Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II - LA VITA TERRENA DI MARIA

NASCITA DI MARIA

Dopo aver considerato Maria nella mente di Dio, nella visione dei Profeti, nei Simboli, nelle figure, vediamo la sua vita sulla terra dall'Immacolato Concepimento alla gloriosa assunzione ai Cielo.
I Profeti avevano presentato al popolo eletto un criterio infallibile per riconoscere la venuta del Salvatore: doveva apparire un segno: una vergine, rimanendo vergine, diverrebbe Madre del Messia sospirato da tutte le nazioni. E il popolo ebreo guardava alla radice di Jesse, la regia stirpe di David, dalla quale doveva spuntare il gran segno: Ecce virgo concipiet: Ecco una vergine concepirà.
L'ora del riscatto stava per suonare; tutti aspettavano il segno d'Isaia: Et egredietur de radice Jesse, et flos de radice ejus ascendet: E uscirà dalla radice di Jesse e un fiore germoglierà da lei (Is. 11,1)
La bella figura di Maria si presentò come un sole: Sicut sol oriens mundo (Eccli. 26,21); e
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questo sole radioso ebbe la sua alba ed aurora nella Concezione immacolata di Maria, nella sua nascita e nell'imposizione del suo nome.

1. La Concezione Immacolata. – Maria apparve piena di grazia, tutta bella, tutta santa; Ella scrive S. Ambrogio, è «la verga dove non fu mai né il nodo del "peccato originale, né la corteccia del peccato attuale». E S. Efrem, decoro della Chiesa siriaca, chiama Maria «la sposa di Dio, che si riconciliò con Lui». S. Germano di Costantinopoli: «la più ammirabile di tutte le cose mirabili: Mirabilia mirabilium». E S. Giovanni Damasceno: «Capo dei miracoli: Caput miraculorum, un abisso profondo di miracoli, un pelago smisurato di doni, l'innocente per eccellenza, l'Immacolata, l'intemerata, l'incorrotta ed in tutto pudica Vergine, Madre di Dio e Signora nostra».

Alcuni S. Padri rapiti dalla bellezza di Maria, così la chiamarono: «Colomba mondissima. Gerusalemme santa, trono eccelso di Dio, arca di santificazione fabbricata dall'Eterna Sapienza, Regina piena di delizie appoggiata al suo Diletto, uscita dal Cuore di Dio, cara a Lui, in tutto bella e senza ombra a di peccato, giglio fra le spine, terra intatta, Vergine illibata, immacolata sempre benedetta!».

Ma come è possibile contemplare un frutto bello senza pensare alla pianta che lo produsse? S. Gioacchino e S. Anna furono i fortunati genitori di Maria SS. Il loro nome non ci è dato dalla Sacra Scrittura, ma dalla Tradizione.
Essi furono arricchiti di fede, di speranza e di carità, furono pieni d'ogni virtù, e, nella
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preghiera e nel digiuno, affrettarono la redenzione d'Israele. Gioacchino dunque, il grande eletto che col suo nome esprime preparazione del Signore: Joachim praeparatio Domini, e la sua consorte Anna che «grazia si nomina»: Anna gratia interpretatur, diedero alla luce la Signora, la Regina del cielo e della terra.

La Chiesa asserisce nella Liturgia del giorno della Natività, che Maria fu della tribù di Giuda e precisamente della regale stirpe di David. Anche Maria quindi era di stirpe regale, perché gli Ebrei, per comando di Dio, non potevano sposare donna fuori della propria parentela. Lo stesso attesta la Tradizione.

Maria è la gloria fulgida di S. Gioacchino e di S. Anna. I figli buoni sono veramente l'onore dei genitori.

Quale fortuna per la Chiesa e per lo Stato avere famiglie buone! Oh, se tutte le famiglie fossero ben ordinate e fondate sul Sacramento del Matrimonio!

Nelle famiglie buone nascono spesso le vocazioni alla vita religiosa ed ecclesiastica. Primo nostro dovere è dunque quello di pregare per la santificazione delle famiglie; in secondo luogo dobbiamo essere riconoscenti a Dio per averci fatto nascere in buone famiglie. Preghiamo il Signore perché susciti tra la nostra parentela delle sante vocazioni.

2. La nascita di Maria. – Maria fu concepita come la creatura più bella, non solo esente dal peccato, ma rivestita di tanta grazia da superare gli stessi Angeli e Santi: Omnem electae creaturae altitudinem electionis suae dignitate
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trascendit (S. Gregorio). La Chiesa canta nella Liturgia della Natività di Maria: «La nascita della gloriosa Vergine Maria recò allegrezza a tutto il mondo».

S. Giovanni Damasceno dice: «Io vi saluto, graziosa pecorella, nella quale, ben presto, il buon Pastore verrà a rivestirsi d'umana carne, ciò che gli permetterà d'essere l'Agnello di Dio, il vero Agnello pasquale, immolato per la redenzione del suo popolo».

Il luogo ove nacque Maria è ignoto. Alcuni suppongono che sia Sefori, altri Betlemme, altri Nazaret.

Gli Occidentali ritengono che la città natale di Maria sia Nazaret. Nell'ufficiatura della Santa Casa si legge infatti che la Santa Casa di Loreto, proveniente da Nazaret, accolse i primi vagiti di Maria Bambina.

La Sacra Scrittura non parla della nascita di Maria e la Tradizione ce ne porge poche notizie. Seguendo però la sentenza più comune, si crede che Maria sia nata l'8 settembre del 733 o del 737 dalla fondazione di Roma.

La nascita di Maria riempì di gioia il cielo e la terra. Gioì il Padre che contemplò con amore in quella piccola Bambina la sua Figlia Immacolata e la Madre del Verbo eterno; gioì il Figlio che contemplò in Lei l'amatissima Madre; gioì lo Spirito Santo che si compiacque del suo capolavoro e contemplò in Lei la sua purissima e fedelissima Sposa; gioirono gli angeli che la salutarono loro augusta sovrana. Gioì infine l'umanità perché riconobbe in Lei la sospirata aurora di quel sole divino: il Redentore che doveva fugare le tenebre del peccato.
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Prostriamoci spiritualmente in unione degli Angeli e dei Santi Genitori innanzi alla culla di Maria e salutiamo esultanti la celeste Bambina, il tempio d'oro purissimo, nel quale, quando sarà giunta la pienezza dei tempi, entrerà Gesù.
Ringraziamo il Signore per averci dato questa Madre tanto grande e tanto buona.
Oh, la bellezza dell'anima di Maria! Omnis gloria ejus... ab intus! (Salmi 44,14 ). Non è l'esterno che conta presso Dio, ma la virtù, la grazia.

3. Il nome di Maria. – Quindici giorni dopo la nascita, Gioacchino ed Anna imposero alla Bambina il nome di Maria. E questo nome santissimo, dolcissimo, degnissimo, conviene ottimamente alla Vergine. Esso è uscito dai tesori della Divinità e fu imposto alla Vergine per esprimere la dignità, l'ufficio a cui l'aveva preordinata il Signore.
Il nome di Maria significa: a) Stella del mare b) Illuminatrice; c) Signora.
Maria è la stella del mare, perché indica ai poveri mortali, sbattuti dalle passioni, la via più breve e più sicura per giungere al sospirato porto: Ave, maris stella; stella splendidissima, da cui procede il lucidissimo raggio dell'Uomo-Dio; stella utilissima, illuminatrice per gli esempi della vita, per i benefici della misericordia, per gli splendori della gloria.
Maria s'interpreta ancora Signora: la Signora per eccellenza; Signora in cielo, Signora in terra, Signora anche nell'inferno: Maria Domina convenientissime interpretatur. Stella del
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mare agli uomini, illuminatrice degli Angeli, Signora dell'universo.
Il nome di Maria dunque non fu imposto a caso alla Vergine nazarena, ma fu significativo delle virtù che, riposte come in germe nella Bambina, si sarebbero sviluppate fino a raggiungere la più sublime perfezione.
«Innanzi al nome di Maria, scrive un santo Padre, tutto il mondo genuflette; genuflette il cielo, la terra, l'inferno. Questo nome, meglio d'ogni altro, ristora gli stanchi, sana i languenti, illumina i ciechi, commuove gli induriti, conforta i combattenti, scuote il giogo di satana. Nel sentirlo si rallegra il cielo, esulta la terra, gioiscono gli Angeli, tremano i demoni, l'inferno si conturba». Come il nome di Gesù, il nome di Maria è «miele al gusto, armonia all'orecchio, giubilo al cuore».
Onoriamo, invochiamo, difendiamo il nome di Maria. Onoriamo il nome di Colei che è l'Immacolata, la piena di grazia, la Regina dell'Universo; invochiamola nei pericoli, nelle tentazioni. nelle angustie, nelle tribolazioni; difendiamolo benedicendolo quando qualche cattivo lo profana.

Pensiero di S. Pier Damiani. Rallegriamoci contemplando la natività della SS. Vergine; sì, rallegriamoci per questa nascita, come facciamo per la nascita di Cristo stesso. oggi ci è nata la Regina del mondo, la Porta del Paradiso, il Tabernacolo del Signore, la Scala del cielo, dalla quale scenderà sino alla nostra bassezza il Re dell'eternità, per la quale l'uomo peccatore, che giaceva a terra, potrà risalire sino al suo Dio.
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Concili a favore dell'Immacolata. – Concilio di Efeso: È il terzo concilio ecumenico (anno 431); chiama Maria Immacolata, cioè senza colpa.
Concilio di Toledo: Fu tenuto nel 634. Approva con lode il messale riformato da S. Isidoro Arcivescovo di Siviglia. In esso è segnato per tutta l'ottava l'Ufficio della Concezione e riporta che la Vergine fu preservata dal peccato originale per un privilegio giustamente dovuto alla dignità di Madre di Dio.
Concilio XI di Toledo del 675: Conferma la dottrina di S. Ildefonso e confessa con lui che Maria non fu mai macchiata del peccato originale.
Concilio III di Costantinopoli: Fu tenuto nel 680 sotto il Pontificato di Agatone. Ricevette con plauso universale la lettera di Sofronio, Patriarca di Gerusalemme nella quale Maria è chiamata «Immacolata, santa cioè di corpo e di anima e libera da ogni peccato o contagio di peccato».
Concilio II di Nicea: Convocato nel 787 e ratificato dal Papa Adriano I, parlò della S. Vergine chiamandola «Santissima ed Immacolata, irreprensibile e più pura di tutta la natura, sia sensibile che intellettuale» cioè più pura degli Angeli del cielo che non peccarono mai né di colpa attuale, né di colpa originale.
Concilio di Basilea: Si dichiarò per la Concezione Immacolata di Maria.
Concilio di Trento: Nella quinta sessione (anno 1546) dichiarò che nel decreto riguardante il peccato originale non è compresa la SS. Vergine Madre di Dio.
Pio IX, nel 1854, definì il dogma dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
Pio XII, nel 1950, definì il dogma dell'Assunzione della Beata Vergine Maria.

La nascita di Maria

L'alba del sole eterno il mondo indora
cui cieco error il fosco orror copria;
di suo puro candor l'alme innamora
Vergine sempre bella e sempre pia.
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Voli, voli dal cielo schiera canora,
e senta il mondo angelica armonia;
augelletti celesti, ecco l'aurora,
fortunati mortali, ecco Maria.

Senti (volli dir Dei) senti quant'osa
dir con strane d'amor forme leggiadre,
l'innocente empietà d'alma pietosa.

Tu sei minor di Dio, s'hai Dio per padre,
egual a Dio, se tu di Dio sei sposa,
maggior di Dio, se tu di Dio sei Madre.

L. D. L.


PRESENTAZIONE AL TEMPIO

La Provvidenza divina, che tutto guida con forza e soavità, vegliava su Maria Bambina e l'andava preparando all'altissimo ufficio di Madre di Dio. A tale fine condusse la celeste Infante, per mezzo dei suoi genitori, al tempio di Gerusalemme.

1. La Presentazione al Tempio. – Narra la Tradizione che Gioacchino ed Anna, grati al Signore del beneficio di aver avuto una figlia, fecero voto di consacrarla a Lui nel tempio, appena l'età lo avrebbe permesso. E furono fedeli alla promessa.
Maria toccava appena i tre anni, quando, accompagnata dai genitori, mise piede sulla soglia del tempio. Quivi l'augusta Bambina fu ammessa tra l'eletta schiera delle vergini consacrate a Dio e collocata nel fabbricato che
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sorgeva presso il tempio di Salomone, dove si educavano nella pietà le più distinte fanciulle ebree. Non si sa il tempo in cui Maria fu presentata al Tempio. La Chiesa celebra il 21 novembre la festa della Presentazione.
Per un duplice fine Maria fu presentata al Tempio: a) per consacrarsi al Signore; b) per ricevere conveniente formazione spirituale. La Tradizione dice che Maria stette al Tempio fino all'età di quattordici anni.
Nella navata sinistra della Basilica di S. Pietro, in Roma, c'è un altare detto della Presentazione. Uno splendido quadro in mosaico rappresenta la Vergine nell'atto di essere presentata al Tempio. Vi si ammira Maria mentre sale i gradini del Tempio in uno slancio che traspare dalla sua persona; il sacerdote le si fa incontro lietissimo.
Chi ci narrerà la vita angelica di Maria nel Tempio? «La sua mente, scrive S. Ambrogio, era sempre assorta nel Sommo Bene; al suo silenzio rispondeva l'umiltà, l'ubbidienza e la verecondia, che è l'ornamento più prezioso di una fanciulla. Per impiegare ad onore di Dio ogni istante di tempo, univa insieme l'operosità della mente e della mano; la parsimonia del digiuno era il condimento più saporito dei suoi cibi. L'anima sua non era mai tentata di pigrizia e la sola necessità la portava al riposo: ed allora vegliava innanzi alla Somma Bontà sognando le grandezze del Signore, e la sapienza della divina parola, che aveva letto durante il giorno».
Maria visse per la preghiera, per lo studio, per il lavoro. Meditava ogni giorno le grandi verità, diceva poche e sagge parole, trattava
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spesso con gli Angeli, e Dio le rivelava i misteri della sua misericordia.
Qual esempio diede Maria Bambina, all'ombra del Santuario, alle fanciulle di tutti i tempi! Oh, se tutte le figliuole si specchiassero in Lei, se imitassero le sue virtù!
Chi, su esempio di Maria, lascia il mondo e si ritira nel silenzio del raccoglimento della vita religiosa, ne ringrazi Iddio! È questa una grazia tanto grande che merita tutta la riconoscenza. Chiediamo di saper vivere come Maria e di seguire le sante orme della sua fanciullezza.

2. Voto di verginità. – Nella presentazione di Maria al Tempio i genitori la offrirono a Dio; ma anch'Ella pose la sua parte attiva nel sacrificio che fece di se stessa al Signore. È sentenza comune che Maria, prima fra tutte le donne, abbia consacrato a Dio la sua verginità con promessa incondizionata ed irrevocabile. Emise, cioè, un voto formale ed esplicito. Si prova fondandosi specialmente sulla risposta da Lei rivolta all'Angelo: «Come avverrà questo, se io non conosco uomo?» (Luc. 1,34).
S. Agostino osserva che Maria non avrebbe mai richiesto una tale spiegazione se non si fosse consacrata già prima al Signore: Quod profecto non diceret, si Deo virginem se ante non vovisset.
Si può quindi dedurre che la Vergine SS. non solo propose di osservare la perpetua verginità, ma che vi si obbligò con voto. Così dice appunto il Petavio: «Io credo doversi affermare che la SS. Vergine non ebbe soltanto il proposito di osservare la perpetua verginità, ma che di più si è a ciò obbligata con voto».
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3. Vita di Maria al Tempio. – «La Beata Vergine, appena entrata al Tempio, s'impose, scrive San Girolamo, un'ammirabile regola di vita: dal mattino fino alle nove si dedicava alla preghiera; dalle nove alle tre pomeridiane attendeva ai lavori esterni; indi ritornava alla preghiera finché non le appariva l'Angelo che le recava ogni giorno un po’ di nutrimento. Era sempre la prima nelle veglie notturne, studiava più delle altre la Legge del Signore, sorpassava in umiltà le più umili, cantava con maggior grazia i canti di Davide, praticava con più fervore le opere di carità, era la più pura tra le caste e possedeva con maggior perfezione tutte le virtù. Ella era ferma ed irremovibile ed ogni giorno cresceva in grazia e dolcezza. Le sue parole erano tutte piene di grazia e vi si sentiva la presenza di Dio. Era sempre in orazione, meditava incessantemente la Legge del Signore. Non cessava mai di benedire Iddio, e quando qualcuno la salutava, invece di rispondere con le solite parole di cortesia, diceva: Deo gratias: Siano rese grazie a Dio». E S. Anselmo: «Questa beata Bambina era delicatissima, amava le sante dottrine e perseverava nella completa istruzione. Non lasciava l'altare né il Tempio e serviva con gioia i sacerdoti. Aveva l'abitudine di parlare poco e di ubbidire con sollecitudine. Era timida, seria, tranquilla, piena di dolcezza. Salutava tutti con benignità ed era ammirata la grazia della sua fronte».
Maria sorpassava tutte le vergini consacrate al servizio di Dio nel Tempio. Ella era assidua nella lettera dei Libri santi, dai quali attingeva l'alimento della sua fede e il pascolo della sua pietà. Era sempre assorta in Dio, assistita ed
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illuminata da colloqui angelici, meditando sui misteri con tale fervore, lucidità e compostezza di mente, che essi le ritornavano anche nel sonno, suggerendole richiami alle divine Scritture.
Maria inoltre era abilissima nel filare, esperta nel ricamare, nel trapuntare e fregiare i drappi. In una parola Maria santificava le sue giornate nell'osservanza esatta dei suoi doveri. Anche in tutti i doveri umani Ella si distingueva per l'esattezza, la semplicità e la perfezione con cui li compiva.
L'amore verso Dio si dimostra nell'adempimento assiduo e diligente dei doveri. Maria si santificò facendo bene tutto quello che il Signore voleva da Lei: anche noi ci santificheremo se imiteremo i suoi esempi.

Pensiero di S. Giovanni Damasceno. La Vergine allontanò il pensiero di tutte le cose terrene, abbracciando ogni virtù; esercitò così la perfezione, che progredì in poco tempo a tal segno da meritare d'essere fatta tempio degno di Dio.

S. Efrem. – La vita di S. Efrem spira la tepida fragranza dell'asceta e del Dottore mistico, unita alla più straordinaria attività dell'Apologeta e dell'impugnatore di tutte le eresie. Ben a ragione quindi questo santo fu detto: Cetra dello Spirito Santo, Canarino di Maria.
Nacque a Nisibi in Mesopotamia nel 306 sotto l'Imperatore Costantino il Grande, da genitori pagani. Il cristianesimo intanto si propagava rapidamente ovunque e guadagnava sempre nuovi seguaci. Efrem appena conosciuta la religione cristiana, l'abbracciò con slancio, ma il padre accortosi della sua conversione lo cacciò di casa. Egli allora, non portando seco che l'amore per la religione
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cristiana, si ritirò presso il Vescovo della città. Quivi svelò tutta la rarità dei suoi talenti, tanto che il Pontefice lo propose, appena venticinquenne, all'insegnamento nella scuola da lui fondata nella città e lo ordinò diacono di quella chiesa. A Nisibi assisté a varie incursioni dei Persi in territorio Siriaco ed i suoi biografi attribuiscono alle sue preghiere la sconfitta di Sapore II. Nel 346 e nel 350, si ebbero nuovi assedi come raccontano i Carmina nisibena di Efrem. Queste guerre terminarono con definitivo stabilimento della dominazione persiana su Nisibi. La maggior parte dei cristiani fuggirono; Efrem si ritirò ad Edessa dove trascorse gli ultimi anni di sua vita. In questo periodo scrisse la maggior parte delle opere giunte sino a noi. Egli viveva ordinariamente da anacoreta su una montagna, il che gli permetteva di aver discepoli che si raccoglievano presso di lui. La loro vita privata, intrecciata di apostolato e di pietà, ebbe in tutto quel secolo un'importanza grandissima; fu là che si formarono i grandi campioni della chiesa greca cattolica.
La divozione di S. Efrem verso Maria SS. non fu una divozione ordinaria e comune; ce lo attestano i suoi scritti numerosi sulla SS. Vergine; scritti che potevano essere frutto solamente di una mente sublime, tutta occupata di queste verità e di un cuore tenerissimo che, non pago di aver gustato i tratti ineffabili di un tal amore, ne voleva far partecipi gli altri.
Pensiero fondamentale della dottrina mariana di S. Efrem è che le sublimi prerogative di Maria, da lui descritte con un'ampiezza e facondia straordinaria, sono spontanea conseguenza del privilegio riserbatole di essere Madre di Gesù. Stabilito il principio, Efrem, con una concatenazione di ragionamenti giunge ad affermare che Maria SS. fu concepita senza peccato. Egli espone la verità con chiarezza ammirabile e dice: «Maria fu Immacolata e lontanissima anche dal minimo peccato».
Fine poi che il santo si propone in tutti i suoi scritti sulla Vergine, è quello di infonderci una grande fiducia in Lei e di farcela amare di un amore simile a quello che le porta il Padre Celeste di cui è Figlia, Gesù Cristo di cui è Madre, e lo Spirito Santo di cui è mistica Sposa.
E noi, compresi del bisogno che abbiamo di Lei, ripetiamo spesso con S. Efrem negli svariati eventi della nostra prova quaggiù: «O Vergine Immacolata, proteggici e custodiscici sotto le ali della tua pietà».
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Il nome di Maria

Tu che con l'alme sconosciute e dome
dall'affanno ti metti in compagnia,
Tu che un serto di stelle hai sulle chiome
e sei tanto amorosa, umile e pia;

sin da fanciullo il tuo celeste nome,
ch'è delizia degli Angeli, o Maria,
sin da fanciullo io l'adorai, siccome
venerai quello della madre mia.

E anche adesso in pronunciarlo, a volo
vengono nel mio cuor le rimembranze
degli anni lieti e dell'antica fede.

E penso e piango il mio materno suolo,
e il fior reciso delle mie speranze,
e i morti amori e il tempo che non riede.

Giovanni Prati


GIOVINEZZA DI MARIA


Sono veri divoti di Maria quelli che ne imitano le virtù: Filii Mariae, imitatores ejus. Imitando Maria ci accosteremo a Gesù: Per Mariam ad Jesum.

1. Maria nella perdita dei genitori. – È sentenza comune che la Vergine SS. abbia perduto i venerati genitori verso gli undici anni. Proprio nel tempo in cui viveva una vita di angelica contentezza nella Casa del Signore, Maria dovette assaporare quel calice che versa nel cuore dei figli la più umana tristezza.
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Non si sa con precisione il tempo del beato transito di Giocchino ed Anna, ma i S. Padri affermano che Maria restò orfana mentre era nel tempio. Il Cedremo scrisse: «Gioacchino morì ottuagenario, Anna morì quasi ottuagenaria. Maria fu da essi condotta al Tempio a tre anni e li perdette a undici». Dove furono sepolti i genitori di Maria? Non è facile dirlo. Anselmo di Cracovia scrisse che essi ebbero sepoltura a Gerusalemme.
Maria nella perdita dei genitori si dimostrò pienamente conforme alla volontà di Dio e senza dubbio avrà esclamato: Fiat, Domine, voluntas tua! Si compia, o Signore, la tua volontà. La sua fede e la sua speranza le fecero scorgere nella morte degli amati genitori il passaggio dall'esilio alla patria, dalla terra al cielo, dalla fatica al riposo. Quale lezione per noi che spesso, per un affetto troppo naturale, non sappiamo rassegnarci alla perdita dei nostri cari! Ci avverte S. Paolo che in simili circostanze noi non dobbiamo disperarci come quelli che non hanno la fede, poiché non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus! Non abbiamo sulla terra permanente dimora, ma tendiamo al cielo (Ebr. 13,14).
La separazione dalle persone care è temporanea: li rivedremo un giorno nella Patria celeste, perché anche per noi verrà l'ora del rendiconto. Altro motivo per consolarci in tali occasioni è la carità verso Dio. Egli ha voluto così: Dominus dedit, Dominus abstulit, sicut Domino placuit ita factum est: sit nomen Domini benedictum: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, come piacque al Signore così avvenne, sia benedetto il nome del Signore (Giob. 1,21).
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Curare molto gl'infermi e prepararli con carità cristiana al gran passo, procurare che ricevano per tempo i Sacramenti, assisterli, pregare per essi, comporre decorosamente e con rispetto le loro salme, dare loro sepoltura conveniente, pregare spesso per i defunti.

2. Doti del corpo di Maria. – In Maria vi erano quelle qualità che avrebbero pregiata l'umanità di Cristo Gesù, il più bello tra i figliuoli degli uomini? Speciosus forma prae filiis hominum (Salmi, 44,3). La Sposa dei Sacri Cantici dipinge con vivissime tinte la bellezza non solo mistica, ma anche naturale del Diletto dell'anima sua: Il mio diletto è candido e rubicondo (Cant. 5, 10).
Simile fu la bellezza di Maria: bellezza che innamora non solo i figli degli uomini, ma lo stesso Figlio di Dio che la chiama tutta bella e immacolata: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te: Sei tutta bella, o amica mia, e in te non v'è macchia (Cant. 4,7). Maria è bella e spira soavità e grazia «Il sole e la luna si stupiscono alla bellezza della Vergine» scrive S. Pier Damiani. In Maria infatti vi sono tutte le nobiltà della nascita, del sangue, del corpo, dello spirito, del cuore e principalmente quelle della grazia e della virtù. Così splendida è questa bellezza che ha spinto Dio Padre a sceglierla per Figlia prediletta, Dio Figlio a sceglierla per Madre, Dio Spirito Santo a sceglierla per Sposa. «O bellissima bellezza fra tutte le bellezze. O Madre di Dio, sommo ornamento di tutte le bellezze!» (Giorgio di Nicodemia).
Quale creatura si può trovare più dolce, più bella, più meravigliosa di Maria? Ella è un mondo
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mondo di bellezza che rapisce in estasi di meraviglia il Creatore e le creature, gli uomini e gli angeli, i quali al primo vederla esclamarono estatici: Chi è Costei che si avanza come aurora nascente, bella come la luna, splendida come il sole? Quae est ista quae progreditur quasi aurora consurgens, pulchra ut luna, electa ut sol? (Cant. 6,9). Dio ha posto in Maria, scrive S. Bernardo, tutte le bellezze dell'universo: Deus totius mundi pulchritudinem posuit in Maria. Maria è l'aurora che precede il Sole divino, l'ornamento della Chiesa, lo splendore dei secoli. La sua bellezza si riflette sui Santi e sugli Angeli.
Ma quale fu questa bellezza? Bellezza naturale e soprannaturale che sorge dalla grazia e che in Maria raggiunse l'ideale; che brilla sul volto, rapisce i sensi, va al cuore.
La grazia riflette la sua bellezza anche sul corpo. Come i vizi si riflettono sul corpo che a volte rendono ributtante, così la bontà, la grazia, la santità, la virtù diffondono sul volto un fascino celeste. Nessun dubbio quindi che il fuoco del divin Amore, per cui Maria divampava, si riflettesse su tutto il suo esteriore in modo che, possedendo una purezza angelica, angelico pure aveva il volto.
Niente vi fu nella Vergine, né riguardo all'anima né riguardo al corpo, di reprensibile, di sconveniente o disdicevole. In lei tutto fu opera bellissima della divina Sapienza. O Vergine, degna di Colui che è la dignità per essenza; bella di fronte alla beltà infinita; immacolata dinanzi a Colui che non conosce corruzione; grande dinanzi all'Altissimo e Madre di Dio, sposa del Re Eterno.
Impariamo a curare la vera virtù, la bellezza
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interiore; che l'anima nostra non sia mai macchiata di colpa! Coltiviamo ed aumentiamo in noi la grazia. Mortifichiamo il corpo e rispettiamolo sempre come tempio dello Spirito Santo.

3. Virtù di Maria giovinetta. – Alcuni scrittori, parlando della giovinezza di Maria, dicono ch'Ella praticò virtù straordinarie e in modo straordinario. Ma non è così. In Maria rifulsero bensì virtù straordinarie, però le esercitò tutte in modo semplice ed ordinario. Amava la preghiera, il canto sacro, la lettura della Bibbia, ma era sempre pronta a lasciarli appena l'obbedienza lo richiedeva. Tutto in lei era ordinato, regolato, santo, compito: era perfetta nelle cose ordinarie e comuni. «Che cosa potete voi presentarmi di più perfetto di Maria? Né i Profeti, né gli Apostoli, né i Martiri, né i Troni, né le Dominazioni, né le Potestà, né alcuna creatura visibile od invisibile. Quale perfezione non mostrò Maria in tutte le circostanze della sua vita? Quanto è ammirabile nel compimento di tutti i suoi doveri! Ella è il modello di tutte le età e di tutte le condizioni ed è specialmente il modello delle vergini consacrate al Signore. Si debba agire o pregare, umiliarsi od ubbidire Maria è d'esempio a tutti, ma specialmente alla Suora. Quanta rettitudine nei desideri! Quanta semplicità nelle sue azioni! Quale ardore di coraggio nelle tribolazioni! Quale forza di pazienza nelle prove! Quale carità per il prossimo! Quale fervore nella preghiera! Quale amore per Iddio! Quale modestia nella persona! Quanta umiltà in tutta la condotta! Tutto è mirabile in Maria» (S. Giov. Crisostomo).
Maria raggiunse il più alto grado di santità,
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nell'esercizio delle virtù comuni, dei doveri più umili e della sua missione.
Maria è un capolavoro di santità, riflette le virtù di Gesù Cristo, ma la sua santità è la più semplice, scevra di quelle opere clamorose che abbagliano e stordiscono. È una santità imitabile in tutti gli stati ed in tutte le condizioni.
Ecco il modello sublime che dev'essere oggetto di meditazione e di imitazione per noi. Fissiamo incessantemente lo sguardo sulla vita perfetta della madre celeste per riprodurla nelle nostre azioni.
Modelliamoci su Maria.

Pensiero di S. Ambrogio. Eccovi tracciato lo specchio della verginità. Maria fu tale che la vita di Lei può servire di esempio a tutti. E se Maria ci piace, ci devono piacere le opere sue. Chi aspira a partecipare al suo premio, ne imiti anche gli esempi.

S. Ignazio Martire. – S. Ignazio M. è una delle più grandi figure, uno dei più forti caratteri dell'antichità cristiana. Ebbe la fortuna di essere contemporaneo della B. Vergine e di avere rapporti personali con Lei.
Durante la persecuzione di Traiano venne condannato al martirio e mandato a Roma carico di catene. Scrisse diverse lettere ad alcune comunità di cristiani. Commoventissima quella ai Romani nella quale dice di volere tutti i tormenti per Cristo. Bramoso di offrirsi a Dio udendo i leoni ruggire, esclamava: «Sono frumento di Cristo, sarò macinato dai denti delle belve per divenire pane mondo».
Maria fu l'amore di Ignazio. Ne difende la verginità e la chiama il Tabernacolo del Verbo Incarnato; la dichiara «Madre di Dio, Madre nella quale la santità angelica è associata alla natura divina». Afferma che non perirà mai alcun divoto di Maria.
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S. Ignazio martire morì a Roma nell'anno 107 stritolato dai denti delle belve come egli stesso aveva desiderato. Del suo corpo non restarono che alcune ossa. I cristiani le raccolsero e le portarono ad Antiochia ove furono oggetto di grande culto.

Vergine Bella

Vergine pura, d'ogni parte intera,
del tuo parto gentil figliola e madre,
ch'allumi questa vita e l'altra adorni;
per te 'l tuo Figlio e quel del sommo Padre
o fenestra del ciel lucente, altera,
venne a salvarne in su li estremi giorni:
e fra tutti i terreni altri soggiorni
sola tu fosti eletta,
Vergine benedetta
che 'l pianto d'Eva in allegrezza torni.
Fammi, chè puoi, de la sua grazia degno,
senza fine o beata,
già coronata nel superno regno.

Vergine santa, d'ogni grazia piena,
che per vera ed altissima umiltade
salisti al ciel, onde i miei preghi ascolti;
Tu partoristi il Fonte di pietade
e di giustizia il sol che rasserena
il secolo d'errori oscuri e folti.
Tre dolci e cari nomi hai 'n te raccolti:
Madre figliola e sposa;
Vergine gloriosa,
Donna del Re che nostri lacci ha sciolti
e fatto il mondo libero e felice,
ne le cui sante piaghe
prego ch'appaghe il cor, vera Beatrice.

Vergine sola al mondo senza esempio,
che 'l Ciel di tue bellezze innamorasti,
cui né prima fu simil né seconda;
santi pensieri, atti pietosi e casti,
al vero Dio sacrato e vero tempio
fecero in tua verginità feconda.
Per te po' la mia vita esser joconda,
s'a' tuoi preghi, o Maria,
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Vergine dolce e pia,
ove 'l fallo abondò, la grazia abonda.
Con le ginocchia della mente inchine
prego che sia mia scorta
e la mia torta via drizzi a buon fine.

Francesco Petrarca


SPOSALIZIO DI MARIA

Era volontà di Dio che la SS. Vergine, raggiunto il quindicesimo anno di età, si unisse in matrimonio al casto S. Giuseppe. E questo per molte ragioni. Secondo S. Tommaso, conveniva che Cristo nascesse da una Vergine maritata, e ciò per lui stesso, per la madre, per noi. Per se stesso, e cioè perché la genealogia fosse stabilita secondo il nome dello sposo; e appena nato avesse un protettore ed un nutrizio. Per la Madre, onde nessuno sospettasse della sua innocenza; non venisse punita dalla legge diventando madre fuori del legittimo matrimonio, e avesse in S. Giuseppe un testimonio irrefutabile della sua verginale purità. Per noi, onde insegnare alle vergini a conservare intatto il tesoro della buona reputazione; svergognare anticipatamente la bestemmia degli eretici che avrebbero un giorno combattuto la verginità e il matrimonio; perché il matrimonio di Maria fosse il tipo ed il simbolo dell'unione tra la Santa Chiesa e Gesù Cristo.
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1. Iddio veglia sulle anime che operano per amor Suo. – Maria si era totalmente consacrata a Dio e intendeva servire a lui solo rimanendo vergine. Ma il Signore l'aveva scelta appunto perché vergine, ad essere la Madre del Figlio suo, e dispose che andasse sposa a Giuseppe. E Maria obbedì.
Presso gli Ebrei il matrimonio constava di due parti: gli sponsali con la registrazione dei nomi nei libri pubblici, e la partenza della sposa dal suo domicilio per passare all'abitazione dello sposo. Negli sponsali si stabilivano i patti e le condizioni del matrimonio: lo sposo prometteva di onorare la sposa, di provvedere il necessario per la vita e specialmente di esserle fedele. Trascorso il tempo d'aspettazione si veniva alla partenza della sposa, alla quale erano invitati tutti i congiunti per rendere più splendida la solennità. Non si sa quanto tempo sia passato tra gli sponsali di Maria ed il suo ingresso nella casa di Giuseppe. Il Damasceno scrisse: «Maria, raggiunta l'età in cui non poteva più dimorare nel tempio, venne dai sacerdoti consegnata sposa a Giuseppe». Ma chi era Giuseppe? La S. Scrittura dice che era uomo giusto, espressione che ha il valore del più sublime panegirico. Giuseppe, come attesta la genealogia che abbiamo in S. Matteo e in S. Luca, era discendente della famiglia di David. Ai suoi tempi però la famiglia davidica non sedeva più sul trono avendo perduto il potere fin dall'epoca dei Maccabei. Di costumi intemerati e irreprensibili, Giuseppe trascorse una gioventù esemplarissima. Per questo fu eletto da Dio a sposo di Maria SS. Non si sa con certezza a quale età Giuseppe si unì in matrimonio con Maria;
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è certo però che era superiore in età alla sua Sposa. L'arte cristiana suole raffigurare S. Giuseppe in età più che virile, per rispetto a Maria Vergine e per indicare il dominio che egli aveva sulla concupiscenza.
Quali promesse ed impegni si scambiarono fra di loro i due sposi? Risponde S. Agostino: «Nell'unione di Maria con Giuseppe c'è il contratto della mutua donazione. È qui appunto, nella donazione scambievole, che bisogna ammirare il trionfo della purità, associato alla verità di questo matrimonio. Poiché Maria appartiene veramente a Giuseppe, e Giuseppe a Maria, come è vero che tra essi esiste un vero matrimonio, in forza del quale uno si dà all'altro. Ma in qual modo si dànno mutualmente? Essi si dànno reciprocamente la loro verginità, e su di questa verginità si cedono un mutuo diritto. Quale diritto? Di conservarsela l'un l'altro. Maria ha diritto di custodire la verginità di Giuseppe, e Giuseppe ha diritto di custodire la verginità di Maria. Né l'una, né l'altro ne possono disporre, e tutta la fedeltà di questo matrimonio consiste nel custodire la verginità. Ecco la promessa che li associa, ecco il patto che li lega. Sono due verginità che si uniscono, per conservarsi l'un l'altra eternamente, mediante una casta corrispondenza di desideri pudici, e ci rammentano due astri che non entrano in congiunzione se non perché intrecciano la loro luce. Tale è il vincolo di questo matrimonio».
Maria Benché legata da un voto così contrario al matrimonio, accettò l'unione con Giuseppe, perché si affidò sempre alla Provvidenza Divina e si lasciò guidare da Dio in ogni cosa. Facciamo il nostro dovere con semplicità, con
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retta intenzione ed abbandoniamoci fidenti in Dio.

2. Dio unì due anime santissime perché s'aiutassero scambievolmente. – Dal tempio di Gerusalemme Maria passò a Nazaret col santo suo Sposo. La casa fortunata di Giuseppe, raccogliendo Maria, accolse il sole che tutta l'illuminò. Più di ogni altro se n'avvide Giuseppe nel contemplare quella meravigliosa creatura, più perfetta degli angeli; gli aveva trasformata la modesta casetta nel più delizioso asilo di pace, di affetto, di ordine, di grazia.

Bella, soavemente bella, era Maria, assorta nella preghiera; bella nelle cure domestiche; bella, quando, nell'angolo più raccolto della casa, lavorava per il piccolo Gesù, suo Dio, che l'avrebbe chiamata Mamma!

Il Signore unisce le anime che vuol santificare. Nell'unione di Maria con Giuseppe non vi è nulla di terreno; tutto ebbe un'impronta celeste. Le loro vite si erano fuse per elevarsi a Dio, con raddoppiato slancio.

Giuseppe era il custode scelto da Dio per proteggere il pudore della Madre sua e questa con la presenza, col tratto, col fascino, accendeva maggiormente, nel suo Sposo, l'amore per la castità. Guardiamo Maria e Giuseppe e modelliamo la nostra vita sul loro esempio.

3. Modo misterioso con cui si compì questo matrimonio. – Narra il Vangelo che Maria SS. fu incinta per opera dello Spirito Santo prima ancora di convivere con S. Giuseppe. Questi, essendo uomo giusto e non volendo esporla.
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all'infamia, pensò di rimandarla occultamente (Matt. 1,19)
Queste brevi parole ci rivelano il profondo turbamento di Giuseppe e l'interna sua lotta. Da una parte conosceva le eminenti virtù di Maria e l'angelica sua purezza; dall'altra essendo giunto il tempo di procedere alle nozze solenni, introducendo in casa la Sposa, sentiva di non poterlo fare perché la legge lo vietava. Maria era Vergine, vergine purissima, e Giuseppe lo sapeva meglio di ogni altro: un sospetto sarebbe stato ai suoi occhi una bestemmia. Eppure Maria essendo vergine era anche Madre. Come comportarsi tra quella persuasione dell'innocenza di Maria e la legge che, vietandogli di celebrare le nozze, l'avrebbe esposta all'infamia? Delicato come era, Giuseppe pensò di separarsi da Maria, e cercò davanti a Dio come eseguire il suo progetto. «Non potendo parlare agli uomini, scrive San Pier Crisologo, confidò tutto a Dio nella preghiera». E per non attirare su di lei indegni sospetti, risolse di rimandarla occultamente. È facile anche immaginare lo stato d'animo di Maria in quei giorni. Ma l'umiltà le impediva di svelare il grande mistero e l'altissima dignità cui Dio l'aveva innalzata. Era certa che Iddio avrebbe provveduto e non si ingannò.
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere Maria, la tua consorte; perché ciò che è nato in Lei è nato dallo Spirito Santo. Partorirà un figlio cui porrai nome Gesù, perché egli libererà il popolo suo dai peccati» (Matt. 1,20-21).
La luce era fatta, le nubi erano scomparse. S. Giuseppe era stato messo a parte dei misteri
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dell'Incarnazione e innanzi alla sua mente grandeggiò ancor più la santità di Maria.
Risvegliato dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'Angelo del Signore e prese Maria sua consorte con sé.
Impariamo a confidare in Dio e a ricorrere a Lui in tutte le difficoltà: Clama ad me, exaudiam te: Ricorri a me ed io ti esaudirò (Ir. 33,3).

Pensiero di S. Agostino. Mettete senza timore ogni fiducia in Dio, e abbandonatevi nelle sue braccia, perché egli non cesserà di innalzarvi a Lui e non permetterà che vi accada cosa se non utile, anche a vostra insaputa.

Roberto Bellarmino. – Nacque a Montepulciano il 4 ottobre 1548 da famiglia appartenente alla nobiltà, scarsa di beni materiali, ma ricca di fede. Sua madre, donna Cinzia Cervini, sorella di Papa Marcello II, seppe istillare nel cuore della numerosa figliolanza, sentimenti di pietà profonda, accoppiati ad una tenerissima divozione a Maria SS.
Fra tutti spiccava il terzogenito, Roberto. D'indole schiettissima non disse mai una bugia per quanto leggera: vivace ed esuberante fin da bambino, preludeva alle grandi cose cui Iddio lo chiamava. Amava la pietà, il candore, l’innocenza dell'anima, tutelando insieme queste virtù con una grande devozione alla Beata Vergine. E Maria che non si lascia mai vincere in generosità, guidò questo caro figlio dapprima per le vie del secolo, conservandolo esente da ogni male, quindi, dopo averlo sottratto dal mondo, per le mistiche vie della religione, conducendolo alle più alte vette della santità. Il fanciullo comprese fin dai primi anni qual prezioso dono fosse il conservare il candore dell'anima; per questo con tutto lo slancio giovanile ne fece solenne voto alla Regina dei Vergini. Cresceva buono, ubbidiente e pio, tanto che le mamme lo additavano come modello ai loro figli.
Un giorno trovandosi in chiesa, dopo aver pregato
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fervorosamente all'altare della SS. Vergine, interrogò la mamma che l'accompagnava additandole certi quadri: «Mamma, chi sono quegli uomini lassù?». «Sono Dottori della Chiesa» rispose. «E quell'altro vestito di rosso?». «È un Cardinale». «Ebbene, proseguì il piccolo tutto giulivo, un giorno sarò anch'io Cardinale, sarò anch'io Dottore».
Sentì presto la voce di Maria che lo invitava ad abbandonare il mondo e a consacrarsi al servizio di Dio. Propose di corrispondere generosamente. Per riuscirvi dovette sostenere molte lotte da parte del padre, ma con l'aiuto di Maria fu vincitore.
Entrato tra i Gesuiti trasse a sé gli sguardi di tutti per il vasto ingegno e per le rare virtù, tanto che venne laureato in filosofia a soli 21 anni. Seguì poi i corsi teologici a Padova dal 1567 al 1569 ed a Lovanio, dove nel 1570, ordinato sacerdote, si diede all'insegnamento teologico ed alla predicazione.
Richiamato a Roma come controversista contro i protestanti, mise a servizio della Chiesa e del Vicario di Cristo, la sua sapienza. Ebbe incarichi importantissimi come quello di direttore del Collegio Romano e Provinciale di Napoli. Clemente VIII in ricompensa di tanto bene che aveva fatto alla Chiesa ed al Papato, lo elesse Cardinale. Scrisse in difesa dell'Immacolata Concezione di Maria ed Ella in premio si degnò manifestargli il giorno della sua morte.
Il 7 settembre 1621 col nome di Gesù e di Maria sulle labbra spirò l'anima sua nelle braccia della Vergine che gli era allora apparsa, come si poté arguire dal volto sorridente e raggiante del moribondo.

Vergine soccorrici

Vergine Santa, Immaculata e degna,
Amor del vero Amore,
Che partoristi il Re che nel Ciel regna,
Creando il Creatore,
nel tuo talamo mondo;
Vergine rilucente,
Per Te sola si sente
Quanto bene è nel mondo:
Tu sei degli affannati buon conforto
Ed al nostro navil se' vento e porto.
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O di schietta umiltà ferma colonna,
Di carità coperta,
Ricetto di pietà, gentil Madonna,
Per cui la strada aperta
Insino al ciel si vede.
Soccorri a' poverelli
Che son fra lupi agnelli;
E divorar ci crede
L'inquieto nemico, che ci svia
Se Tu non ci soccorri, Alma Maria.

Angelo Poliziano


ANNUNCIAZIONE DI MARIA

Narra S. Luca che, «giunta la pienezza dei tempi, l'angelo Gabriele, fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazaret, ad una vergine sposata ad un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe; e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l'angelo le disse: Salve, o piena di grazia; il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne» (Luc. 1,26-28).

1. L’umiltà di Maria. – Al saluto dell'angelo, scrive S. Agostino: Maria è riempita di grazia; Eva è mondata dalla sua colpa; la maledizione di Eva si cambia nella benedizione di Maria: Impleta est Maria gratia, et Eva vacuata est culpa, maledictio Evae in benedictionem mutatur Mariae. Una vergine diviene madre di Dio per dar la pace al mondo, il trionfo al cielo, la salute agli uomini, la vita ai morti, per ricongiungere
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l'uomo a Dio. Maria si turbò alla voce dell'Angelo e pensava quale saluto fosse quello. Ma l'Angelo soggiunse: Ne timeas, Maria, invenisti enim gratiam apud Deum: Non temere, Maria; tu hai trovato grazia presso Dio (Luc. 1,30).
«Ah, non temere, Maria, commenta S. Bernardo, non stupirti se viene un angelo, perché discende a te colui che è ben più grande dell'angelo. Come mai ti sorprende la venuta di un angelo, mentre hai con te il Signore degli angeli? Forse che non sei degna di vedere un angelo, mentre la verginità è vita angelica? In prova di questo: Tu concepirai, continuò l'angelo, e partorirai un Figlio, cui porrai nome Gesù» (Luc. 1,31).
A questo punto l'inviato di Dio, s'arresta e tace, aspettando rispettosamente la risposta di Maria.
«O Vergine benedetta, esclama S. Bernardo, i Patriarchi, i Profeti, il mondo tutto prostrato ai vostri piedi, sta aspettando ansioso il vostro consenso liberatore. E non senza ragione, perché dalla vostra bocca dipende la consolazione degli afflitti, la redenzione degli schiavi, la liberazione dei dannati, la salute di tutti i figli di Adamo e dell'universo intero. Date, o vergine incomparabile, una pronta affermativa risposta. Deh, affrettatevi, o Signora, a proferire questa parola, che aspettano trepidando, la terra, il limbo, il cielo. Ma che dico? Il Signore, il Re dell'universo, desidera egli stesso il vostro consenso, poiché per questo consenso egli vuole salvare il mondo. Cielo, limbo, terra rallegratevi e tripudiate, Maria consente! Risponde: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola. In quel punto Maria diventa la
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sposa e madre di Dio! "Il Verbo si è fatto carne, scrive S. Pier Damiani, ecco ciò che la natura ammira, l'angelo riverisce e l'uomo anela, che stupisce il cielo e consola la terra, che sgomenta l'inferno". Un angelo annunzia, la virtù dell'Altissimo copre Maria, lo Spirito Santo sopravvive, la Vergine crede e, credendo, concepisce restando vergine» (S. Bernardo).
«O profonda e meravigliosa umiltà di Maria! (S. Bonaventura). Un Arcangelo la saluta, le dice che è piena di grazia, le annuncia che lo Spirito Santo scenderà sopra di lei; si vede innalzata alla dignità di Madre di Dio, si vede posta al disopra di tutte le creature; fatta sovrana del cielo e della terra e dinanzi a tutte queste grandezze Maria non si inorgoglisce, anzi ognuna di queste grandezze non è per Lei che un motivo di più per sprofondarsi nell'umiltà più meravigliosa. Ella proclama: "Ecco l'ancella del Signore"» (Luc. 1,38).
Maria fu tanto esaltata perché tanto si era umiliata. L'umiltà è il segreto della santità. Se Maria non fosse stata umile, lo Spirito Santo non si sarebbe posato su di lei. E se non si fosse posato su di lei, non sarebbe diventata Madre di Dio. È chiaro che se diventò Madre per opera dello Spirito Santo, Iddio, come affermò Ella stessa, guardò l'umiltà della sua serva, più che la sua verginità: Virginitate placuit, sed humilitate concepit. O vera umiltà che hai partorito un Dio agli uomini, hai dato la vita ai mortali, hai rinnovato i cieli, purificata la terra, aperto il Paradiso, liberato le anime dalla schiavitù.
Umiliamo le anime nostre, e serviamo a Dio in spirito di umiltà: Humiliemus illi animas
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nostras et in spiritu constituti humiliato servientes illi (Giud. 8,16). Si progredisce nella virtù quanto si progredisce nell'umiltà.

2. La purità di Maria. – Maria col voto di verginità si chiuse la via a divenire Madre del Salvatore e ad avere la lecita soddisfazione d'una prole affezionata. Non ostante questo, Iddio fece di lei la più grande Madre. La purezza di Maria fu così esimia, che secondo S. Bernardo, per essa attirò compiacente su di sé lo sguardo del Signore e lo determinò a sceglierla per Madre: Virginitate placuit. L'apostolato delle anime vergini è molto efficace. Le anime religiose, totalmente consacrate a Dio, diverranno madri di tante anime e più il loro amore verso Gesù sarà intenso, più faranno del bene.

3. L'obbedienza di Maria. – Afferma S. Tommaso da Villanova, che Maria non contraddì mai il Signore, né coi pensieri, né con le parole, né con le azioni; che anzi, spoglia di ogni volontà propria, obbedì sempre ed in ogni cosa alla volontà di Dio. Il cuore di Maria fu continuamente penetrato dal sentimento di sottomissione alla divina volontà, come si espresse all'Arcangelo Gabriele quando le annunciò i progetti dell'Altissimo: «Ecco l'Ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola» (Luc. 1, 38).

Pensiero di S. Bernardo. Ecco la Vergine ed ecco l'umile: se non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della Vergine. La verginità è virtù lodevole, ma l'umiltà è necessaria. L'una è consigliata, l'altra è comandata.
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All'una sei invitato, all'altra sei obbligato. Dell'una è detto: Chi può comprendere comprenda. Dell'altra invece: Se uno non si fa piccolo come questo fanciullo non entrerà nel regno dei cieli. Quella si premia, questa si esige; puoi insomma salvarti senza la verginità, ma non puoi senza l'umiltà. Un’umiltà che piange sulla verginità perduta può piacere; ma senza umiltà oso dire che neppure la verginità di Maria sarebbe piaciuta.

S. Cipriano. – Si convertì al cristianesimo circa l'anno 245 e poco dopo venne eletto Vescovo di Cartagine. Il cambiamento di vita operato in lui fu davvero profondo: si votò quasi subito alla pratica della castità e vendette gran parte dei suoi beni elargendone il prezzo ai poveri. Possedé in pieno tutte le qualità d'un autentico uomo di governo e di autorità davanti a cui s'inchinavano istintivamente anche coloro che non gli erano sudditi. Fu un vero capo nel dirigere la sua chiesa, sapendo benissimo, a tempo opportuno mostrarsi condiscendente, senza che la sua autorità ne soffrisse il minimo detrimento. La maggior parte dei suoi scritti è di indole pastorale e dà un'idea esatta di ciò che era il suo spirito squisitamente pratico, che badava a tutto, e che nel governo degli uomini, realizzava la più felice armonia della discrezione e della forza.
Scrisse anche cose bellissime di Maria e della confidenza che dobbiamo avere in Lei. Ne esaltò la verginità e la chiamo «l'albero che ha prodotto il frutto meraviglioso, maturato per sua virtù; casa posseduta dallo Spirito Santo. porta del Salvatore, santuario custodito dallo Spirito santo, dimora dell'umanità di Cristo, casa della santità che la terza persona della SS. Trinità ha voluto ornare; vaso di elezione, nel quale la divinità ha versato ogni pienezza».
Durante la persecuzione di Valeriano, Cipriano fu esiliato a Curubis, sulle rive mediterranee, ove rimase un anno continuando a governare la sua chiesa e scrivere libri.
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Richiamato a Cartagine nel settembre del 258, fu arrestato e decapitato davanti a tutto il suo popolo. S. Cipriano rimarrà, nella storia del Cristianesimo, una delle più splendide figure del Vescovo.

L'umiltà di Maria

Non trecce d'oro, non d'occhi vaghezza,
Non costume real, non leggiadria,
Non giovinetta età, non melodia,
Non angelico aspetto, né bellezza,

Poté tirar da la sovrana altezza
Il Re del Ciel in questa vita ria
Ad incarnar in Te, dolce Maria,
Madre di grazia e specchio di allegrezza;

Ma l'umiltà tua, la qual fu tanta,
Che poté rompere ogni antico sdegno
Tra Dio e l'uomo e fare il cielo aprire;

Quella ne presta dunque, Madre Santa,
Sì che possiamo al tuo beato regno
Seguendo lei devoti ancor salire.

Giovanni Boccaccio


VISITA A S. ELISABETTA

Nell'annunciazione l'angelo aveva detto a Maria che Elisabetta sua parente, pur nella sua avanzata età, era divenuta madre. Maria, sicura di fare cosa grata alla cugina, partì frettolosamente lieta di prestarle umili servizi di ancella.
«Maria si mise in viaggio per recarsi
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frettolosamente in una città di Giudea, sulle montagne, ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. Ed avvenne che appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel seno, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo; ed esclamò ad alta voce: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. E donde mi è dato che venga a me la madre del mio Signore? Ecco infatti, appena il suono del tuo saluto mi è giunto all'orecchio, il bambino mi è balzato pel giubilo nel seno. E te beata che hai creduto perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore» (Luc. 1,39-45).
S. Elisabetta abitava in Ebron, paese sperduto sui monti. Le strade erano assai disagevoli e pericoloso il cammino; tuttavia Maria si mise in viaggio, ripetendo col profeta Abacuc: «Il Signore Iddio è la mia forza, egli farà i miei piedi simili a quelli dei cervi, e mi guiderà per luoghi elevati, vincitore, mentre canto dei Salmi» (3,19).
Maria andò frettolosa. «Imparate, o vergini, commenta S. Ambrogio, a non fermarvi per le strade e per le piazze. Maria, grave in casa, va frettolosa in pubblico. L'anima piena di Spirito Santo, non conosce indugi, non dorme, ma corre e vola per le strade dei divini precetti e della perfezione». Maria entrata in casa di Zaccaria salutò Elisabetta: Et intravit in domum Zachariae, et salutavit Elisabeth» (Luc. 1,40).
Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, si sentì il figlio tripudiare nel seno e fu ripiena di Spirito Santo. «E donde mi è dato, esclamò, che venga a me la madre del mio Signore?!... Te beata, che hai creduto, perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore» (Luc. 1,43-45).
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Quasi volesse dire: Tu, Maria, sei la donna prescelta da tutta l'eternità per schiacciare la testa al serpente, per dare alla luce il Verbo Divino, per chiudere l'inferno, per aprire il cielo. Le parole di Elisabetta si identificano in certi punti con quelle dell'Angelo, segno dunque che ella parlava per divina ispirazione.
Maria non si compiacque, ma commossa alle parole di Elisabetta e in uno slancio di ispirazione profetica, proruppe nelle immortali espressioni del Magnificat:
«L'anima mia glorifica il Signore; ed il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché egli ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva: ecco da questo momento tutte le generazioni mi chiameranno beata; perché grandi cose mi ha fatto Colui che è potente. Il suo nome è santo; la sua misericordia si effonde di generazione in generazione sopra coloro che lo temono. Ha operato prodigi col suo braccio; ha disperso i superbi nei disegni del loro cuore. Ha rovesciato dal trono i potenti ed ha esaltato gli umili. Ha riempito di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia; come parlò ai padri nostri, ad Abramo ed alla sua discendenza per tutti i secoli. E Maria, conclude l'Evangelista, si trattenne con Elisabetta, circa tre mesi, e se ne ritornò a casa sua» (Luc. 1,46-56).
L’incontro di Maria con Elisabetta è l'incontro di due anime grandi, il saluto di due sante. Quale profumo di santità, di umiltà, di fervore non si sprigiona da questa scena della Visitazione! Elisabetta esalta Maria, Maria ringrazia ed esalta il Signore.
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1. La carità di Maria. – Maria fu eroica in ogni virtù, specialmente nella carità che raggiunse in lei il massimo grado. Il cuore di Maria SS. fu un oceano di carità e di amore: ella superò l'amore di tutti gli angeli e di tutti i santi verso Dio, onde si può benissimo affermare che anche i Serafini potevano discendere dal cielo per imparare dal cuore di Maria il modo di amare Dio. Le belle lodi che S. Paolo fa della carità si possono tutte applicare a Maria.
Ella esercitò la carità specialmente col darci Gesù. Maria portò Gesù al mondo. Entrando in casa di Elisabetta, vi portò Gesù e con lui la grazia, et factum est, ut audivit salutationem Mariae Elisabeth, exultavit infans in utero ejus, et repleta est Spiritu Sancto Elisabeth. E avvenne che, appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le balzò nel seno ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo (Luc. 1,41). Maria portò la benedizione. Cerchiamo anche noi, a suo esempio, di fare del bene a tutti dovunque andiamo.

2. Riverenza con cui S. Elisabetta accoglie Maria. – Il primo a salutare Maria era stato l'angelo, il quale le aveva detto «Ave, piena di grazia, il Signore è teco, benedetta tu fra le donne!» (Luc. 1,28). La seconda fu Elisabetta, che aggiunse alla salutazione angelica queste altre parole: «E benedetto il frutto del tuo seno» (Luc. 1,42). Felice te, Elisabetta, che hai innanzi la Madre del Salvatore, la Regina del Cielo!
Impariamo da S. Elisabetta ad amare ed essere devoti di Maria.
La divozione verso la Madre di Dio è segno
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sicuro di predestinazione perché Ella è la guida, la regina, la madre, la custode degli eletti. Non v'è fedele, divoto di Maria, che non riceva da lei mille grazie, aiuti, conforti, per assicurare la propria salute. Infinitamente beato colui che ama Maria e la venera con culto filiale.

3. Risposta di Maria a S. Elisabetta.– Elisabetta glorifica Maria chiamandola benedetta fra le donne, perché benedetto è il frutto del suo seno e si professa indegna dell'alto onore di accogliere in casa sua la Madre del suo Signore. Maria, all'udire tanto elogio, tutto attribuisce a Dio cantando: Magnificat anima mea Dominum! L'anima mia magnifica il Signore. Ella dà a Dio e riversa in lui come nell'unica sorgente di ogni bene le lodi che le sono attribuite. Voi, o Elisabetta, pare che dica, esaltate la Madre del Signore, ma «l'anima mia esalta e glorifica Iddio». S. Bernardo chiama perciò il Magnificat, l'esaltazione dell'umiltà di Maria. È questo il cantico del ringraziamento e dell'umiltà riconoscente. Maria. esaltata da S. Elisabetta per la fede e le grandezze sue, proclamata Madre del Salvatore, si umilia ancor di più e proclama la sua pochezza, la sua debolezza, attestando che tutto ciò che ha Lei viene da Dio.
Come Maria diamo noi pure lode a Dio: Soli Deo honor et gloria: A Dio solo onore e gloria (1Tim. 1,17). La nostra preghiera sia sempre indirizzata in primo luogo a lodare e ringraziare il Signore. La preghiera interessata è meno accetta a Dio e ottiene meno frutto.

Pensiero di S. Pier Damiani. Felice Elisabetta! Dinanzi a Lei sta la Madre del Redentore;
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la Regina del cielo; la saluta con dolcezza. Ma ben più felice è il predestinato bambino che ella porta in seno, e che è l'oggetto primo di questa visita regale. Perché egli, al lume dello Spirito Santo, riconosce la maestà della Regina degli angeli che saluta la madre sua e gli è dato comprendere la potenza di un tale saluto.

San Pio X. – Tutta la vita di quest'augusto Pontefice fu un inno di fede e d'amore verso Gesù Eucaristico e verso la B. Vergine Maria. Nacque a Riese il 2 giugno 1835 e fu battezzato il giorno seguente col nome di Giuseppe.
Da fanciullo si recava al santuario di Maria delle Cendrole conducendovi alla domenica anche dei compagni e quivi si tratteneva a pregare con speciale devozione. La Madonna lo chiamò al sacerdozio. Ma i suoi genitori erano poveri e non potevano pagare le spese per gli studi. Provvidenzialmente intervenne l'aiuto del Patriarca di Venezia che dispose di una borsa di studio a favore del giovanetto. Consacrato sacerdote fu nominato cappellano di Tombolo nella diocesi di Treviso, dove incominciò ad esplicare il suo zelo per le anime.
Nel 1875 fu eletto canonico della cattedrale di Treviso e nel 1884 Leone XIII lo consacrava Vescovo di Mantova. Era la terza domenica di Avvento, giorno sacro al patrocinio di Maria Immacolata, patrona di Mantova. Intanto la fama della sapienza e della pietà del Vescovo di Mantova cresceva sempre più e Leone XIII lo promoveva prima cardinale, poi patriarca di Venezia.
Nel 1903, il glorioso Patriarca di Venezia, cardinale Sarto veniva eletto Papa ed assumeva il nome di Pio X. Più saliva quest'astro luminoso e benefico e più grandiose diventavano le sue manifestazioni di amore verso Gesù Eucaristico e verso Maria SS. Nel cinquantenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Pio X scrisse un'Enciclica sulla Madonna: Ad diem illum, capolavoro di tutta la sua divozione a Maria. Descrive la bellezza, la verginità e l'influenza di Maria SS. sull'umanità, ed invita tutti i cristiani ad essere divoti di questa buona Madre.
Un giorno, durante l'udienza ad alcuni nobili di
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Roma, sentì la campana dell'Angelus. Tosto disse: «Signori è l'ora dell'Angelus, lo volete recitare con me?». Un testimone oculare così lo descrive: «Io l'osservai mentre pregava. Contemplai l'espressione del suo volto, la radiosità del suo occhio fisso in un'immagine della Vergine; ammirai la dolcezza di quelle "Ave Maria", pronunciate con un accento singolare. E rimasi così vivamente colpito che dovetti pensare: "Forse egli la vede". E allora ho sentito quanto si deve amare la Madre di Dio».
Pio X morì il 20 agosto 1914.

«Mi chiameran Beata!»

Tacita un giorno a non so qual pendice,
salia d'un fabbro Nazaren la sposa;
salia non vista alla magion felice
d'una pregnante annosa;

e detto salve a Lei che in riverenti
accoglienze onorò l'inaspettata,
Dio lodando, esclamò: «Tutte le genti
mi chiameran beata».

Deh! con che scherno udito avria i lontani
presagi allor l'età superba! Oh! tardo
nostro consiglio! Oh! degli intenti umani
antiveder bugiardo!

Noi testimoni che alla tua parola
ubbidiente l'avvenir rispose,
noi, serbati all'amor, nati alla scola
delle celesti cose,

noi sappiamo, o Maria, ch'Ei solo attenne
l'alta promessa che da Te s'odia,
Ei che in cor la ti pose: a noi solenne
è il nome tuo Maria! ...

Alessandro Manzoni

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NASCITA DI GESU’


La Vergine SS. si fermò ad Ebron circa tre mesi presso la cugina, servendola quale umile ancella, indi ritornò a Nararet. Si avvicinava ormai il nono mese dal messaggio dell'Angelo e Maria SS. con S. Giuseppe, in una reciproca effusione di fede, di speranza e di carità, vedevano prossimo il tempo in cui sarebbe nato il Salvatore del mondo.
Ed ecco uscire un editto di Cesare Augusto per il censimento di tutto l'impero: «Or avvenne che in quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l'impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Cirino era preside nella Siria. E andavano tutti a farsi scrivere, ciascuno alla sua città. Anche Giuseppe andò da Nazaret di Galilea alla città di David, chiamata Betlem, in Giudea, essendo della casa e della famiglia di David, a dare il nome con Maria sua Sposa che era incinta» (Luc. 2,1-5).
Roma giunta all'apice della potenza, voleva conoscere il numero esatto dei suoi sudditi. Anche la Palestina, provincia romana doveva rispondere. Palesò Giuseppe all'amata sposa l'ordine imperiale. Era necessario che ognuno si recasse nel luogo di origine della propria tribù! Maria e Giuseppe erano discendenti di Davide, il quale era nato a Betlemme. Dovevano perciò recarsi alla città del loro antenato.

1. Prontezza di Maria nell'obbedire all'imperatore. – Il viaggio da Nazaret a Betlemme era
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lungo e disagevole, e Giuseppe temeva per la sua sposa: «Non temere, il Signore è con noi», concluse Maria, e si posero in cammino. Ecco la prontezza della regina del cielo, nel sottostare ai comandi dei legittimi superiori.

2. Cattiva accoglienza dei Betlemiti. – Giunti a Betlemme i santi sposi cercarono un alloggio presso i parenti e presso i pubblici alberghi; ma non lo trovarono. La città era tutta in movimento per i numerosi forestieri accorsi da ogni parte. Per quelle due persone di Nazaret non v'era posto! «Venne in casa sua, ma i suoi non lo ricevettero» (Giov. 1,11).
Fu quindi necessario cercare fuori della città. Nella Palestina v'erano molte grotte che servivano ai pastori per riparare il loro gregge. In una di queste si rifugiarono Maria e Giuseppe. E in questa capanna, Maria partorì il figlio suo primogenito; lo fasciò e lo pose in una mangiatoia: Peperit Filium suum primogenitum, et pannis eum involvit, et reclinavit eum in praesepio (Luc. 2,7).
Così nel più completo squallore, nasceva, sotto l'impero di Augusto, l'aspettato Messia, offrendo sin dalla nascita un ammirabile esempio di umiltà.
I Betlemiti respinsero Maria e Giuseppe, ed essi umilmente se ne andarono senza un lamento, o una sola parola che mostrasse amarezza.
Impariamo a fare del mondo il conto che si deve. È tutto inganno e malizia: Mundus totus maligno positus est (1Giov. 5,19).
Non temiamo i giudizi degli uomini, né il disprezzo del mondo.
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3. Maria al Presepio. – Chi spiegherà la felicità, la tenerezza di Maria nell'accogliere per prima fra le braccia Gesù Bambino? Quali dolci lacrime non avrà versato su di lui! Che soavi baci! Che teneri abbracci! Che cari e dolci sorrisi da una parte! Che teneri affetti dall'altra! «O solo parto senza dolore, esclama S. Bernardo, solo puro, solo esente da corruzione, chi narrerà le tue meraviglie?».
In quei luoghi c'erano dei pastori che pernottavano all'aperto, facendo la guardia al loro gregge. Ed ecco un Angelo avvolto da gran luce apparire loro per annunziare la lieta notizia:
«Ecco vi reco l'annunzio di una grande allegrezza che sarà per tutto il popolo. Oggi nella città di David vi è nato il Salvatore, che è Cristo, il Signore. E lo riconoscerete da questo: troverete un Bambino avvolto in fasce, a giacere in una mangiatoia». E subito si raccolse attorno all'angelo una schiera della milizia celeste che lodava Dio dicendo: «Gloria a Dio nel più alto dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà», (Luc. 2,10-14).
Scomparsi gli Angeli, i pastori presero a dire fra di loro: «Andiamo fino a Betlemme a vedere quanto è accaduto riguardo a quello che il Signore ci ha manifestato. E in fretta andarono e trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino giacente nella mangiatoia. E, vedendo, si persuasero di quando era stato loro detto di quel Bambino. Quanti ne sentirono parlare, si meravigliarono delle cose loro dette dai pastori. Maria poi conservava nella mente tutte queste cose, e le meditava nel suo cuore. E i pastori se ne ritornarono glorificando e lodando Dio per tutto
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quello che avevano udito e visto, secondo quello che era stato loro detto» (Luc. 2,15-20).
Dolce e commovente spettacolo! Maria presenta sorridente il Figlio alle loro adorazioni; spiega ai pastori i misteri sui quali poggia la fede cristiana, la grandezza ineffabile del Verbo di Dio, l'umiltà della sua incarnazione. Prostrati a terra, le mani giunte al petto, i pastori ascoltano quella parola, adorano il Signore, e poi se ne ritornano con gioia ai loro greggi.
In quella notte Maria ebbe come una grande rivelazione: comprese da una parte l'infinito amore che Dio aveva per gli uomini: Parvulus enim natus est nobis, filius datus est nobis, et factus est principatus super humerum ejus: et vocabitur nomen ejus, Admirabilis, Consiliarius, Deus, Fortis, Pater futuri saeculi, Princeps pacis. Ecco ci è nato un pargolo, ci fu largito un figlio, ha sopra i suoi omeri il principato, ed ecco il suo nome: l'Ammirabile, il Consigliere, il Dio, il Forte, il Padre del secolo futuro, il Principe della Pace (Is. 9,6). Ma dall'altra cominciò proprio allora la sua passione, conoscendo bene la missione del Figlio suo. E diede inizio alla sua vita di adorazione, di ringraziamento, di riparazione per i nostri peccati e di intenso amore verso Gesù, Uomo-Dio.
Maria è modello degli adoratori. Nell'Eucaristia abbiamo lo stesso Gesù che formava la delizia e l’amore di Maria. Amiamolo e preghiamolo anche noi come la Madre sua.

Pensiero di S. Pier Crisologo. Davanti a Dio si spaventa il cielo, tremano gli angeli, la creatura non sa reggersi, vien meno la natura, ma una fanciulla lo prende in sé, lo riceve in sé, lo
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allieta dell'ospitalità che gli presta, che merita ed ottiene per l'abitazione che gli fornisce la pace della terra, la gloria del cielo, la salvezza dei perduti, la vita dei morti, la parentela tra il cielo e la terra, l'intimità di Dio con la creatura.

II Concilio di Efeso. – Efeso è la città di Maria. Città di Maria perché fu la sua dimora per alcuni anni, città di Maria perché in essa si definì la verità che Maria è veramente Madre di Dio. Correva l'anno 431: Nestorio, Patriarca di Costantinopoli, nonostante i ripetuti richiami si ostinava nell'eresia e negava che la SS. Vergine fosse Madre di Dio. Il papa S. Celestino I condannò l'eresia e convocò il grande Concilio Ecumenico presieduto da S. Cirillo. Il Concilio si aprì il 22 giugno dello stesso anno e vi parteciparono oltre 200 Vescovi. Esaminata la dottrina di Nestorio venne condannata come eretica ed empia indi si dichiarò la dottrina cattolica circa l'unità della Persona di Gesù Cristo e la maternità divina della B. Vergine; dottrina confermata e sottoscritta da tutti i Padri del Concilio. Il popolo che stava in attesa sulla piazza accolse festante i Padri e li condusse con le lampade accese alle loro case. La città fu tutta illuminata e si celebrò con la più grande letizia la vittoria della verità, la gloria di Cristo e della sua Vergine Maria, dichiarata Madre di Dio.

Maria Madre di Dio

Di', Maria dolce, con quanto disio
miravi il tuo Figliuol, Cristo mio Dio!
Quando tu 'l partoristi senza pena,
la prima cosa, credo, che facesti,
sì l'adorasti, o di grazia piena;
poi sopra il fien nel presepio il ponesti:
con pochi e pover panni lo involgesti,
meravigliando e godendo «cred'io».
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Oh, quanto gaudio avevi, oh quanto bene
Quando tu lo tenevi nelle braccia!
Dimmi, Maria, che forse si conviene
che un poco per pietà mi sodisfaccia.
Baciavilo tu allora nella faccia?
Si ben cred'io e dicei: O Figliuol mio!
Quando figliuol, quando padre e signore,
Quando figliuol, quando Gesù il chiamavi,
oh quanto dolce amor sentivi al core !

Quando tu ti sentivi i chiamar mamma
come non ti morivi di dolcezza?
Come d'amor non t'ardeva una fiamma
che t'avesse scoppiata d'allegrezza?
Da ver che grande fu la tua fortezza
poiché la vita allor non ti finio.
E la Figlia del sommo eterno Padre,
e lo Signor la sua umile ancilla
pietosamente la chiamava madre,
che sol pensando il cor mi si distilla.
Chi vuol sentir qualche dolce favilla
di quell'amore, il qual sempre disio,
ponga nel buon Gesù ogni disio.

Giovanni Dominici


ADORAZIONE DEI MAGI

Con grande gioia, Maria aveva assistito all'omaggio fatto a Gesù Bambino dai pastori. Ma oltre i pastori, gente umile e semplice, anche uomini grandi e sapienti vennero ad adorare il Bambino. Gesù volle chiamare a sé anche i pagani, perché era venuto sulla terra per tutti gli uomini senza distinzione di classe o di
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nazionalità. Maria vide i Magi, venuti dall'oriente, prostrarsi davanti a Gesù, riconoscendo la sua sovranità.

1. I Magi giungono a Betlemme. – Ecco il racconto di S. Matteo: «Nato Gesù in Betlemme di Giuda al tempo del re Erode, ecco arrivare a Gerusalemme dei Magi dall'oriente e dire: Dov'è il nato re dei Giudei? Vedemmo la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo. Udito questo, Erode si turbò e con lui tutta Gerusalemme. E radunati tutti i prìncipi dei sacerdoti e gli scribi del popolo domandò loro dove dovesse nascere il Cristo. Ed essi gli risposero: A Betlemme di Giuda: cosi infatti è stato scritto dal profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la minima tra i capoluoghi di Giuda, ché da te uscirà il condottiero che governerà Israele mio popolo. Allora Erode, chiamati nascostamente i Magi, volle sapere da loro minutamente il tempo della stella che era loro apparsa, e, indirizzandoli a Betlem, disse: "Andate e cercate con diligenza il fanciullo e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere. Affinché io pure venga ad adorarlo". Essi, udito il re, partirono; ed ecco la stella che avevano veduto in oriente, precederli, finché, giunta sopra il luogo dove era il fanciullo, si fermò. Vedendo la stella, provarono grande gioia: ed entrati nella casa, trovarono il Bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono; poi, aperti i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Matt. 2,1-11).
La storia non dice chi fossero questi Magi: se re o sapienti, se fossero tre o più; né come si chiamavano. La tradizione però li disse re, li
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fece venire dall'Arabia, e diede ad essi anche il nome: Melchiorre, Gaspare, Baldassarre.
Dopo gli umili, i pastori, al presepio giungono i potenti, i grandi; ma grandi che sanno umiliarsi.
Raggiunta la grotta, la stella scomparve. Là v'era la stella mattutina, che appariva allora in tutto il suo splendore: Maria. Ella esce dall'ombra, ammantata di virtù e di santità, e dice presentando Gesù Bambino: Questi è mio Figlio.

2. Nella breve visita di Betlemme i Re Magi impararono l'intero Vangelo e lasciarono la grotta trasformati in santi e apostoli. – Essi presentarono alla Vergine i loro doni per Gesù: oro, incenso, mirra. Maria ottenne loro l'aumento della sapienza e della carità, l'aumento della pietà e della divozione, l'amore alla mortificazione, alla vita pura e santa.
Reduci in patria i tre Magi, secondo la tradizione, insegnarono e conquistarono tante anime a Cristo. Furono saldi nelle persecuzioni, diffusero la divozione a Maria e versarono il loro sangue per Gesù Cristo. I loro corpi furono trasportati a Costantinopoli, quindi a Milano, donde furono trasferiti a Colonia, dove, ancor oggi, sono conservati ed onorati.

3. I Magi trovarono Gesù per mezzo di Maria. – L'Evangelista scrive: «Entrati nella casa, trovarono il Bambino con Maria sua Madre» (Matt. 2,11).
Giunti alla loro mèta trovarono chi formava il sostegno della loro fede, ma fu Maria che fece loro conoscere Gesù, che lo porse, che lo presentò alla loro adorazione. Il Vangelo non
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descrive le grazie che affluirono allora nell'anima dei Magi, ma senza dubbio furono molte. Da Maria essi appresero il mistero dell'Incarnazione. Ecco perché adorarono Gesù, ricevendone in cambio molti doni spirituali, lumi, conforti, ardori celesti, sì da desiderare la fatica, il lavoro, il patimento, la morte per Gesù Cristo.
Maria è la grande apostola che porta Gesù al mondo. Apostolo è colui che nutre un grande amore verso Dio, un amore che il suo cuore non può contenere e perciò sente il bisogno di espanderlo, di infonderlo negli altri. L'apostolo è animato dallo spirito di Gesù Cristo e a lui vuole conquistare tutte le anime.
Maria, Madre, Maestra e Regina degli Apostoli, presentò il suo Gesù agli Ebrei, ma anche ai pagani.
Come Maria, facciamo amare Gesù da molte anime con quella forma di apostolato che ci è possibile. Dice Pio XII nell'enciclica Summi Pontificatus: «La preghiera della Chiesa al Signore della messe, perché mandi operai nella sua vigna è stata esaudita in maniera conforme alle necessità dell'ora presente. Il laicato cattolico felicemente supplisce e completa le energie spesso insufficienti, dell'apostolato sacerdotale. Una fervida falange di uomini, di donne, di giovani e di giovanette, ubbidendo alla voce del Sommo Pastore, alle direttive dei loro Vescovi, si consacrano con tutto l'ardore del loro animo alle opere dell'apostolato, per ricondurre a Cristo le masse di popolo, che da Lui si erano distaccate...».
Questo lavoro apostolico, compiuto secondo lo spirito della Chiesa, consacra il laico quasi a ministro di Cristo in quel senso che Sant'Agostino
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così spiega: «O fratelli, quando udite il Signore che dice: Dove sono io, quivi sarà pure il mio ministro; non vogliate correre col pensiero soltanto ai buoni Vescovi ed ai buoni chierici. Anche voi a modo vostro, dovete essere ministri di Cristo, vivendo bene, facendo elemosine, predicando il suo nome e la sua dottrina a chi potrete, di modo che ognuno, anche se padre di famiglia, riconosca di dovere, anche per tale titolo, alla sua famiglia un affetto paterno. Per Cristo e per la vita eterna ammonisca i suoi, li istruisca, li esorti, li rimproveri, loro dimostri benevolenza, li contenga nell'ordine; così egli eserciterà in casa sua l'ufficio di chierico e in certo qual modo di Vescovo, servendo a Cristo, per essere con lui in eterno».

Pio IX. – Il nome di quest'augusto Pontefice non può andare disgiunto da quello della Vergine Maria della quale era devotissimo. A prova del suo tenerissimo amore verso la Madre di Dio, nel 1854, proclamava e definiva solennemente dalla rocca incrollabile del Vaticano il dogma dell'immacolato concepimento di Maria, dogma che la Vergine stessa si degnò confermare quattro anni dopo all'umile Bernardetta Soubirous nella grotta di Massabielle.
Maria esercitò verso questo suo dilettissimo divoto una missione particolare, lo custodì in mezzo a tutti i pericoli; lo rese forte, intrepido; lo formò secondo il suo cuore infondendogli tutti quei sentimenti di carità, di amore, di compassione, da cui dev'essere animato un padre, un apostolo un santo.
Nato in tempi molto tristi per la Chiesa, quando pareva che le porte dell'inferno dovessero prevalere e la navicella di Pietro perir fra i flutti, questo futuro Papa, fin dai suoi primi anni di vita si affidò a Maria. E la Vergine che vegliava a su di lui lo guidò al sacerdozio facendogli superare le non lievi difficoltà. Nel 1828 Leone XII lo elesse Arcivescovo di Spoleto; Gregorio XVI ammirando lo zelo e la santità di lui, lo trasferì ad Imola affinché
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rialzasse anche qui lo stato della Chiesa come aveva fatto a Spoleto, di modo che in breve tempo queste due diocesi risorsero a nuova vita e splendore. La sua attività pastorale spiegata in queste due diocesi fu tale che si credeva un S. Carlo Borromeo od un S. Francesco redivivo, ed alcuni vedendolo esclamavano. «Ecco il futuro Papa». E non si sbagliarono.
Doti così eccelse ed uno zelo infaticabile colpirono l'animo di Gregorio XVI il quale lo creò Cardinale nel 1839 all'età di 48 anni. Pochi anni dopo saliva la cattedra di Pietro.
Finalmente egli può palesare a tutto il mondo il suo filiale affetto verso la Vergine SS.; finalmente è giunto il tempo di dichiarare articolo di fede quello che i cristiani hanno creduto in ogni secolo: «L'Immacolato concepimento della Vergine Maria». Si accinse perciò con grande zelo a far rifiorire nei cuori la divozione verso la SS. Madre di Dio; esorta, incoraggia, invita tutti con l'esempio a ricorrere a Maria. E questo suo ardente slancio per onorare Maria SS. gli meritò dalla celeste Patrona una singolare protezione; fu Maria che gli diede la forza ed il coraggio per resistere a tutte le persecuzioni, e quando, nel 1848 la rivoluzione lo costrinse a fuggire a Gaeta, l'unico suo conforto era l'Eucaristia che portava con sé e la sua piena fiducia nell'aiuto potente di Maria.
Il 7 febbraio 1878 se ne volava al cielo dopo aver esclamato: «Mater misericordiae, tu nos ab hoste protege et mortis hora suscipe».

Maria e Gesù

Offrian commossi al tuo Figliol, Maria,
Gl'ignoti viandanti: incenso ed oro;
Ed intanto gli occhi sommessamente
Contemplavan la stella pellegrina
Ch'era venuta ad adorar con loro,
Che sul presepe povero lucea.
Quando, Maria, vedevi il tuo diletto
Esercitar nel ruvido lavoro
Le benedette mani allato al padre,
Entro il pensier ti risonava il canto,
Quel dolce canto: «A Dio gloria ne' cieli,
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E agli uomini quaggiù pace d'affetto».
Quand'aprivi, Maria, le labbra pure
Al comando e dicevi: «Figliol mio»,
Con gioia riverente il cuor tremava;
Gli occhi ora al cielo, or al beato aspetto
Fisi tenevi; e nell'ora con Lui
S'ispirava di Lui la tua preghiera

Nicolò Tommaseo


PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO

Trascorsi otto giorni dalla nascita di Gesù, Maria, osservatrice diligentissima della legge, presentò il divin Neonato per la cerimonia della circoncisione, con la quale il bambino ebreo veniva ufficialmente ascritto al giudaismo e dichiarato figlio legittimo di Abramo, al quale Dio aveva detto: Tu e i tuoi discepoli osserverete la mia alleanza e il segno di quest'alleanza sarà la circoncisione: Et tu ergo custodies pactum meum: circumcidetur ex vobis omne masculinum (Gen. 17,9-10).
Per imitare Abramo, che circoncise il proprio figlio, il padre stesso del bambino compiva personalmente in famiglia la cerimonia, recitando una benedizione stabilita. Tutta la famiglia ed i vicini assistevano e davano il benvenuto a «colui che entrava nell'alleanza». Per la circoncisione, Gesù obbediva al Padre suo Celeste e poteva esclamare assai meglio di Davide: «Non hai voluto sacrificio né oblazione, ma
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mi hai aperto le orecchie. Tu non cerchi olocausto o vittima per il peccato. Allora ho detto: "Ecco io vengo"» (Salmi 39,7-8).
Gesù non era soggetto per natura a tale legge, ma volle sottomettervisi, per dare a noi esempi di obbedienza. Fu allora che gli venne imposto il nome di Gesù, come era stato detto dall'Angelo prima ancora che fosse concepito nel seno materno.
Ma un'altra legge volle osservare Maria, ancorché non vi fosse tenuta per la sua condizione, unica al mondo, di Vergine Madre. Secondo la legge di Mosè, ogni donna, che aveva dato alla luce un figlio, dopo quaranta giorni, doveva recarsi al tempio per la purificazione e se questo figlio era il primogenito doveva venir consacrato al Signore.
La legge specificava che per i poveri bastava l'offerta di due tortorelle o di due colombi. Trascorsi quaranta giorni, Maria si portò al tempio per la duplice cerimonia della purificazione e della presentazione. Quale esempio di umiltà! Il Vangelo narra esplicitamente il fatto: «E quando furono compìti i giorni della purificazione di lei, secondo la legge di Mosè, lo portarono (Gesù) a Gerusalemme, per presentarlo al Signore secondo quello che sta scritto nella legge del Signore: ogni primogenito maschio sarà consacrato al Signore; e per far l'offerta, prescritta dalla legge del Signore, d'un paio di tortore o di due piccole colombe» (Luc. 2,22-24).
E la Vergine Madre compie l'offerta del Figlio; l'offerta è accettata e sarà consumata sul Calvario al Padre.
Un santo vegliardo, di nome Simeone, uomo
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giusto e pio, aspettava la consolazione d'Israele. Lo Spirito Santo era in lui e gli aveva rivelato che non sarebbe morto prima di vedere il Cristo del Signore. Guidato dallo Spirito Santo, si recò al tempio. Maria, cedendo ai desideri di lui, gli pose il divin Pargoletto tra le braccia. Simeone lo prese, lo contemplò con ardente amore e, pieno d'entusiasmo, esclamò: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo, secondo la tua parola, se ne vada in pace, perché gli occhi miei hanno mirato il tuo Salvatore, da te preparato nel cospetto di tutti i popoli: luce di rivelazione alle genti e gloria d'Israele tuo popolo» (Luca 2,29-32).
Maria e Giuseppe furono compresi di ammirazione: come Simeone conosceva il segreto del Messia? Ma ad un tratto, il santo vecchio interrompe le sue benedizioni, si fa scuro in volto e volge la sua parola alla giovane madre: «Ecco, egli è posto a rovina e a risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione; anche a te una spada trapasserà l'anima, affinché restino svelati i pensieri di molti cuori» (Luc. 2,34-35). Quale impressione avranno prodotto queste parole nell'anima di Maria! Da quel momento al suo sguardo si presentò una visione di persecuzioni, di calunnie, di ansie, d'agonia, di morte.
A questa scena partecipò anche la profetessa Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, molto avanzata negli anni, che attendeva al culto del tempio servendo Dio con preghiere e digiuni. Illuminata dall'alto anch'essa fece eco al cantico di Simeone glorificando Dio e parlando di Gesù a quanti aspettavano la redenzione d’Israele (Luc. 2,38).
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Consideriamo la relazione tra Maria e Gesù, impariamo quali sono le relazioni che devono sussistere tra fedeli e sacerdoti. Maria è la Madre del grande, unico Sacerdote; gli altri hanno una partecipazione al sacerdozio di Gesù. Il sacerdote dice nella Messa: Hoc est corpus meum: Questo è il mio Corpo, appunto perché in lui parla Gesù.
Quali furono le relazioni tra Maria e Gesù Sacerdote? Ella lo formò, lo nutrì, lo educò, l’offrì a Dio e assistette al suo sacrificio sul Calvario. E non solo per Gesù, Maria ebbe le cure più delicate, bensì per tutti gli apostoli e discepoli.
Impariamo dalla nostra celeste Maestra a venerare e rispettare il sacerdote. Dice S. Francesco d'Assisi: «Io onorerò sempre il Sacerdote che mi dà il Corpo ed il Sangue di Gesù e mi comunica la parola di Dio». Onorando il sacerdote si onora Gesù, di cui egli è ministro: Sic nos elistimet homo ut ministros Christi et dispensatores mysteriorum Dei: Così ci stimino gli uomini come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (1Cor. 4,1). Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi, disprezza me» (Luc. 10,16).
Il sacerdote è un altro Gesù Cristo: alter Christus: si abbia quindi di lui un concetto soprannaturale. S. Teresa asseriva che volentieri avrebbe baciato la terra ove passava il sacerdote; S. Francesco di Sales, assistendo un giorno all'ordinazione sacerdotale di un diacono, vide il suo angelo custode, che prima era alla destra, passare alla sinistra dopo l'ordinazione, quasi per rispetto al carattere sacerdotale; e S. Agostino per dimostrare che il sacerdote è veramente alter Christus dice: «È Pietro che
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battezza? È Gesù che battezza. È Giuda che battezza? È Gesù che battezza».
Abbiamo sempre grande stima dei sacerdoti; ascoltiamone volentieri la parola e preghiamo per essi. Preghiamo anche per le vocazioni sacerdotali ed aiutiamole per quanto ci è possibile.
Cooperare alla formazione del sacerdote è dovere di tutti; tutti infatti dovranno da lui ricevere la vita soprannaturale, il perdono, la Comunione, il Vangelo.

Pensiero di S. Gregorio. Custodite nella vostra mente la parola di Dio che ricevete dalla bocca del predicatore, perché la parola di Dio è l'alimento dell'anima.

S. Bonaventura. – S. Bonaventura fin dai più teneri anni ebbe la divozione a Maria, divozione che andò sempre crescendo. Fisso lo sguardo a questa stella divina, si lasciava guidare da lei in ogni cosa: se Maria gli era propizia si teneva sicuro di far buona riuscita.
Eletto Generale dell'Ordine Francescano pose l'Ordine sotto la speciale protezione di Maria e ne propagò la divozione tra i sudditi.
Compose lo Specchio e il Salterio della B. Vergine con pietà e tenerezza di espressioni amorose. La prefazione dello Specchio della B. Vergine Maria è un gioiello di pietà. Questo santo è giustamente annoverato tra i più devoti di Maria SS. A lode di Maria commentò la Salve Regina e compose un inno sulla falsa riga del Te Deum.
Gregorio X, ammirato delle virtù di Bonaventura, lo creò Cardinale nel giugno del 1273, nominandolo Vescovo d'Albano. Partecipò al Concilio di Lione, e poco dopo morì.
Canonizzato nel 1482, venne proclamato Dottore della Chiesa da Sisto V, nel 1587.
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Simeone a Maria

Io nol vedrò, poiché il cangiato aspetto,
E la vita che sento venir meno,
Mi diparte dal dolce aer sereno
Né mi riserba al sanguinoso obbietto;

Ma tu, Donna, il vedrai questo Diletto
Figlio, che stringi vezzeggiando al seno:
D'onte, di strazi, d'amarezza pieno,
Spietatamente lacerato il petto.

Che fia allor, che fia, quando tal frutto,
Torrai dall'albor sospirata? Oh! quanto
Si prepara per te dolore e lutto!

Così largo versando amaro pianto;
Il buon vecchio dicea: con ciglio asciutto,
Maria si stava ad ascoltarlo intanto.

Quirico Rossi


FUGA IN EGITTO

I Magi avevano forse palesato a Maria come Erode li aveva consigliati a recarsi a Betlemme per cercare il Bambino, indi ritornare da lui per comunicargli dove lo avevano trovato, poiché anche egli intendeva presentare i suoi ossequi al Neonato. Maria conosceva probabilmente Erode, ma si rassicurò sulla parola di Dio: Il Signore è la mia luce e la mia salvezza: di chi ho da temere? Il Signore protegge la mia vita: chi potrà farmi tremare? Dominus illuminatio mea et salus mea, quem timebo? Dominus
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protector vitae meae, a quo trepidabo? (Salmi 26,1).
E Dio interviene a sventare le losche trame di Erode, e fa avvertire i Magi, in modo miracoloso, durante il sonno, di non ripassare da Erode. Essi ubbidirono e ritornarono al loro paese senza più ripassare da Gerusalemme.
Il Bambino Gesù dovrà essere portato in salvo nell'Egitto. Il Vangelo così narra il fatto con brevità e chiarezza: «Partiti i Magi, ecco un angelo del Signore apparire a Giuseppe in sogno e dirgli: Lèvati, prendi il Bambino e sua madre, e fuggi in Egitto; e stai là finché non ti avviserò, perché Erode cercherà del bambino per farlo morire. Egli, alzatosi durante la notte, prese il bambino e la madre di lui e si ritirò in Egitto, ove stette fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quanto era stato detto dal Signore per il profeta: Dall'Egitto ho richiamato il mio Figlio» (Matt. 2,13-15).

È facile immaginare che i santi fuggitivi compissero il viaggio nella forma più povera. La tradizione si è compiaciuta di vedere Maria seduta sull'asinello tenere in braccio il Fanciullo Gesù, mentre S. Giuseppe cammina a piedi.
Durante quel viaggio lungo e faticoso parlavano poco, assorti in profondi pensieri, e pregavano.
Era il trionfo della prepotenza contro l'innocenza, la debolezza, la santità. Erode abusava del suo potere: con l'inganno e la crudeltà; tutto per invidia, temendo nel nato bambino un futuro competitore.
La Sacra Famiglia si piegava umilmente innanzi al volere del Padre Celeste: sottomettendosi
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alle gravi difficoltà dell'esilio. Così si compivano le profezie e i disegni di Dio.
Gli emigranti, esuli dalla loro patria, se cattolici venerano Gesù, Maria, Giuseppe nella fuga e nella dimora nella terra d'esilio in Egitto. Vi sono coloro che escono dalla loro patria per avidità di avventura e di denaro, o per studio, o per ragioni di dovere. Ma più numerosi sono quelli costretti ad esulare per cercare il pane, che non trovano nel loro paese.
Occorre che con grande pazienza accettino il volere di Dio. Ma occorre pure che trovino ovunque carità e comprensione. La vita riserba spesso momenti di oscurità e di incertezza; chi si abbandona ai voleri del Signore sarà protetto e difeso.
«Allora Erode, vedendosi burlato dai Magi, s'irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i fanciulli maschi che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai Magi. Allora s'adempì ciò che era stato detto per bocca del profeta Geremia: Un grido si è udito in Rama, di gran pianto e lamento: Rachele piange i figli suoi, e non vuole essere consolata, perché non sono più» (Matt. 2,16-18).
Dove dimorò la Sacra Famiglia durante la sua permanenza in Egitto? Esattamente non si sa.
Quanto tempo durò l'esilio? Certo non molti anni, poiché è noto che il ritorno si effettuò subito dopo la morte di Erode, il quale morì pochi anni dopo il suo iniquo delitto, corroso dai rimorsi e dai vermi. Allora l'angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Lèvati, prendi il fanciullo e la Madre di lui e va'
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nella terra d'Israele: perché son già morti coloro che volevano la vita del bambino. Ed egli, levatosi, prese il bambino e la madre di lui e andò nella terra d'Israele. Ma avendo sentito che Archelao regnava in Giudea invece del padre suo Erode, temette di andarvi e, avvertito in sogno, si ritirò in Galilea e venne ad abitare in una città chiamata Nazaret». Si adempì così la profezia: «Dall'Egitto ho richiamato il mio Figlio» (Matt. 2,20-23).

Ammiriamo la docile obbedienza di Maria ai voleri divini. In una prova così schiacciante la fede di Maria non vacillò affatto: non scemò menomamente il suo totale abbandono, con ammirabile atto di rassegnazione, ai voleri di Dio. Impariamo a fidarci di Dio: Egli non abbandona alcuno e se talvolta ci chiede dei sacrifici, è sempre per il nostro profitto spirituale.

Pensiero di S. Tommaso da Villanova. Questa fedele serva, Maria, né colle opere, né col pensiero non contraddisse al Signore, ma sempre e in tutto visse obbediente al divino volere.

Dante Alighieri. – Dante nacque in un secolo in cui la divozione a Maria Vergine era grandissima ed in onore di Lei sorgevano i capolavori dell'arte plastica e decorativa.
La divozione di Dante a Maria SS., nata in lui e appresa fin dall'infanzia, crebbe con l'istruzione ricevuta dai Francescani e Domenicani e si fortificò con lo studio della Sacra Scrittura e dei Ss. Padri. Da S. Bonaventura imparò ad imitare Maria in ogni azione; da S. Bernardo imparò e gustò le lodi, le invocazioni, gli slanci e i sospiri, i palpiti più delicati, più teneri ed appassionati d'un
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innamorato di Maria che sparse poi in tutto il suo poema. La divozione a Maria in Dante divenne l'espressione più bella e più sublime che la forma letteraria seppe produrre.
Il significato della Divina Commedia è prevalentemente morale-religioso: lasciare le vie del male, purificarsi e liberarsi dal male per rendersi capaci della suprema visione di Dio e guadagnarsi la vita eterna. Ma come lasciare il male? La conversione è un'opera che si può compiere solo con uno speciale aiuto del cielo. E questo aiuto ci viene da Maria, la dolce Madre nostra, il rifugio dei peccatori, la Madre della misericordia, la Madre della divina grazia
Dante confessa il suo amore per Maria.

Dante a Maria

Vergine Madre, figlia del Tuo Figlio,
Umile ed alta più che creatura,
Termine fisso d'eterno consiglio,

Tu se' Colei che l'umana natura
nobilitasti sì che il suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si riaccese l'amore
per lo cui caldo nell'eterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se' a noi meridiana face
di caritate; e giuso intra i mortali,
se' di speranza fontana vivace.

Donna, sei tanto grande e tanto vali
che, qual vuol grazia ed a Te non ricorre
sua disanza vuol volar sen'ali.

La tua benignità pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente il dimandar precorre.

In Te misericordia, in Te pietate,
in Te magnificenzia, in Te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate!

Dante Alighieri

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PERDITA E RITROVAMENTO DI GESÙ


Il giovinetto Gesù cresceva in grazia agli occhi di Dio e degli uomini nella casetta di Nazaret con Maria sua madre e con Giuseppe, suo padre putativo: Et Jesus proficiebat sapientia et aetate et gratia apud Deum et homines (Luc. 2, 52). Maria vedeva con gioia questo suo figliuolo, «il più bello tra i figli degli uomini» (Salmi, 44, 3), il più modesto, il più buono, il più affezionato. Madre fortunata! Ella aveva con sé quel figlio la cui giovinezza era un incanto di bellezza e di bontà. Gesù lavorava col padre putativo ed ebbe l'educazione che gli conveniva.
Appena il giovinetto ebbe raggiunto i dodici anni, venne condotto a Gerusalemme per la solennità della Pasqua. A quell'età, infatti, il fanciullo ebreo diveniva figlio della legge, responsabile dei propri atti e veniva chiamato per la prima volta, in giorno di sabato, davanti ai volumi sacri della Legge per benedire l'Eterno Iddio che ha scelto il popolo ebreo come depositario della sua legge. Maria ebbe dunque la gioia di assistere a questo ingresso di Gesù al tempio di Gerusalemme. Un doloroso episodio venne però a ricordarle che suo Figlio era destinato ad una missione che esigeva dolorose separazioni.
Compiuti i sette giorni delle feste, i genitori presero la via del ritorno, ma Gesù rimase in Gerusalemme senza che essi se ne avvedessero. Nel giorno della partenza è tutto un viavai di guide, ordini e contr'ordini, grida di gente che si cerca, calpestio di cavalcature, confusione di
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uomini e di animali. A stento riescono a raggrupparsi e a mettersi in viaggio. Ben presto però la stanchezza si fa sentire e dopo quindici chilometri circa si fa la prima tappa. Allora si riunirono i membri della famiglia. Anche Maria e Giuseppe si ritrovarono. Gli sguardi si incontrano, il cuore palpita, il silenzio chiude loro la bocca, un medesimo pensiero li agita immediatamente: Dov'è Gesù? Affannati corrono di gruppo in gruppo tra le persone che conoscono. Ma né parenti, né conoscenti hanno visto il loro figliuolo. Forse Gesù si sarà fermato con degli amici incontrati alla festa? Verrà da un momento all'altro...; ma sopraggiunge la notte e Gesù non appare! Ansanti di angoscia, Maria e Giuseppe rifanno la via e ritornano a Gerusalemme in cerca del loro tesoro. Interrogano le guardie della città, le donne che andavano alla fontana, i facchini ed i mendicanti, ma nessuno ha visto il loro figliuolo. Finalmente, dopo tre giorni di ricerche, lo trovano nel tempio seduto tra i dottori, ad ascoltarli ed interrogarli, mentre tutti i presenti stupivano della sua sapienza e delle sue risposte: Stupebant omnes, qui eum audiebant, super prudentia, et responsis ejus (Luc. 2,47).
La Vergine SS. si ferma e così pure Giuseppe. Avrebbero voluto precipitarsi su di lui, abbracciarlo, baciarlo, ma qualcosa di misterioso li trattiene. Avevano cercato Gesù tra le angosce mortali, immaginando che anche lui li cercasse ed invece lo trovano occupato in altro, come se non avesse bisogno di loro! Stava seduto in mezzo ai dottori della legge ascoltandoli ed interrogandoli: riempiva tutti di meraviglia per la sottigliezza delle sue domande e per la
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saggezza delle sue risposte. Maria, addolorata, lo chiama esclamando: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo! Gesù calmo e sereno: E perché cercarmi? Non sapevate che io devo occuparmi di ciò che spetta al Padre mio? (Luc. 2,48-49)
Davanti a Giuseppe, che Maria chiama il padre di Gesù, il celeste fanciullo si richiama all'altro Padre, al vero Padre suo ed ai suoi imperscrutabili diritti. Egli è venuto al mondo per compiere la volontà del Padre e salvare gli uomini: Descendi de coelo, non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem ejus qui misit me: Son disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma quella di Colui che mi ha mandato (Giovanni 6, 38).
Maria non comprendendo ancora tutta la vastità della missione affidata a Gesù, conservava tutte queste parole e le meditava nel suo cuore (Luc. 2,51).
Gesù insegnava col suo esempio che, per amore del regno dei cieli, bisogna saper distaccarsi dal proprio padre e dalla propria madre e da tutti quelli che amiamo. E se ne andò con loro a Nazaret e stava sottomesso ad essi: Erat subtidus illis (Luc. 2,51).
Gli ammaestramenti da ricavarsi sarebbero molti: la scelta della vocazione; la ricerca di Gesù allorché si perde col peccato; l'obbedienza al Padre celeste. Notiamo invece una sola cosa: nella vita vi sono molti fatti misteriosi, fatti che Iddio permette per il nostro profitto, per il nostro progresso spirituale. Sono progressi e regressi, fervori e scoraggiamenti, dolorose cadute, tanto che certe anime giungono ad esclamare: ma perché, o Gesù, permetti
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questo? Proprio come aveva detto Maria: Figlio mio, perché ci hai fatto questo? In simili circostanze bisogna amare Gesù, amarlo tanto e credere che tutto ciò che avviene succede per una disposizione divina ed è il meglio per noi. Temiamo di noi, ma confidiamo in Dio, nella sua grazia divina. Quando Gesù ci colma di benefici e ci attira, pensiamo che è la grazia che opera; quando sentiamo le tentazioni, pensiamo che è la nostra fragilità. Umiliamoci da parte nostra ed eleviamoci tanto per mezzo dell'unione con Gesù. Non aspettiamo la ricompensa sulla terra: Iddio permette tante sofferenze per offrirci occasioni di meriti.
Pensiamo che cosa vorremmo aver fatto in punto di morte. Scegliamo quello che costa di più: ecco regole preziose per superare felicemente gli ostacoli e gli avvenimenti difficili della vita.

Pensiero di S. Bernardo. Nei pericoli, nelle difficoltà, nelle perplessità, pensa a Maria, chiama Maria: il suo nome risuoni sempre sul labbro; ti resti sempre scolpito nel cuore.

S. Alfonso Rodriguez. – Fu uno dei più grandi devoti verso Maria SS.
Nacque a Segovia, industriosa e commerciale cittadina della vecchia Castiglia, il 25 luglio 1531. Bambino, dimostrò la sua devozione a Maria, devozione che andò sempre crescendo negli anni. Dopo una vita un po' agitata, Alfonso conobbe nella prova la voce di Dio che lo chiamava tra i Gesuiti e vi rispose prontamente. Pianse la vita passata, si armò delle potentissime armi della penitenza e dell'orazione e Maria gli mostrò anche sensibilmente quanto questo le fosse gradito.
Passati esemplarmente i due anni di noviziato, fu
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ammesso ai voti religiosi. Soleva onorare la SS. Vergine con la recita quotidiana del Rosario, dell'Ufficio dell'Immacolata, delle Litanie, di 12 Salve Regina e 12 Ave Maria, indirizzate a santificare le ore della giornata e della notte.

L'Ave Maria diventò come il suo sospiro, la giaculatoria più spontanea, tanto che dopo morte gli si scoprirono dei calli nel pollice e nell'indice della mano destra per il continuo far scorrere della corona del Rosario. Inoltre aveva fatto il patto con l'Angelo Custode che, mentre egli dormiva l'Angelo avrebbe recitato l'Ave Maria affinché non venisse a mancare il saluto alla sua Regina.

Progrediva, ogni giorno più, nella virtù dell'orazione e della mortificazione: virtù che lo portarono alla più alta e continua unione con Dio, tanto che alle volte col solo dire «Signore» oppure dilectus meus mihi et ego illi: il mio diletto è con me ed io con lui, si trovava rapito in estasi.
Ma ciò che fece di Alfonso un eroe ed un martire furono le grandi tentazioni con cui il Signore lo provò e che egli, da valoroso soldato, seppe superare.
Grandissimo fu lo zelo di Alfonso per la salute delle anime; pregava incessantemente per i missionari e predicatori della sua Compagnia.
Strumento del suo zelo furono pure gli scritti tutti ripieni del più grande amor di Dio.
Dopo una vita spesa per il Signore e dopo un'estasi di tre giorni consecutivi, Alfonso volava ad unirsi ai suoi Amori com'era solito chiamare Gesù e Maria, pronunziando per l'ultima volta i loro nomi adorabili. Il 15 gennaio 1888 Leone XIII lo annoverava tra i santi, mèta promessa a coloro che sono divoti di Maria.

Invocazione a Maria

Vorrei volar con rapidissim'ale
come colomba del tuo trono al piede,
vederti, udirti, come s'ode e vede
cosa quaggiù sensibile mortale.

Ma se il gran cielo in sua beltà ti fascia,
idea perfetta di beltà e clemenza,
Tu ne precorri co' tuoi santi ardori.
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Vedi se triste è questa nostra ambascia
fuori di speme e fuor di conoscenza!
Soccorri a noi, o Madre dei dolori!

Severino Ferrari


MARIA A NAZARET


Fine principale ed ultimo della nostra vita è il cielo. Questa è la volontà di Dio a nostro riguardo: Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra (1Tim. 4,3). Dobbiamo santificare la vita quotidiana come Maria, nostro sublime modello, santificò tutta la vita terrena. Maria camminava nelle vie di Dio in modo irreprensibile.
Già in piedi al canto del gallo per preparare il pane e recarsi alla fontana, accudiva il desinare per la famigliola, quindi filava, tesseva, cuciva, si recava al vicino torrente a lavare la biancheria, rattoppava vestiti e coperte per i poverelli come sta scritto: Stendi al povero la tua mano affinché sia perfetta la tua propiziazione e la tua benedizione. La tua riconoscenza apparisca a tutti i viventi, e non negare la tua carità ai morti. Non mancare di porgere consolazione a chi piange e tieni compagnia agli afflitti. Non ti rincresca visitare il malato, ché in tal maniera ti affermerai nella carità (Eccli. 7, 36-39).

Penetriamo un momento col pensiero nella casetta di Nazaret dove è vissuta la famiglia più
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santa; sforziamoci di sollevare il lembo che cela al nostro sguardo la vita intima di Maria. Illuminiamo la pupilla della nostra mente con la luce della fede e col calore della nostra pietà. La vita di Maria a Nazaret? È una vita semplice, ordinata, invidiabile agli stessi angeli del cielo. La vita che la Madonna trascorse per trent'anni fra le pareti domestiche di Nazaret, fu comune all'esterno: eccezionale per santità. La casetta di Maria, trasportata sul nostro patrio suolo, sembra ripeterci le umili, ma pur mirabili cose, compiutesi in essa.
Si può riassumere la vita di Maria a Nazaret in tre parole: vita di preghiera, di lavoro, di umile carità.

1. Vita di preghiera. – Il cuore di Maria fu come un incensiere perenne per il profumo, una lampada perpetua per la luce della preghiera più fervida e più incessante. Chi potrà descrivere la preghiera di Maria? Ella attendeva alla preghiera mentale, alla preghiera vocale, alla preghiera vitale. Maria meditava la Sacra Scrittura, la leggeva spesso e ne conservava le parole nel suo cuore. Ella comprendeva assai bene la Scrittura, come dimostra il Magnificat. Maria aveva formato alla scuola della Sacra Scrittura il suo stile e vi aveva attinto l'alimento della sua fede e il pascolo della sua pietà. Era sempre assorta in Dio, assistita ed illuminata da colloqui angelici, immersa nei vaticini dei Profeti, meditabonda sui misteri con un tale fervore, lucidità e compostezza di mente, che le ritornavano anche nel sonno suggerendole richiami alle divine Scritture.
Oltre alla preghiera mentale, Maria praticò
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anche la preghiera vocale, preghiera tanto accetta a Dio e tanto meritoria. Recitava e cantava i salmi con un fervore più che serafico. Ella rivelò a S. Elisabetta d'Ungheria: «Io mi alzavo sempre nel cuore della notte ed andavo a pregare. Scongiuravo con grandissimo ardore il Signore mio Dio a volermi accordare l'umiltà, la pazienza, la bontà, la dolcezza e tutte le altre virtù atte a rendermi degna e grata al suo cospetto. Io lo supplicavo anche di farmi giungere al tempo nel quale sarebbe vissuta la vergine che doveva partorire il Figlio di Dio. Lo pregavo di conservarmi la vista, affinché potessi contemplarla, la lingua affinché potessi lodarla, le mani affinché potessi servirla, le ginocchia affinché potessi adorare nel suo seno il Figlio di Dio».
Che dire poi delle preghiere che faceva in unione con Gesù e con Giuseppe?
Maria inoltre praticò l'orazione vitale. Questa terza specie di preghiera vien definita dai teologi: Bonum opus Deo oblatum cum intentione aliquod beneficium a Deo obtinendi: un'opera buona offerta a Dio con l'intenzione di ottenere da Lui un qualche beneficio. Sappiamo che ogni azione ha un triplice valore: meritorio, impetratorio, soddisfatorio. Maria offriva a Dio il valore soddisfatorio delle sue buone opere, affinché avesse pietà dei poveri peccatori; il valore impetratorio per la gloria di Dio e la salvezza delle anime; il valore meritorio, invece, perché personale, non lo poteva cedere a nessuno, ma aumentava sempre più i suoi meriti.
La vita di Maria fu orazione vitale perché le sue azioni erano le più perfette che si possono
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pensare: dalle più semplici, quali la rammendatura e le faccende domestiche, alle più nobili, quali la preghiera e la contemplazione. La casetta di Nazaret era dunque il Tempio, il Santuario più grande che mai vi sia stato perché vi abitavano Gesù, Maria, Giuseppe; là Iddio riceveva le maggiori lodi, di là giungeranno fino al suo trono le preghiere più belle.
La nostra preghiera assomiglia a quella di Maria? Domandiamo la grazia di acquistare l'abituale unione con Dio, di pregare sempre bene e che tutte le nostre azioni siano un inno di lode alla SS. Trinità.

2. Vita di lavoro. – È condizione comune voluta da Dio nel Paradiso terrestre: Col sudore della tua fronte mangerai il pane (Gen. 3,19). Queste parole suonano non solo una maledizione e una condanna, ma un obbligo strettissimo al lavoro, imposto a tutti gli uomini come opera di penitenza e di espiazione: Chi non vuol lavorare non mangi: Si quis non vult operari nec manducet (2Tim. 3,10). Il lavoro è dunque comando naturale non solo, ma precetto divino: Gesù Cristo stesso ce ne ha dato l'esempio. E Maria, la più perfetta imitatrice di Gesù, l'imitò anche nel lavoro. Nella casetta di Nazaret, Maria condusse una vita di incessante laboriosità, di totale dedizione al proprio dovere, e di sacrificio. Da sola accudiva alle faccende domestiche, da sola provvedeva all'ordine, alla pulizia della casa, da sola preparava il cibo quotidiano per Gesù e per Giuseppe. Quale esempio per noi! Santifichiamo anche noi la nostra vita con il lavoro assiduo e costante, con la fedeltà quotidiana ai nostri doveri. Lavoriamo,
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lavoriamo, diceva San Giuseppe Benedetto Cottolengo, ci riposeremo in Paradiso! E S. Paolo, l'apostolo instancabile: Dum tempus habemus operemur bonum: Mentre abbiamo tempo, operiamo il bene (Gal. 6,10).

3. Vita di umile carità. – Scrive S. Anselmo: «Quanto più un cuore è puro e vuoto di se stesso, tanto più esso sarà pieno di carità verso Dio e verso il prossimo». Nessuno fu più puro e più umile di Maria SS. Ella perciò avanzò l'amore di tutti gli uomini e di tutti gli angeli verso Dio e verso le anime, perché non è possibile amare Iddio senza amare il prossimo che ne è la viva immagine. Il cuore di Maria fu un oceano di carità e di amore. L'amore divino ferì talmente l'anima di Maria, scrive S. Bernardo, ch'Ella adempì perfettamente questo primo precetto; poteva benissimo esclamare: «Io sono del mio diletto ed il mio diletto è mio» (Cant. 6,2).
Dio, che è amore, venne in terra ad accendere in tutti la fiamma del divino amore, ma non ne infiammò nessuno quanto il cuore di sua madre, che, puro dagli affetti terreni, era stato fatto per ardere di questo sacro fuoco. Il cuore di Maria fu una vera fornace ardente per la carità divina, fornace che si dilata in due fiamme, una verso Dio e l'altra verso il prossimo. Chi difatti ama Dio, dice S. Tommaso, ama tutte le cose amate da Dio. Ma Iddio ama l'uomo d'amore infinito: anche Maria dunque amò tutti di tenerissima carità. E tra il prossimo son da preferirsi le persone più vicine, quelle che ci condividono le gioie e i dolori della vita quotidiana.
La carità di Maria si manifestò in primo luogo verso Gesù e verso S. Giuseppe. Non dobbiamo
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credere che la casetta di Nazaret fosse esente da ogni dolore. Il Signore permetteva anche là delle pene, perché i membri della S. Famiglia si santificassero sempre più e perché noi ricevessimo esempio di carità e di pazienza tanto da praticare il detto di S. Paolo: Alter alterius onera portate, et sic adimplebitis legem Christi: Portate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo (Gal. 6,2).
Contempliamo la pazienza, l'umiltà, la silenziosità di Maria.
Maria fu paziente. Ella soffrì tante pene, ma sempre con piena rassegnazione alla volontà di Dio. Soffrì quando non poté offrire al suo divin Figlio che poveri pannolini; soffrì quando lo presentò al tempio e sentì la profezia del vecchio Simeone: «Anche a te una spada trapasserà l'anima» (Luc. 2,35); soffrì quando, per sottrarlo ai furori d'una persecuzione prematura, lo portava attraverso il deserto in un paese infedele; soffriva quando asciugava i sudori della sua fronte, quando udiva le minacce dei farisei ed i sordi rumori del popolo; soffri quando, ritta ai piedi della croce, vide il suo diletto Figlio, morire in un mare di dolori.
Maria fu umile. Questa bella virtù era sconosciuta al mondo: venne Gesù dal cielo ad insegnarla col suo esempio; e Maria ne fu la prima e più perfetta imitatrice. L'umiltà è la via del cielo, è il segreto per raggiungere il trono della gloria è quell'olezzo soave che affascina Iddio e che lo spinge a versare nell'anima di chi la possiede le acque vivificanti della grazia. Maria fu la più umile, umile ed alta più che creatura. Nessuno fu più esaltato di lei, perché nessuno si è umiliato più di lei.
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Maria fu inoltre amante del ritiro e della solitudine. Ella parlava poco, non si mostrava mai in pubblico, schivava il mondo e cercava Dio solo. Le sue parole erano sempre condite di molta grazia, tutte dirette alla gloria di Dio ed al bene delle anime. Quale intima unione con Dio !
Amare il silenzio, l'umiltà, la pazienza, la carità: siano queste le nostre virtù quotidiane. Ad imitazione della Vergine SS., santificheremo le nostre giornate.

Pensiero di S. Ambrogio. Pensa quanto fu grande Maria, e ciò nonostante, quando la si cerca non la si trova altrove che nella sua camera.
Ti insegni Ella come devi comportarti.
La solitudine insegna la verecondia, e la ritiratezza è la scuola del pudore.

S. Giovanna d'Arco. – Questa eroina nacque nella Lorena nel 1412 da pii genitori ed ebbe fin dall'infanzia una tenera divozione a Maria ed una grande fiducia nel suo patrocinio. Trascorse i primi anni tra le occupazioni di una vita semplice, attendendo alla custodia del gregge ed alla preghiera assidua. La Regina del cielo che aveva su di lei grandi disegni, la consolava con frequenti visioni e la preparava alla vita guerresca per salvare la Francia.
Obbediente alle voci misteriose che le venivano dall'alto, Giovanna si presentò al re di Francia Carlo VII, il quale prestando fede alle divine ispirazioni della fanciulla, le affidò il comando di un corpo di truppe. Alla testa di questi soldati, preceduti da uno stendardo con l'effigie di Maria SS. Giovanna riuscì a far togliere l'assedio ad Orléans, sconfiggendo il nemico. Veramente ammirabile fu il coraggio che ella mostrò nelle battaglie confidando nell'aiuto di Maria.
Ma nel 1430 cadde nelle mani dei suoi nemici, i quali la condannarono al rogo come eretica. L'eroina protestò di non aver mai fatto altro che obbedire al comando di
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Dio, tuttavia la sentenza sebbene ingiusta fu eseguita, ed ella fu arsa viva nel 1431 a Rouen, mentre pronunciava i santi nomi di Gesù e di Maria.
Fu beatificata il 18 aprile 1909 da Pio X e canonizzata da Benedetto XV il 16 maggio 1920.

Ave Maria

Già l'aria imbruna, e tremola
Spande la stella il suo bel raggio:
Soave e melanconica
S'ode la sacra squilla del villaggio:
E al suon dei lenti tocchi,
Coi cari figli e la consorte allor,
Il colono in ginocchi,
Più che col labbro, prega Iddio col cor.

Nel felice tugurio
Echeggia dolcemente un'armonia:
E il più sublime cantico
E il mistico rosario di Maria;
In quest'ora solenne
Anch'Essa nella prece si trovò,
Allor che l'Angel venne
E il grande annuncio del Signor recò!

Io pur prostrata, o Vergine,
Prego in quest'ora all'ara tua d'accanto
E spesso sento un palpito,
E bagno i marmi tuoi d’amaro pianto
Allor che chieggo aita,
Per chi pregarti nel dolor non sa;
E di serbar la vita
Da chi rifarsi nel Signor dovrà.

Tu, cui l'eterno artefice,
Nell'estasi d'amor di sol vestia,
All'uom perduto e misero
Un raggio almen della tua luce invia;
Poi con l'affanno acuto
Che tu sentisti della croce a piè
Piangendo il ravveduto
Sciolga in quest'ora la sua prece a Te!

Eloisa Ruta

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NOZZE A CANA


Rimasta vedova del suo sposo Giuseppe, Maria cambiò ben poco il suo sistema di vita. Ella attendeva alla sua casa e non ne usciva se non per dovere di pietà verso il prossimo o per motivo di religione.
Non si deve tuttavia credere che Maria mancasse a quei doveri di cortesia che consistono nel visitare i parenti, i congiunti, gli amici di casa. Perciò, come narra il Vangelo, ella partecipò a quelle feste nuziali fatte a Cana. Nuptiae factae sunt in Cana Galilaeae: et erat mater Jesu ibi. C'era un banchetto nuziale in Cana di Galilea e v'era presente anche la Madre di Gesù (Giov. 2,1).
È una grande gioia per le donne orientali occuparsi dei preparativi per la festa nuziale. Le sorelle, le cugine, le amiche degli sposi si assumono l'incarico di preparare cibi prelibati. Arrivano alla casa, dove si celebrano, alla vigilia, o anche qualche giorno prima e vi restano sino alla fine, cioè per circa una settimana. L'Evangelista fa supporre che Maria si trovasse già in quella famiglia quando fu invitato il Figlio Gesù. E Gesù vi andò con i suoi discepoli.
In quelle feste Maria diede prova della bontà del suo cuore verso i novelli sposi, inducendo il Figlio ad operare un delicato prodigio per non guastare la dolce allegria della festa.
Infatti, ad un certo punto, Maria si accorge che non c'è più vino: con un breve colloquio fa osservare a Gesù la preoccupazione dei giovani sposi e delicatamente, come sapeva fare Lei
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sola, lo prega di soccorrerli: «Essendo venuto a mancare il vino, dice a Gesù la Madre: Non hanno più vino» (Giov. 2,3). Tale proposta è, evidentemente, fatta per esigere un miracolo e rivela tutta la confidenza di Maria nel suo Gesù. Ella aveva sempre creduto al potere divino del Figlio suo; per ben 30 anni aveva sperimentato la bontà del suo cuore e la sommissione ai più piccoli desideri. Era dunque certa di ottenere il miracolo. Gesù però risponde a Maria in modo da far risaltare l'indipendenza della propria azione: «Che ho da fare con te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta» (Giov. 2,4).
Maria comprende ch'Egli rimette il miracolo a più tardi, tuttavia, certa di essere esaudita, avverte i servi: «Fate quello che vi dirà».
Gesù infatti dà loro ordine di riempire di acqua i recipienti. Erano sei grandi idrie di pietra, preparate per la purificazione dei Giudei, contenenti complessivamente circa 5 ettolitri.
I servi riempirono le idrie fino all'orlo. E Gesù disse loro: «Ora attingete e portate al maestro di tavola» (Giov. 2,8).
Appena costui ebbe gustato quel vino, senza sapere donde venisse, si rammaricò con lo sposo per aver egli conservato il vino migliore per ultimo, contrariamente all'uso: Omnis homo primum bonum vinum ponit et cum inebriati fuerint, tunc id, quod deterius est; tu autem servasti bonum vinum usque adhuc: Tutti, disse, pongono da principio il vino migliore, e quando sono già brilli, dànno l'inferiore; ma tu hai serbato il migliore fino ad ora (Giov. 2,10).
Così Gesù diede principio in Cana di Galilea ai suoi prodigi e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.
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In questo fatto vi è un prezioso ammaestramento. Gesù volle operare il primo prodigio ad istanza di Maria per insegnare a noi con qual fiducia dobbiamo ricorrere a questa madre di bontà per ottenere le grazie di cui abbisogniamo.
Maria è buona, pensa a noi, vede e provvede alle nostre necessità. Maria conosce le nostre necessità. Assunta in cielo in anima e corpo ammessa alla visione beatifica, Maria vede in Dio, tutti i nostri pensieri, i sentimenti, le aspirazioni, le difficoltà, i pericoli, le tentazioni, i propositi.
Non siamo per questo dispensati dal pregarla, né dall'enumerare le grazie di cui abbiamo bisogno. Maria conosce ciò che è meglio per noi: esponiamole le nostre necessità e fidiamoci di lei; rimettiamoci completamente al suo cuore materno.

1. Maria è potente nella sua intercessione. – La potenza dei santi nell'ottenere le grazie è proporzionata al loro merito. Ora, come nessuno supera i meriti di Maria, così nessuno ha tanta potenza di intercessione: Quod Deus imperio, tu prece, Virgo, potes: Quel che Dio può con il comando, tu, o Vergine, puoi con la preghiera.

2. La preghiera di Maria è onnipotente perché ha autorità di Madre sul Figlio Gesù. – Andiamo dunque da Maria e non temiamo di chiedere troppo, purché siano grazie utili per la vita eterna, e la preghiera sia fatta con le dovute disposizioni.

3. Maria vuole provvedere. – Ella è nostra Madre e una madre vuol il bene dei suoi figli.
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Maria ci vuole santi, simili a lei per regnare con lei nel Cielo.

Pensiero di S. Bernardo. Assai dura, forse, e austera può sembrare la risposta del Signore: ma conosceva egli a chi parlava; e Maria non ignorava chi era che parlava. E perché tu sappia, com'ella abbia accolto la risposta e quanto abbia confidato nella bontà del Figlio, disse ai servi: Badate di fare tutto quello che vi dirà.

Il dipinto di fra Bartolomeo. – Correva l'anno 1247. A Firenze, i Fondatori dei Servi di Maria incaricarono Frate Bartolomeo, distinto e piissimo pittore, di dipingere nella loro cappella un affresco rappresentante Maria nell'atto di ricevere dall'Arcangelo l'annunzio dell'Incarnazione. Il pittore accettò e si pose all'opera. L'affresco era quasi ultimato: non gli rimaneva da dipingere che i volti della B. Vergine e quello dell'Angelo. Ma l'artista si sentiva incapace di esprimere il grande concetto dell'Annunciazione. Provò e riprovò più volte inutilmente, finché un giorno sfiduciato, si addormentò. Passarono alcuni istanti. Svegliatosi, Fra Bartolomeo vide con grande stupore i due volti di Maria e dell'Angelo, mirabilmente dipinti e con un'espressione celestiale. Fuori di sé per la gioia gridò al miracolo. Accorsero i religiosi ed il popolo e tutti ammirarono stupefatti, quelle figure di paradiso, dipinte miracolosamente.
È questa la pittura miracolosa della SS. Annunziata di Firenze innanzi alla quale anche ai giorni nostri i fedeli accorrono devoti in preghiera.

«Io spero in Te»

O Regina degli angioli, o Maria,
C'adorni il ciel co' tuoi lieti sembianti,
E stella in mar, dirizzi i naviganti,
Al porto, e Segno di diritta via;
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Per la gloria ove sie, Vergine pia,
Ti prego guardi a' mia miseri pianti;
Increscati di me, tommi davanti
L'insidie di colui che mi travia.

Io spero in Te, et ho sempre sperato:
Vagliami il lungo amore e riverente,
Il qual ti porto et ho sempre portato.

Dirizza il mio cammin, fammi possente
Di divenir ancor dal destro lato
Del tuo Figliol fra la beata gente.

Giovanni Boccaccio


MARIA E LA VITA PUBBLICA DI GESU’

Gesù, all'età di circa 30 anni, uscì dal suo volontario nascondimento e cominciò a predicare la celeste sua dottrina. Ma prima di iniziare la vita di apostolato, si presentò alla Madre, per ottenere da lei il consenso, o almeno per comunicarle la sua decisione. Maria aveva preveduto questo momento, perché conosceva assai bene la Scrittura e le profezie. Da qualche tempo risuonava sulle rive del Giordano la voce di Giovanni Battista, che predicava la penitenza, dava come segno di essa il battesimo ed assicurava prossimo il regno di Dio. I tempi erano maturi, Gesù si presentò per essere battezzato. Appena Giovanni vide Gesù esclamò: Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo (Giov. 1,29).
Quindi Gesù si ritirò per quaranta giorni nel
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deserto, ove, nel digiuno e nella preghiera, si preparò all'alta missione. Il nome di Gesù, i suoi prodigi, le sue divine parole si diffusero in tutta la Palestina. Egli si stabilì a Cafarnao e molti autori ritengono che Maria abbia fatto lo stesso.

1. Che faceva Maria durante l'apostolato di Gesù? – Tre cose: pregava; ascoltava la sua parola; lo seguiva e continuava a servirlo.

a) Maria pregava: Missione importantissima, poiché la preghiera può tutto: oratio cum sit una omnia potest. Base e fondamento dell'apostolato è la preghiera, senza della quale non possiamo nulla. E Maria, conscia e persuasa, pregava perché l'apostolato di Gesù fosse pieno e fecondo.

b) Maria ascoltava la parola di Gesù: Osserviamo la particolare posizione di Maria: da una parte Ella era superiore a Gesù perché Madre sua; ma dall'altra era inferiore perché Gesù era il Figlio di Dio, il Mandato dal Padre! Maria divenne l'umile, docile discepola di Gesù: ne ascoltava attentamente tutte le parole, e le meditava profondamente nel suo cuore: Conservabat omnia verba haec in corde suo (Luc. 2,51).

c) Maria serviva umilmente Gesù: Quando S. Giovanni Bosco iniziò la sua missione, prese con sé la madre, affinché l'aiutasse nella cura e nell'educazione dei giovani. Anche Gesù e gli apostoli erano serviti da Maria, dall'augusta Madre del Verbo incarnato.
Oh, l'umiltà di Maria! Ecce ancilla Domini: Ecco la serva del Signore (Luc. 1,38).
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2. Il Vangelo ricorda due volte in cui Egli ha parlato della Madre sua. – Gesù percorreva la Palestina, predicando la buona novella, sanando gl'infermi, liberando gli indemoniati. Da ogni parte era come assalito da suppliche e da preghiere, tanto che spesso era obbligato a fermarsi anche in aperta campagna senza poter entrare nei villaggi. Il popolo lo scortava e l'accoglieva come un profeta e un taumaturgo.
Un giorno, mentre Gesù si trovava in casa di Simon Pietro, intento ad ammaestrare il popolo, un messo gli annuncia: «Tua Madre e i tuoi fratelli sono là fuori e cercano di te». Gesù non aveva più né madre, né parenti, la sua famiglia erano quelle anime che venivano a lui per conoscere la lieta novella del Regno di Dio. E, volgendo lo sguardo ai suoi uditori, Gesù rispose: «Ecco mia madre ed i miei fratelli». Anzi «colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, esso mi è fratello, sorella e madre» (Matt. 12,49-50).
Con questa risposta Gesù non intese deprimere la madre sua; ma semplicemente volle dare al mondo una splendida lezione; insegnare che al disopra dell'amore verso i parenti, sta l'amore verso Dio; e che la vera grandezza di un'anima consiste nel fare la volontà di Dio: «Non chi mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi entrerà nel Regno dei cieli» (Matt. 7,21).
Quanto è grande la dignità di un'anima che fa la volontà di Dio! Senza dubbio la massima dignità di Maria è l'essere Madre di Gesù Uomo-Dio, secondo la natura. Ma secondo la fede più grande è chi fa la volontà di Dio. Maria
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veniva proclamata doppiamente Madre di Gesù: fisicamente e spiritualmente.

3. L'episodio di S. Luca. – S. Luca narra un altro episodio in questi termini: «Or avvenne che, mentre egli (Gesù) diceva tali cose, una donna alzò di mezzo alla turba la voce e disse a lui:
«"Beato il seno che ti ha portato e le mammelle che hai succhiate". Ma Gesù rispose: "Anzi beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica"» (Luc. 11,27-28).
Gesù di nuovo voleva dire: Maria è beata e tale è chiamata non solo perché è mia madre, ma perché ascoltò la volontà di Dio e la mise in pratica. Beato chi ascolta la parola di Dio e la mette in pratica! Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam, quoniam ipsi saturabuntur: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno satollati (Matt. 5,6).
«L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio» (Matt. 4,4).
Maria fu la prima custode e la prima uditrice di Gesù. Questo c'insegna l'amore all'apostolato e l'amore alla parola di Dio.
L'Apostolo guadagna doppio merito: perché ha insegnato e perché ha agito bene. Santifichiamo noi stessi e facciamo del bene al prossimo.

Pensiero di S. Bernardo. La SS. Vergine, che accompagnò il Salvatore in tutti i suoi passi, meglio di qualunque altro, ne raccolse le parole ed i fatti. Ella solo comprendeva le parole insigni del Salvatore, le stupende meraviglie
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della sua predicazione, le sue parole forti e soavi, la sua severità divina contro il mondo corrotto ed orgoglioso, contro il peccato, contro il principe dell'inferno. Ella sola fu testimonio assiduo di tutti questi fatti, li vide nel loro aspetto; ne studiò più attentamente il senso, lo comprese meglio e lo scolpì più profondamente nella memoria. Ella impresse nella mente degli apostoli e dei discepoli quello che aveva udito e veduto; comunicò fedelmente e trasfuse nell'intimo del loro cuore tutto ciò che sapeva del Verbo.

S. Bernardo. – Nacque a Fontaines nel 1091 da Ezellino ed Aleta, terzogenito di sette figli e fu consacrato alla Vergine Maria. Toccava i 19 anni quando gli morì la madre. Allora l'angelico giovane si rivolse con fiducia alla Madre Celeste e disse: «Tu sarai la mia mamma». E Maria mostrò d'essergli madre salvandolo da tutti i pericoli particolarmente da quelli spirituali.
Vinto il mondo lo abbandonò e con altri trenta compagni conquistati dalla sua calda parola, si ritirò nella solitudine del monastero cistercense. Quivi, nel silenzio del chiostro, l'amore di Bernardo verso Maria crebbe assai: pensava a Lei continuamente, cercava di imitarla nelle virtù: ogni atto, ogni parola, ogni pensiero era rivolto a Maria. Così grande amante, così affettuoso e costante divoto della Madre di Dio non poteva non attirarsi la protezione e la benevolenza di Lei. Dalla giovinezza alla morte il nostro santo ebbe continui e singolarissimi favori della Vergine SS.
Durante la sua permanenza a Chatillon, per esempio, mentre nella notte di Natale aspettava in chiesa, vinto dal sonno si addormentò. Vide allora il mistero della nascita di Gesù proprio com'era avvenuto nella grotta di Betlemme e la Vergine benedetta, porgendogli tra le braccia il S. Bambino, disse: «Prendi, o Bernardo, il figlio mio, Redentore del mondo».
Nel 1146 trovandosi in Alemagna per una missione, entrato in chiesa, salutò per tre volte la SS. Vergine e si sentì ripetere per tre volte: «Salve, o Bernardo». Così
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salutata una statua di Maria con le parole: «Ave, o Maria», Ella si degnò rispondergli: «Ave, o Bernardo».
Consunto dalle fatiche, dai digiuni, dalle veglie, dalle penitenze e dall'austerissima vita, Bernardo, il 20 agosto 1153, preso commiato dalle persone più care e dai monaci, si raccolse in se stesso; la sua cella si illuminò di una luce misteriosa ed egli, sedutosi, tese le braccia e con volto sorridente disse: «Vengo». La Vergine SS., che egli aveva tanto amato, veniva a prendere il suo diletto Bernardo per portarlo nel regno della gloria.

Il creato loda Maria

Ave Maria! La stella de la sera
A Te sorride; a Te, soave e pia,
Mandan fragranza i fior di primavera:
Ave Maria.

Ave Maria: Te l'universo e il cielo
Saluta in sua favella; e un'armonia
Mormoran l'onde dell'azzuro velo,
A Te, o Maria.

A Te, stella del mar, se il nembo freme,
E involve i flutti cupa tenebria
Erge i voti il nocchier, che Te sua speme
Chiama, o Maria.

A Te si volge il peregrin dolente,
Se fra i perigli dell'incerta via,
La squilla ode che piange il dì morente:
Ave Maria.

Ed or che l'alba in oriente appare,
Noi pur degli augelletti in compagnia
Preghiam prostrati al tuo solingo altare:
Ave Maria

Deh! all'intelletto che a Te s'apre, e al core
Del mondo ignaro, o Tuttasanta, invia
Un vivo raggio di celeste amore:
Ave Maria.

Francesco Prudenzano

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MARIA ADDOLORATA


Gli anni della vita pubblica di Gesù volgevano al termine e s'avvicinava il tempo in cui Maria avrebbe dovuto compiere il più grande dei sacrifici: offrire Gesù vittima per la nostra salvezza.
Gesù era odiato dai capi del popolo giudaico; ed il cuore di Maria soffriva. Ella viveva sotto l'incubo di un viscido sacrilego delitto, la cui vittima sarebbe stata lo stesso Figlio suo.
I timori e le ansie parvero dileguarsi come per incanto, per un avvenimento nuovo e meraviglioso, che fu peraltro di breve durata: l'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Egli avanzava seduto su di un asinello, la folla stendeva i propri mantelli davanti a lui sulla strada e, lodandolo per i suoi prodigi, diceva: «Osanna al Figlio di David, benedetto Colui che viene nel nome del Signore!» (Matt. 21,9).
Questo fatto inacerbì l'ira dei farisei, che escogitarono ogni mezzo per condannare a morte Gesù. Maria conosceva l'odio mal celato e si sentiva nel cuore la trafittura della spada predettale da Simeone.
Intanto Giuda, l'apostolo che Gesù aveva amato ed istruito, s'era accordato col Sinedrio per dare il Maestro nelle mani dei suoi nemici.
Il divin Redentore sapeva ogni cosa, era giunta l'ora dei nemici, l'ora della potestà delle tenebre, e diede a Maria l'ultimo saluto.
Come descrivere il dolore della Vergine a quell'ultimo abbraccio? «Sia fatta la volontà di Dio» avrà soggiunto, acconsentendo che Gesù
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andasse a morire per la salute delle anime. Lo avrà seguito all'ultima cena, all'istituzione della SS. Eucaristia, al suo ultimo discorso con gli Apostoli, alla sua agonia nell'orto del Getsemani, al bacio di Giuda? Il Vangelo tace, le varie opinioni non sono concordi; possiamo tuttavia immaginare che Maria, se proprio non era presente, sapeva tutto e di tutto si informava.
Dopo la notizia degli orribili strazi sofferti dal Figlio e della condanna a morte pronunciata contro di lui dal governatore romano, Maria decise di mettersi sui passi del divin Condannato. Durante la vita pubblica di Gesù vi furono momenti in cui vorremmo vedere Maria accanto a Lui, spettatrice dei suoi trionfi. Ma non ve la troviamo. È invece accanto a Gesù che soffre.
Narra la tradizione che Gesù, carico del pesante legno della croce, aveva appena varcato la soglia della porta giudiziaria di Gerusalemme, quando Maria, attraverso un vicolo che metteva sulla via dolorosa, poté essere presso il Figlio. Nel crudele spasimo dell'anima sua, la Madre volse gli occhi verso di Lui e questi a Lei.
E chi ha la fortuna di fare la via crucis a Gerusalemme, alla quarta stazione si trova al luogo ove avvenne questo incontro. Ivi fu costruita una chiesa dedicata a S. Maria dello spasimo.
Sappiamo dal Vangelo che, quando fu catturato Gesù, tutti gli apostoli fuggirono. Ma Giovanni, postosi sulle tracce di Gesù entrò nella casa di Anna, probabilmente conobbe la condanna.
Corse allora da Maria, si pose al suo fianco e non la lasciò più sola nell'avvenimento terribile.
Maria, forse impedita dalla turba dei soldati, non poté seguire Gesù che alla lontana e non
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poté essergli vicino se non quando pendeva dalla croce. S. Giovanni non dice quando Maria sia giunta presso il Figlio. Egli parla della crocifissione, dell'iscrizione posta sulla croce, della divisione delle vesti e del sorteggio della tunica. Quindi scrive: Stabant autem Juxts crucem Jesu Mater ejus, et soror Matris ejus, Maria Cleophae et Maria Magdalene: Or presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la parente di sua Madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena (Giov. 19,25). Maria non era sola accanto alla croce: vicino a Lei vi era un gruppo di altre pie donne.
La figura di Maria sul Calvario si profila grandiosa, sovrana, in un atteggiamento unico. Maria veniva subito dopo Gesù, per il ministero sublime che in quel momento compiva, e per i dolori che le straziavano l'anima.
Maria era salita sul Calvario per porre il suggello al suo ufficio di corredentrice, là concorreva la Donna a schiacciare il capo al serpente infernale. Presso l'albero della croce, Maria riparava ciò che Eva aveva stoltamente rovinato, un giorno, sotto le seducenti frondi di un albero ben diverso. Sul Calvario Maria veniva proclamata madre universale di tutti gli uomini e, perdendo il suo Unigenito, acquistava noi tutti in figli adottivi.
«Avendo Gesù veduto sua madre e là presente il Discepolo prediletto, disse a sua madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quel momento il discepolo la prese con sé» (Giov. 19,26-27).
Maria, ai piedi della croce, è il quadro più commovente di tutta la storia evangelica. Nessuno può contemplarlo senza sentirsi il cuore
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pervaso da un profondo, ineffabile sentimento di commozione.
I Ss. Padri e gli scrittori ecclesiastici hanno sentito tutta la difficoltà di esprimere nella sua integrità l'amarezza, nella quale era inabissato il cuore della Vergine SS.ma. S. Bernardo la chiama più che martire: plusquam martyr. Eadmero esprime il medesimo concetto nei seguenti termini: «Veramente trapassò l'anima vostra, o Maria, la spada del dolore più amaro dei dolori che sostennero tutti i martiri nel loro corpo. Infatti quanto di più crudele fu inflitto nel corpo dei martiri, fu un nulla in confronto della vostra passione, la quale per la sua immensità, dilaniò tutte le parti della vostra anima e i più intimi affetti del vostro benignissimo cuore».
E il B. Amedeo, Vescovo di Losanna, scrisse che Maria patì più di quello che possa patire un uomo della tempra più robusta; che patì più di quello che naturalmente possa patire l'umanità: Vicit sexum, vicit hominem et passa est ultra humanitatem.
La Chiesa paragona la grandezza dei dolori di Maria alla vastità del mare e le fa dire: 0 vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus: O voi tutti che passate per la via, guardate e vedete se v'è un dolore come il mio (Lament. 1,12).
Nel pensiero della Chiesa. i dolori di Maria sorpassano ogni termine di paragone: Maria è la Regina dei Martiri.
Maria fu la Regina dei martiri perché corredentrice; volle riparare, in unione con Gesù, i nostri peccati.
Quante volte proprio noi abbiamo trafitto il
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cuore di Maria con l'acuta spada dell'offesa di Dio! Proponiamo di evitare ogni peccato e di riparare per quanto ci è possibile le offese che si fanno ai Cuori di Gesù e di Maria.

Pensiero di S. Alberto il Grande. Come noi siamo obbligati a Gesù per la sua passione sofferta per nostro amore, così siamo obbligati a Maria per il martirio ch'ella, nella morte del Figlio, volle spontaneamente patire per la nostra salvezza.

Armando Godoy. – Armando Godoy, nato nell'isola di Cuba, da genitori oriundi dalla Spagna, ha scritto in francese volumi che gli hanno procurato bella rinomanza nelle nazioni latine.
È giunto rapidamente alla fama quando, stanco degli affari e della vita del mondo, si ricordò di avere un'anima e per di più un'anima di poeta. Il problema religioso e il problema artistico si sono in lui risolti contemporaneamente e felicemente; tornò a Dio con un'umiltà e cantò con gioia la sua fede ritrovata, imitando in questo Coppée, Huisman, James ed innumerevoli altri convertiti.
Ricordiamo di lui: l'Ite Missa est, splendida interpretazione poetica della Messa; Du cantique des cantiques au Chemin de la Croix e Les Litanies de la Vierge.
Esaminando soltanto quest'ultimo libro: Le litanie della SS. Vergine notiamo che il Godoy ha avuto la felicissima idea di spiegare in tante strofe di due quartine i titoli che noi diamo alla Madre di Dio nelle Litanie Lauretane.
Il valore letterario di queste poesie è vario: non si può pretendere che l'ispirazione sia sempre lirica allo stesso grado, ma v'è in tutte una sincerità, un'umiltà, una tenerezza, uno slancio sempre aderente al tema, che collocano il Godoy ben alto tra i nostri poeti religiosi.
«La Madonna, scrisse Umberto Monti a proposito di Godoy, non è soltanto Sedes sapientiae, ma è anche Madre della buona poesia, e i nostri poeti, se si accosteranno a lei con riverenza e divozione, trarranno ancora dall'arpa di Davide armonie nuove, di risonanza universale.
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La Madonna stessa ha detto che un giorno tutte le genti la chiameranno beata. Non dimentichiamo che in questa beatitudine di Maria c'è posto per l'umanità tutta quanta, e chi, se non un poeta dovrà intonare, a nome dei popoli cristiani, l'inno dell'amore, del ringraziamento, della grandezza della Madonna?».

Maria ai piedi della Croce

Stava Maria dolente
Senza respiro e voce,
Mentre pendeva in Croce
Del mondo il Redentore.

E nel fatal istante
Crudo materno affetto,
Le trafiggeva il petto,
Le lacerava il cor.

Qual di quell'alma bella,
Fosse lo strazio indegno;
Non, che l'umano ingegno
Immaginar nol può.

Veder un Figlio, un Dio,
Che palpita, che muore...
Si barbaro dolore,
Qual madre mai provò?

Erasio Leone


MARIA E LA RISURREZIONE DI GESU'

Dopo il sanguinoso dramma della croce, Maria si ritirò nell'attesa della gloriosa risurrezione del Figlio. Mentre il piccolo gruppo di amici
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rimasti fedeli a Gesù si sentiva stordito e dubitava della promessa di risorgere, fatta loro dal Maestro, Maria conservava inalterata la calma
di spirito, perché era sicura del trionfo.
Coloro che si avvicinavano a Lei si sentivano sostenuti nella speranza, rinvigoriti nella fede. Le pie donne, probabilmente, avranno avvicinato Maria in quei giorni. Tra esse ci fu un completo scambio di sentimenti. Maria certamente ispirò ad esse più fede nelle parole del Maestro che assicuravano il suo trionfo sulla morte.
Il Vangelo, parlando delle apparizioni di Gesù risorto, ricorda, in primo luogo, quella a Maria Maddalena. Ma è sentimento comune, che l'onore e la consolazione della prima apparizione di Gesù, ritornato a vita novella, sia stato concesso a Maria. Ella fu la prima a vedere la gloria del Salvatore, come era stata la prima a partecipare dei suoi dolori.
L'amore di Gesù verso la madre e soprattutto il contegno tenuto con lei dall'alto della croce, ci convincono che Egli, risorto, sia, prima che ad ogni altro, comparso a Maria.
Scrisse il Card. Capecelatro: «Quando Gesù fu risorto, Maria colse per la prima il beneficio del gran mistero, riabbracciò per la prima il divin Figlio e godé per la prima della nuova e celeste giovinezza, onde rifioriva quel corpo che Ella, beatissima fra le donne, gli aveva dato. Vide e sentì glorificato il suo corpo nel corpo glorioso del santissimo Figliuolo, baciò le piaghe che dovevano essere l'allegrezza del cielo, si beò con esuberante letizia di quel paradiso che era per lei Gesù trionfante del peccato e della morte ed unificatore del genere umano in Dio.
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Gesù, per dovere di Figlio, per gratitudine ed amore, venne a riempire di sé glorificato la Madre sua. Ella, riverentemente adorando ed abbracciando il Figlio, fece di quella vista giocondissima la sua delizia, e riverberandola nel cuore si infiammò di un amore nuovo e potentissimo. Da quel momento incominciò per Maria, già più santa degli angeli, una vita nuova di perfezione che da lei rifluì nella Chiesa. Chi la volesse pienamente descrivere, dovrebbe avere la mente ed il cuor di Maria, ed anzi ella stessa nol potrebbe appieno, perché la parola umana non sarebbe mai capace di esprimere ciò che tanto trascende ogni cosa umana.
«La dignità della Madre di Dio ha una certa infinità e la vita di Lei, dal momento che riabbracciò Gesù risorto, si consuma di grado in grado in due amori nobilissimi, che prendono entrambi la forza di maternità e ne hanno le perfezioni, la dolcezza e gli slanci. Ella, da quel momento, arde sempre più dal desiderio di congiungersi al Figliuolo, ed ai figliuoli glorificati, ed in questo desiderio, come fiamma viva, si consuma lentamente sino al giorno della sua glorificazione».
Perché mai gli Evangelisti tacciono un fatto così importante? Forse perché Maria, sempre fedele al suo programma di umiltà e di nascondimento, conservò sepolto nel suo cuore anche questo favore, per farne un nuovo oggetto delle sue silenziose meditazioni.
È da ritenersi inoltre che Gesù, durante i quaranta giorni che trascorse sulla terra, dopo la risurrezione, si sia intrattenuto più volte con la Madre e che Ella sia stata presente alla commovente scena dell'ascensione al Cielo.
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È certo, perché attestato dagli Atti degli Apostoli, che Maria fu presente nel cenacolo alla discesa dello Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste. Vi stavano radunati da 10 giorni circa 120 persone, come narra S. Luca: «Allora tornarono a Gerusalemme dal monte chiamato dell'Oliveto, che è vicino a Gerusalemme, quanto il cammino di un sabato. E giunti che furono, salirono al cenacolo. E vi stavano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d'Alfeo e Simone Zelote e Giuda di Giacomo» (Atti, 1,12-13). E l'autore degli Atti nota espressamente che tra gli apostoli vi era Maria: «Tutti questi perseveravano unanimi nell'orazione, insieme con le donne e con Maria, madre di Gesù, e con i parenti di Lui» (Atti, 1,14).
Quella era dunque un'adunanza di preghiera, un santo ritiro, nel quale Maria sorpassò tutti nel fervore dell'orazione e nella profondità del raccoglimento. E lo Spirito Santo infuse in Lei una grazia tanto superiore a quella degli altri, quanto più eccellenti erano le sue disposizioni. Riflettiamo: Maria fu la prima a partecipare della gloria di Gesù, perché era stata la più unita a Lui nel dolore.
È sempre vera l'espressione di S. Paolo: Si compatimur ut et glorificemur: Se parteciperemo alla passione di Gesù, parteciperemo anche alla sua gloria (Rom. 8,17).
Se sappiamo soffrire con Gesù, come Maria, avremo parte con Lei, alla gloria eterna.

Pensiero di S. Cipriano. E che cosa mai può arricchirci più di merito in questa vita e di gloria nell'altra, che il soffrire con pazienza?
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Leone XIII. – Nacque a Carpineto dalla famiglia Pecci, insigne per nobiltà e per fede ed ebbe nel battesimo il nome di Gioacchino. I suoi genitori erano fedeli alla pia usanza della recita del S. Rosario: fu questa preghiera che ispirò a Gioacchino un tenero amore verso la Regina del cielo e lo premunì contro le tentazioni e le seduzioni dell'adolescenza.
Fu affidato ai Padri Gesuiti dai quali prese ad amare l'angelico S. Luigi e la SS. Vergine. Alla pietà ardente univa lo studio assiduo tanto che all'età di 22 anni conseguì all'accademia dei Nobili Ecclesiastici la laurea in teologia e poco dopo in diritto canonico.
Consacrato sacerdote, desiderava ardentemente portarsi missionario fra gli infedeli; Iddio però che lo voleva suo Vicario in terra l'avviò per altra mèta. Fu Delegato Apostolico a Benevento, a Perugia; Nunzio nel Belgio e infine, preconizzato Arcivescovo di Perugia. Intanto la morte rapiva al popolo cristiano il Papa Pio IX. Radunatosi il Conclave, tutti si volsero al Card. Pecci, il quale veniva eletto Sommo Pontefice e prese il nome di Leone XIII. Leone XIII apparve come novella aurora nelle tenebre del tempo, e, se diffuse tanta luce nell'universo per il suo grande ingegno e per l'operosità indefessa, non si può negare che tutto in lui fosse frutto di quella divozione e di quell'amore verso la SS. Vergine. Scrisse 11 Encicliche del Rosario; arricchì questa preghiera d'indulgenze. Maria benedisse il suo figlio divoto con grazie singolarissime, coronate tutte da una santa morte.

Fiducia in Maria

Mentr'io m'ergo a seguir con pura fede
l'orme del mio Signor, che a sè m'invita;
Tu pia Madre di Lui porgimi aita,
e rinfranca al cammin l'infermo piede.

Fa' che sia la mia voce, allor che chiede
grazia al tuo Figlio, per tua bocca udita:
che preghiera mortal, vie più gradita
per Te sen passa ad implorar mercede.

Per Te discese in terra il Re del cielo
nostre macchie a lavar col proprio sangue:
e per Te dritto è ben ch'altri a lui saglia.
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Speri certa salute alma, che langue,
sotto il favor del tuo pietoso zelo:
ch'altro merto non è, che in Dio più vaglia.

Celio Magno


MARIA E GLI APOSTOLI

Maria fu eletta all’ufficio di Madre di Dio per essere l'apostola: cioè per dare Gesù al mondo. Tutto noi abbiamo ricevuto da Maria in Gesù Cristo.

Il titolo Regina degli Apostoli è il più glorioso dopo quello di Madre di Dio. Per la divina maternità Maria diventò Regina del cielo e della terra, degli angeli e degli uomini e, tra questi, particolarmente degli apostoli: Adstitit Regina a dextris tuis in vestitu deaurato circumdata varietate: La Regina siede alla tua destra (o Re del cielo), con la veste ricamata d'oro e coperta d'ornamenti (Salmi, 44,10).

Si legge negli Atti degli Apostoli che, dopo l'ascensione di Gesù al cielo, gli apostoli discesero dal monte degli ulivi, e si raccolsero nel cenacolo con Maria e le pie donne in attesa dello Spirito Santo.
Il Divin Paraclito, promesso da Gesù, discese portando luce, grazia, conforto.

1. Maria fu esempio agli Apostoli. – Sul Calvario, ai piedi della croce, immersa in un mare
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di dolore e di amore, la fede di Maria non venne meno. Più forte di Abramo, offrì il suo unigenito al Padre, col proposito di tutto offrire per la redenzione del mondo. Quando Gesù venne seppellito, gli apostoli dubitarono della sua risurrezione: solo Maria mantenne accesa la lampada della fede e rafforzò gli apostoli in questa virtù. Si può ben dire che la fede della Chiesa primitiva era tutta raccolta nella Vergine!
Maria, inoltre, fu esempio di fervore, di zelo, di fortezza, di temperanza. Quando cominciarono a infierire le prime persecuzioni, Maria consolò, confortò, sostenne gli Apostoli e i primi fedeli con l'esempio, con la parola, ma soprattutto con la preghiera.

2. Maria fu consigliera e luce per gli Apostoli. – Dopo l'ascensione di Gesù, Maria non abbandonò gli Apostoli, ma si trattenne spesso con essi; li amava qual madre affettuosa e li istruiva quale autorevole maestra. Che quadro sublime contemplare Maria in mezzo agli Apostoli! Con quanto ardore e con quanta assiduità parlava loro di Gesù! Fu Maria che raccontò agli Apostoli quei piccoli episodi ora tristi, ora lieti, che riguardano l’infanzia e l'adolescenza di Gesù. E da chi mai S. Luca attinse la notizia dei fatti che espose nelle prime pagine del suo Vangelo se non da Maria? A ragione dunque S. Anselmo esclama: «Nonostante la discesa dello Spirito Santo, molti grandi misteri furono manifestati agli Apostoli da Maria».
La Chiesa è la continuazione della vita di Gesù Cristo, il corpo mistico di lui. E la Provvidenza agiva secondo disegni di bontà, affidando
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alle cure di Maria la Chiesa bambina come già a Lei aveva affidato la cura del pargoletto Gesù. Cornelio a Lapide scrive che Gesù lasciò in terra la Vergine perché fosse la Madre degli Apostoli e dei primi fedeli, rialzasse i caduti, confortasse gli afflitti, fortificasse i vacillanti, consigliasse i dubbiosi e tutti dirigesse, istruisse, animasse.
Finché ebbero con sé la Madre Maria, i primi fedeli, e gli Apostoli sentirono con maggior sicurezza l'assistenza e la protezione del Figlio Gesù.

3. Maria fu conforto per gli Apostoli. – Quante volte gli Apostoli dovettero ricorrere a Maria e raccomandarsi alle sue preghiere! Essi erano stati presenti alle nozze di Cana: avevano veduto la potenza di Maria sul cuore di Gesù. Perciò quando si sentivano deboli, scoraggiati, ricorrevano a Lei. Prima di partire per terre lontane a predicare la buona novella, si raccomandavano a Maria e volevano la sua benedizione. E Maria li benediceva, li confortava, li incoraggiava.
La Madonna raccolse ed incoraggiò gli Apostoli, allorché la cattura di Gesù li aveva dispersi e messi in fuga. Ella sostenne e confortò Pietro sconfortato per la negazione del suo Gesù e l'animò a confidare ed a tenersi certo del perdono; Ella portò la calma e la fiducia durante le prime persecuzioni, quando il furore dei Giudei si armò per annientare la Chiesa nel suo nascere, imprigionando gli Apostoli, Maria sostenne e insegnò ai perseguitati a sopportarle, e superare le avversità. Quanto è bello immaginare gli Apostoli prostrati ai piedi di Maria in atto
~
di ricevere la sua materna benedizione! Se essi furono così forti di fronte agli ostacoli, è certo perché trovarono conforto ed aiuto in Maria.

Quello che Maria SS. fece per i primi Apostoli, lo fa anche per noi. Consideriamo dunque Maria come regina di ogni apostolato, ricorriamo a Lei, speriamo tutto da Lei. Compiamo l'apostolato sotto il suo sguardo materno.

Maria è esempio agli Apostoli di tutti i tempi. Ella diede Gesù al mondo; diamolo anche noi con ogni mezzo a nostra disposizione! L'apostolato sia fatto in modo soprannaturale e mai per fini umani.

Maria è anche nostra consigliera sapiente. Ricorriamo a Lei in ogni dubbio, in ogni incertezza, in ogni tentazione. Respice stellam, voca Mariam: Guarda la stella, invoca Maria.
La divozione a Maria, Regina degli Apostoli, è garanzia per l'apostolato.

Cerchiamo di comportarci con Maria regina degli Apostoli, come si comportarono gli Apostoli stessi. Essi l'amavano, la veneravano, la pregavano, ricorrevano a Lei in tutte le necessità.
Protetti da Maria, lavoreremo con maggior efficacia per l'avvento del regno di Gesù Cristo; e quanto più saremo divoti di Lei, tanto più salveremo anime. Per Mariam ad Jesum! Per Maria a Gesù.

Pensiero d i S. Antonio. Volle il Figlio Gesù che dopo l'ascensione. Maria rimanesse per un certo tempo nel mondo maestra e illuminatrice degli Apostoli.
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Le sette frasi di Maria SS. – Le parole di Maria SS. ad eccezione del Magnificat furono poche, assai espressive e brevi. Il Vangelo riporta sette espressioni pronunziate da Maria.

La prima fu di verginale pudore: «Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco?»: Come avverrà ciò, non conoscendo io uomo? (Luc. 1,34).

La seconda fu di obbedienza fedele: «Ecce Ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum»: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola (Luc. 1,38).

La terza fu di modestia riverente: «Salutavit Elisabeth»: Salutò Elisabetta (Luc. 1,40).

La quarta fu di giubilo riconoscente: «Magnificat anima mea Dominum»: L'anima mia glorifica il Signore (Luca 1,46).

La quinta fu di autorevole mansuetudine: «Fili, quid fecisti nobis sic?»: Figlio, perché ci hai fatto questo? (Luc. 2,48) .

La sesta fu di tenera carità: «Vinum non habent»: Non hanno più vino ( Giov. 2,3) .

La settima fu di ferma fede: «Quodcumque dixerit vobis, facite»: Fate tutto quello che vi dirà (Giov. 2,5).

Maria nostra difesa

Quanto all'orecchio mio suona soave
a Te Madre mia, ripeter «Ave»!
Ripeter «Ave» e dirti Madre pia,
è a me dolce, ineffabile armonia.
Delizia, casto amor, fida speranza
tale tu se' ch'ogni desire avanza.
Quando spirto m'assal maligno immondo,
quando d'ambasce più m'opprime il pondo
e l'affanno del cor si fa più crudo
Tu mio conforto, mia difesa, e scudo.
Se a me tuo figlio apri il materno seno,
fugge ogni nube, il ciel si fa sereno.
Ma già morte s'appressa: deh ! in quell'ora,
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Madre, m'aita: lene lene allora
quando l'ultimo dì ne disfaville,
con la man chiudi le stanche pupille
e conquiso il demon che intorno rugge
cupidamente, all'animo che fugge
Tu, pietosa, o Maria, l'ala distendi:
ratto la leva al ciel, a Dio la rendi.

Leone XIII


TRANSITO DELLA BEATA VERGINE


Molti scrittori affermano che Maria SS. dopo la discesa dello Spirito Santo, visse parte a Gerusalemme e parte ad Efeso, la città di Maria.

Gesù morente aveva affidato la Madre al discepolo prediletto Giovanni, il quale attesta di averla subito presa con sé: Et ex illa hora accepit eam discipulus in sua (Giov. 9,27).

Maria durante questo tempo di attesa del cielo, presentava a Gesù ormai glorioso in Paradiso, i bisogni della Chiesa nascente e dei suoi Apostoli, pregava per i neofiti, impetrava la conversione per gli idolatri e per i peccatori. Il suo cuore si infiammava sempre più del desiderio di unirsi al suo Figlio.
Dopo l'Ascensione di Gesù al cielo, si possono riferire molto a proposito a Maria SS. le parole: Quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquarum ita desiderat anima mea ad te Deus: Come il cervo anela ai rivi dell'acqua, così
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l'anima mia anela a te, o mio Dio! (Salmi, 41,2). È l'ardente brama del cielo che faceva esclamare: Sitivit anima mea ad Deum fortem vivum: quando veniam et apparebo ante faciem Dei? L'anima mia ha sete del Dio forte e vivente; quando potrò venire a presentarmi avanti a Dio? (Salmi, 41,3).

Il desiderio del cielo è fondamentale, poiché la fede in Dio rimuneratore è uno dei dogmi principali ed essenziali. Quando una persona è persuasa di questa verità ed ha fede, stabilisce la sua vita in Dio solo e tutto il resto le è indifferente: ciò che importa è guadagnare il Paradiso. La speranza di questo gran premio deve rallegrarci: Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus. Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: Andremo nella casa del Signore (Salmi, 121,1); e deve farci esclamare con S. Francesco: «E tanto il bene che m'aspetto che ogni pena mi è diletto».

I giorni della vita mortale della SS. Vergine Maria giunsero al termine. Gli occhi di Maria erano fissi al cielo. il suo cuore palpitava di affetto per Dio; il suo volto era irradiato di luce e le sue labbra erano atteggiate a sorriso. Ad un tratto il suo cuore ebbe un lieve sussulto e l'anima se ne volò al Cielo, all'amplesso del suo Diletto. Maria moriva d'amore, come d'amore era vissuta.

1. La morte di Maria fu consolata dalla somma dei suoi meriti. – La vita corre veloce, il tempo fugge e noi annotiamo continuamente nel libro della vita meriti o demeriti. Ogni pensiero, ogni sentimento, ogni azione è un merito, o
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un demerito, secondo che è buono o cattivo, se fatto con retta intenzione, oppure no.

Come si trovò Maria in fin di vita? Ella aveva solo meriti, nessun peccato: né originale, né mortale, né veniale; nessuna imperfezione volontaria nelle sue azioni, ma tutto perfetto, tutto meritorio. E Maria non cominciò da zero come noi, bensì dove terminarono i meriti dei maggiori santi, perché superiore a tutti gli angeli e santi, fin dalla sua immacolata concezione: Fundamenta ejus in montibus sanctis (Salmi, 86,1); Maria fu piena di grazia: Gratia plena (Luc. 1,28).

Come tutti i fiumi sfociano nel mare, così tutte le grazie che ebbero gli angeli, i patriarchi, i profeti, i martiri, gli apostoli, i confessori, i vergini, fecero tutte capo a Maria SS. In Maria la grazia fu versata senza misura, perché in Lei discese la pienezza della grazia.

Questa grazia andò in Maria sempre crescendo fino all'ultimo istante della sua vita. Com'è dunque possibile ad una mente umana calcolare il tesoro di grazie da lei accumulato?

Gli angeli rapiti di ammirazione alla vista dell'immensità dei meriti che arricchivano Maria, si domandarono al suo ingresso in Cielo: Chi è mai Costei che viene dal deserto, colma di delizie, appoggiata al suo Diletto? Quae est ista, quae ascen it de deserio, deliciis affluens, innixa super Dilectum suum? (Cant. 8,5).

I nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre azioni sono tutte sante? Occorre molta vigilanza. Cerchiamo di santificare tutte le nostre giornate, edifichiamo nella fede, nella speranza, nella carità.
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2. Maria provò grande consolazione in punto di morte, al pensiero del continuo progresso nella virtù. – È santo chi si avvicina a Dio e conversa con Lui. La santità aumenta a misura che l'uomo si avvicina e comunica con Dio. Orbene, nessuno mai fu più unito a Dio di Maria SS.

Se la santità consiste nel fuggire il peccato e nel praticare la virtù, dove trovare una persona che abbia aborrito l'offesa di Dio e praticato la virtù più di Maria? Se la santità consiste ancora, secondo l'insegnamento dell'Apostolo, nell'offrire a Dio il proprio corpo in «ostia vivente, santa, e a lui gradita: Ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem, sanctam, Deo placentem» (Rom. 12,1), chi più di Maria si conformò a tale condotta? Ella fu santa, più santa di tutti i santi: un tesoro di santità: Sancta, sanctis sanctior, et omnis sanctitatis thesaurus (S. Andrea Cretese).

Il fuoco dell'amor di Dio andò sempre crescendo in Maria, finché fece violenza e in un'estasi amorosa ella se ne volò al Cielo.
O morte beata, degna corona di una vita così santa.

Se vogliamo chiudere il nostro pellegrinaggio terreno con una morte simile a quella di Maria, cerchiamo di imitarla nel progredire ogni giorno.
Proponiamo di voler ad ogni costo tendere alla santità e di fare ogni giorno qualche progresso nella virtù.
In morte ci consolerà molto l'apostolato fatto per Gesù; ci consoleranno le fatiche sostenute per compiere l'apostolato per fare conoscere Gesù.
La Regina degli Apostoli ottenga a tutti una
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santa morte; è la grazia più importante che possiamo desiderare.

Pensiero di S. Girolamo. Maria non solo soccorre i suoi servi nella loro morte, ma di più vien loro incontro nel passaggio all'altra vita, per animarli, e per accompagnarli al divino tribunale.

S. Pio V. – Nacque in Bosco, umile paese presso Alessandria, in Piemonte, il 7 gennaio 1504 dalla famiglia Ghisleri, nobile ed antica.

I parenti erano però poveri ed il bambino non trovò presso il focolare domestico le comodità dell'agiatezza, ma vi trovò cure affettuose, buoni esempi e sana educazione alla virtù, specialmente all'amore verso Maria SS. Ben presto sentì il desiderio di consacrarsi al Signore, ma la povertà non gli permise di entrare in seminario. Gli venne in aiuto Maria SS. che egli teneramente amava.

S'incontrò un giorno con alcuni Padri Domenicani i quali accortisi dell'ingegno sveglio e precoce, della pietà e candore d'animo del fanciullo, gli promisero di accettarlo nel loro Ordine. Michele, lieto, corse a casa ed ottenne il permesso di entrare nel convento dei Domenicani di Voghera. Progredì rapidamente nella pietà e nello studio.

Ordinato sacerdote si dedicò con tutte le energie all'educazione dei giovani religiosi, infondendo sempre nei loro cuori un tenero amore verso la Regina del cielo. Diffusasi la fama della sua santità venne creato inquisitore della fede per la Lombardia: ufficio che disimpegnò con somma prudenza ed abilità. Nel 1556 fu eletto al vescovado di Nepi e Sutri e poco dopo venne eletto alla porpora cardinalizia.

Alla morte di Pio IV il Sacro Collegio dei Cardinali lo elesse Sommo Pontefice. Pio V fu veramente grande, stimato da tutti, anche dagli eretici, per la cui conversione lavorò indefessamente fino alla morte. Ma ciò che immortalò il nome di questo glorioso Papa fu la celebre
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vittoria riportata dai cristiani sui Turchi a Lepanto; vittoria che Pio V ottenne con la sua grande confidenza in Maria SS. Morì nel bel mese dedicato alla Vergine SS., ripieno di meriti e con la stola battesimale immacolata.

Prega per me, o Maria

Salve, o di Cristo Madre Divina,
Del ciel, del mondo Madre e Regina,
Fervente e pura dall'alba a sera
Una preghiera – sollevo a Te ! ...
Deh! Tu l'esaudi, Vergine pia:
Salve o Maria, – prega per me!

A Te, Concetta senza peccato,
A Te, cui Madre Cristo ha chiamato,
A Te mi volgo nel mio dolore,
In tutte l'ore – ricorro a Te...
Accogli, o Madre, la prece mia,
Salve o Maria, – prega per me!

Tu sei la speme dell'infelice,
Dell'orfanella Tu genitrice:
Il mendicante senza ricetto
Il pane, il tetto, – ritrova in Te !
A me puranco tu volgi, o pia,
Salve o Maria, – prega per me !

Tu che di Dio stai presso al trono
Da lui mi impetra pace e perdono.
De' miei peccati sento il rimorso;
Pietà, soccorso – chieggo da Te!
I miei peccati, deh, Tu li oblia:
Salve o Maria, – prega per me !

E quando sciolta l'umana salma,
A Te bramosa volerà l'alma,
Delle sue colpe Tu la disciogli,
E la raccogli – vicino a Te...
Questa il mio cuore prece t'invia:
Salve, o Maria – prega per me !

A. F.

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MARIA ASSUNTA IN CIELO


Tra i Santi ed i seguaci del mondo vi è una grande differenza. Questi secondi hanno qualche piccolo successo, qualche rara soddisfazione in mezzo alle pene della vita, ma tutto ha termine con la morte. I Santi invece soffrono con rassegnazione gli inevitabili dolori dell'esilio, perché il giogo di Gesù è soave e leggero il suo peso (Matt. 11,30), ma in fine avranno il premio eterno, la ricompensa che il Signore prepara a coloro che l'amano. I Santi avranno una morte più serena e un'eternità felice; mentre i mondani, dopo una vita spesso sventurata avranno anche l'eternità infelice. Coloro che si staccano dai beni della terra, mentre sono in vita non dovranno più farlo in punto di morte; allora, invece di lasciare, raccoglieranno il frutto delle loro virtù: Vos qui reliquistis omnia et secuti estis me, centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis: Voi che tutto avete lasciato e mi avete seguito, riceverete il cento per uno e possederete il Paradiso (Matt. 19,27-29).
Se questa è la sorte dei Santi, qual fu la sorte di Maria, la più eccelsa creatura uscita dalle mani di Dio? Entrata nel mondo attraverso una serie di grazie e di privilegi, terminò il suo pellegrinaggio terreno con un nuovo portento: Dio, che l'aveva creata Immacolata, la volle Assunta in cielo anima e corpo. Non doveva vedere la corruzione del sepolcro la Concepita senza macchia; la Regina dei vergini doveva risuscitare per la gloria del suo corpo immacolato. La Corredentrice doveva regnare nel
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cielo con il Redentore, doveva assidersi accanto al trono di Dio a intercedere per tutta l'umanità: «Vieni dal Libano, o mia Sposa, vieni dal Libano, vieni: tu sarai coronata» (Cant. 4, X).

1. Maria si trova in cielo anche col corpo.– La salma verginale dell'augusta Madre di Dio venne raccolta devotamente in una bianca sindone, e si celebrò la cerimonia dei funerali. Gli Apostoli e i fedeli, secondo la tradizione, vegliarono per tre giorni consecutivi il sacro sepolcro. Al terzo giorno ecco sopraggiungere Tommaso che non era stato presente alla morte di Maria. Desideroso di vedere per l'ultima volta le gloriose sembianze di Maria, pregò gli Apostoli a voler smuovere la pietra che racchiudeva il sepolcro.
Ed ecco uscire un profumo inesplicabile di rose e di gigli. Guardarono tremanti: il corpo verginale non c'era più. Per l'aria echeggiava il canto degli angeli che portavano osannanti la loro Regina risuscitata, per virtù del Figlio, verso il cielo. Maria fu esente dal peccato originale; il corpo suo fu giustamente glorificato subito dopo la morte. Essa gode di tutte le prerogative proprie dei corpi risuscitati e gloriosi: impassibilità, splendore, agilità e sottigliezza.
Maria, commenta S. Bernardo, ci viene presentata vestita di sole. Ella infatti, immersa nell'inaccessibile luce di Dio, ha penetrato, assai più profondamente di quanto l'uomo possa immaginare, l'infinito abisso della sapienza divina: Jure Maria sole perhilibetur amicta, quia profundissime Dei sapientae ultro quam credi potest, penetravit abyssum, luci illi inaccessibili immersa.
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Maria è la nobile stella di Giacobbe, il cui raggio rischiara tutto il mondo, splende nei cieli, circonda la terra, scalda le anime, avviva le virtù, incenerisce i vizi.
Il corpo di Maria è ora glorioso come quello di Gesù. Esso può recarsi con la velocità del pensiero da un luogo all'altro, può passare anche a porte chiuse, non sente più le debolezze della natura umana, perché spiritualizzato. Perché il corpo di Maria ebbe tanti privilegi? Perché in vita fu sempre docilissimo all'anima, sottomesso in tutto alla ragione. Maria progrediva di bene in meglio, in Lei non vi era ribellione del corpo allo spirito. Era dunque giusto che quel corpo, il quale aveva condiviso i meriti con l'anima, ne condividesse subito anche la gloria.
Ogni merito ha una corrispondente gloria in Paradiso.

2. Maria è esaltata sopra i cori degli angeli e dei Santi. – «Exaltata est Sancta Dei Genitrix super choros Angelorum ad coelestia regna!» canta la Chiesa nella liturgia dell'Assunzione. Ecco qual fu il trionfo di Colei che si professò l'umile Ancella del Signore. Sulla terra non vi è paragone che possa darci l'idea dell'accoglienza fatta a Maria in cielo. Per Lei sono messi in movimento tutti i cori degli angeli e lo stesso Dio dispiega la sua magnificenza per riceverla. Al suo ingresso in Cielo, schiere innumerevoli di angeli l'accompagnano e dicono a quelli che vengono loro a riceverli: «Presto, o Principi del Cielo, alzate, togliete le porte, poiché deve entrare la Regina della gloria».
Entrata in cielo, Maria fu accolta dalla SS. Trinità, innanzi alla quale si prostrò in umile
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adorazione, mentre gli angeli e i santi la vennero ad ossequiare come loro Regina. A lei fu dato un trono di gloria superiore a quello degli stessi angeli, come attesta la liturgia.
Maria fu così esaltata, perché tanto si era umiliata. Il suo trono fu posto vicino a quello di Gesù, perché in vita fu sempre vicino a lui.
Impariamo da Maria a vivere nell'umiltà: soltanto chi sa umiliarsi, sarà esaltato da Dio.

3. Maria fu incoronata mediatrice e dispensiera di grazia. – Assisa sul suo raggiante trono, la Vergine benedetta fu proclamata dalla SS. Trinità Regina del cielo e della terra, mediatrice e dispensatrice d'ogni grazia. Il trono di Maria è trono di misericordia e la sua missione in cielo è quella di chiedere continuamente che vengano a noi applicati i meriti di Gesù; ci vengano perdonati i peccati e ci siano concesse tutte le grazie necessarie per la vita eterna. In cielo Maria è la Regina potente e buona, che fa piovere sulla terra continue benedizioni.
Dice S. Bernardo: «Togliete il sole, che tutto riscalda, illumina e feconda, e che rimarrà sulla terra se non una densa caligine, un freddo di morte che rattrista la natura? Cosi se cessasse la pioggia di grazie, che ci manda la Madre di Dio, che resterebbe degli uomini se non angustia, dolore e morte?».

Pensiero di S. Modesto. Salve, santissima Madre di Dio: Iddio Gesù, re della gloria, che ti aveva eletta perché tu gli fossi reggia spirituale qui in terra e in pari tempo perché per mezzo tuo potesse dare a noi il regno dei cieli, ti ha voluto con sé in questo regno: intatta di corpo
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e gloriosa al di sopra di tutti; e ciò per la maggior gloria del Padre suo e dello Spirito S.

Maria ispirazione per l'arte. – Non vi fu grande, veramente degno di tal nome, che non sia stato divoto di Maria, di colei cioè che al dire del poeta: «Nobilitò l'umana natura».
Il veggente di Patmos, vide il trionfo della Donna vestita di sole e redimita di stelle. Vide e trasalì di giubilo mentre gli spiriti celesti cantavano l'inno della vittoria.
E ben giustamente gli angeli cantano a Maria, a Colei davanti alla quale si prostra tutto il creato. Maria è il giardino di delizie che Iddio ha trovato puro come gli angeli del cielo; è il luogo donde scaturisce la sorgente d'acqua che bagna tutta la terra. Ella è un Paradiso ornato dei fiori più belli. Ecco perché la poesia, la pittura, la musica, hanno dedicato a Maria i più bei capolavori; ecco perché gli artisti ed i poeti non cessarono mai dall'ammirare e dal riprodurre questo capolavoro di bellezza.
L'Alighieri, nella sua Commedia, s'inginocchia davanti a Maria, l'invoca, la celebra, non sa camminare lungo tratto senza la sua guida, la ricorda ben 38 volte! Anche il Petrarca dedica la sua ottava canzone alla «Vergine bella, che di sol vestita...».
E l'autore della «Gerusalemme Liberata» al principio del suo poema invoca Colei che «di caduchi allori non circonda la fronte in Elicona». Feo Belcari, l'aveva invocata prima ancora «Vergine Santa, immacolata e pia»; il Poliziano «Amor del vero Amore»; a questi seguirono gli inni del Monti, del Pellico, del Manzoni e di altri.
La poesia ha una sorella genialissima: la musica e i nostri sommi non sdegnarono di metterla a servizio della Vergine. Ella canta il suo «Magnificat» nelle melodie superbe del Palestrina; prega e supplica nelle tenere note della «Gioconda» di Ponchielli; ride, gioisce nei trilli argentini di Paisiello e di Cherubini; spasima e geme ai piedi della croce nello «Stabat Mater» del Rossini, del Pergolesi, di Nicolò Farelli; esulta, regna, trionfa nella musica sonora del Mercadante del Verdi e del Perosi.
Ai poeti ed ai musicisti seguono i pittori e gli scultori: Raffaello, il quale, nutrito fin da fanciullo della divozione alla Madonna, la ritraeva poi col pennello così lucente e venusto; Fra Angelico da Fiesole, che dipingeva
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le sue madonne in ginocchio; il Guercino che, innamorato di Maria, incominciò a dipingerla a soli dieci anni.
Dinanzi a tanto splendore, a così grande e devoto affetto verso la Vergine, noi soli vorremmo tacere? Ma come canteremo noi le lodi della Madre Celeste? Affidiamoci totalmente a Lei, amiamola, preghiamola. «Che vi è di più dolce, scrive S. Basilio, che vi è di più giocondo, di più salutare, di più felice che pensare e parlare della Beata Vergine?».
Bellezza e gloria vogliono amore. Maria è stella, Maria è fiore che incanta e attrae: l'uomo se ne invaghisce e corre a Lei; vi corre quando la vita è triste, e piena di affanni; vi corre nelle gioie e sente tutta la tenerezza della Madre, tutta la fortezza della Regina, tutto il gaudio della Beata. Lodiamo Maria! Dopo Dio Ella è la nostra maggior gloria e il nostro maggior gaudio. Genuflessi dinanzi alla sua venerata immagine diciamole ogni giorno: «O stella del mare, Augusta Madre di Dio, rompete i lacci che avvincono i peccatori, fate risplendere la luce agli occhi dei ciechi, allontanate da noi tutti i mali. Fate che siamo mansueti e puri, e mostrateci il cammino più sicuro per andare a Gesù. Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi».

Ingresso di Maria in Cielo

Quando la Vergine Dea figliola e Madre
Del suo Parto gentile, al ciel saliva
Da l'angel scorta che la via le apriva
Per mezzo alle festanti eteree squadre;

Mosso a incontrarla da l'empireo il Padre,
Ne la spera che ancor la fiamma avviva
Lieto e raggiante ne la fronte diva
Quelle al petto stringea membra leggiadre.

Ed oh! vieni aspettata: accanto al Figlio
Avrai, disse, tua sede, o casta e bella,
A cui diedi fiaccar l'inferno artiglio.
Tu splenderai quassù fidata stella,
D'ogni fedel nocchiero. Ed ella il ciglio
Chinando ancor dicea: Son la tua ancella.

M. di Montrone

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