Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IL LAVORO

Nota introduttiva

Pubblicato sul San Paolo del Gennaio 1954, con il titolo «Il lavoro nelle Famiglie Paoline», questo opuscolo fu lungamente meditato. I pochi manoscritti autografi che abbiamo reperiti, presentano correzioni e integrazioni, e denunciano una redazione non unitaria, ma insistentemente ripresa e ampliata a tappe diverse.
La redazione successiva del testo, pubblicata nella raccolta
Alle Famiglie Paoline (San Giuseppe 1954), reca il titolo semplificato Il Lavoro, che adottiamo per questo volume.
Per una idea sommaria del
contenuto, è sufficiente scorrere i seguenti sottotitoli: Principi; Nobiltà del lavoro; L'educazione al lavoro; In San Paolo Apostolo; Laboriosità e oziosità; Beneficenza; Povertà religiosa; La dote dei Paolini; Insegnare il lavoro; Lavoro ordinato: Dedizione e costanza; Utilizzare il tempo; Far bene; Soprannaturalità; Buona redazione, Lavoro tecnico e Propaganda; Natura del riposo; Il Maestro ed i maestri; Tutti al lavoro; Fede. Vari temi qui trattati, ad es. Povertà e beneficenza, sono presenti nell'opuscolo La Provvidenza, cronologicamente anteriore anche se da noi posticipato.
Alcune idee di Don Alberione in proposito sono del tutto precorritrici. Il lavoro è compito e gloria di ogni essere umano; non è pena del peccato; non indica inferiorità. «L'inferiorità c'è quando vi è l'ozio, la pigrizia, l'accidia, l'indifferenza, la tiepidezza, il nihil agentes«.
Per comprendere la dignità del lavoro, nulla è più illuminante che considerare l'esempio di Gesù: «Il mistero di Cristo-operaio ci sembra più profondo del mistero della Passione e Morte. Tanti anni al banco di falegname!».
Per il Paolino il lavoro è nobilissimo in quanto è apostolato. Esso ci rende strumenti di Gesù Cristo, il Maestro che è Via e Verità e Vita. Addestrare i giovani aspiranti al lavoro significa avviarli non a un singolo impegno tecnico, ma a «conoscere insieme il progresso e l'organizzazione dell'apostolato».
Nel 1987, a cura di D. Andrea Damino ssp, fu pubblicata per le Edizioni dell'Archivio Storico Generale F.P. (n. 13), una riedizione molto accurata del presente opuscolo:
Il Lavoro e la Provvidenza, con introduzione storica e note. Vi è aggiunta un'interessante appendice: «Don Alberione lavorava e faceva lavorare» (pp. 53-67), con episodi ed esperienza dello stesso curatore.
Noi rimandiamo la trattazione sulla Provvidenza alla sezione successiva, come opuscolo a parte. Al presente alleghiamo invece un'appendice, sempre di Don Alberione, su Maria Regina del Lavoro, pubblicata da D. Rosario Esposito in
Carissimi in San Paolo (pp. 1095-1096), come complemento del discorso sul Lavoro.
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IL LAVORO

1. PRINCIPI

Il lavoro è un'attività cosciente, per determinato fine vantaggioso. Dio creò il mondo in sei giorni, o epoche; e «riposò» il settimo,1 cioè cessò le sue opere ad extra:2 tutto aveva fatto per la sua gloria.
Il lavoro è vario secondo l'attività, le facoltà che si mettono in moto: vi è il lavoro intellettuale (studio, consiglio), il lavoro interiore (preghiera, elevazione dello spirito), il lavoro spirituale (predicazione, amministrazione dei sacramenti), il lavoro morale (governo, assistenza), il lavoro manuale (contadino, operaio); lavoro del tutto naturale, lavoro particolarmente soprannaturale, ecc. Entrano però sempre due elementi: attività e fine utile.

* * *

Il lavoro non è pena del peccato; il peccato originale aggiunse al lavoro solo la fatica: «Col sudore della tua fronte» [cf. Gn 3,19]. L'uomo avrebbe lavorato e lavorò anche prima del peccato: «Il Signore Dio prese, adunque, l'uomo e lo pose nel paradiso di delizie affinché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn 2,15).
«L'uomo nasce per il lavoro e l'uccello per il volo» (Gb 5,7).3
Ogni fatica, associata alla Passione di Gesù Cristo, diviene elemento di redenzione individuale e sociale. Passione nel senso più largo di «fatica»: per esempio, unirsi al lavoro del Divino Operaio di Nazareth (S. Giov. Crisostomo). Sempre diciamo: «Vi offro tutte le mie azioni, preghiere e patimenti con le intenzioni per cui Gesù si immola sull'altare».4
In paradiso l'uomo raggiungerà il massimo di attività, e partecipando dell'attività divina, l'anima unita al corpo trasformato per le doti del corpo di Gesù Cristo risuscitato, partecipa della Divina Natura.
«Requiescant»5 non significa augurio di ozio o di sonno; per ora non comprendiamo quel genere di attività, e S. Paolo non diede spiegazioni, perché noi siamo incapaci di capire: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» [1Cor 2,9].

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Il peccato non è lavoro. Sebbene sia attività, non ha però fine vantaggioso, non fa un lavoro: come il bambino che stracciasse i biglietti da mille e li bruciasse per vedere una fiammata.
La libertà non è licenza. L'educatore non può liberare esteriormente l'educando finché non ha forgiato una personalità capace di agire con responsabilità e dignità, cioè di essere utile a sé ed al prossimo. La impalcatura di un sistema di educazione o di un orario serve provvisoriamente per fare una struttura: la costruzione dell'uomo, del cristiano, del religioso, del sacerdote.

* * *

Pio XII nella Costituzione Apostolica Sponsa Christi dice: «Al lavoro, manuale o | intellettuale, sono obbligati tutti, non esclusi gli uomini e le donne che si dedicano alla vita contemplativa, non solo per legge naturale ma anche per un dovere di penitenza e di soddisfazione. Il lavoro inoltre è il mezzo comune con cui l'anima è preservata dai pericoli e si eleva a cose più alte; il mezzo con cui noi, come è nostro dovere, prestiamo la nostra opera alla Divina Provvidenza, tanto nell'ordine naturale che nell'ordine soprannaturale; il mezzo con cui si esercitano le opere di carità».
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2. NOBILTÀ DEL LAVORO

Inferiorità? Non è quella dell'operaio, o del religioso che «ha scelto per sé la parte migliore» [Lc 10,42]; ma quella dell'ozioso, anche se «vestisse porpora e bisso e banchettasse ogni giorno splendidamente» [cf. Lc 16,19]. L'inferiorità c'è quando vi è l'ozio, la pigrizia, l'accidia, l'indifferenza, la tiepidezza, il «far nulla».
Il cristianesimo è la religione che eleva l'uomo. Nella concezione generale degli antichi, il lavoro, specialmente manuale, era considerato con disprezzo, come indizio di inferiorità; perciò [la discriminazione fra] i domini (i liberi), e le res o instrumenta (schiavi). Concetti di Platone, Aristotele, Senofonte, e persino di Cicerone.6
Il cristianesimo rivoluzionò la mentalità comune e riabilitò il lavoro. Tutto il Vangelo si muove nel mondo del lavoro. Tutti ne hanno il dovere, nessuno anche se ricco è dispensato: la parabola dei talenti lo dimostra; il lavoro è anche mezzo di sussistenza cui va corrisposto un giusto salario (Mt 10,10); il lavoro è mezzo di elevazione e di riscatto (Gv 6,27).

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Il Padre Celeste, avendo pietà dell'umanità errante, volle restaurare tutto in Cristo. Questi cominciò dalla famiglia e dal lavoro.
Il mistero di Cristo-operaio ci sembra più profondo del mistero della Passione e Morte. Tanti anni al banco di falegname! «Non è costui il figlio del fabbro?» [Mt 13,55]. «Non è costui il falegname?» [Mc 6,3]. Il sudore della sua fronte a Nazareth non era meno redentivo che il sudore di sangue nel Getsemani.
Quello che Gesù fece è insegnamento più chiaro di quanto Egli predicò.
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3. RAGIONI DI NOBILTÀ

Il lavoro umano è tanto più nobile quanto più abbondanti sono queste condizioni:
1) Quanto più è cosciente, cioè vi entra di intelligenza, libertà, iniziativa: così l'artigianato è superiore alla fabbrica; la piccola proprietà superiore alla mezzadria ed allo stato di bracciante; l'ufficio di maestro supera quello di professore.7
2) Quanto più nobile è l'oggetto del lavoro: per es. il lavoro del Sacerdote per le anime supera quello del medico per i corpi; il lavoro dell'apostolo quello del sarto; il lavoro dell'educatore quello di un ufficiale dell'esercito, del poliziotto.
3) Quanto più è vantaggioso: così il lavoro di perfezionamento della propria anima nel religioso («se vuoi essere perfetto») supera quello del pittore e scultore; il lavoro del legislatore e sociologo cristiano quello dell'esattore.
4) Il lavoro apostolico dei nostri Discepoli (tecnici e propagandisti) supera quello dei tipografi, librai, tecnici comuni, portando «verità, pace e bene»: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!» [Rm 10,15]. Esso porta i massimi beni per la vita presente e per l'eternità.
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4. L'EDUCAZIONE AL LAVORO

È di immenso vantaggio per la vita e per l'eternità. Ogni uomo ha forze fisiche, intellettuali, morali ed ha un certo tempo di vita per consumarle. Nella mente di Dio devonsi consumare per conoscerlo, amarlo: allora queste forze, accresciute e nobilitate per la nostra adozione in figli di Dio [cf. Gal 4,5], conosceranno, serviranno, ameranno Dio in gaudio eterno in cielo.
Dio ci ha ben elevati quando mandò il suo Figlio a farsi nostro capo ed assumerci come membra: «Diede loro il potere di diventare figli di Dio» [Gv 1,12]! Quale grazia essere cristiani, non induisti, o maomettani, ecc.!
Queste forze o si consumano nobilmente da veri uomini, o si consumeranno non nel servizio di Dio, ma nella schiavitù dell'egoismo e del soldo; non nell'amore di Dio, ma nella servitù | della carne; non nella conoscenza di Dio e delle cose che sono di sua volontà, ma nella vanità, in quello che finisce... mentre l'anima è spirituale ed immortale.
Quando si educa al lavoro, si abitua il giovane agli studi, ai pensieri elevati, all'energia, a produrre, a vivere da vero uomo, da cristiano: sopra cui si può aggiungere la vita religiosa, la vita sacerdotale.
Quando seguo una salma alla sepoltura, sempre rifletto e mi esamino: ecco che le attitudini, forze-talenti ricevuti da Dio sono stati consumati: «Viene la notte quando nessuno può più operare» [Gv 9,4]; come sono state consumate? a chi sono state immolate? Ed io, che domani sarò portato alla sepoltura, come sto consumandole? e quale eternità mi preparo?
Educare al lavoro significa elevare e far la fortuna, la massima carità, il massimo bene di un giovane, per la vita e per l'eternità. Quando un uomo vive disciplinato, domina i sensi e le contingenze, nella intimità della famiglia od in società, sarà rispettato, ammirato; sarà utile a sé ed al prossimo; darà un suo buon apporto alla umanità ed alla Chiesa. Sii uomo! vir, vis, forza.
Quale, all'incontro,8 la miserabile condizione del pigro che comincia dalle bocciature negli esami, rimane sempre inferiore ai suoi doveri, sente la propria viltà; è disistimato e rifiutato in società, col pericolo dell'estrema bocciatura nell'esame finale!
I santi sono tutti lavoratori. In proporzione degli anni vissuti, quanto hanno operato, ed in quante direzioni!, S. Tommaso d'Aquino, S. Francesco d'Assisi, S. Bernardo, S. Francesco di Sales, S. Giuseppe Cottolengo, S. Giovanni Bosco, S. Alfonso Rodriguez, S. Giov. Battista de La Salle, S. Giovanni della Croce, S. Alberto Magno, S. Camillo de Lellis, S. Giovanni M. Vianney, S. Domenico, S. Alfonso: tutti! Diedero il primo posto al lavoro interiore; poi questo fruttò l'operosità così meravigliosa, fruttuosa, umanitaria, che desta in tutti grande ammirazione.
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5. SAN PAOLO APOSTOLO

S. Paolo scrive ai Tessalonicesi: «Quando eravamo presso di voi vi davamo questo precetto: Chi non vuole lavorare non mangi. Ma ora sentiamo dire che alcuni di voi si comportano disordinatamente, facendo nulla. Ora a costoro noi prescriviamo ed esortiamo nel Signore Nostro Gesù Cristo che mangino il loro pane lavorando tranquillamente» (2Ts 3,10-12). «Lavoriamo faticando con le nostre mani» (1Cor 4,12). Egli fu un grande lavoratore. Egli insiste più volte a dire che quanto occorreva a lui ed ai suoi compagni di predicazione «hanno provveduto queste mie mani» [At 20,34], lavorando anche di notte nell'arte appresa in gioventù. Dice di sé: «nelle percosse... nelle fatiche... nelle veglie...» (2Cor 6,5). Egli è il più felice interprete ed imitatore di Gesù Cristo; anche in questa parte la sua vita è in Cristo: «Per me vivere è Cristo» [Fil 1,21].

* * *

Il lavoro del Paolino (Sacerdote o Discepolo) ha una caratteristica: Gesù-operaio lavorando produceva povere cose; S. Paolo produceva stuoie militari dette cilici; invece il Paolino esercita un diretto apostolato, dando con il lavoro la verità, compiendo un ufficio di predicazione, divenuto missione e approvato dalla Chiesa. S. Paolo infatti loda «soprattutto quelli che si affaticano nella parola e nell'insegnamento» (1Tm 5,17).
Il lavoro è redentivo per i fratelli; ma redime pure lo stesso lavoratore; carcerati che si sono redenti lavorando durante la prigionia; e carcerati che nell'ozio hanno imparato e meditato altri crimini.
Il lavoro ci avvicina a Dio, il quale è atto puro, infinito ed eterno. Quanto più l'uomo passa dalla potenza all'atto,9 tanto più imita Dio. E quanto più potenze mette in attività rettamente, tanto meglio corrisponde al volere di Dio che le ha date, tanto meglio serve il Signore: amerai il Signore con tutta la mente, le forze, il cuore [cf. Lc 10,27]; anche le forze fisiche sono comprese. È, dunque, il lavoro parte del primo e principale comandamento.
Vi è il martirio per la fede; vi è il martirio per la carità. Ora il lavoro di apostolato è esercizio di carità, come lo è quello del confessore: «sono martiri anche quelli che confessano gli uomini innanzi a Dio» (S. Francesco di Sales). Forze vergini consumate per dare la verità alle anime, meritano la corona del vergine, del martire; e l'aureola del dottore. È offrire il nostro corpo a Dio. Nel senso di S. Paolo (Rm 12,1): «Io vi esorto, o fratelli, per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, ciò che è il ragionevole vostro culto».10
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6. LABORIOSITÀ

I Papi da un secolo a questa parte hanno dato ed inculcato il vero concetto del lavoro, i suoi diritti ed i suoi doveri. Da una parte è condannata una concezione in cui il lavoratore viene gradatamente a perdere la sua personalità, dall'altra è condannata la teoria classista-materialistica.11 Ma soprattutto hanno alzata la voce a salvaguardare la dignità ed i diritti della persona umana; per cui è andata formandosi la scuola cristiano-sociale col massimo rappresentante nel Toniolo.12 Seguono i principi della Rerum Novarum di Leone XIII, della Quadragesimo anno di Pio XI, e dei discorsi di Pio XII. Lo «schema di una sintesi sociale cattolica, o codice sociale» riassume la dottrina delle encicliche sociali.
Un clero ed una vita religiosa oziosa causerebbero uno scandalo nella società moderna.
Le più grandi questioni oggi sono attorno al lavoro: tutti ne riconoscono la fondamentale importanza morale ed economica.
Non è fuori di luogo riportare qui le premure che il Papa Pio XII dimostra per il lavoro stesso delle monache, che con viva insistenza vuole si attivi tra di loro: «La religiosa lo assuma con santa intenzione, lo compia alla presenza di Dio, lo prenda nell'obbedienza, lo congiunga con la volontaria rinunzia di se stessa. Che se il lavoro sarà compiuto in tal modo, sarà un potente e costante esercizio di tutte le virtù e pegno di una soave ed efficace unione della vita contemplativa all'attiva, sull'esempio della famiglia di Nazareth».13
La laboriosità è segno di vocazione; l'oziosità segno di non vocazione. Bisogna sempre diffidare dei pigri, ancorché intelligenti. Il giovane mostra laboriosità se non aspetta a studiare quando è sotto gli esami, e mutar vita quando è vicina la vestizione o altra promozione; a fare il dovere dell'apostolato quando è veduto e controllato: ma sempre, ovunque consacra le sue giovani energie per Dio, per l'eternità, per l'apostolato.
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7. OZIOSITÀ

Dicono in alcune nazioni: «Per far cadere un uomo attivo e laborioso occorrono sette diavoli; invece, per un pigro, basta uno».14
Eccesso di ricreazione e sport, eccessivo attaccamento al divertimento sotto qualsiasi forma, schivare la fatica, il far nulla, la pigrizia, la tiepidezza, freddezza, torpore, tedio delle cose spirituali o del dovere nello studio, apostolato, preghiera... per non disturbarsi, per non sentire il peso. È peccato la noia delle cose divine, e radice di altri peccati: porta la trascuranza dei doveri, la critica contro di essi, la preferenza per le cose che soddisfano i sensi.
La teologia numera le conseguenze dell'oziosità: rancore ed opposizione a chi è fervoroso e diligente; opposizione ai superiori che inculcano i doveri; malizia nella disistima e trascuratezza della pietà; insuccessi nella vita, negli uffici, nel perfezionamento delle virtù; pusillanimità per tutto quanto richiede energia; mancanza di vera disciplina e dell'ordine per cui la carne deve stare sotto lo spirito; un criterio irragionevole nel giudicare: «mi piace, non mi piace»; facile abbandono di quelle opere che si erano intraprese, per es. gli studi, la vocazione, le iniziative, i propositi, la professione religiosa, i pesi della vita sacerdotale.
Sono da inculcarsi a tutti:
«L'ozio insegna molte cattiverie» (Sir 33,28).
«Chi va dietro a chimere è privo di senno» (Pro 12,11).15
«Chi insegue chimere si sazierà di miseria» (Pro 28,19).16
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8. BENEFICENZA

Comprendere insieme il ruolo del lavoro ed il ruolo della beneficenza, nella Chiesa in generale, e negli istituti religiosi in particolare.
La beneficenza ha un ruolo di supplemento; in primo luogo sta la legge naturale del lavoro. «Date ai poveri quello che sopravvanza» [cf. Lc 11,41]: è dovere; cui corrisponde il «ciò che manca chiedetelo ai ricchi».17 Non si può chiedere l'offerta per una scampagnata allegra, ma si può chiedere un ricovero per curarsi la salute. Vi è la dannazione per chi non dà il superfluo: «Andate, maledetti... ebbi fame e non mi deste da mangiare» [Mt 25,41]; e vi è la salvezza per chi dà il superfluo: «Venite, benedetti... ebbi fame e mi deste da mangiare» [Mt 25,34].
Il chiedere è virtù. Gesù Cristo, vedendo Zaccheo che si industriava per vederlo, gli disse: «Presto, discendi dalla pianta; oggi starò in casa tua» [cf. Lc 19,5]. È umiltà, è fiducia, è secondo il volere di Dio, è zelo volendo compiere le opere a gloria di Dio e per il bene del prossimo.
Nelle comunità bisogna sentirla. Si può dire che oggi non vi sia istituto religioso che non | curi questo grande e necessario mezzo di bene: con visite, corrispondenze, pubblicazioni; ed è sempre maggiore il bene che si fa al benefattore, che quello che si riceve. Chi dà al povero riceve da Dio, spesso anche in vita, certamente in cielo.
Alla Pia Società S. Paolo si accompagnano i Cooperatori: ad essi si chiedono opere (es. scrivere un libro, procurare vocazioni); si chiedono preghiere, quali sono nel libro di pietà per essi; si chiedono offerte in denaro o in natura. I Cooperatori sono abbondantemente ricompensati dalle preghiere dei nostri e specialmente dalle 2400 Messe, che ogni anno si celebrano per essi.
Come potrebbe, specialmente oggi, il religioso fannullone o cattivo amministratore, chiedere offerte, se egli stende una mano morbida per ricevere da una mano callosa? Gesù Cristo in cielo presenta, nell'onorare e supplicare il Padre, le sue mani non solo trapassate dai chiodi, ma anche callose per la sega, il martello, la pialla da falegname.
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9. POVERTÀ RELIGIOSA

Vi sono Ordini mendicanti, contemplativi, attivi, e contemplativi ed attivi assieme. Tutti, se approvati dalla Chiesa, sono da lodarsi.
La vita religiosa non può essere l'aspirazione di chi vuol vivere senza faticare; di chi non lavora; di chi si rifugia ed accetta la vita del convento per evitare la sua parte di combattimento nell'apostolato.
La vita religiosa ben intesa e meglio vissuta è quella praticata da Gesù Cristo, da Maria Santissima, da San Giuseppe.
La vita veramente religiosa implica la maggiore attività: il lavoro di santificazione, la preghiera, lo zelo, la necessità di essere della schiera che è a disposizione del Papa per le opere di carattere generale... È la vita più faticosa, e costituisce una continuata abnegazione e redenzione.
Il consiglio e concetto di povertà, come lo ha praticato e predicato Gesù Cristo, è costituito da due elementi, come ogni comandamento: uno negativo e l'altro positivo: abnega et sustine.18 È proibita l'amministrazione e l'uso indipendente, e di far proprio il frutto dell'attività; ed il religioso di voti solenni è incapace di possedere.19 È invece comandato il lavoro e gli uffici, secondo lo spirito e le Costituzioni; come pure vi è obbligo di aver cura delle cose di proprietà dell'istituto e dei mezzi tecnici, «che diventano come sacri nella divulgazione del Vangelo e della dottrina della Chiesa, e secondo il loro uso e perfezione daranno frutti più copiosi» (art. 237).20 Questo [vale] dai libri alla penna, alla macchina, agli apparecchi, ecc. «Il lavoro tecnico per l'apostolato diventa come sacro...» (art. 239). Ma l'opera dell'uomo nel lavoro è sempre più nobile et pretio æstimabilis21 che il capitale e lo strumento di lavoro.
La questua e la beneficenza vengono dopo che si è adempito il dovere del faticare, e si è cercato di vivere del proprio ministero, fatica, altare. Esse serviranno per le nuove iniziative di vantaggio pubblico, per cui il pubblico, cioè il prossimo, perché se ne avvantaggerà, avrà pure il dovere di contribuire ad incrementare tali opere. Così sarà della costruzione delle chiese, dei vocazionari, delle opere caritative, dei mezzi di apostolato.
Dice il Papa Pio XII: «Il lavoro è norma e legge fondamentale della vita religiosa fin dalle sue origini, secondo il motto prega e lavora. E senza dubbio, le norme disciplinari della vita monastica, in gran parte furono stabilite per comandare, ordinare ed eseguire il lavoro».22
Gesù Cristo fu «il falegname del paese» sino a trent'anni; poi nel ministero pubblico per annunziare il Vangelo, fondare la Chiesa, formare le sue vocazioni, ecc. ricorse alle offerte. E teneva d'acconto! esigendo anche che si raccogliessero le briciole ed i pezzi del pane miracoloso avanzato, e che gli Apostoli raccogliessero le spighe cadute dalle mani dei mietitori, anche se era sabato.
Il popolo, quando non ha la testa sconvolta da false ideologie, comprende le necessità; e quando vede che si opera a suo vantaggio e si amministra saggiamente secondo rettitudine e prudenza, sarà generoso. Nonostante le più sagge leggi e provvidenze sociali, notano Leone XIII, Pio XI,23 Pio XII, vi sarà sempre un larghissimo campo per la carità: «avrete sempre i poveri con voi» [Mc 14,7]; e sempre vi saranno nuovi bisogni nella Chiesa, per le nuove opere richieste dai tempi. Gesù Cristo mandò i suoi Apostoli senza denaro, senza corredo di vestiti, senza provviste di cibi; e gli Apostoli, ritornati dalle loro missioni ed interrogati dal Maestro, dichiararono che nulla era loro mancato.
La vita religiosa per i pigri è, sotto un aspetto, una disgrazia grossa; essi non hanno l'intelligenza soprannaturale del lavoro e lo sfuggono (e chi non può inventare pretesti per | dispensarsene?) sapendo che per l'ora del pasto sarà pronta la mensa. Se fossero stati nel mondo, avrebbero lavorato per la legge della necessità... ed avrebbero un conto meno grave da rendere a Dio, e darebbero meno scandalo in comunità, e sarebbero più virtuosi.
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10. LA DOTE DEI PAOLINI24

La dote di un padre ai figli consiste in una cristiana educazione ed in un'arte, professione o mestiere; due mezzi con cui vivere bene in terra ed essere felici nell'eternità.
La Pia Società San Paolo dà:
1) Gli studi e ordinazione sacerdotale: «qui altari deservit de altari vivere debet».25
2) Dà la capacità di redazione, che può ben essere utilizzata.
3) Dà una professione nobile di libraio, tipografo, di editore, e in ognuna vi è mezzo di vita e di santità.
4) Dà soprattutto un'educazione civile, cristiana, religiosa che racchiude in sé tesori umani e spirituali di immenso valore.
L'Istituto dà quindi una formazione completa, sotto ogni aspetto: occorre riguardarlo nel suo complesso. Ognuno che parte dalla casa e nazione, dove divenne paolino, in qualunque destinazione, fosse pure in terra di missione (dove mai il paolino è missionario propriamente detto), ha il sufficiente ed abbondante. Si facciano fruttificare, con umiltà ed intelligenza, zelo e prudenza di retta amministrazione, le doti: si avranno case, macchine, penne, radio, vocazioni, magnifici successi di apostolato. Quale Istituto dà simile dote?
Il Primo Maestro venne invitato a riflettere se con tutte le doti26 non apra troppe porte e tentazioni a deviazioni ed uscite per chi dice: «Padre, dammi la parte di eredità che mi spetta. Allora il padre divise le sostanze tra i due figli... il più giovane emigrò in una regione lontana» (Lc 15,11ss).
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11. INSEGNARE IL LAVORO

Dare pane è opera buona; ma quando si tratta di giovani e di persone atte al lavoro, insegnare a guadagnarlo è cosa doppiamente buona e doppiamente meritoria.
La Chiesa ebbe sempre dei figli degni, formati sul Figlio di Dio umanizzato, quali San Basilio, San Benedetto, San Giovanni Bosco, San Giovanni Battista de La Salle.
Vi sono educazioni ed educazione: talvolta soltanto si studia, talvolta soltanto si lavora, talvolta si fa poco dell'uno e dell'altro; talvolta vi è un eccesso di divertimento, sport, ginnastica.
L'educazione sia completa, pur prevalendo l'una o l'altra in ordine al fine. La vera vita è attività, iniziativa; rasserena, sostiene e conserva fresche ed a lungo le energie. Guadagnarsi la stima delle persone sagge. Faticare ordinatamente è accumulare ricchezze per il Cielo.
Vera vita è compiere una missione, procurarsi il necessario per una esistenza onorata e decorosa, anche se modesta, essere utili al prossimo, almeno restituire sotto qualche forma quanto si è ricevuto.
E dare lavoro! Dice la teologia: vi sono disoccupati «per i quali è cosa più provvida procurare o dar lavoro che dare l'elemosina».27
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12. LAVORO ORDINATO

«Tutto avvenga nel decoro e nell'ordine» (1Cor 14,40). «Rispetta l'ordine e l'ordine rispetterà te» (S. Agostino).28
Vi sono anime ordinate e vi sono anime confusionarie. Anime di un'idea chiara, dominante, radicata, che raccolgono attorno a sé tutte le energie, assimilano, quasi ossessionano. «Omnia in unum videt»;29 il resto è in funzione dell'ideale. Prima sempre ciò che è dovere; poi quello che è di libera scelta o di consiglio.
Vi sono anime che sentono tutti, che studiano metodi, che vorrebbero molte cose, che di tutto si interessano, che mutano ad ogni vento la direzione, che intraprendono e lasciano incompiuto, che moltiplicano relazioni e corrispondenze senza vera ragione; si direbbe: «occupatissimi nel far niente».30 Chi è ordinato interiormente si ordina più facilmente anche nelle cose esterne. La vita interiore semplificata, con programma chiaro e possibile, preparato negli Esercizi spirituali, è il primo passo. Da un corso all'altro: esami di coscienza, confessioni, letture, lotta spirituale, preghiere... tutto è indirizzato allo svolgimento e realizzazione.
La scuola e lo studio hanno programma annuale fisso, punto da raggiungere, metodo semplice e chiaro, divisione del lavoro giorno per giorno; ed ogni settimana rendiconto, cercando sempre nuove industrie, insistendo sempre sulle cognizioni-base.
Una propaganda31 disordinata è un fallimento; una propaganda ordinata diventa facile, capillare e collettiva, molto fruttuosa.
Redazione: scelta del lavoro; raccolta razionale della materia; giovandosi di letture, consigli, schedine, determinazione chiara, mirando decisamente al fine ed ordinando ogni parola alle persone cui si rivolge. Tutto, solo e sempre ispirato alla dottrina cattolica, fatto sotto la luce del Tabernacolo, seguendo S. Paolo scrittore.
Tecnica: scelta dei lavori convenienti per l'oggetto e le circostanze, possibile con i mezzi di cui si dispone, ordinando in un quadro chiaro tutte le parti del lavoro, prevedendo spese ed entrate, scegliendo persone, caratteri, macchine, mezzi di diffusione. Allora si è sicuri di fare con minor tempo, migliore risultato, soddisfazione di tutti ed un equo utile. Apostoli completi, ordinati, efficaci.
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13. DEDIZIONE E COSTANZA

La dedizione si può paragonare ad un motore più potente o meno potente, in un certo limite. Chi è generoso compie il suo ufficio e la sua missione applicandovi mente, volontà, cuore, forze fisiche. La mente per comprendere il lavoro, per studiare i mezzi per una buona riuscita; la volontà, adoperando tutti i mezzi, le forze fisiche e morali; il cuore onde amare il proprio apostolato, farlo con gioia e merito.
Altro è accettare un ufficio con stentata rassegnazione, altro l'amarlo, altro è portarvi entusiasmo ed appassionarvisi.
Quando vi è dedizione generosa e perseveranza, anche con talenti limitati, si farà un buon cammino. Quando queste venissero a mancare, il risultato sarebbe scarso, anche se vi sono buone attitudini. Ciò in tutto: cura delle vocazioni, scuola, apostolato, predicazione, amministrazione, redazione.
La lampada che arde dinanzi al SS.mo Sacramento è viva e consuma tutto l'olio. Quando si sono spesi tutti i talenti per il Signore: siano stati cinque, o due, si è sicuri della sentenza: «Poiché sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto» [Mt 25,21.23].
«Chi persevererà sino alla fine sarà salvo» [Mt 10,22].
Chi fa, sbaglia (qualche volta); ma chi non fa, vive in continuo sbaglio. Non perdersi d'animo; conservare sempre un sano ottimismo. La storia è maestra della vita; e le nostre passate esperienze ci fanno scuola per il futuro. Perduta una battaglia, (finché viviamo) vi è tempo a guadagnarne un'altra.
«Tutto contribuisce al bene» [cf. Rm 8,28] quando si ha buona volontà. Di quello che riuscì bene daremo gloria a Dio; per quello che riuscì male ci umilieremo e pregheremo per riprendere meglio. Vi è anche un ottimo libro: «L'arte di ricavar profitto dalle colpe».32 La più terribile tentazione è la disperazione; ma più comune la semi-disperazione. La fede è la prima virtù, ma la seconda è la speranza. Onoriamo Dio e rendiamogli frequente omaggio, protestando di credere alla sua bontà. Ad un amico che faceva le sue meraviglie a Cesare Cantù, come avesse potuto scrivere tanto e così bene, egli rispose: «Perseverando».
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14. UTILIZZARE IL TEMPO

Due persone sono nate lo stesso anno e defunte il medesimo anno: ma uno fu rovina per sé ed altri; l'altro si è santificato ed ha lasciato dietro a sé una lunga scia di bene.
«Fugit irreparabile tempus» (Virgilio).33 «Viene la notte, quando nessuno può più operare».34 «Profittando del tempo presente».35 «Non torna più l'onda ch'è passata, né può ripassare l'ora trascorsa» (Ovidio).36
Il tempo è grande dono di Dio; come una scatola dorata, che l'uomo può riempire di gemme che sono le opere buone, o di marciume che sono i peccati.
Il tempo si può perdere: facendo nulla, facendo cose inutili, facendo peccati, facendo precipitosamente. Il tempo, invece, si redime facendo il bene, facendo prima il proprio dovere, facendo sempre qualcosa di utile. «Non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo» (Gal 6,9).
Vi sono modi di guadagnare il tempo: chi, ad esempio, nei primi anni di ginnasio impara bene le materie, avrà un buon fondamento su cui costruire in seguito, risparmierà molto tempo. Chi procede sempre in grazia di Dio e con intenzione più retta e con maggiore amore nell'operare, raccoglie oro, poiché, spiega S. Paolo, | le opere possono essere simili all'oro, all'argento, alle pietre preziose, al legno, all'erba secca, alla stoppia. Così anche in una vita breve si può realizzare ciò che dice lo Spirito Santo: «Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera» (Sap 4,13). Vi sono comunioni e comunioni, come vi sono studenti e studenti. Preghiamo con la Chiesa: «Dio onnipotente ed eterno, dirigi i nostri atti secondo il tuo beneplacito, affinché meritiamo di abbondare nelle buone opere nel nome del tuo diletto Figlio».37
Specializzarsi in qualche arte e materia. Discepoli oramai specializzati in un determinato apostolato. Sacerdoti che si possono consultare in determinati campi: sociologia, teologia, diritto, letteratura, arte, canto, ecc. Hanno assecondata una speciale attitudine ed inclinazione, con l'approvazione di chi li guidava; in ogni tempo libero vi sono tornati su, hanno letto, sentito, meditato, fatto esercizi e prove. La storia abbonda di simili esempi, non solo in generale, ma anche fra il Clero, i Religiosi, i Paolini.
Curare i minuti. È parola impropria, ma chiarisce un'idea.
«Perder tempo, a chi più sa, più spiace» (Dante, Purgatorio, c. III, 78). I cinque-dieci minuti moltiplicati per 5-10 volte nel giorno danno mezza ora ed ore; e moltiplicati per un anno, dieci, vent'anni? o più anni?
Ecco che quel chierico, leggendo per dieci minuti ogni giorno, un libro d'ascetica, o di sociologia, storia, letteratura, ecc., sottraendo il tempo a conversazioni inutili ed a facili dissipazioni ed a letture indifferenti, si è acquistato un corredo in più dei compagni e preziosissimo.
Lo stesso si dica del Discepolo che è arrivato ad una vera competenza in qualche parte dell'apostolato.
Cercare il meglio. Scegliere bene il tuo direttore spirituale ed i tuoi amici. Scegliere bene i testi di scuola e di lettura. Consigliarti con uomini eminenti, saggi, esperti in ogni cosa: come scegliere il miglior medico, trattare con ditte serie, operare con banche grandi, uniformarsi ai tecnici più perfezionati e di maggior esperienza, creare le migliori macchine, seguire i più competenti commentatori, preferire le opere più utili, rivolgersi agli scrittori più distinti, avere buoni predicatori: si risparmia tanto tempo!
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15. FAR BENE

Il nostro apostolato ha una parte che sembra avvicinarlo all'industria (es. tipografia) e ha una parte che sembra accostarlo al commercio (libreria); è tutto, invece, mezzo per la predicazione, come la penna in mano al Dottore della Chiesa. Occorre guardarsi, anche solo esternamente, dall'imprimervi le forme comuni dei commercianti od industriali. - La preghiera d'offerta, recitata all'inizio, il senso di unione tra lo scrittore il tecnico ed il propagandista, il continuo richiamo col rosario e le giaculatorie adatte per l'acquisto delle indulgenze annesse all'apostolato ecc., imprimeranno nell'animo [la convinzione] che non solo si tratta di vero apostolato, ma dell'apostolato con i mezzi più moderni e celeri, l'apostolato esercitato in Cristo e nella Chiesa, l'apostolato più fecondo di meriti per noi. - Occorre anzi che sia sentita questa spiritualità per altra ragione: esso spesso manca di quelle consolazioni e rispondenza vicina delle anime, che sogliono accompagnare altri ministeri.
«L'apostolato presenti carattere pastorale. Sono perciò vietate le edizioni a scopo unicamente commerciale o industriale; sono invece raccomandate quelle che giovano all'umano progresso» (art. 227).38
«Ricordino i religiosi che nell'esercizio dell'apostolato di Gesù Cristo siamo debitori a tutti, specialmente ai piccoli, agli infedeli, agli umili ed ai poveri, affinché per mezzo della Chiesa sia fatta conoscere la multiforme sapienza di Gesù Cristo» (art. 222).
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16. SOPRANNATURALITÀ

L'apostolato, il lavoro, devono compiersi con spirito soprannaturale, veramente da paolini:
a) Obbedienza: sia il lavoro interiore che il lavoro esteriore siano governati dall'obbedienza. Dio paga quello che Egli comanda a mezzo dei Superiori: «Chi ascolta voi ascolta me» [Lc 10,16]. Il lavoro interiore viene approvato o suggerito dal confessore o dal direttore spirituale; il lavoro esterno dai superiori esterni. E qui sta il grande vantaggio della vita religiosa; il religioso non fa il bene di sua scelta, ma quello assegnato, perciò doppio merito, uno per l'opera buona, l'altro per virtù di religione. Se invece il religioso con insistenza od inganno volesse stare in un ufficio, o casa, od occupazione di suo gusto, potrebbe anche forse fare alcune e notevoli cose, ma sarebbero in realtà «magni passus sed extra viam».39
b) Stato di grazia: La pianta secca non dà frutti; neppure un'anima in peccato mortale merita la vita eterna. Siamo come i tralci e stiamo | vivi se uniti alla vite-Cristo. «Senza di me non potete far nulla... Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto» [Gv 15,5].
c) Intenzione retta: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà».40
Nel nostro quotidiano e vario faticare abbiamo le intenzioni:
- di fare un ossequio di adorazione, mettendo a servizio di Dio tutto il nostro essere: «creati per servire Dio»; lavorare in questo spirito è adorazione; in questo servizio si adempie il precetto «mangerai il pane bagnato di sudore», come fece Gesù Cristo;
- di unirci a Gesù Cristo e, con Lui ed in Lui, compiere l'apostolato come alto-parlanti che trasmettono la sua verità, la sua via, la sua vita;
- di includere tutti i desideri e aspirazioni di Gesù Cristo nell'immolarsi sopra gli altari;
- di unirci a Gesù Cristo-operaio, intendendo che il nostro lavoro sia, come il suo, redentivo per tutti gli uomini viventi e per tutte le anime purganti.
Perciò dire la preghiera per la redazione, l'apostolato tecnico, la propaganda, ecc. secondo i casi.
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17. BUONA REDAZIONE

Gli studi vanno orientati verso questo ministero. Già nel ginnasio, più ancora nel liceo e nei corsi di teologia, e poi nella pastorale, tale indirizzo deve essere chiaro e deciso. Occorrono prove, saggi, piccole pubblicazioni: è l'esame paolino. In esso si dà prova dello zelo sacerdotale. Il Sacerdote proverà così larga soddisfazione nel suo ministero.
Quando si hanno di mira le anime e la gloria di Dio, si trovano le vie ed i mezzi per avvicinarle, illuminarle, far la carità somma: quella della verità. La redazione può essere semplice, ed è la maggior parte; e difficile, come il catechismo ai piccoli e la conferenza apologetica; in mezzo vi sta una grande varietà.
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18. LAVORO TECNICO

È necessario che tutti gli studenti imparino, oltre che la redazione, anche la tecnica, propaganda, amministrazione. È necessario che i Discepoli si addestrino e formino capi-reparti. Per questo devono conoscere in qualche misura anche i diversi lavori; oltre che un lavoro singolo, conoscere insieme il progresso e l'organizzazione dell'apostolato, da quando il manoscritto entra in tipografia sino alla diffusione ed al rientro del denaro.
Attualmente il più delle case non conosce né si esercita nella tecnica e propaganda del cinema, radio; e questo dovrà venire in qualche misura rimediato, almeno con lo spostamento di persone: per essere completamente formati.
Ricordare qui gli articoli: - Art. 237: «L'apostolato, secondo il fine speciale della Società S. Paolo, richiede mezzi tecnici adatti, che diventano come sacri nella divulgazione del Vangelo e della dottrina della Chiesa; secondo il loro uso e perfezione, si ricaveranno frutti più copiosi». - Art. 238: «Le macchine e gli altri mezzi di apostolato siano i migliori che il progresso dell'arte tecnica in queste cose somministra...». - Art. 239: «Nel compiere il lavoro tecnico, che per l'apostolato diventa come sacro, si deve aderire fermamente al senso cristiano, affinché la parola di Dio, a cui il lavoro tecnico serve, sia manifestata con una veste decorosa ed un'espressione degna, per l'edificazione delle anime».41
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19. PROPAGANDA

Da notarsi che la propaganda è parte decisiva, sia perché la parola di Dio arrivi ovunque, sia perché tutto il precedente lavoro raggiunga il suo scopo, sia ancora perché l'Istituto raggiunga la stabilità necessaria.
Perché la propaganda sia assicurata in partenza, occorre servire nei suoi bisogni la società e rispondere ai desideri nella scelta delle edizioni. Inoltre occorre si considerino tutti i settori e categorie di lettori, uditori, spettatori; in primo luogo per quanto riguarda la religione, poi per quanto riguarda l'umano progresso.
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20. NATURA DEL RIPOSO

Non violentare l'ordine divino.
Il riposo è necessario all'uomo come il cibo, ed è da prendersi con le medesime intenzioni: «per mantenerci nel servizio di Dio».
Le ricreazioni sollevano, riposano il corpo e lo spirito nel corso delle occupazioni; la notte presenta il riposo per la giornata, la domenica il riposo della settimana, le ferie estive il riposo dell'annata.
Deve essere tale che costituisca davvero riposo per le fatiche sostenute, ed una preparazione per le future. Non dovrà perciò stancare né dissipare; il sollievo che si prende, invece, dovrà essere sereno, riposante, moderato, favorevole per un moderato sviluppo fisico o ad un'apertura più larga della intelligenza. Seguire le buone norme dei più stimati educatori.
Non violentare la natura col fare la notte giorno e fare del giorno la notte, o col faticare così nello sport domenicale da trasformare il giorno di riposo in una violenta fatica, e dover poi riposarsi del riposo; né eccitare talmente i nervi, i sentimenti e la fantasia con sfide appassionanti, spettacoli cinematografici, letture, conversazioni, gite, audizioni, discorsi da riportare turbamento nello spirito, agitazioni di coscienza, disorientamento nella vita. Se dopo il riposo o la ricreazione si fosse meno preparati e disposti allo studio, pietà, virtù, apostolato... non si sarebbe conseguito lo scopo.
Particolarmente delicata è l'età del fanciullo. Le vacanze sono spesso la vendemmia del demonio, diceva S. Giovanni Bosco. D'altra parte è importante che la ricreazione sia movimentata, sia di utile sfogo alla vivacità del giovane, consumata in sana e socievole letizia. Bei cortili, giochi variati, canti giocondi, istruttivi spettacoli, passeggiate piacevoli, associando l'utile al dolce. Viene il detto: «Presto a letto, presto fuor di letto»; vale specialmente per chi ha qualche ufficio direttivo. Il giuoco e lo sport non possono essere né mestieri, né passioni. Sempre la ragione e lo spirito devono serenamente guidare: «Quelli che godono come se non godessero» (1Cor 7,30).
Si sono formati ambienti in cui la domenica non è più il giorno del Signore, preghiera, istruzione religiosa, riposo; ma il giorno di sfrenato sollazzo e di pericoli. Al lunedì domina stanchezza e svogliatezza; si trova fatica a raccogliere i pensieri e applicare la mente allo studio e ai doveri; al venerdì la mente e la fantasia già sono orientate verso lo sport... Quando e chi potrà formare tale gioventù?
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21. IL MAESTRO ED I MAESTRI

Il Figlio di Dio è la luce personale di Dio: Lumen de Lumine,42 splendore della gloria del Padre. Egli umanizzandosi «divenne la luce personale di Dio agli uomini, perché disceso dal cielo per gli uomini, è tutto luce per loro nelle opere e nelle parole. L'incarnazione, la nascita, la vita privata e pubblica, la Passione, la Morte, la Risurrezione, l'Ascensione, la fondazione della Chiesa, i sacramenti, la gloria alla destra del Padre sono sempre rivelazione di luce, sono opere di sapienza e di grazia che rivelano le più intime meraviglie delle sue perfezioni e dell'anima che vive in Lui. Così le sue opere come le sue parole tracciano la via che conduce al cielo».
Ora il Paolino si fa riflettore di questa luce, che riceve e proietta sopra le moltitudini, in quei settori che ne hanno maggior bisogno, o sono disposti a ricevere luce: «la luce splende nelle tenebre», ma spesso «le tenebre non l'hanno accolta» [Gv 1,5].
Riflettori, ma umani, poiché con coscienza riceviamo la luce; con coscienza la lasciamo penetrare in noi; con coscienza la trasmettiamo. «Io sono la luce del mondo» [Gv 8,12], «Voi siete la luce del mondo» [Mt 5,14].
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22. VOCAZIONI

Abbiamo il torto di non specializzarci43 ancora sufficientemente: alcuni [c'indirizzano dei giovani] come in un seminario; altri come in un collegio; altri per ricevere un po' più d'istruzione che al paese o in famiglia; altri per [non] avere una bocca o un figlio non gradito in casa; altri come ad un orfanotrofio, ecc.
Inculchiamo solo e sempre che si tratta di vocazionario, cioè per fare religiosi paolini. Solo con questo orientiamo bene genitori, parenti, alunni: e faremo personale contento e paolino sino alle midolla dello spirito.44
Intanto un bravo Maestro può abbastanza presto distinguere i chiamati dai non chiamati, pregando ed osservandoli in ogni parte.
Il maestro di musica distingue le attitudini del suo alunno dal mettere le mani sulla tastiera; il maestro di pittura dal vedere maneggiare il pennello... Così il Maestro di reparto,45 dal vedere i suoi giovani come stanno in classe, all'apostolato, in cappella, al catechismo: si scorge se vi è inclinazione, docilità, intelligenza, amore..., se si appassiona per le cose che ha da fare in Congregazione, in ogni direzione.
Così lo si distingue! Se si appassiona all'apostolato, avrà un gran mezzo di perseveranza nella vocazione specifica del paolino: sarà il suo ideale vivo ed entusiasmante. Arriverà anche a preferire l'apostolato alla ricreazione, a chiedere lo straordinario per arrivare in tempo, a festeggiare un progresso dell'istituto, a partecipare a tutte le vicende liete e dolorose con vivo sentimento.
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23. AL LAVORO

Vi è un modo divino di reclutare i generosi, per esempio i primi apostoli chiamati da Gesù a seguirlo; e vi è anche un modo di corrispondenza proprio di questi generosi. Altro è il modo comune; ma la corrispondenza, in ogni caso, sta in queste parole: Tieni sempre presente la tua missione, come la stella del tuo cammino, ideale della vita, ragione della tua esistenza, oggetto del rendiconto nel giudizio particolare. Vivi per essa, pensa, lavora. Concentra tutte le tue forze nella tua riuscita. Non disperdere altrove intelligenza, tempo, denaro, ingegno, cuore... non lasciarti abbattere da ostacoli, sacrifici, incomprensioni. Nel richiamo della decisione che un giorno hai presa dopo la preghiera, riflessione, consiglio, ritroverai te stesso, ritroverai coraggio e forza a perseverare.
Quando una nuova nave lascia il cantiere e lentamente, maestosamente scende in mare e prende il largo, è festa di autorità, di costruttori, di popolo. Intensa e più profonda, sebbene meno appariscente, è la gioia che pervade il cuore del giovane, degli educatori, delle anime quando un Chierico, un Discepolo prende il largo nel mare della vita, ben preparato, ben agguerrito contro le tempeste: si fa il più lieto e sicuro pronostico. E quando egli cammina sereno e forte nelle acque tranquille e nelle tempeste e fra gli scogli: se ne compiace il Signore, ammirano gli uomini, ed egli si avvicina sicuro al porto del cielo, per ricevere un altro ufficio grandioso ed eterno.
Fiducia e timore! «Per mezzo delle buone opere rendiamo di sicuro successo la nostra vocazione ed elezione» (2Pt 1,10).
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24. FEDE

È la radice di ogni santificazione e di ogni apostolato e di ogni stabilità.
La vocazione nasce da una fede viva, e si sostiene ed attiva se essa diviene sempre più illuminata, sentita, praticata. L'apostolato è irradiazione del Cristo e delle verità, della morale e del culto da Lui insegnati: si sostanzia quindi la fede.
Il frutto dell'apostolato dipende da Dio: perché le anime accolgano ed aderiscano, giacché la scienza è via alla fede, ma non la fede; e perché l'apostolo lavori con merito: «Senza di me non potete far nulla» [Gv 15,5].
Il libro modello, divino, fonte di quanto diciamo è il Vangelo. Ogni casa abbia quindi due centri (che si completano e riducono ad uno): Tabernacolo e Vangelo: sopra Gesù-Eucaristico, sotto il Vangelo. Per questo si farà la solenne benedizione e lo si esporrà nei locali di apostolato.
Lavoriamo sotto lo sguardo benedicente e compiacente di Maria SS., nostra buona Madre.
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Appendice
MARIA REGINA DEL LAVORO

Riproduciamo un manoscritto autografo di Don Alberione, tratto dal Fondo San Paolo ed edito da D. Rosario Esposito in Carissimi in San Paolo (p. 1095s). Constava di quattro fogli di cm. 11x17 circa e portava la data del 22-VIII-1955. - Si avverta, nella seconda parte, lo stile catechistico a domande e risposte, allora in uso, e l'ampliamento della visuale personalistica del lavoro: non astrazioni, ma le persone concrete, i lavoratori.

Verrà presto (19 dicembre 1955) incoronata con questo titolo la SS. Vergine, Madre di Dio e nostra.46
Il mondo lavoratore ne avrà gioia, sentirà di avere una madre che ha lavorato, comprende ed è sensibile ai figli che faticano e mangiano un pane sudato.
Il lavoro è di varie qualità; ma ogni attività è lavoro. Vi è il lavoro spirituale, vi è il lavoro intellettuale, vi è il lavoro corporale.47 Ognuno deve comprendere le fatiche del suo simile; ed apprezzarle. Nessuno è più attivo di Dio; e Gesù Cristo compì un lavoro elevato a valore di redenzione dell'umanità e servizio del Padre Celeste.
Il lavoro di Maria fu lavoro spirituale di perfezionamento, una continuata ascesa verso la perfezione; un costante compimento della sua dura e altissima missione, affidatale dal Signore; con le sue pene schiacciare la testa del serpente infernale.
Il lavoro di Maria fu intellettuale; Ella meditava e studiava assiduamente i libri sacri, e li possedeva così bene che spontaneamente fiorì sul suo labbro il Magnificat, che è un tessuto di detti e frasi ricavate dalla Bibbia.
Due volte i Vangeli notano che Maria ascoltava e meditava le sante parole che venivano dette da Gesù.
Il lavoro di Maria fu corporale: poiché Ella operava come la donna ebrea che ha cura di una casa e di una famiglia.
A Maria si applica l'elogio della donna forte, più che ad ogni altra donna (cf. Pro 31,10-31).
Quando Gesù esercitava il suo ministero pubblico; quando gli apostoli trovavansi48 nel cenacolo attendendo la Pentecoste, o quando già predicavano; quando Maria abitava nella casa di Giovanni (accepit eam discipulus in sua),49 Maria, come le pie donne, compiva il suo lavoro di donna laboriosa: preparare il cibo, far la pulizia, curare i vestiti... Modello di lavoratrice!

Domanda: Si è obbligati a lavorare?
Risposta: Sì, perché è comando di Dio; è necessità di vita; la vita laboriosa è grande merito.
Domanda: A chi si deve dare il titolo di lavoratore?
Risposta: A tutti quelli che faticano, o nella preghiera, che danno il più grande apporto di bene alla società; a quelli che fanno un lavoro intellettuale, come il Maestro, il medico, il giudice; a quelli che attendono ad assicurare la vita eterna alle anime, come il Sacerdote, il missionario, il buon educatore; a quanti faticano nelle officine, nei campi, nelle miniere, nell'onesto commercio, ecc.
Domanda: Come si santifica il lavoro?
Risposta: Si santifica cercando con esso due cose: pane e paradiso.
Domanda: Perché il lavoratore deve rivolgersi a Maria?
Risposta: Perché Maria è esempio di lavoro spirituale, intellettuale, corporale. Perché Maria compì il suo lavoro con pazienza, intenzione soprannaturale, con costante applicazione nell'uso del tempo. Perché Maria guarda dal cielo, con sguardo misericordioso, i lavoratori; prega per essi, consola le loro sofferenze.
Ben venga adunque il titolo: Maria, Madre, Maestra e Regina del lavoratore.
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1 Non occorre precisare che l'interpretazione biblica dei “sei giorni” o “epoche” è superata dalla esegesi attuale, più attenta alle nuove scienze cosmologiche e aperta alla ipotesi della evoluzione cosmica, o “creazione continua” (cf. A. MASANI, Provvidenza e ordine cosmico, in “Rassegna di Teologia”, n. 4 - 1999, pp. 581-591; - C. TADDEI FERRETTI, Creazione continua: il futuro e la creazione, Ivi, n. 2 - 2000, pp. 223-259).

2 Espressione della teologia scolastica (letteralmente “al di fuori”) per indicare l'agire di Dio in ciò che è distinto dalla sua vita intra-trinitaria.

3 È questa la traduzione letterale del testo citato «Homo nascitur ad laborem et avis ad volatum» (Gb 5,7). Nelle nuove versioni il senso appare diverso. Secondo la CEI: «È l'uomo che genera pene, come le scintille volano in alto»; e secondo la TOB: «È dall'uomo che viene il male, come dal fuoco sprizzano faville».

4 Cf. Preghiera per la buona morte (prima versione) in Le preghiere della Pia Società San Paolo, EP, Roma 1957.

5 «Riposino (in pace)».

6 In questi capoversi l'Autore si ispira all'enciclica Divini Redemptoris di Pio XI (19 marzo 1937) sulla visione cristiana del lavoro, in riferimento alle ideologie atee.

7 Va qui ricordato il concetto alberioniano di “maestro”, come formatore della mente, della volontà, del cuore negli alunni.

8 All'incontro sta per invece, al contrario.

9 Passare dalla potenza all'atto (in senso aristotelico) equivale a “passare dalla potenzialità (realtà virtuale) all'opera o alla esistenza reale”.

10 Nella versione CEI leggiamo: «è questo il vostro culto spirituale».

11 Nelle due edizioni precedenti, la parola classista era stata resa con classica.

12 Giuseppe Toniolo (Treviso 1845 - Pisa 1918), economista e insigne maestro del pensiero sociale cristiano, era noto a Don Alberione soprattutto per la monografia sul Lavoro (vol. III della sua Opera omnia, pp. 27-54).

13 Cf. PIO XII, Costituzione apostolica Sponsa Christi.

14 Questo periodo, mancante sul San Paolo, fu aggiunto nella seconda edizione (Alle Famiglie Paoline).

15 Nell'originale: «Qui... sectatur otium stultissimus est».

16 Nell'originale: «Qui... sectatur otium replebitur egestate».

17 Le due frasi nell'originale suonano così: "Quod superest date pauperibus" e "quod deest petite a divitibus". L'interpretazione di dare ai poveri "ciò che sopravvanza" deriva dal "quod superest" della Vulgata; l'esegesi attuale preferisce "quel che c'è dentro (al piatto)", oppure "quello che avete", e simili.

18 Lett. «Rinnega e sopporta». Più usuale il motto «abstine et sustine», attribuito a Epitteto, filosofo stoico. Don Alberione interpreta: “astenerci da quanto ci impedisce (di servire Dio)” e “prendere quanto ci aiuta” (cf. Donec formetur Christus in vobis, p. 23).

19 In senso canonico, inabilitato al possesso.

20 Questi articoli, come detto in precedenza, rimandano alle Costituzioni SSP del 1949.

21 Preziosa.

22 Costituzione apostolica Sponsa Christi, cit.

23 Il nome di Pio X riportato nelle altre edizioni è erroneo. I concetti qui espressi sono tratti dalla enc. Quadragesimo anno di Pio XI.

24 Nelle precedenti edizioni troviamo “Le doti dei Paolini”, plurale ambiguo, dal momento che il discorso verte principalmente sulla “dote” nel senso di patrimonio familiare. Più avanti si passerà al plurale.

25 «Chi serve l'altare deve vivere dell'altare», citato a senso da 1Cor 9,13: «Non sapete che coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare?».

26 Qui “doti” vale per dotazione di abilità, opportunità professionali.

27 Nell'originale: «quibus consultius est laborem procurare aut subministrare, quam elemosynam dare».

28 Nell'originale: «Serva ordinem et ordo servabit te».

29 Analogamente a «Omnia in uno videt», citato in precedenza. «Vede tutto in riferimento a una sola cosa».

30 Nell'originale: «in nihilo agendo occupatissimi».

31 In senso apostolico paolino: diffusione, promozione delle pubblicazioni.

32 Si tratta esattamente del libro L'arte di utilizzare le proprie colpe, di Giuseppe Tissot. Vedi sopra, nota 118 di «Amerai il Signore con tutta la tua mente», pag. 102.

33 «Il tempo fugge inarrestabile» (Georgiche, l. III, 284).

34 Nell'originale: «Venit nox quando nemo potest operari» (Gv 9,4).

35 Nell'originale: «Tempus redimentes» (Col 4,5).

36 Nell'originale: «Nec quæ præteriit iterum revertitur unda; nec quæ præteriit hora redire potest» (Ars amat. 3, 63).

37 Nell'originale: «Omnipotens sempiterne Deus, dirige actus nostros in beneplacito tuo: ut in nomine dilecti Filii tui mereamur bonis operibus abundare» (Messale Romano).

38 Sempre riferito alle Costituzioni SSP del 1949.

39 «Grandi passi ma fuori strada», espressione di S. Agostino ai Donatisti.

40 Nell'originale: «Gloria in excelsis Deo; et in terra pax hominibus bonæ voluntatis». Questo motto, compendiato nelle iniziali G.D.P.H., contrassegnava spesso le lettere di Don Alberione e sostituiva il nome dell'Autore in alcune opere.

41 Costituzioni SSP, 1949.

42 «Luce da Luce»: dal Credo niceno-costantinopolitano.

43 Cioè: di non presentarci con una fisionomia e una finalità specifica.

44 Cf. in proposito, dello stesso Don Alberione: Ut perfectus sit homo Dei, I, 84-126; 145-147; 215-225...

45 Maestro di reparto era il formatore di un particolare gruppo di formandi: adolescenti, novizi, juniores, ecc.

43 Cioè: di non presentarci con una fisionomia e una finalità specifica.

44 Cf. in proposito, dello stesso Don Alberione: Ut perfectus sit homo Dei, I, 84-126; 145-147; 215-225...

45 Maestro di reparto era il formatore di un particolare gruppo di formandi: adolescenti, novizi, juniores, ecc.

46 La data, desunta da un annuncio de L'Osservatore Romano, rimanda in realtà all'11 dicembre di quell'anno, quando venne effettivamente incoronata, con il titolo di “Regina del Lavoro”, la Vergine di Guadalupe, in Messico. Durante un solenne omaggio di popolo, un operaio, a nome di tutti i colleghi, appose una corona d'oro sul capo della celebre effigie mariana.

47 Vale per manuale.

48 Forma arcaica; sta per: si trovavano.

49 Cf. Gv 19,27: «il discepolo la prese nella sua casa».