Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, 23 settembre 1962 - LA VERGINITÀ3
Nella liturgia della giornata di oggi, festa di S. Tecla, si suole dare tutta l'importanza alla liturgia della domenica. Perciò nel Breviario e nella Messa si fa solo la commemorazione della Santa; ma per voi è giusto e doveroso che l'abbiate pregata e la preghiate ancora, perché interceda presso il Signore per mezzo di S. Paolo di cui ella è la figlia spirituale, per la Congregazione e per la Prima Maestra.
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Vergine e Martire! La lezione che ci dà la Santa è estremamente istruttiva. Convertita dalle predicazioni di S. Paolo, ella rifiutò il matrimonio che era stato preparato e voluto dai genitori, perché si era consacrata al Signore secondo le istruzioni di S. Paolo, il quale insegna che la verginità è superiore al matrimonio. L'amore a Gesù Cristo dominava nella sua anima.
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Seguire Gesù, amare Gesù fino all'estremo, senza intermezzi di persone o di cose, esponendo anche la sua vita, era il suo programma. Tutta, solo, sempre di Gesù.
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La verginità occorre sia compresa e provata prima di essere ammessi alla professione, per poi viverla, goderne i frutti sulla terra e specialmente nella eternità. La vergine cerca sempre e solo Gesù; arriva alle comunicazioni più intime col Signore, alle gioie del Paradiso. Occorre che ci sia la verginità positiva, non soltanto la negativa per ammettere alla professione, anzi ciò è necessario per la vestizione e per la entrata in noviziato. La verginità positiva è un amore intenso a Gesù: un particolare amore a Gesù che va all'esterno, cioè agli atti, ai sacrifici, e non è soltanto dimostrato con preghiere e regolarità di vita. Le preghiere, la regolarità di vita, sono certo cosa buona, ma è necessaria la prova. Cominciando da giovanette si aspetta e si va avanti un po' ciecamente; immesse in una via, si passa, di anno in anno, come si passerebbe dalla prima alla seconda media, dalla seconda alla terza e si va avanti senza rendersi troppo conto degli stati di vita. La verginità richiede che ci si renda ben conto delle due vie: quella del matrimonio e quella della verginità. Vi sono delle persone che non hanno avuto prove nella vita. Nella gioventù il loro amore non è stato contrastato; non hanno avuto altre prospettive, per fare una scelta consapevole.
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L'amore a Gesù Cristo deve dimostrarsi non solamente nel frequentare la Chiesa e anche i Sacramenti, ma in qualche altra prova più intensa, più viva, e cioè col sacrificio. L'obbedienza prova la santità, poiché la vera santificazione è solo questa: conformarsi alla volontà di Dio, dimostrata nel continuo ed esatto compimento dei propri doveri. Una prova vera! Se l'anima è tormentata e ha periodi di crisi in gioventù, subisce una prova, che, se è superata con fortezza, la irrobustirà spiritualmente.
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Ci sono superficialità che illudono, che riempiono l'occhio all'esterno, guadagnando l'affetto di una persona e dell'altra; tutto questo è negativo nella vocazione; o se non è del tutto negativo, almeno non è positivo, non dice nulla quanto a positività.
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Se non si è abituate a combattere, non c'è la forza; e quando poi sopraggiungono le prove interne o esterne, si crolla.
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La verginità non è una cosa negativa soltanto; non è soltanto "non sposarsi"; ma è aver scelto lo Sposo Divino, è concentrare tutto il cuore in Gesù. Amore concentrato in Gesù, amore che supera le prove e vien dimostrato con la vittoria sopra i sensi e sulle circostanze e sulle indifferenze dei genitori, o sull'opposizione dei parenti. Amore che viene dimostrato con la rinuncia ad un avvenire che sembra roseo. La verginità non consiste solo nell'astenersi dal matrimonio: quella negativa ha poco valore e alle volte può essere motivata da ragioni di... comodità. Vi sono regioni in cui abbondano le vocazioni, ma abbonda anche qualche altra cosa: la necessità di mettersi a posto, il desiderio di trovare una vita comoda, una vita che ha un poco di pietà e che in un certo senso merita anche rispetto.
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La Chiesa non ha solo bisogno di molte vocazioni, ma di vocazioni autentiche, abituate all'obbedienza e al lavoro. Abituate al lavoro, cioè a dar le forze a Dio, nella maniera che è possibile e secondo le disposizioni dell'obbedienza.
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La verginità deve essere vissuta e perfetta; tale è quella che rinnega le tre concupiscenze, e cioè: la concupiscenza della carne, la concupiscenza che si chiama avarizia, e la concupiscenza dell'orgoglio, quell'orgoglio, che si dimostra specialmente con la poca obbedienza e con la poca carità e stima degli altri.
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La verginità deve essere piena e tutta centrata in Dio; quindi non deve confidare nelle cose della terra: negli averi, nelle comodità delle famiglie, ecc. Si considerano le cose esterne come a servizio di Dio; e se vi sono dei locali adatti, è perché lì si deve servire meglio Dio, non per il proprio comodo e per la propria soddisfazione. Non si entra perché ci sono i tappeti o altre cose che possono rendere la vita più agevole. Quando non c'è la privazione e non si sanno fare i sacrifici con vero distacco, non si vive il voto di povertà.
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La verginità oggi si concepisce, per gli stati religiosi con la povertà, con il distacco dalla famiglia e con l'obbedienza.
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Le persone che si aggiustano un po' come vogliono, tanto per l'obbedienza come per la povertà, finiscono sui margini del male, se addirittura non si mette il piede in fallo, perché non è vissuta la verginità. Si formano abitudini di vivere e di pensare che non sono conformi allo stato religioso. Ah! quella non toccatela! Ha le sue idee, le sue abitudini!...
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Leggevo la settimana scorsa, nel libro del Dagnino, un passo di S. Teresa d'Avila che diceva: "Noi monache, sappiamo aggiustarci molto bene, per ottenere quel che vogliamo: portar delle ragioni, ottenere dei permessi, fare delle eccezioni". Ma in questo modo ci si mette fuori della via della verginità, poiché chi fa così non ha consacrato la volontà a Dio o non vive la sua consacrazione; e molte volte non si vive questa perché si portano delle scuse: l'età, i malanni, ecc. Si portano delle scuse, si fanno dei ragionamenti che non potranno essere approvati da Dio nel giorno del giudizio. Oltre l'obbedienza ci vuole il distacco dalla famiglia. E quando si dice: distacco dalla famiglia s'intende anche la verginità materiale e cioè il celibato. Talvolta s'incontrano vite religiose che non hanno più sapore, che sono mescolanze di spiritualità e di umanità, quell'umanità che finisce col dominare sempre più nei pensieri, nei ragionamenti, dei discorsi, nelle attitudini, nell'adempimento degli uffici che vengono dati: si trova sempre il modo di evadere dal proprio dovere. Verginità piena ci vuole! Si ha la verginità piena quando l'amore a Gesù viene vissuto, di modo che le rinunce non sono imposte, non costituiscono più un sacrificio ma un desiderio, hanno un'attrattiva e sfociano nella volontà di piacere a Gesù, di vivere con Lui, di accompagnare Lui nella vita per accompagnarlo poi al Calvario, come Maria, e accompagnarlo al Cielo, nella gloria e nella beatitudine. Allora i pensieri si elevano, non si trova difficoltà a meditare, o se si trova si ricorre alla preghiera e si vince.
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Nella visita l'anima è felice perché ella vuole Gesù, ama Gesù e desidera trattenersi con Lui. Allora essa gode della familiarità con Gesù, la familiarità di conversazione, che è la pietà più saporosa; e considera le ore dedicate alle pratiche di pietà come le ore migliori della giornata. Allora si intendono le cose spirituali, si capiscono gli avvisi, si accettano le disposizioni: l'anima si va elevando, si evangelizza, cioè vive il Vangelo, si spiritualizza, si eleva sempre e si prepara alla compagnia degli Angeli e dei vergini in Paradiso.
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Ma vi sono persone che non capiscono che se stesse, che possiedono l'egoismo, non la verginità. C'è il modo di stare in comunità e soddisfare più che si può l'io. E Gesù? Si dicono delle preghiere, ma sono come cose esterne, cose che non si capiscono. Non si capisce l'essenza della Messa, durante la quale si cantano cose che sono estranee. La Messa è sentita bene solo se noi ci offriamo a Dio con Gesù Cristo; se rinnoviamo la nostra consacrazione a Lui; se non si cerca più la stima; se non si cercano più le comodità; se non si cerca più la propria volontà; se non si cercano più le soddisfazioni della gola e della sensualità, della pigrizia ecc.
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Noi alle volte stiamo in Chiesa ma non rinnoviamo la nostra offerta, non ci uniamo a Gesù Cristo, non partecipiamo al suo sacrificio.
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Insisto sulla verginità sempre meglio vissuta, sempre più custodita. La verginità è della mente, ed è del cuore; nasce ed è alimentata sempre dall'amore più intenso. Non si può restare senza amore perché consacrati a Dio. La verginità è custodita e alimentata da un amore più puro e più intenso. Verginità positiva, quindi; non negativa. Vi sono tanti che non passano al matrimonio per fini molto umani e, a volte, peccaminosi. Occorre la verginità positiva nella vita religiosa. E' questa che porta alla professione, che guida nella vita perfetta e che fa entrare direttamente in Paradiso.
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Quando la vergine è superiore a tutte le cose umane, alle cose terrene, alle relazioni della famiglia, alle relazioni umane, sensibili e alla volontà propria, viene illuminata e comprende sempre più il Vangelo; ha comunicazioni con Dio sempre più intense e man mano che si avvicina all'eternità riceve la luce delle cose spirituali; la luce di Dio la inonda sempre più e diviene più forte e più generosa man mano che le forze fisiche diminuiscono. Il concetto vero della verginità importa prove positive.
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S. Pio X insiste molto sulla necessità di cercare le prove positive nei giovani che dimostrano vocazione e di non accontentarsi solo di quelle negative. Studiare bene le giovani perché nessuna si esponga al pericolo di incamminarsi in una vita in cui non sia poi contenta. Perché, se non si sposa Gesù con la professione, il cuore verso chi si orienterà?: si attaccherà a delle sciocchezze fino ad amare i cani e i gatti. Invece se c'è l'amore a Gesù si passa sopra a molte cose umane. Quando si è tutti di Dio non si prova pena neppure nella sofferenza perché si gioisce di soffrire per Lui. "Vivit vero in me Christus!". Allora non sei più tu che vivi; ma è Cristo che vive in te; è la personalità di Cristo che ti domina e che assorbe la tua.
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Imparare dall'esempio e dalla vita di S. Tecla vergine e martire. Ella penetrò le cose divine, le cose più ardue.
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Il Signore sia con voi! Veri gigli! Non di quelli senza calice e quindi senza il fiore, ma quelli che hanno il fiore con il suo profumo: il "bonus odor Christi".
Tipografia - Figlie di S. Paolo - Roma - Novembre 1962
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