Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Trascrizione del file: 1959-01-11_maestri.mp3
Durata: 7'41''


Don Giacomo Alberione Roma, 11-01-1959,
dopo la rappresentazione di Unus est magister vester

Intervento alla festa del Divin Maestro sui Maestri


Questa mattina abbiamo ringraziato il Signore perché dopo circa venticinque anni di pratiche siamo arrivati alla conclusione della prima fase, cioè la Messa a Gesù Maestro.
Rimane la seconda fase da compiersi: l'ufficiatura.
La pratica continua. E noi ammiriamo la sapienza e la prudenza della Chiesa, la quale si mostra in ogni piccola o grande sua decisione. La Chiesa non fa mai rivoluzioni, né piccole né grandi. Cammina sicura e incrollabile e non ha fretta. Non ha fretta perché le porte dell'inferno non prevarranno contro di lei. Non ha fretta perché ella mira all'eternità e conduce i suoi figli per le vie sicure, le vie della verità, della santità, della grazia.
Adesso ringrazio volentieri coloro che hanno fatto la parte del suono, coloro che han fatto la parte del canto, coloro che ci hanno rappresentato così bene due scene evangeliche toccanti. Si direbbe che è una semplice rappresentazione, ma è una rappresentazione viva. Abbiamo in questa rappresentazione noi considerate molte verità che c'erano incluse e abbiamo ricordato com'è il Maestro divino Via Verità e Vita.
Ora questa rappresentazione è in primo luogo per ricordare l'opera intelligente, assidua, quotidiana, premurosissima dei maestri di spirito e di reparto, dei maestri di scuola, dei maestri di apostolato e, fra tutto, colui che guida maestri e discepoli: il superiore don Lamera [applauso].
E sono contento di questo applauso, perché la fatiche sue quotidiane e la sua bontà, la sua pietà, la sollecitudine per l'andamento generale e per ognuno, ogni persona... siete centocinquantadue persone in casa e oltre a questo le buone Pie Discepole: ora nessuno è dimenticato, tutti vi porta nel cuore all'altare e tutti godono delle sue premure.
Ringraziare quindi i maestri, capirli, capirli e – secondo – seguirli e poi imitarli e pregare per loro. Non ci deve essere mai nelle nostre case quello che vi è in certi istituti o in certe scuole, dove vi sembra come una doppia posizione: i maestri quasi esigenti coi loro alunni e i loro alunni contrari e pronti a criticare i maestri. Qui maestri e discepoli e alunni, tutti devono fare un'alleanza per un fine solo: tutti indirizzati a conoscere meglio Gesù, a seguirlo meglio, imitarlo di più, pregarlo e farlo conosce al mondo per mezzo dell'apostolato: un'alleanza, un'unione.
Del resto tutti siamo in cammino.
A quelli che hanno incominciato il cammino della loro vita, ecco: “Guardate a chi vi precede!”. E a quelli – e sono io principalmente – a quelli che sono più avanti nel cammino: “Premura di coloro che vengono dietro, che seguono, sì che seguono!”.
Perché se da una parte vi è l'esperienza e dall'altra parte vi è la forza, uniti assieme molto si camminerà.
E «la fede vostra sarà annunziata al mondo intiero». Questa è la costatazione che san Paolo faceva rivolgendosi ai Romani, nella prima lettera – che avete ricordato anche, essendo il centenario – la lettera ai Romani: «Sì, la vostra fede – egli diceva – è annunziata nel mondo intiero». E se voi sarete docili e seguirete bene i vostri maestri, ecco il Signore vi diffonderà, vi spargerà nel mondo: «Andate e predicate e fate tutte le nazioni mie discepole».
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1959-01-11_consacraz_relig.mp3

11 gennaio 1959
Prima festa di Gesù Maestro

L’apostolato – La consacrazione.

Celebriamo per la prima volta con questa solennità la festa a Gesù Maestro. Dovrà essere la festa di ogni giorno, praticamente, perché tutta la nostra vita sia da innestare in Cristo Maestro, secondo lo spirito di San Paolo, il suo insegnamento e il suo esempio. Occorre sempre che noi abbiamo del Maestro un giusto concetto e cioè non è l’insegnante soltanto Gesù, ma è nello stesso tempo la via, la verità e la vita. C’è il maestro che insegna ma è il maestro che precede e il maestro che sostiene e il maestro che premia. In lui arriviamo alla santissima Trinità. In lui si ha da compiere quello che è il programma suo, il programma del figlio di Dio incarnato e cioè glorificare il Dio Padre e portare la pace agli uomini. E così la vita paolina si ha da compiere con questo medesimo programma, il programma che è del nostro padre san Paolo che noi dobbiamo sempre studiare, imitare e pregare. L’insegnante delle scuole fa la sua spiegazione, assegna i compiti e le lezioni da studiare, ma una volta che l’alunno è uscito di classe deve egli pensare a fare i compiti, egli pensare a studiare le lezioni. Gesù insegna sì, e ha insegnato meravigliosamente nella sua vita pubblica, però egli ha preceduto quello che avrebbe insegnato nella vita pubblica, lo ha fatto prima. E stava facendolo giorno per giorno in tutta la sua vita pubblica e lo compì mediante la sua passione e morte e resurrezione e ascensione al cielo.
Nello stesso tempo Gesù è sempre accanto a noi per darci la grazia prima di capire, poi di operare. Ed egli promette che chi comprende e assoggetta la mente, chi opera secondo che lui ha insegnato e ha operato, avrà il premio eterno. Egli, il maestro, siede alla destra del Padre in cielo, egli farà venire attorno a sé, raccoglierà attorno a sé tutti coloro che avranno creduto e l’avranno seguito e l’avranno vissuto.
Vi sono parecchie idee da rettificare, e se non si parte dalla idea giusta dal pensiero giusto, non si può fare un programma di vita, praticamente vissuta. Bisogna che noi pensiamo che entrando nella vita religiosa, non portiamo la nostra personalità, portiamo invece le nostre qualità, le nostre attitudini intellettuali, fisiche, spirituali, tutto quello che abbiamo lo portiamo nella congregazione e con l’impegno di impiegare queste nostre attitudini e qualità per formare la personalità nell’Istituto. E, parlando di noi, formare la personalità in Gesù Maestro, secondo l’esempio di san Paolo. Allora incanalare, indirizzare tutte le attitudini, qualità, attività, forze, in una personalità che è propria dell’Istituto. Allora si forma una personalità superiore che è in Cristo, nella Chiesa, in san Paolo, secondo la protezione, le grazie di Maria Regina Apostolorum. Quell’affermazione “io ho la mia personalità” può essere giusta e può essere errata. È errata quando si intende la personalità propria, individuale; è giusta quando si intende la personalità in Cristo, nella Chiesa, in san Paolo.
Nelle nostre costituzioni questo è poi espresso chiaramente, perché? Perché vi sono quattro articoli fondamentali. Chi non li vive, non vivrà la vita paolina, chi li vive vivrà la sua vita paolina ed esercita l’apostolato nel massimo grado. Nel massimo grado, cioè anche in Cristo e in san Paolo e nella Chiesa.
I quattro articoli riguardano: primo, lodi, il lavoro spirituale e tutta la spiritualità e la formazione devono essere secondo la devozione a Gesù Maestro via, verità e vita. Cominciare da ragazzetti, appena entrati, formarsi in Gesù fanciullo, poi in Gesù giovanetto, e poi avanti, in Gesù nella vita adulta e finché si arriverà all’apostolato. E l’apostolato si deve abbracciare subito come tale, appena entrati, amandolo e praticandolo ed esercitandolo con quella generosità che è propria dell’età.
Poi c’è l’articolo, “lo studio è da farsi secondo la devozione a Gesù maestro via verità e vita”. Allora, sempre nelle prime scuole e nelle scuole medie e nelle scuole più alte e nelle suole specie di pastorale: Gesù maestro via verità e vita. Il suo modo che impegna il maestro ed impegna l’alunno e impegna le cose da insegnarsi ed impegna quello che sia da ricavarsi come frutto nella vita.
Poi l’articolo che stabilisce che l’apostolato deve essere conformato alla devozione a Gesù maestro via, verità e vita. Noi dobbiamo dare al mondo la vera ricchezza, dobbiamo portare agli uomini il massimo bene e il massimo bene è dare Gesù Cristo via verità e vita, perché vi sarà la pace quaggiù, il progresso e la sicurezza della felicità eterna. Pensiamo al gran bene che deve portare il paolino al mondo e il gran bene quello che deve dare, che deve dire il paolino al mondo. È una cosa nuova, sotto certi aspetti, e nello stesso tempo è antica quanto è antica la Chiesa.
Poi l’osservanza della vita religiosa nei suoi voti, nelle particolarità delle costituzioni e negli uffici validi e nella vita quotidiana, uniformata a Gesù Cristo maestro via verità e vita. In questa luce quante idee si modificano e si elevano, quante idee e quanti principi e allora non è una devozione, ma è la devozione, questa, la devozione da conoscersi, viversi e nello stesso tempo impegnare tutte le forze perché possiamo estendere questa devozione al mondo, affinché tutto il mondo viva in Cristo e quindi tutti gli uomini arrivino a entrare nella Chiesa, e si faccia un solo ovile sotto un solo pastore e finalmente tutti si radunino lassù in cielo. Che grande spettacolo sarà il giudizio universale, chi ha accettato Gesù Cristo come si è presentato al mondo, come Maria lo ha presentato al mondo e chi lo ha rifiutato. Le due grandi categorie di uomini. Perché questa devozione penetri sono impegnate in modo particolare a pregare le Pie Discepole e i Discepoli di Gesù Maestro.
Pensare che questa è la cosa fondamentale, tutto il resto è mezzo per entrare in quello che è l’essenza. Quando si fanno i voti non si offre solamente il corpo nella castità ma in primo luogo si offre la mente, e quindi, si offre la mente perché sia formata in Gesù Cristo e cioè, accetti colui che fa il voto, accetti tutte le costituzioni, particolarmente nelle parti fondamentali. Non sempre è compresa così , la professione; tutto dobbiamo consegnare a Dio per mezzo della Congregazione, perché incanali le nostre forze verso il suo fine. Incanali le nostre forze, attività e intelligenza verso Gesù Cristo e attraverso Lui, che è mediatore, alla Santissima Trinità, alla glorificazione a compiere il programma “gloria a Dio, pace agli uomini”.
Diciamo certamente nelle difficoltà che sorgono di qua e di là ma queste difficoltà vanno risolte con le costituzioni, con quello che si è professato, perché si è detto di conformare la vita secondo lo spirito delle costituzioni. Ma se noi sbagliassimo qui non saremmo religiosi paolini, continueremmo ad essere noi mentre che la professione ci porta ad essere di Dio, totalmente di Dio, nello spirito della congregazione. E allora il fervore ci sarà sempre, la diligenza negli studi e nell’apostolato sarà sempre più abbondante e i frutti dell’apostolato saranno certamente di grande consolazione, consolazione prima a chi lo fa, consolazione al cuore del Maestro divino e di gloria a Dio.
Considerando, e specialmente nel mese di gennaio, e poi, nella novena a Gesù Maestro, questa necessità fondamentale, sarei ben felice di offrire la mia vita al Signore perché tutti vivano in questo spirito, dal fanciullino che entra per la prima volta tra queste sacre mura fino a colui il quale parte dal suo letto per entrare nell’eternità. Sempre e solo questo. Poi non ci sarà bisogno di raccomandazioni perché anche tutte le disposizioni delle costituzioni e tutte le particolarità e gli orari degli uffici, delle disposizioni quotidiane, del lavoro interiore, dell’apostolato, degli studi, tutto sarà vissuto in un’altra atmosfera, un’atmosfera divina. Il peccato non troverà un luogo dove nascondersi, e ogni anima sarà di Gesù, vivrà in Gesù sotto la protezione di Maria e camminando nello spirito di San Paolo.
La messa, adesso, l’applicherò per questo; ognuno entri in queste disposizioni, se ha bisogno rinnovi l’offerta di sé stesso nello spirito della vera professione religiosa e subito il fanciullo, il giovane, l’aspirante quando si prepara alla comunione pensi “vi offro tutto me stesso” allorché ringrazia poi Gesù che è venuto a lui “vi offro tutto me stesso perché voi vi siete dato tutto voi stesso a me”. Incominci a comprendere ed abbia questa intenzione di dare la mente, la salute, il cuore e tutta la sua attività, i suoi studi, le sue fatiche, il lavoro spirituale e l’attività esteriore, tutto a Gesù Maestro, nello spirito di Gesù Maestro e nello spirito delle costituzioni. O si è paolini in questo senso o si è soltanto in calo. E allora misera vita perché non si ha né la personalità propria né la personalità soprannaturale “vivit vero in me Christus”. Che personalità! In Gesù Cristo si sono unite la natura divina e la natura umana, quanto si eleva colui che si stabilisce in Cristo. E che premio avrà in eterno in cielo.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1959-09-08_ssp_fede.mp3
durata 16' 50''

Don Giacomo Alberione - Roma, 08-09-1959
discorso dopo le professioni religiose di chierici e discepoli paolini

La fede


Quest'oggi la Chiesa ci fa cantare: “Cum iucunditate nativitatem beatae Mariae Virginis celebremus ut ipsam pro nobis intercedere sentiamus apud Dominum nostrum Jesum Christum”: “Celebriamo con gioia la nascita di Maria, affinché Maria interceda proprio per noi presso il nostro Signore Gesù Cristo”.
Oggi la gioia di voi professi è tanto più grande quanto è stato più solenne l'atto che avete compiuto: donarsi a Dio, a Gesù Maestro Via Verià e Vita, per mezzo di Maria, in questo gran giorno, giorno felice per l'umanità, perché in quella culla dove riposava Maria bambina c'era l'inizio della redenzione, della salvezza degli uomini, l'inizio, l'alba. La vostra gioia è piena ed è gradita al Signore.
E con voi, hanno gradito l'offerta, vi hanno assistiti gli angeli del cielo, i santi, i vergini, gli apostoli, i martiri, i confessori, tutti. E hanno interceduto per voi.
Ricordando ora i pensieri già espressi durante il corso degli esercizi spirituali, vi occorre una grande fede, una fede proprorzionata alla bellezza e agli impegni della vocazione. Fede grande perché la fede è l'inizio di tutta la santificazione, initium humanae salutis e fondamento e radice.
Fede, fede in quello che vi è stato promesso: “Se sarete fedeli, riceverete il centuplo possederete la vita eterna”.
Fede. Il centuplo sulla terra, di grazie, il centuplo di meriti che non avreste fatto nella via comune della famiglia. “E possederete la vita eterna”: promessa divina. Sentire questa promessa da Gesù Maestro quando risponde a Pietro: “Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo, possederete la vita eterna”.
Fede. Maria nel giorno dell'annunciazione ebbe delle grandi promesse: “Colui che nascerà da te sarà santo, il santo, sarà il Figliuolo di Dio, egli sarà il salvatore, egli regnerà nella casa di Davide, il suo regno non avrà fine”. Parole grandi.
Maria ha avuto fede e disse: “Ebbene sia fatto come tu hai detto”. Ebbe fede. E quando il Figliuolo di Dio si incarnò nel suo seno e poi successivamente Maria andò a visitare santa Elisabetta, il saluto di Elisabetta fu: “Beata te che hai creduto, beata te che hai creduto, perché così si compiranno tutte le grandi cose che ti sono state dette, promesse”.
Così dico a voi: beati voi se crederete sempre con fede viva e sempre più viva, man mano che passano i giorni e si realizzerà totalmente la promessa fatta: il cento per uno di meriti. Quando in una certa età, già magari esauriti forze, camminerete un po' chini sotto il peso dei grandi meriti già radunati. Come il sacerdote parte dall'altare un po' chino sempre, sotto il peso delle grazie che all'altare ha attinto, ha ricevuto.
Allora la vita non tramonta, ma la vita incomincia, la vita eterna: “Possederete la vita eterna”. La vita religiosa con la morte non subisce un tramonto, ma subisce una trasformazione, un'elevazione: quello che era promesso diviene realtà.
Aver fede, fede nel valore dei voti, nel valore dell'obbedienza, che è la maggior libertà e che è il maggior ossequio che l'uomo possa fare al suo creatore: sottomettersi, obbedire.
Fede nel valore della castità, che è il più grande onore, poiché allora si ama un oggetto infinitamente più perfetto: non una creatura, Dio, Dio, sopra ogni cosa, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze; e si amano le anime. E l'amore ad esse dimostra con l'apostolato, quando dall'apostolato partono tante verità e arrivano ad illuminare gli uomini sul loro destino, sul problema della vita, affinché lo risolvano bene.
Fede nel valore della povertà, perché ci costituisce nella maggior ricchezza: se si rinuncia a qualche cosa, l'amministrazione indipendente, si acquistano i doni di grazia, i doni maggiori di grazia, in proporzione che l'uomo si distacca dai beni della terra, e corre insieme un'infusione maggiore di amore a Dio: il dono della sapienza, il dono del consiglio, il dono della fortezza, il dono della pietà. Tutti possono farsi santi, ma voi siete in stato di perfezione: gli altri possono aspirarvi, ma voi siete in stato di perfezione e di conseguenza nella via migliore, la miglior via che Gesù Cristo ci ha indicato: donarsi totalmente a lui: “Lascia tutto, vieni, seguimi”, cioè povertà, castità, obbedienza. Si realizzeranno le divine promesse in voi, nella vita, in morte, nell'eternità.
Però questa luce che vi ha condotti fino al tabernacolo a giurare eterno amore a Dio, a Gesù, questa luce bisogna sempre che sia viva: tutti i giorni chieder la fede, tutti i giorni richiamarsi ai principi di fede, tutti i giorni istruirsi nelle verità della fede e dare il nostro consenso generoso. Tutti i giorni contemplare il cielo: “Là è la mia patria, un posto speciale mi ha preparato Gesù”.
Verranno anche dei giorni un po' torbidi. Il demonio tenta specialmente coloro che vogliono farsi santi [e] con generosità lavorano. Qualche volta si passerà in qualche galleria oscura. Allora bisogna richiamarsi ai principi della fede. Se non arriva la luce del sole, arrivi almeno la luce di Maria.
Invocare Maria, quae credidisti: “Tu che hai creduto, fa' che io creda, che creda sempre, che creda di più; Signore, aumentate la mia fede”. Ci sarà una lampada, la quale ci rischiarerà la via anche in quel cammino: Maria, stella del mare. E poi la galleria terminerà e si riesce di nuovo alla luce del sol iustitiae Christus Deus noster, il sole della giustizia, Cristo nostro Signore.
Attenti agli scoraggiamenti: “qui stat videat ne cadat”, “nolite locum dare diabolo”, non vogliate far posto al demonio, né nei pensieri, né nei sentimenti, né nelle attività. “Nolite locum dare diabolo”, ma aprite il cuore allo Spirito santo, ecco, lo Spirito santo, invocato per mezzo di Maria.
Resistere alle tentazioni. Piangere sopra i falsi passi che qualche volta si son veduti. E pregare con carità e bontà sempre, perché il cuore del religioso è un cuore formato al modo di san Paolo, un cuore largo, in cui si possono raccogliere tutti gli uomini.

Dio benedica i parenti che sono qui e i parenti che sono lontani, nelle vostre case, i quali vi han preparato questo giorno, educandovi bene, questo giorno felice. Benedica il Signore tutti i superiori, i maestri, i confessori, i predicatori, i quali hanno cooperato alla divina grazia ogni giorno in fatica, ma godono con voi del giorno fortunato che è giunto, secondo la vostra corrispondenza alla grazia.
E poi pregare per tutte le vocazioni. Le vocazioni in generale vengono dalle famiglie di modesta condizione. Le vocazioni sono un dono che Dio fa a una famiglia. Il Papa diceva l'altro giorno: “Beata la famiglia che si raccoglie attorno a un focolare numerosa e che vede sul fuoco bollire una grossa pentola, perché molti sono i figli”.
Avanti tutti! camminiamo verso il cielo! Chi arriva prima e chi arriva dopo, chi è più vicino e chi ha ancora da guadagnarsi molti meriti: avanti sempre! Le promesse fattevi non cadranno nel vuoto, basta che noi rispondiamo come Maria: “Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum”: “Ecco il sevo di Dio, si faccia in tutto come tu hai detto”. E si è fatto in tutto come l'angelo aveva detto.
Maria non cedette neppure, non perdette neppur la fede il giorno in cui stava là, ai piedi della croce. L'angelo le aveva promesso che il figlio suo avrebbe regnato: “è proprio un re”. Sembrava che tutto scancellasse la parola dell'angelo. Maria stette ferma, non cedette, la fiamma della sua fede non si estinse. Ecco. E allora tutto si realizzò quel che l'angelo aveva detto. E Gesù Cristo regna, regna, re d'amore, re di verità, re di santità, di grazia.
Ora discenda la benedizione su tutti quei che sono qui, quei che partecipano a questa solennità e a tutti i fratelli che fanno oggi la professione in tante case e quindi pensano alla casa madre, alla casa centrale. Discenda la benedizione su tutti e discenda la benedizione sopra tutti coloro che voi portate in cuore. Questa benedizione sia grazia, sia gioia per tutta quanta la vita. Voi godrete: “La vostra gioia non vi sarà scancellata, non vi sarà tolta”, ha detto il Maestro.
Jesu Magister Via Veritas et Vita.
Regina Apostolorum.
Sancte Paule Apostole.
Adiutorium nostrum in nomine Domini.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filus et Spiritus sanctus.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1959-05-31a.mp3
durata 19' 54''

Don Giacomo Alberione

Il periodico “La Domenica” - Anniversario della “Rerum Novarum” - Pregare per gli ordinandi


Questa mattina tre pensieri o meglio tre ricordi.
Ho visto in questa settimana il periodico “La Domenica”: in generale ben redatto ben stampato e anche il lavoro di propaganda esteso, benché non sia la stagione migliore questa. E nelle statistiche che ho visto per questa settimana nel Brasile “La Domenica” è ancora a capo di tutti i periodici religiosi: quando in tutto aveva 280.000 copie, adesso un po' meno, ma il modo dipende dal posto: nell'andare al Nord del Brasile e nella regione più verso il Pacifico ci impiega quaranta giorni e allora non arriva a tempo. Così in Colombia è cominciato bene, “La Domenica” è cominciata bene e già hanno scritto che è stata accolta con molto calore, sia dall'alto clero che dal clero che raggiunge, inferiore. E così sappiamo: in altre nazioni quello che si chiama propriamente “Domenica” e quello che si chiama con nomi simili siamo a un milione e mezzo di copie, contando anche [...] e tuttavia dovrebbe salire molto di più perché la massa, la massa del popolo costituisce il corpo di ogni nazione e allora ha bisogno di esser nutrita del pane, del pane dello spirito, sì, pane dello spirito. Certamente questa è una delle opere pastorali di maggior rilievo nell'istituto, appunto va alle anime che sono ancora più assetate dalla Parola di Dio, quelle che maggiormente sono docili.
In questi giorni – seconda cosa – si sta commemorando la “Rerum Novarum”. E gli oratori stanno facendo, diciamo, un po' stanno facendo del loro meglio, uno sforzo a descrivere l'ambiente sociale in cui è scritto il grande documento di Leone XIII e riassumono press'a poco così questa commemorazione: la società è ammalata – in quel tempo [...] siamo in condizioni migliori – la società è ammalata per tre malattie quanto alla parte economica: tutta la produzione della ricchezza; secondo: “circola”: la distribuzione della ricchezza; e terzo: “sfrutta”: il consumo della ricchezza. Questo non era né cristiano, né umano alle volte.
E allora a questa società ammalata si sono avvicinati tre medici: il primo medico è stato il liberalismo e [...] ha messo i suoi principi come medicina e cioè: ci sia la lotta fra classe e classe, combattono tra di loro il datore di lavoro e l'operaio e ciò che ne risulta è il giusto. E questo è sbagliato perché il datore di lavoro può vivere molti anni senza far lavorare e il povero operaio quindi è obbligato ad accettare le condizioni imposte, che erano condizioni assai infelici, meno che infelici, man mano che il liberalismo aveva penetrato in tutte le nazioni, più o meno, penetrato un po' in tutte le nazioni. Quindi è stato un medico fallito.
Il secondo medico è stato il socialismo, che si è poi risolto in comunismo, il quale non dà la medicina giusta; perché in primo luogo fa dimenticare i beni eterni e la condizione umana è [...]. D'altra parte ha [...] un rimedio che è contro natura; e se è contro natura non produrrà dei buoni frutti. E non [sono] progredite e non stanno meglio le nazioni dominate dal comunismo, le nazioni che vogliono quella relativa libertà. E quindi un altro medico fallito.
E terzo si era destinato il medico cristiano, cioè il Papa, il quale dice che ci sono, che continuano a considerarsi i beni eterni. Ora sempre dobbiamo ricordare: il Figliuolo di Dio ha preso una vita [...], e tutto è indirizzato e il datore di lavoro e l'operaio alla vita eterna. Ognuno ha i suoi doveri nella sua condizione e non sono minori i doveri dei ricchi che i doveri dei poveri [...]. E poi una giusta retribuzione all'operaio, un salario conveniente. Non ha voluto risolvere la questione se il salario dipende secondo il lavoro o il salario familiare, ma tutti [...] e tanto meno la rivoluzione in favore del salario familiare. E tuttavia vi sono altri rimedi.
Quindi quella enciclica “Rerum Novarum”. Poi ci sono oggi altri mezzi, particolarmente la proprietà d'uso, la quale permette il lavoro libero e permette anche che si possa raggiungere con l'industria e l'applicazione un reddito sufficiente per nutrire l'intera famiglia: questi i mezzi.
Ora dalla “Rerum Novarum” innanzi si sono aumentate le iniziative. E alcune, come capita sempre quando ci son delle novità, alcune sono andate per le vie non del tutto rette e non del tutto confermate alla “Rerum Novarum” né alla [...]. Poi altre d'altra parte circolano nei libri: si nomini o non si nomini la “Rerum Novarum” i princìpi di lì son sempre più largamente applicati con buoni risultati.
[...] ci promettono i beni eterni e si vive bene e si prosegue bene nell'ambito e nella posizione che ci ha messo il Signore e cercano di portare e portano infatti quello che c'è da portare di vantaggio per il popolo, per le masse.
I [...], immediatamente dopo che c'è stata la democrazia, hanno i loro interessi personali; bisogna che però [...] coloro che intanto governeranno ed avere dei princìpi sani: ricordarsi che hanno un giudice eterno e [...] da salvare e che quindi facciano il giusto e le leggi siano sane.
Attualmente però i princìpi di Leone XIII sono da pensarsi [...] per chi ancora non vuole arrendersi all'evidenza dei fatti. Il comunismo cerca di penetrare da ogni parte; noi cattolici non facciamo sufficiente sforzo; addirittura alle volte comprendiamo [...]; compatiamo l'Ungheria, ma non sappiamo prendere tutte le lezioni dagli avvenimenti che sono avvenuti; e non solo l'Ungheria: ultimamente abbiamo ancora delle altre condizioni di cose che ci ricordano i fatti dell'Ungheria che han toccato delle vittime. [...]
La sociologia non può [...] oggi. Perché noi sappiamo quale [...], ma quanto siano in quella condizione generale tutti gli uomini: “Mangerai il pane con il sudore della fronte”; e venir sino avanti alla redenzione e come Gesù ha lasciato i suoi esempi, come redentore, eccetera. Noi dobbiam capire, capire dove stia la giustizia e dove stia la carità.
Fate e portate sempre questioni teoriche! Ma perché parlar di giustizia e non di carità? Ma perché [...] ingiustizia? [...] carità; la carità [...]. E quindi [...] sempre esercizio della carità, la quale riassume tutti i comandamenti, sì. Quello che bisogna fare per giustizia, bisogna farlo anche per carità.
Non basta più dare un tozzo di pane al povero, ci vogliono quelle disposizioni sociali che provvedano alle masse in generale, e non queste masse diventino anche [...], e dimenticano Dio e l'anima e l'eternità in ordine e allora [...] sarebbe proprio quel che vuole il comunismo. Pensando che il comunismo è sempre più, perché le masse son numerose [...]. Anche se si vuole andare in ordine, come dice il socialismo, come vuole il socialismo, i rappresentanti saranno poi numerosi, i rappresentanti popolari. Bisogna che non arriviamo soggetti al comunismo, oh, e compiere i nostri doveri sociali e, quando occorre, i doveri politici. Ma non dobbiamo in questa linea critica del modo con cui se ne occupano i liberali né i partiti democristiani. No, noi siam sempre sacerdoti, non dobbiamo toccar la politica quando siam vicini all'altare. Quando si tratta di educazione te ne vai fuori, [...], siam vicini alle anime, [...].

Un terzo pensiero: pregare per gli ordinandi. Così riflettendo abbiamo da considerare riguardo agli ordini e riguardo alla formazione dei sacerdoti: primo: come Iddio è intervenuto nell'antico Testamento per la scienza dei sacerdoti, per la loro istruzione, per le loro prerogative, come dovevano fare i sacrifizi, come dovevano comportarsi lì al tempio, in quale tempo essi dovevano fare queste [...], come dovevano fare quando a capo un sacerdote, come dovevano essere le funzioni, i canti, eccetera. Iddio ha proprio indicato lui tutto un complesso di leggi, di disposizioni, perché i sacerdoti possano [...], il culto verso Dio, in ogni istante, su due piedi e anche il necessario nella loro vita [...].
Quando poi viene il nuovo Testamento, Gesù Cristo fa luce per due motivi: prima [...] per essere formati, [...] e poi tre anni di scuola così magari aspiranti e capivano [...]. E poi come poco per volta, prima li manda a predicare, poi ordina di celebrare il sacrificio e poi dopo gli dà la mission compita e poi costituisce le gran fila e poi manda lo Spirito Santo. Ha cura il Figlio di Dio incarnato dei discepoli. Poi [...] una storia lunga, una storia lunga si doveva fare: la cura della fede nel formare i suoi ministri. Questo [...] sapere.
Quante disposizioni lungo i secoli! E quante deficienze ci sono state! anche storie avvilenti dalla parte della santa sede, dei vescovi, eccetera. Il miglior provvedimento [è] quello del Concilio di Trento, quando ha istituito il seminario e quando si è letto il decreto per istituire i seminari, tutti i Padri si sono alzati in piedi, e il Papa li ha invitati, tanto il Concilio [...] il seminario. E non hanno più disposto o fatto altro: avrebbe già compito bene la commissione, cioè l'istituzione dei seminari. Perché prima il clero come erano formato? I mezzi ci sono, i mezzi ci sono. E oggi, fino a oggi, ecco i seminari, i seminari, i regolamenti, i modi di meglio <i modi di> compiere gli studi, da Pio X in avanti, sempre cercando di migliorare. E poi la congregazione dei religiosi sempre si adopera perché il clero si [...], e i superiori religiosi siano formati bene.
Allora li affida direttamente alla cura di Gesù Cristo, il gran sacerdote, di volere formarsi coloro che [...] suo sacerdozio, e la cura della Chiesa per aver ministros Christi dispensatores mysteriorum Dei. Questo fino all'Ordinazione che sarà nel mese di luglio per il bene degli ordinandi. Si capisca cos'è il sacerdozio: per offrire sacrifici, ma prima il sacrificio di sé.
Sia lodato Gesù Cristo.

Prima festa di Gesù Maestro
L’apostolato – La consacrazione.

Celebriamo per la prima volta con questa solennità la festa a Gesù Maestro. Dovrà essere la festa di ogni giorno, praticamente, perché tutta la nostra vita sia da innestare in Cristo Maestro, secondo lo spirito di San Paolo, il suo insegnamento e il suo esempio. Occorre sempre che noi abbiamo del Maestro un giusto concetto e cioè non è l’insegnante soltanto Gesù, ma è nello stesso tempo la via, la verità e la vita. C’è il maestro che insegna ma è il maestro che precede e il maestro che sostiene e il maestro che premia. In lui arriviamo alla santissima Trinità. In lui si ha da compiere quello che è il programma suo, il programma del figlio di Dio incarnato e cioè glorificare il Dio Padre e portare la pace agli uomini. E così la vita paolina si ha da compiere con questo medesimo programma, il programma che è del nostro padre san Paolo che noi dobbiamo sempre studiare, imitare e pregare. L’insegnante delle scuole fa la sua spiegazione, assegna i compiti e le lezioni da studiare, ma una volta che l’alunno è uscito di classe deve egli pensare a fare i compiti, egli pensare a studiare le lezioni. Gesù insegna sì, e ha insegnato meravigliosamente nella sua vita pubblica, però egli ha preceduto quello che avrebbe insegnato nella vita pubblica, lo ha fatto prima. E stava facendolo giorno per giorno in tutta la sua vita pubblica e lo compì mediante la sua passione e morte e resurrezione e ascensione al cielo.
Nello stesso tempo Gesù è sempre accanto a noi per darci la grazia prima di capire, poi di operare. Ed egli promette che chi comprende e assoggetta la mente, chi opera secondo che lui ha insegnato e ha operato, avrà il premio eterno. Egli, il maestro, siede alla destra del Padre in cielo, egli farà venire attorno a sé, raccoglierà attorno a sé tutti coloro che avranno creduto e l’avranno seguito e l’avranno vissuto.
Vi sono parecchie idee da rettificare, e se non si parte dalla idea giusta dal pensiero giusto, non si può fare un programma di vita, praticamente vissuta. Bisogna che noi pensiamo che entrando nella vita religiosa, non portiamo la nostra personalità, portiamo invece le nostre qualità, le nostre attitudini intellettuali, fisiche, spirituali, tutto quello che abbiamo lo portiamo nella congregazione e con l’impegno di impiegare queste nostre attitudini e qualità per formare la personalità nell’Istituto. E, parlando di noi, formare la personalità in Gesù Maestro, secondo l’esempio di san Paolo. Allora incanalare, indirizzare tutte le attitudini, qualità, attività, forze, in una personalità che è propria dell’Istituto. Allora si forma una personalità superiore che è in Cristo, nella Chiesa, in san Paolo, secondo la protezione, le grazie di Maria Regina Apostolorum. Quell’affermazione “io ho la mia personalità” può essere giusta e può essere errata. È errata quando si intende la personalità propria, individuale; è giusta quando si intende la personalità in Cristo, nella Chiesa, in san Paolo.
Nelle nostre costituzioni questo è poi espresso chiaramente, perché? Perché vi sono quattro articoli fondamentali. Chi non li vive, non vivrà la vita paolina, chi li vive vivrà la sua vita paolina ed esercita l’apostolato nel massimo grado. Nel massimo grado, cioè anche in Cristo e in san Paolo e nella Chiesa.
I quattro articoli riguardano: primo, lodi, il lavoro spirituale e tutta la spiritualità e la formazione devono essere secondo la devozione a Gesù Maestro via, verità e vita. Cominciare da ragazzetti, appena entrati, formarsi in Gesù fanciullo, poi in Gesù giovanetto, e poi avanti, in Gesù nella vita adulta e finché si arriverà all’apostolato. E l’apostolato si deve abbracciare subito come tale, appena entrati, amandolo e praticandolo ed esercitandolo con quella generosità che è propria dell’età.
Poi c’è l’articolo, “lo studio è da farsi secondo la devozione a Gesù maestro via verità e vita”. Allora, sempre nelle prime scuole e nelle scuole medie e nelle scuole più alte e nelle suole specie di pastorale: Gesù maestro via verità e vita. Il suo modo che impegna il maestro ed impegna l’alunno e impegna le cose da insegnarsi ed impegna quello che sia da ricavarsi come frutto nella vita.
Poi l’articolo che stabilisce che l’apostolato deve essere conformato alla devozione a Gesù maestro via, verità e vita. Noi dobbiamo dare al mondo la vera ricchezza, dobbiamo portare agli uomini il massimo bene e il massimo bene è dare Gesù Cristo via verità e vita, perché vi sarà la pace quaggiù, il progresso e la sicurezza della felicità eterna. Pensiamo al gran bene che deve portare il paolino al mondo e il gran bene quello che deve dare, che deve dire il paolino al mondo. È una cosa nuova, sotto certi aspetti, e nello stesso tempo è antica quanto è antica la Chiesa.
Poi l’osservanza della vita religiosa nei suoi voti, nelle particolarità delle costituzioni e negli uffici validi e nella vita quotidiana, uniformata a Gesù Cristo maestro via verità e vita. In questa luce quante idee si modificano e si elevano, quante idee e quanti principi e allora non è una devozione, ma è la devozione, questa, la devozione da conoscersi, viversi e nello stesso tempo impegnare tutte le forze perché possiamo estendere questa devozione al mondo, affinché tutto il mondo viva in Cristo e quindi tutti gli uomini arrivino a entrare nella Chiesa, e si faccia un solo ovile sotto un solo pastore e finalmente tutti si radunino lassù in cielo. Che grande spettacolo sarà il giudizio universale, chi ha accettato Gesù Cristo come si è presentato al mondo, come Maria lo ha presentato al mondo e chi lo ha rifiutato. Le due grandi categorie di uomini. Perché questa devozione penetri sono impegnate in modo particolare a pregare le Pie Discepole e i Discepoli di Gesù Maestro.
Pensare che questa è la cosa fondamentale, tutto il resto è mezzo per entrare in quello che è l’essenza. Quando si fanno i voti non si offre solamente il corpo nella castità ma in primo luogo si offre la mente, e quindi, si offre la mente perché sia formata in Gesù Cristo e cioè, accetti colui che fa il voto, accetti tutte le costituzioni, particolarmente nelle parti fondamentali. Non sempre è compresa così , la professione; tutto dobbiamo consegnare a Dio per mezzo della Congregazione, perché incanali le nostre forze verso il suo fine. Incanali le nostre forze, attività e intelligenza verso Gesù Cristo e attraverso Lui, che è mediatore, alla Santissima Trinità, alla glorificazione a compiere il programma “gloria a Dio, pace agli uomini”.
Diciamo certamente nelle difficoltà che sorgono di qua e di là ma queste difficoltà vanno risolte con le costituzioni, con quello che si è professato, perché si è detto di conformare la vita secondo lo spirito delle costituzioni. Ma se noi sbagliassimo qui non saremmo religiosi paolini, continueremmo ad essere noi mentre che la professione ci porta ad essere di Dio, totalmente di Dio, nello spirito della congregazione. E allora il fervore ci sarà sempre, la diligenza negli studi e nell’apostolato sarà sempre più abbondante e i frutti dell’apostolato saranno certamente di grande consolazione, consolazione prima a chi lo fa, consolazione al cuore del Maestro divino e di gloria a Dio.
Considerando, e specialmente nel mese di gennaio, e poi, nella novena a Gesù Maestro, questa necessità fondamentale, sarei ben felice di offrire la mia vita al Signore perché tutti vivano in questo spirito, dal fanciullino che entra per la prima volta tra queste sacre mura fino a colui il quale parte dal suo letto per entrare nell’eternità. Sempre e solo questo. Poi non ci sarà bisogno di raccomandazioni perché anche tutte le disposizioni delle costituzioni e tutte le particolarità e gli orari degli uffici, delle disposizioni quotidiane, del lavoro interiore, dell’apostolato, degli studi, tutto sarà vissuto in un’altra atmosfera, un’atmosfera divina. Il peccato non troverà un luogo dove nascondersi, e ogni anima sarà di Gesù, vivrà in Gesù sotto la protezione di Maria e camminando nello spirito di San Paolo.
La messa, adesso, l’applicherò per questo; ognuno entri in queste disposizioni, se ha bisogno rinnovi l’offerta di sé stesso nello spirito della vera professione religiosa e subito il fanciullo, il giovane, l’aspirante quando si prepara alla comunione pensi “vi offro tutto me stesso” allorché ringrazia poi Gesù che è venuto a lui “vi offro tutto me stesso perché voi vi siete dato tutto voi stesso a me”. Incominci a comprendere ed abbia questa intenzione di dare la mente, la salute, il cuore e tutta la sua attività, i suoi studi, le sue fatiche, il lavoro spirituale e l’attività esteriore, tutto a Gesù Maestro, nello spirito di Gesù Maestro e nello spirito delle costituzioni. O si è paolini in questo senso o si è soltanto in calo. E allora misera vita perché non si ha né la personalità propria né la personalità soprannaturale “vivit vero in me Christus”. Che personalità! In Gesù Cristo si sono unite la natura divina e la natura umana, quanto si eleva colui che si stabilisce in Cristo. E che premio avrà in eterno in cielo.
Sia lodato Gesù Cristo.