Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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PRESENTAZIONE


Sotto l’unico titolo di copertina vengono proposti, in questo volume, due testi di Don Alberione, appartenenti a un unico programma e a una medesima formula: un programma di forte animazione carismatica, promossa negli anni Trenta del Novecento, e una formula di meditazioni propria degli Esercizi Spirituali. Si tratta infatti di due corsi di Esercizi, animati dal Fondatore e destinati a religiosi paolini, rispettivamente juniores chierici (luglio 1933) e sacerdoti (novena di Pentecoste 1938).
1. Il primo testo, «Si vis perfectus esse» [SVP], consta di sedici meditazioni e sviluppa i temi concernenti la consacrazione religiosa in ottica di vita apostolica, con forte accentuazione delle realtà definitive, i novissimi. Pubblicato alcuni mesi dopo la conclusione del corso, il libro fu offerto come omaggio a Don Alberione per la solennità dell’Immacolata.
Nello stile e nel linguaggio esso tradisce la vicenda della sua origine. Il predicatore dettava le meditazioni parlando a braccio, sulla traccia di note manoscritte. Ma l’originalità di quel corso consistette in due elementi significativi: anzitutto, la situazione concreta dell’uditorio (di cui diremo fra poco) e, secondariamente, il fatto che, per la prima volta, fu adottato un apparecchio d’incisione a rullo di cera, che permise la registrazione integrale del discorso. Tale sistema offerse l’indubbio vantaggio di una fedeltà verbale al dettato del predicatore, con l’immediatezza della passione espressiva: ma comportò anche qualche inconveniente: una terminologia approssimativa, una scarsa correttezza grammaticale e sintattica, molteplici ripetizioni. La trascrizione del parlato avrebbe richiesto un’attenta revisione dell’autore; ma Don Alberione era oberato di impegni d’altra natura, e non si curò di migliorare il testo.
Questa riserva, beninteso, concerne l’elemento formale dello scritto, il suo rivestimento esteriore, i cui limiti comunque sono ampiamente compensati dal profumo di verità e di immediatezza che emana, e che ci permette di percepire al vivo lo stile oratorio dell’autore. La sostanza del contenuto merita la più viva attenzione, poiché rivela insieme la condizione particolare dell’uditorio e l’ansia del predicatore per stimolarlo ed elevarlo.
Uno dei partecipanti, Giovanni Roatta (allora ventenne liceale), confidò che quel corso di Esercizi fu, per certi versi, terribile e traumatico. Qualche giovane, di natura vivace e indisciplinato, era già stato fatto oggetto di richiami; ma osservatori esterni al gruppo avevano avanzato gravi accuse, tanto da indurre il Signor Teologo a misure drastiche: dimissioni immediate e negate ammissioni al rinnovamento dei voti. Anche durante alcune meditazioni il clima era teso, sicché il predicatore aveva ritenuto di dover zittire o censurare alcune sue espressioni, coprendo con il tricorno il microfono del registratore. Ciò spiega il brusco passaggio da un contesto all’altro, e l’oscurità del discorso che si avverte in alcuni tratti del testo attuale. Le frasi censurate e pertanto enigmatiche, sono state oggetto di una probabile ricostruzione.
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2. Ben diverso fu il clima nel quale si svolse il secondo corso di Esercizi, pubblicato con il titolo «Mihi vivere Christus est» [MV]. La sua vicenda, con le relative notizie storiche e redazionali della pubblicazione, sono esposte nella presentazione di G. Barbero, che ne curò la seconda edizione (Roma 1972). Qui anticipiamo qualche sommaria informazione.
Il «Mihi vivere...» contiene le meditazioni dettate da Don Alberione ai sacerdoti della Società San Paolo in Alba, nella novena di Pentecoste del 1938. Sia la situazione più tranquilla, sia l’uditorio più maturo, spiegano il tono sereno ed ottimistico del testo. A differenza del corso anteriore – «Si vis perfectus esse» – questa serie di meditazioni risulta sobria ed essenziale nelle tematiche, più curata nel dettato, più concreta e pratica ai fini di un indirizzo spirituale adatto a persone impegnate nell’apostolato specifico della Congregazione, o nel ministero dell’animazione, come superiori delle comunità o responsabili di reparti giovanili in formazione.
Era uso del Fondatore trattare i temi più importanti, lasciando ad altro predicatore gli argomenti meno significativi sotto l’aspetto carismatico. Era inoltre suo stile premettere al tema principale uno o più avvisi, inviti o moniti (come li definisce il curatore Giaccardo), secondo che le circostanze immediate facevano urgenza nel suo animo. Tali avvertenze, come si noterà, sono incisive ma raramente intonate all’argomento, suggerito poi dal sottotitolo nel testo. In apertura di pagina figurava solo il numero romano della meditazione. Per l’utilità del lettore, abbiamo ritenuto opportuno aggiungere, in testa alle singole meditazioni, un titolo che evidenziasse il tema maggiormente sviluppato.
Un’altra nota caratteristica dell’autore. più accentuata nel secondo che nel primo libro, era la frequente citazione di testi biblici in latino, secondo l’uso corrente del tempo. Testi che, per la stessa ragione di una lettura più agevole, ci siamo permessi di riportare in italiano, secondo la versione della Bibbia CEI del 1974.
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3. Una valutazione particolare merita la forte carica pedagogica e autobiografica, che traspira da queste pagine. «Io vorrei fare di voi dei religiosi fortissimi, tutti di un pezzo!». Era la finalità principale che aveva indotto il Fondatore a riservarsi l’onere supplementare di quei corsi di meditazioni, in tempi di intenso lavoro e nei mesi di calura estiva.
Gli anni Trenta furono densi di responsabilità per lui e di iniziative per tutta la sua famiglia. Anni di espansione missionaria e di entusiasmo creativo; anni di costruzioni edilizie e di catechesi sistematica. Nel 1932 Don Alberione aveva redatto e fatto stampare, ad uso principalmente dei Noviziati, il testo «Donec formetur Christus in vobis» sulla formazione spirituale e il dovere della santificazione. Nel 1933, Anno Santo della Redenzione, usciva stampato l’Apostolato Stampa: manuale direttivo di formazione e di apostolato. Fra l’una e l’altra pubblicazione compariva inoltre, raccolta in volume, la serie dei discorsi domenicali tenuti da Don Alberione sulla lettura della Bibbia, dal titolo «Leggete le SS. Scritture» (1933). Notevole e significativa, nei frontespizi delle pubblicazioni, l’elenco delle consociate editrici paoline: di Alba, Roma, Messina (poi Catania), New York, Florida (Argentina), Parigi: tutte case fondate in quei primi anni del decennio aureo.
Fra tante attività, accompagnate da qualche incidente di percorso ma ricche di successi e di sincere lodi da parte di vescovi amici, Don Alberione non si esaltava; anzi ne prendeva occasione per confessare le sue inadempienze e la propria inadeguatezza. Alcune meditazioni, come quelle sulla misericordia di Dio e sul pentimento che redime chi è caduto, hanno una evidente carica autobiografica.
Altrettanto si dica dei sentimenti che egli confessava di fronte all’impresa più difficile, quella della formazione. «È più facile costruire case – diceva – che santificarle» con la formazione delle persone.1 «Nel cominciare gli Esercizi di questa volta, mi sento come in trepidazione». Ecco: sentimenti di trepidazione davanti ai fratelli e davanti a Dio; diffidenza di sé, nonostante la determinazione della volontà, e fiducia totale in Dio; sincerità e franchezza con tutti, e in ogni circostanza; soprattutto insistenza nel ribadire l’importanza del metodo Via-Verità-Vita, o metodo della integralità, sia nella vita personale che nell’apostolato.
Possiamo con ragione affermare che Don Alberione, in quegli anni, andava crescendo in statura morale, con progressione inversamente proporzionale alla considerazione umilissima che aveva di sé. «Man mano che va avanti la vita, si imparano tante cose anche dall’esperienza».
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4. Dall’insieme di queste pagine emerge un Don Alberione educatore deciso, ma dal volto umanissimo, con una capacità di coinvolgimento che tanto più conquista, quanto più esige da se stesso, sul piano spirituale come su quello operativo.
Si osserverà con ragione che la dottrina ascetica, proposta particolarmente nelle meditazioni del primo corso, è piuttosto datata. Essa è debitrice infatti alla tradizione ignaziana (gli Esercizi Spirituali) e alla spiritualità francese dell’Ottocento. Altrettanto si dica per la concezione talvolta riduttiva dello stato religioso e della sua disciplina, tributaria anch’essa delle fonti canoniche del tempo. E tuttavia, anche nei contesti apparentemente più scontati, troviamo autentiche perle di originalità e di modernità, frutto di una personale esperienza di vita.
È comunque sintomatico che, proprio in quegli anni di rigore, Don Alberione non esitasse a lanciare i suoi giovani religiosi, e le altrettanto giovani Figlie di San Paolo, nei campi inesplorati del nuovo Apostolato: la Buona Stampa, da portare a domicilio, paese per paese, borgata per borgata. fino alle località più impervie e gli ambienti profani dal punto di vista canonico. Come San Vincenzo de’ Paoli alle sue suore infermiere, anche Don Alberione raccomandava: «Considerate il vostro abito o il vostro velo la disciplina delle vostre comunità». Egli insisteva su una spiritualità apostolica ancor più esigente che quella dei conventi, e per esorcizzare i pericoli del mondo raccomandava la fedeltà allo spirito evangelico dei voti e allo zelo apostolico di Paolo, secondo le tradizioni di Casa Madre, cioè secondo una libertà responsabile, considerata normativa per tutti.
In questo senso le meditazioni del «Mihi vivere...» costituiscono un séguito e uno sviluppo delle precedenti meditazioni ai chierici. Con un ulteriore elemento di novità: la rivelazione fatta ai sacerdoti, e per la prima volta resa pubblica, dei misteriosi due sogni (cf MV 138-139) che tanto incisero nella formazione spirituale e apostolica della Famiglia Paolina. Su tale argomento Don Alberione ritornò, con ulteriori particolari e commenti, nella redazione dell’opuscolo autobiografico Abundantes divitiæ gratiæ suæ (cf nn. 26, 151-158).
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5. Un altro decisivo elemento carismatico è costituito dall’insistente richiamo alla missione specifica della Società San Paolo, e al dovere primario di promuovere la redazione, la predicazione scritta, nello stile e nello spirito dell’apostolo Paolo, che fu il più autentico interprete del Divino Maestro. I Paolini sono mandati per questo. «Quando il Signore ci manda, ci vuol fede! Coll’obbedienza, c’è il mezzo per obbedire! E voi scriverete! E chi è più umile, scriverà i libri eterni, perché Chi ha dato le verità è già vissuto e vive nella Chiesa, Gesù Cristo! Noi bisogna divulgarle» (MV 70). E ancora: «Il molto da fare è buona cosa: ma anzitutto [siamo] apostoli della stampa... Ha costato tanto alla Congregazione l’insegnare a scrivere: ma è utile che si continui nello stesso senso: stampare libri dei Nostri e stampare cose nostre. La Congregazione studi il pensiero e ne faccia la edizione: né commercianti, né industriali, ma Società di Apostoli» (MV 184-185).
In perfetta armonia con questo mandato è l’incoraggiamento che concludeva il «Si vis...» e che ha la risonanza di una benedizione patriarcale: «Abbiamo Gesù con noi, non temete: Egli è con noi, di là [dai nostri tabernacoli] vuole illuminare. Abbiate solo l’umiltà e il dolore dei peccati; e poi camminare avanti: vedrete l’efficacia».
Questa augurale benedizione sia suggello dell’attuale nuova proposta editoriale.
Roma, 30 giugno 2008.
CENTRO DI SPIRITUALITÀ PAOLINA
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1 Cf San Paolo, Dicembre 1951: «È molto più facile costruire le chiese e le case, che santificarle, riempiendole di meriti, vocazioni, apostolato, vita religiosa e lieta».