostoli», inno (cf. Preghiere della Pia Società San Paolo, 1952, p. 230).

12 Variazione mariana della colletta per la Dedicazione di una chiesa.

13 «Maria, luce agli Apostoli»: inno (cf. Preghiere della Famiglia Paolina, pp. 344-345).

14 È la grande cupola inferiore, sulla quale sono affrescati la imponente figura della Regina che stende il manto sui due gruppi di oranti, e tutt'intorno gli episodi evangelici della vita di Maria con Gesù e Giuseppe.

15 «Augusta Signora del cielo e Regina degli Apostoli, prega incessantemente perché tutti i popoli riconoscano che il Signore è Dio, e non c'è altri fuori di lui» (Ufficiatura propria della Regina degli Apostoli, antifona al Magnificat dei Primi Vespri).

16 «Gli apostoli acclaman concordi / te loro Regina, Maria», inno alla Regina degli Apostoli (cf. Preghiere della Famiglia Paolina, pp. 346-347).

17 Canto alla SS. Vergine (cf. Preghiere della Pia Società San Paolo, pp. 253-254).

18 Canto alla Regina degli Apostoli (cf. Preghiere della Famiglia Paolina, p. 349).

1 Meditazione dettata in Cripta la mattina di martedì 30 novembre 1954.

2 1Cor 4,17: «Come figli carissimi».

3 Gn 3,15: «Io porrò inimicizia tra te e la donna».

4 Lc 1,46: «L'anima mia magnifica il Signore».

5 «Egli ha voluto che noi tutto avessimo per Maria» (cf. S. Bernardo: «Sic est voluntas eius [Dei], qui totum nos habere voluit per Mariam», citato da Leone XIII, enc. Augustissimæ Virginis).

6 Mt 11,28: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò».

7 Cf. S. Epifanio: «Ave Maria, libro sigillato, che hai dato da leggere al mondo il Verbo, Figlio del Padre».

1 Meditazione dettata mercoledì 1° dicembre 1954. - Dal “Diario”: «Il Primo Maestro si alza presto e si prepara, con la preghiera e la meditazione, alla Messa che celebrerà alle ore 6 nella nuova chiesa. In occasione di questa prima Messa celebrata dal Primo Maestro nel Santuario “Regina Apostolorum”, non mancano attorno all'altare le cineprese e le macchine fotografiche, per tramandare ai posteri questo avvenimento».

2 Si è già accennato alla grande cupola inferiore, affrescata con scene evangeliche attorno alla Regina. Al di sopra s'inarca la cupola superiore, illuminata dai finestroni laterali. Entrambe le cupole sovrapposte sono popolate da schiere di angeli, a indicare il Paradiso.

3 “Nove virtù”: non è facile sapere a quale classificazione di virtù si riferisca qui don Alberione. Potrebbe comunque essere illuminante un passo del volume Maria nel dogma cattolico, di E. CAMPANA, testo molto caro a don Alberione. Nella conclusione, l'autore, sottolineando la necessità del clima di nascondimento, scrive: «Tale è la condizione richiesta allo sviluppo delle virtù che costituiscono la perfezione cristiana, la quale essenzialmente consiste nell'umiltà, nel distacco dal mondo, nella semplicità, nella moderazione dei desideri, nella sofferenza tranquilla delle presenti miserie, nell'adattamento benevolo, premuroso a quelli che sono di condizione inferiore, nell'operosità, nell'amore degli ultimi posti, nell'abbandono totale, cieco di se stessi ai divini voleri, anche quando non si conoscono».

4 Opera d'arte è certamente il vasto affresco delle cupole e dei pennacchi sottostanti: capolavoro di un artista affermato quale fu A. Giuseppe Santagata (Genova 1888 - 1985).

5 «Credo la vita eterna», dal Simbolo apostolico.

6 Cf. Fil 1,23: «Desidero di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo».

7 «Il regno di Dio soffre violenza, e i violenti se ne impadroniscono».

8 Gb 19,21: «Pietà, pietà di me, almeno voi miei amici».

9 Sono, rispettivamente, D. Vittorio Bonelli (Benevello CN 1917 - Nanchino 1948) e D. Giuseppe Costa (Castellinaldo CN 1919 - Santiago 1949).

10 Nell'originale: «L'azione dà l'orazione», evidente errore di trascrizione del parlato.

11 Sal 130/129: «Dal profondo (a te grido, o Signore)».

1 Meditazione dettata in Santuario, giovedì 2 dicembre 1954. - Dal “Diario”: «Continua l'attuazione del programma per l'inaugurazione della chiesa. Oggi il tema è l'Apostolato e, in particolare, la Redazione. Il Primo Maestro ha celebrato la S. Messa nella Cappella della Casa Generalizia molto presto... Alle ore 6 è già in Santuario per assistere alla Messa della Comunità celebrata da D. Giovanni Robaldo. Dopo la messa dètta la meditazione».

2 Cf. Allocuzione agli Editori cattolici d'Italia, 7 nov. 1954 (AAS 1954/II, pp. 712-714).

3 Dal Simbolo niceno-costantinopolitano della Liturgia romana.

4 Bar 3,38: «Ha vissuto fra gli uomini».

5 Gv 1,11-12: «Ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio».

6 Cf. EMILIO CAMPANA, Maria nel Dogma cattolico, Marietti, Torino 1936, pp. 1133-1135. - La sezione V del cap. IX di questo voluminoso trattato, sempre sul tavolo di Don Alberione, si intitola infatti «Maria Maestra degli Evangelisti e degli Apostoli».

7 È “Maria e gli Evangelisti”, dipinto su tela di Alessandro Maganza (1556-1630), esposto nel salone detto “Refettorio”, presso il Santuario mariano di Monte Bèrico. Tale salone, noto per il grande quadro del Veronese “Convito di Gregorio”, era adibito come sacrestia nelle celebrazioni solenni.

8 Ildefonso di Toledo (607-667), discepolo di S. Isidoro di Siviglia (560-636), monaco e quindi arcivescovo della città. Fu insigne liturgista e mariologo.

9 Beda il Venerabile (673-735), monaco benedettino inglese di Wearmouth; dottore della Chiesa. Celebri la sua Storia ecclesiastica degli Angli e i commenti biblici.

10 «Maria ebbe i meriti degli Apostoli e degli Evangelisti, insegnando» (S. Tommaso, Catena aurea in Matth.,, c. X).

11 Ambrogio (339-397), nativo di Treviri in Germania, governatore nel 370 dell'Emilia-Liguria, con sede a Milano, proclamato vescovo nel 374. Padre spirituale di S. Agostino, scrittore fecondissimo e formatore di comunità consacrate, è Padre della Chiesa.

12 Lam 4,4: «[I bambini chiedevano pane] e non vi era chi glielo spezzasse».

13 Mt 4,4: «Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

14 Linotype era la compositrice meccanica delle righe in piombo, prima della fotocomposizione.

15 “Cosa” sta per idea, pregiudizio o persuasione erronea, da eliminare.

1 Meditazione dettata venerdì 3 dicembre 1954.

2 Nell'originale: «Omnis editio vel sit expresse de rebus fidei, morum et cultus, vel ad illas disponat, vel saltem aliqua contineat ad salutem utilia» (Costituzioni SSP, ed. 1949; cf. art. 249, ed. 1966).

3 «Ha dato alla luce per noi il Salvatore» (Canone Romano, memento dei vivi [communicantes] nell'ottava della Natività).

4 Nell'originale: «Convenienti copia et frequentia pervenire possit» (Costituzioni SSP, art. 247, ed. 1966).

5 Benigno Bossuet (1627-1704), vescovo di Meaux, celebre oratore e scrittore, interprete del “secolo d'oro” della cultura francese. Fra le sue opere più note: i Sermoni e il Discorso sulla Storia universale.

6 Dionigi, uno dei 25 santi omonimi, è probabilmente da identificare con lo pseudo-Areopagita, scrittore neoplatonico del V secolo, autore della Celeste Gerarchia.

7 «Il Signore lo conservi...»: verso del responsorio Pro Summo Pontifice.

1 Meditazione dettata sabato 4 dicembre 1954.

2 “Quotidiano privilegiato”: espressione canonica per indicare che chiunque celebra su quell'altare, può lucrare l'indulgenza plenaria ogni giorno.

3 Lc 10,42: «Maria si è scelta la parte migliore».

4 Per la verità non si tratta di una Esortazione apostolica ma di una Lettera enciclica, pubblicata da Pio XII il 25 marzo 1954.

5 «Ecco, io vengo».

6 Cf. Eb 3,1: «Abbiamo in Gesù l'apostolo e sommo sacerdote della fede... Ecco vengo».

7 Lc 1,38: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto».

1 Meditazione dettata domenica 5 dicembre 1954, II di Avvento. - Dal “Diario”: «Oggi il tema dei festeggiamenti per l'inaugurazione del Santuario è il Sacerdozio. Infatti nel programma è scritto, per le ore 8,30: “Sacre Ordinazioni”». In quella celebrazione furono ordinati quindici sacerdoti paolini.

2 Mt 11,5: «Ai poveri è predicata la buona novella».

3 Gv 8,12: «Io sono la luce del mondo». Mt 5,14: «Voi siete la luce del mondo». - Osserviamo che queste parole furono incise, per volontà del Fondatore, sul fronte dell'altar maggiore del Santuario, ai lati del tabernacolo.

4 Tt 2,7: «Offri te stesso come esempio».

5 Cf. 2Mac 15,14. Nel testo biblico, queste parole del Sommo Sacerdote Onia si riferiscono al profeta Geremia.

6 Proverbio popolare.

7 Is 11,2: «Su di lui si poserà lo Spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza».

8 Questo tema viene ampiamente sviluppato dall'Autore nell'opuscolo “Amerai il Signore con tutta la mente” (cf. Anima e corpo per il Vangelo, collana Opera Omnia, San Paolo 2005).

9 Tali cifre statistiche del 1954 vanno ovviamente aggiornate. Oggi (2005) la popolazione italiana conta 58 milioni circa, con 52.268 sacerdoti (fra diocesani e religiosi). La popolazione mondiale ammonta a 6 miliardi e 300 milioni circa, con 405.450 sacerdoti.

10 Mt 9,38: «Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe».

11 «Prega il Figlio tuo, perché mandi operai nella sua messe»: antifona «Suscipe nos» al Magnificat, secondi vespri della Regina degli Apostoli.

1 Meditazione dettata lunedì 6 dicembre 1954.

2 Evidente riferimento alla nota terzina della preghiera di san Bernardo: «Donna, se' tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disianza vuol volar sanz'ali» (DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, “Paradiso”, XXXIII, 15-17).

3 Enciclica Ad diem illum, 2 febbraio 1904, già citata.

4 1Tm 2,4: «[Dio] vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità».

5 I primi due articoli delle Costituzioni precisano la duplice finalità dell'istituzione: ricerca della perfezione evangelica dei membri, e apostolato per l'evangelizzazione del mondo, con i mezzi specifici della comunicazione sociale.

6 Riferimento autobiografico: Don Alberione fu Terziario domenicano e quindi, per incarico del Vescovo, Direttore dei Terziari per la città di Alba (cf. Abundantes divitæ, nn. 121 e 204.6).

7 Cf. ancora Abundantes divitiæ, nn. 121-123.

8 Si riferisce probabilmente alla famiglia Vigolungo di Benevello, che contava oltre i genitori Francesco e Secondina, cinque figli, tra i quali Maggiorino, divenuto il «piccolo apostolo della Buona Stampa».

9 Lc 5,5: «Ma sulla tua parola getterò le reti».

10 Lc 5,7: «Fecero cenno ai compagni dell'altra barca».

11 2Ts 3,1: «[La parola di Dio] si diffonda e sia glorificata».

1 Titolo originale: Le Famiglie Paoline. Meditazione dettata martedì 7 dicembre 1954. - Dal “Diario” : «Continua il programma per l'inaugurazione del Santuario. Tema di oggi: “La Famiglia Paolina nelle nazioni”».

2 Come esplicitò altrove, in varie occasioni, Don Alberione insisteva perché in tutte le fondazioni nuove si facesse tesoro delle esperienze compiute nella fondazione di Casa Madre, e delle direttive impartite alle prime generazioni di Paolini/e.

3 Libro scritto a più mani (storia e testimonianze di vita rese dai rappresentanti dei singoli istituti della Famiglia Paolina) - pubblicato in occasione del 40° di fondazione e 70° di vita del Fondatore - è notevole per aver utilizzato i primi appunti autobiografici di Don Alberione, usciti poi col titolo di Abundantes divitiæ gratiæ suæ.

4 Nell'originale “Antiochia della Siria”: errore di trascrizione dal parlato. Dalla città siriana infatti Paolo era partito.

5 Gv 20,21: «Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».

6 Si richiama uno dei due libri Maria Regina degli Apostoli, scritti rispettivamente da T. Giaccardo e G. Alberione (citati). Il titolo Regina Apostolorum è invece proprio di un volume di E. Neubert, pubblicato successivamente (Edizioni Paoline, Catania 1958).

1 Meditazione dettata mercoledì 8 dicembre 1954. - Dal “Diario” : «Oggi chiusura dell'anno mariano e del programma dei festeggiamenti per l'inaugurazione del Santuario “Regina Apostolorum”, il tema è: “Giornata delle vocazioni e dei propositi”».

2 Bonaventura da Bagnoregio (san): (1217-1274). Fu sapiente teologo, ministro generale in tempi non facili per il suo Ordine. A lui si deve la redazione della più importante e autentica Vita di Francesco d'Assisi. Viene considerato il secondo fondatore dell'Ordine dei Minori. Nel 1273 fu nominato cardinale e vescovo di Albano. Canonizzato nel 1482, proclamato dottore della Chiesa nel 1588 insieme a Tommaso d'Aquino. Tra le opere principali: Itinerarium mentis in Deum e Lignum vitae.

3 «Conoscere Maria è via d'immortalità, e narrare le sue virtù è vita di salvezza eterna», citato da S. Alfonso de' Liguori, Le Glorie di Maria, I (Spiegazione della Salve Regina), cap. VIII.

4 Comporre alla cassa significava comporre un testo con i singoli caratteri in piombo, attingendoli dalle rispettive caselle della cassa tipografica. .

5 Antonio Federico Ozanam (1813-1853), letterato francese di origine italiana (israelita?), studioso di Dante e del monachesimo medievale, animatore dei gruppi caritativi che si chiamarono poi “Conferenze di San Vincenzo”.

6 André-Marie Ampère (1775-1836), fisico e matematico francese, scopritore delle leggi elettrodinamiche ed elettromagnetiche. Il suo nome indica l'unità di misura dell'intensità di corrente elettrica.

7 “Immacolatini” era il titolo degli aspiranti più giovani alla vita paolina, i preadolescenti, che frequentavano le prime classi medie.

8 «O clemente, o pia, o dolce Vergine, Maria».