Beato Santiago Alberione

Opera Omnia

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Registrazioni audio ssp 1960


Trascrizione del file: 1960-06-30_Alberione_LarraonaPresaDiPossesso.mp3
Durata: 7'45''
La registrazione in parecchi punti è corrottta e incomprensibile. Questi punti sono segnati con [...]

Benvenuto al cardinal Larraona nel santuario Regina degli Apostoli


Eminentissimo sig. Cardinale Arcadio Larraona, il nostro cordiale benvenuto in questo Santuario della Regina degli Apostoli, a nome della Pia Società San Paolo, delle Suore Figlie di San Paolo, delle Suore Pie Discepole, delle Suore di Gesù Buon Pastore.
Ricordando anche che, sebbene assenti sono qui a rendere devoto omaggio i tre Istituti Secolari. Vostra Eminenza non ha bisogno che li presenti: vi sono noti e la vostra conoscenza e paterna ed efficace assistenza è di tanto [...].
Tre motivi ci hanno persuasi a chiedere al Santo Padre la Vostra desiderata e autorevole protezione.
[...] presente il nostro procuratore generale è indicativa per chi non guarda soltanto al Superiore, ma ne considera pure la specifica personalità. Avete detto: «Io mi sono nella mia vita proposto di fare tutto il bene che sia possibile».

Primo. L'opera vostra per noi è stata lunga e laboriosa, ma vi sono quattro atti che la riassumono:
– il 19 marzo 1956 avete firmato [...] assieme a Sua Eminenza il cardinal Valeri riguardante le seguenti aggiunte [...] decreto [...] aggiunte e modifiche alle costituzioni: la nuova posizione giuridica dei discepoli di Gesù divino Pastore, il voto [...] speciali [...] incarichi al Superiore della Pia Società San Paolo in riguardo [...] della Famiglia Paolina.
– Poi nell'aprile 1957 Vostra Eminenza tenne, in giorno di Esercizi, meditazioni ai membri del capitoli generale. Poi la Messa dello Spirito Santo celebrò [...] e nel meriggio la presidenza della seduta capitolare per l'elezione del Superiore generale.
– Inoltre il 29 giugno 1959 avete firmato con il Cardinale Valeri il decreto di lode delle Suore di Gesù Buon Pastore.
– L'8 aprile corrente anno, in seguito a vostro voto favorevole, venne il decreto di aggregazione alla Pia Società San Paolo dei nostri tre Istituti secolari: Gesù Sacerdote, Maria Santissima Annunziata, San Gabriele Arcangelo.

Secondo motivo: Ammirazione. Vostra Eminenza fu ed è sempre [...] osservanze religiose, studioso particolarmente del diritto, laureato in utroque iure, dal 1918 insegnante di diritto romano, pubblicista insigne, iniziatore della rivista Commentarium pro religiosis, in modo particolare approfondito in tutto quello che riguarda gli stati di perfezione, il loro governo, disciplina, vita delle anime consecrate al Signore; instancabile e sapiente lavoratore come Segretario della Sacra Congregazione dei Religiosi, nella quale è stato tutto un approfondimento, allargamento, aggiornamento di quella che è la parte migliore della Chiesa, la parte religiosa. E questa vitalità l'avete diffusa con diuturna fatica.

Terzo: il nostro vantaggio. Dal 1943 il papa Pio XII veneratissimo, vi aveva scelto collaboratore come sottosegretario con monsignor Pasetto Ermenegildo, allora Segretario della Sacra Congregazione dei Religiosi. Poi [...] 1950 occupaste il delicatissimo ufficio di Segretario. Così tutte le nostre pratiche sono state studiate e condotte a buon termine dal 1943 al 1960, quando piacque a Sua Santità premiarvi e chiamarvi a più alte responsabilità. Però a noi, nella nostra piccolezza, parve di venire privati di un padre e sostenitore, e vi volemmo cardinale protettore: ne abbiamo bisogno: voi ci conoscete, ci amate e guidate.

I simboli delle offerte che riceverete sul vassoio, corrispondono ai nostri sentimenti.
Vi presentiamo le Costituzioni dei quattro Istituti che, sotto la vostra sapiente ed amabile guida, tutti intendono osservare.
Vi presentiamo le chiavi di casa. Quando il costruttore ha fabbricato la casa, la consegna al proprietario di casa dandogli le chiavi.
Vi presentiamo il campanello che ricorda l'osservanza degli orari e della disciplina religiosa in generale, fonte di tanti beni.

Eminenza, illuminateci, guidateci e chiamateci.
Vi promettiamo preghiere e fedeltà di figli.

Trascrizione del file 1960-09-10_OrientamentoVitaSpirituale.mp3
durata: 14'55''


Don Giacomo Alberione - Roma, 10/09/1960


Orientamento della vita spirituale


...cominciato l'anno scolastico sotto lo sguardo di Maria; e domani la celebrazione del santo nome di Maria; poi a metà del mese i dolori di Maria; e poi più avanti nel mese Maria della Mercede per la redenzione degli schiavi. Così da Maria e con Maria, sotto la protezione di Maria che proceda questo mese <e> per continuare tutti i mesi, successivamente, sempre sotto la protezione e con la luce e le intenzioni di Maria.

Questa mattina ci fermiamo su un argomento: formarsi il piano della vita, come dice la “Teologia della perfezione” oppure, come siamo usati a dire e cioè: il programma della vita.
In particolare poi abbiamo da guardare l'anno che si è incominciato; perché il piano della vita in generale è già fatto, scelto. E nel nostro piano c'è il programma della vita con la consecrazione a Dio. Ora, consecrati a Dio, scelta la strada, c'è una via sola della santificazione: compiere bene quello che in particolare è il volere di Dio sopra ognuno di noi.
Vi è l'anno liturgico, vi è l'anno solare, vi è l'anno commerciale, vi è l'anno sociale, vi è l'anno scolastico, vi è l'anno spirituale, vi è anche l'anno apostolico, eccetera.
Ora [ci prepariamo] per questo anno che è spirituale, apostolico, scolastico e specialmente per quello che inizia, quello che avvia al ministero, al ministero sacerdotale e ministero apostolico.
Che cosa sia il piano della vita ognuno lo sa. Il programma è diviso in due parti: quello che – primo – riguarda la nostra santificazione particolare; e secondo quello che riguarda gli uffizi, il lavoro esterno, gli apostolati, il ministero, le relazioni fra gli uni e gli altri, le relazioni con superiori, con eguali, con inferiori, e poi tutto il complesso della vita regolare che si conduce per quanto questa si manifesta esteriormente, particolarmente l'ufficio e l'orario.
Per quello che riguarda noi individualmente, abbiamo da considerare lo stato particolare dell'anima nostra, secondo i bisogni che vi sono: può essere che un'anima si trovi già in una posizione molto avanzata nella virtù; e può essere che si trovi ancor molto debole; e può essere che l'anima sia sempre stata santa e cioè non abbia mai perso la stola battesimale, e allora specialmente un amore riconoscente; o può essere che abbia perduto la stola battesimale e allora ci vuole un amore penitente: sempre amore, il quale abbraccia tutta la persona, – perché Iddio è sommo bene e se vogliamo del bene bisogna che aderiamo a Dio, altrimenti fuori di Dio non troviamo il bene – tutta la nostra persona, cioè la mente il cuore, il sentimento, la volontà, il corpo stesso, sì: chi ha più bisogno di fede e chi ha più bisogno invece di fiducia o di umiltà e chi ha più bisogno di spirito di pietà, e chi ha più bisogno di generosità. Secondo i bisogni particolari e sotto la guida del confessore, del direttore spirituale, ognuno si è scelto durante gli esercizi e di nuovo può scegliere adesso, sì, e confermare almeno quello che si è scelto come lavoro individuale intimo, il quale è il principale lavoro.
Il principale lavoro è quello della santificazione. Il rimanente è tutto in funzione della nostra santificazione, è tutto in funzione, ed è necessario perché il lavoro spirituale proceda bene, sì.
Questo lavoro che consiste nel correggersi e nell'acquistare la virtù, correggersi di quello che non piace a Dio e acquistare quello che piace a Dio, quello che ci manca, quello che dobbiamo ancor dare di più di gloria a Dio e di bene alle anime.
Questo lavoro interiore! Vi sono persone che solo avvicinarsi si sente che da loro spira una certa impressione, una certa spiritualità, qualche cosa che eleva, persone che invece solo l'avvicinarle distraggono dal lavoro spirituale: una vita di esteriorità, una vita dissipata, sì. Dipende da quello che c'è dentro, perché quello che c'è dentro <deve venire> sempre si manifesta fuori. Anche se non sia lasciato, a poco a poco viene a conoscersi.
Secondo: il programma di lavoro: che cosa c'è da fare quest'anno? e come vuoi farlo? lo studio, l'apostolato, la formazione religiosa, l'ufficio, il ministero che uno può avere, poi le relazioni con chi sta sopra, con chi sta a fianco, con chi è più giovane di età, più giovane anche nel sapere eccetera, le relazioni con gli esterni, la corrispondenza che si tiene e l'osservanza degli orari e quindi tutto ciò che forma o il dovere di ministero o il complesso dei doveri sociali, generali e particolari, sociali nella Chiesa, sociali nella nazione, sociali nella congregazione. Ci vuole tutto un piano.
Se la teologia della perfezione tra i mezzi esterni mette questo piano – lo chiama piano, noi diciamo programma – della vita, è segno che ha importanza. Non andare mai così, come a zonzo, nel lavoro spirituale: spiluccare, quasi, una cosetta da un libro, una parola da una meditazione o un sentimento che nasce nel cuore, un po' il lavoro sopra un punto, il lavoro sopra un altro e poi l'abbandono e poi riprendere: [è] una vita inconcludente.
Se noi facciamo scuola, facciamo la scuola dobbiamo bene al primo giorno annunziare il programma. E il programma comprenderà – supponiamo – il testo. E dobbiamo prendere tutto questo testo, dobbiamo prendere una parte del testo. E bisogna dividerlo in tante parti quante sono le giornate di studio, cercando anche di – nel dividere <le giornate> la materia per le giornate di studio, – avere ancora delle giornate in avanzo; perché poi nel corso dell'anno possono succedere degli incidenti, per cui qualche cosa non riesce e può essere che uno venga malato per qualche giorno.
E quello che si fa quando si deve fare la scuola, ugualmente [deve essere fatto] per il nostro lavoro spirituale.
[Una] vita disordinata interiormente è una vita inconcludente, insoddisfatta, perché alla fine uno non sa che cos'abbia fatto. E arriva poi agli altri esercizi: “Che cosa ha fatto? sono andato avanti o sono andato indietro? Cosa ho concluso?”. Persone che magari dopo dieci anni di professione, ancora non hanno realizzato un vero progresso; persone che invece ogni anno la loro vita segna un progresso.
Quindi farci un piano dell'anno.
Oh! [...] materie. E perché? Appunto perché vi sono tante cose che non son regolate dalla vita comune propriamente. Tutto il lavoro interiore non è regolato dalla vita comune: sì, c'è l'esterno e cioè ci son le pratiche di pietà e gli orari, ma quello non costituisce ancora il lavoro di emendazione e di costruzione: è il lavoro interiore, di mortificazione da ciò che vorremmo, e il lavoro invece di conquista e quindi l'“abneget et sequatur”, “abneget semetipsum, sequatur me”, perché sempre il lavoro spirituale ha da consistere in due parti, sempre: “avete lasciato tutto e mi avete seguito”: sempre il lavoro in due parti. [...] [si interrompe].

Trascrizione del file: 1960-09-03_LaVitaReligiosa.mp3
Durata: 23.45


Don Giacomo Alberione
Roma, Regina degli Apostoli, 03.09.1960 - Prime professioni


La vita religiosa


È molto adatta la data della emissione dei voti, mediante la professione. Così si nasce a una vita nuova; la vita più bella che si possa fare sulla terra: la vita religiosa. Allora, ecco che si deve guardare a Maria e mettere sotto la protezione di Maria la vita religiosa, la vita di perfezionamento.
La vita di Maria è stata tutta un continuo progresso: inizio santissimo: la immacolata Concezione; e la chiusa santissima: l'incoronazione di Essa in cielo per mano della santissima Trinità.
La vita religiosa ha un impegno [...], il quale impegno comprende tutte le particolarità, poiché nella Professione si abbraccia una spiritualità, la spiritualità paolina, e l'impegno è di vivere secondo le Costituzioni, progredendo nell'osservanza di giorno in giorno.
Guardare a Maria. Se la vita religiosa ha come impegno principale – ed è la ragione sola di questa istituzione del divino Maestro, la vita religiosa – il perfezionamento, «se vuoi essere perfetto»: e allora «tutto mi dono, offro, consacro». Allora non si offre a Dio soltanto i frutti dell'attività umana di una persona, si offre la pianta. I cristiani offrono i frutti, i cristiani buoni, e cioè le loro opere buone, ma il religioso offre se stesso e abbraccia un dovere nuovo, che lo costituisce nello stato di perfezione: il dovere dell'osservanza religiosa.
Progredire!
Se nella professione si dice: “Tutto mi offro, dono e consacro”, certo il candidato, il professo dà quello che ha al Signore. Ma il Signore non si lascia vincere in bontà.
Quale è la risposta che dà il Signore, a mezzo del sacerdote, a chi si è offerto a Dio? “Riceverai il centuplo”, “possederai la vita eterna”. Capiamo le parole?
Il centuplo! Se il mondo conoscesse il grande contratto, il sapiente, pio contratto che fa il candidato, colui che emette la professione, che cosa penserebbe? Il mondo che aspira ai guadagni, ecco: ricevere il centuplo! Da [...] a cento! Allora i conventi si riempirebbero, per mirare a questo contratto, il più bello che si possa fare sulla terra: cento volte!
Oh, ecco le [...] se si mantiene l'impegno che si assume nella Professione, l'impegno di progredire.
Ho una cosa sola da dire: mirare alle altezze, non religiosi qualunque.
Quando si emette la prima Professione, dopo si deve dare prova per il tempo della Professione temporanea di progredir davvero. Non che il noviziato si debba considerare come l'anno più santo e cioè in cui uno [...] attento alla perfezione. Il noviziato immette sul campo del lavoro di perfezionamento e si entra – come sono entrati quelli che han fatto così direttamente la Professione – e si entra nel campo del lavoro, da coltivarsi, il campo.
Vedete i disegni di Dio su Maria. Quest'oggi, dopo il natale di Gesù, è il più felice natale che venga commemorato dall'umanità: il natale di Maria, la nostra madre. E certamente voi avete fatto stamattina come gli angeli, i quali hanno attorniato la culla della bambina celeste, e avete guardato a quelle manine di Maria, quali doni vi aveva portato.
Guardare a questa Madre. La sua vita è tutta un sorgere e progredire, come il sole, di ora in ora sul firmamento, arrivare al pieno meriggio e arrivare al tramonto, che non è un cader delle tenebre, è un accendersi di luci che sulla terra non si possono avere, quelle luci che accende il Figlio di Dio: “lucerna eius est agnus”: Lui, la lucerna stessa del Paradiso.
Questo santuario è una predica per il religioso. Qui davanti, voi vedete Maria e sopra appena appaiono le due dita del Padre Celeste, che indica questa creatura eletta, come abbiamo letto nel libro della Sapienza – avete seguito la epistola della Messa? –, la creatura come l'ha immaginata la Santissima Trinità. Poi dall'altra parte già è Maria la quale è profetizzata: “Porrò inimicizia fra te e il serpente”: è la Donna, ecco.
Poi vengono le profezie. Come è bello ricordare gli episodi che stanno sopra nella piccola cupola di questa Cripta, le quattro figure grandi di Maria. Come è bello ricordare i Profeti, tutto quello che di Maria è annunziato nell'Antico Testamento; poi, nel santuario superiore, la nascita e la sua vita privata, come l'episodio della perdita e il ritrovamento di Gesù nel tempio; poi Maria nelle varie fasi della sua vita; e Maria là, ai piedi della croce; e Maria che riceve l'incarico: è messa a madre nostra, a madre degli apostoli; Ella compie il suo ufficio come madre degli apostoli, come madre della Chiesa nascente, finché, avendo compiuto il suo apostolato sulla terra, il Signore la chiama a compierlo più perfettamente in cielo: ed è assunta, e viene incoronata.
Così il suo [...] è il cammino di un sole sempre più lucente, il sole che splende in Paradiso, – qui sulla terra il nostro sole è un sole materiale, un sole che ha una luce limitata anche quando c'è il meriggio – il sole Divino che risplende nelle anime, che fa conoscere i meriti che nella vita ognuno ha raccolti, la gloria che ha conseguito.
Lassù, Maria continua il suo apostolato, per ognuno.
I religiosi sono quelli che meglio vivono il cosiddetto “patto”, o meglio la divozione di san Luigi Maria Grignion de Montfort. Essi la compiono questa protesta, questa consecrazione, nel miglior modo.
Allora, ecco: mirare alle altezze: veri religiosi! perfetti religiosi! Non andare quasi dubitanti fra il mondo e quello che si è ottenuto, quello che si è professato durante l'emissione dei voti.
I migliori religiosi: i più osservanti. Poiché la santità di chi è professo, non può essere che una: l'osservanza religiosa e il progresso continuo, poiché quello è l'impegno vero, fondamentale. Tutti gli altri articoli delle Costituzioni sono il modo di raggiungere questa perfezione, i mezzi per raggiungere questa perfezione.
Il religioso perfetto. Non un religioso freddo, indifferente, un religioso che si strascina, quindi sempre poco contento, quindi sempre pronto a lagnanze, ma un religioso che l'ha abbracciata la vita, e la vive; e la vive questa vita.
Allora, il santo religioso. Le Costituzioni sono il direttorio pratico per il cammino in questa perfezione e Dio è il vero direttore spirituale, l'alto direttore spirituale.
Noi compiamo quello che vuol Dio sulla terra, come ministri suoi. Ma [è] lo Spirito Santo che dirige le anime, il quale ha penetrata tutta l'anima di Maria. E come l'ha santificata!
L'impegno anche nelle cose piccole.
Come sta un religioso che camminasse – come anche i ragazzi, gli aspiranti –, entra in chiesa con le mani penzoloni? Il Papa ha detto: “Vi voglio con le mani giunte!”, e lo diceva a persone molto distinte. In chiesa il segno della devozione: le mani giunte. Questo è un piccolo segno, ma può essere come il polso, che è una parte minima del corpo, ma indica lo stato di salute del corpo, tutto.
L'osservanza esatta, sì, nelle varie parti: l'apostolato, ma prima il lavoro spirituale, e poi il lavoro intellettuale e poi il completamento della formazione umana religiosa.
Mirare alle altezze! Non come quelli che si avvicinano al monte e guardano e si spaventano della salita; la desiderano, la vetta, ma non hanno il coraggio; oppure fan qualche passo e poi retrocedono, o fan qualche passo e poi si fermano.
Le altezze: che vuol dire perfezionamento. Bisogna dire: niente mediocrità. Il religioso, come del resto ogni cristiano, se è una mediocrità, non è mai contento, mai soddisfatto; e alle volte ha gli scoraggiamenti che vanno molto avanti.
Mirare alle altezze! Ogni giorno un piccolo passo, ma passi in avanti, non uno avanti e l'altro indietro! Alle altezze: allora così si imita Maria. È questo cammino così bello, il cammino più bello che possa fare un uomo sotto la protezione di Maria.
Religiosi perfetti. Macchinisti perfetti, librai perfetti, propagandisti perfetti e così in tutte le parti dell'apostolato. Vi sono quelli che continuamente hanno un impegno, e si vede che camminano; altri son fermi, son fermi, quando non retrocedono.
Soltanto la risoluzione, perché la vita religiosa è delle anime generose, è delle persone che veramente vivono una personalità propria; hanno fatto il loro voto, la loro professione con coscienza. Coscienza vuol dire sapere a che cosa si rinunzia, sapere che cosa si abbraccia, sapere il premio che aspetta: “Possederete la vita eterna”.
Sì, occorre muoversi, specialmente in gioventù. Perché poi quando uno mette la macchina in una marcia più elevata, dopo la mantiene: sì, secondo il passo che uno prende.
Però non che la professione sia come una mezza liberazione: è l'inizio! è l'inizio!
Quanti errori sotto la vita religiosa, quante coscienze che non sono, diciamo, pensate sui principi. “Quibus datum est a Patre meo”: “Non tutti capiscono questo, ma coloro a cui lo dà, lo consegna il mio Padre celeste”: bisogna aver la luce di Dio!
Quindi, il primo mezzo la preghiera, e la preghiera a Maria: seguirla passo passo.
Ma quando Iddio ha creato la vostra anima, o nuovi professi, quando siete stati portati al battistero della vostra parrocchia, Dio ha infuso doni particolari. Dio ha infuso particolari grazie, quando è scesa sopra di voi l'acqua battesimale. E questo Dio che ha cominciato così largamente con voi, – dovete saperlo, ritenerlo come certo, come persuasione abituale – ha cominciato per continuare e ogni giorno, se uno si mostra generoso, è sempre vinto dalla generosità di Dio, che moltiplica le sue grazie.
Ma preghiera e volontà: queste son le due condizioni, le quali voi avete portate, adesso, ai piedi dell'altare. Il Signore vi ha benedetto. E l'aumento della grazia deve venire non soltanto nell'atto in cui avete emesso la professione, ma durante la Messa.
Fino a che punto amare Dio?
Il religioso è colui che adempie perfettamente il primo comandamento: “tutta le mente, tutto il cuore, tutte le forze”. Fino a che punto ci ha amato Gesù? Dando la sua vita per noi. Fino a che punto ci ha amato Maria? Offrendo sul Calvario se stessa e il Figlio suo. E lì fu ancora, diciamo, un inizio di una vita più perfetta, finché venne chiamata al premio.
Dunque, via le mediocrità: religiosi che sono e non lo sono!
I migliori studenti! Prendete voi, fanciulli, un passo accelerato nella vita: risoluti! non mediocri! Non dubitando e facendo qualche passo in direzione giusta e poi qualche passo in direzione che in verità è una deviazione.
Anime generose. E quanto più voi sarete generosi, tanto più sarete contenti.
Allora la vita religiosa diviene un vero preambolo: beato il religioso perché di lui c'è il centuplo e di lui c'è la vita eterna. Ma il religioso vero.
Rimanga per quanto è possibile impresso nella vostra anima: non mediocrità, ma altezze! Mirare alle vette! Dietro a Maria, sotto la protezione di Maria, nelle intenzioni di Maria.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1960-03-02_ssp_quaresima.mp3
durata 26'45''


Don Giacomo Alberione - Roma, 02-03-1960, ai sacerdoti e ai discepoli


La quaresima, magistero di Cristo, vocazione paolina


Nel vocazionario di Roma progresso nella parte spirituale, progresso nella parte intellettuale, gli studi, progresso nell'apostolato e progresso anche nella parte di amministrazione, nella parte economica, come risulta dalle cifre.
Ora questo significa che, stabiliti sopra buone rotaie, si può correre e perciò fra un anno speriamo di avere la grazia di constatare un altro buon cammino fatto. Intanto ringraziamo il Signore e facciamo i nostri propositi, ricordando la frase di Pio undecimo, gli era abituale quella frase quando gli esponevano del bene compiuto e cioè: “Sempre più e sempre meglio”, “Sempre più e sempre meglio”.

Oh, – passando all'argomento della meditazione – domani ha inizio la quaresima. La quaresima risponde e ricorda il digiuno di quaranta giorni del Maestro divino e dalla prima domenica al giorno di Pasqua vi sono 40 giorni; togliendo le domeniche che non sono di astinenza né di digiuno, restavano 36 e allora la Chiesa ha voluto che si anticipasse la quaresima al giorno delle ceneri, cominciasse quattro giorni prima l'astinenza e il digiuno.
Tuttavia la quaresima si divide in due parti. La prima parte onora il magistero di Gesù Maestro; la seconda parte si chiama il tempo di passione e onora Gesù dolente, Gesù paziente, Gesù redentore. Perciò quattro domeniche più il tempo di passione.
Oh, in questo periodo allora, fino alla domenica di Passione, noi pensiamo e meditiamo e impariamo dal magistero di Gesù. Perché il nostro apostolato sia santificato e cioè facciamo il nostro apostolato in Cristo, con Cristo e per Cristo. In lui che è Via Verità e Vita eleviamo sempre la nostra mente sopra le cose contingenti, ricordando che siam sempre uomini e quindi c'è sempre la parte materiale e c'è sempre la parte spirituale. E cioè noi abbiamo da adoperare i mezzi che abbiamo in mano, che il progresso ha preparato per il Vangelo. E allora attraverso a quello che è materiale si arriva a quello che è spirituale. Gesù stesso ha voluto soffrire nel suo corpo: è nato per morire; non poteva morire come Dio e si è fatto uomo come noi per morire. E soffrendo nel suo corpo, nel suo cuore, nel suo spirito, egli ci ha dato la redenzione, ci ha guadagnato la vita soprannaturale, ci ha riaperto il paradiso. Perché mentre che soffriva nel suo corpo dava come Dio un valore infinito alla sua sofferenza.
Ecco, onorare il magistero di Gesù con la redazione, con la tecnica, con la propaganda: l'imitazione. Quest'apostolato che sia fatto in spirito soprannaturale, cioè in Cristo e per Cristo e con Cristo, con lui e per lui e in lui.
Perciò teniamo elevato lo spirito, perché se noi ci lasciamo andare a considerare solamente ciò che è materia, l'uomo non è solamente materia, l'uomo ha il corpo, ma ha pura l'anima razionale. Abbiamo sempre da operare come uomini, come uomini che però nella fede sono elevati. E quindi i fini soprannaturali: guardare al fine, il paradiso; guardare al fine, la salvezza delle anime, sì.
E ci sono macchine come hanno anche le tipografie comuni e ci sono librerie che hanno anche i librai comuni: ciò che distingue è lo spirito. Perché ci può essere un gran bell'uomo ed essere un uomo materiale: “animali sono”; e ci può essere un uomo molto meschino fisicamente, come era san Paolo, e che spirito c'era dentro! e che spirito c'era dentro in quell'anima così ardente!
Oh, mentre che onoriamo il magistero di Gesù e accettiamo tutto l'apostolato in spirito di penitenza, ecco che noi abbiamo da ricordare la mortificazione: la quaresima tempo di mortificazione, di penitenza, il dolore dei peccati e poi quelle mortificazioni che richiede la vita quotidiana, che richiede la vita religiosa per essere sempre più viva, e non cedere alle passioni, e non cedere a quello che ci porta fuori della strada, a nuove relazioni che poi disturbino lo spirito oppure facciano annegare lo spirito, non solamente disturbarlo ma annegare. Perché di lì a poco uno potrebbe esser diventato di nuovo un uomo, mentre che era figlio di Dio e mentre che era elevato ad un grado altissimo, anima consecrata al Signore.
Tra le mortificazioni dobbiamo ricordare questa: astenersi da quello che non è buono: almeno fino lì, almeno non fare il male. Mortificazione proprio per quello che riguarda il nostro stato particolare. Il nostro stato particolare è qui: dopo essersi consecrati al Signore, noi dedicare le forze al servizio di Dio, della Chiesa, delle anime. Occorre che ci sia nel paolino uno spirito proprio: lo zelo per la parola di Dio, quindi per i periodici, per i libri, per la pellicola sana, per la radio sana, per la televisione sana.
Ora questo zelo è la parte positiva. Ma la parte negativa antecede: almeno non fare il male e cioè togliere quella tendenza a leggere qualsiasi cosa, tanto più a leggere quello che va proprio sui margini e che poi gradatamente può preparar la via al peggio. Così togliere quella tendenza non sana alle pellicole che stanno sul margine, che sono riservate magari a persone adulte; togliere quella tendenza a udire abbondantemente la radio, togliere quella tendenza a stare così lungamente innanzi al televisore. Quando queste tendenze sono assecondate, si va contro la vocazione, si va contro la vocazione. Noi che professiamo di adoperare questi mezzi che la Provvidenza ha preparato, noi che professiamo questo dobbiamo proprio unirci a quelli che li adoperano, questi mezzi, per le trasmissioni per la comunicazione del male?
Oh, uno dei caratteri specifici della vocazione è di trovare nei giovani, nei chierici, negli aspiranti alla vita religiosa nostra, la delicatezza in questa parte. È un segno caratteristico proprio di questo. Quando si vede che vi è una tendenza a andare sui margini e quando pure non si passa di là dai limiti, e già non si è più solo sul margine della strada, ma già si passa nel fosso, allora vedere se qui ci sono dei segni della vocazione specifica o se mancano.
Oppure se magari è già consecrato al Signore e su questo punto si tende sempre ad una maggior larghezza, la vocazione può esser perduta poco a poco. E quando si ha la tendenza ad abbondare sia negli spettacoli cinematografici e sia a stare a lungo davanti al televisore oppure a sentire la radio oppure a leggere i libri già un po' dubbi, a procurarsi i giornali di nascosto o servendosi dell'occasione delle librerie o delle uscite, eccetera, si fa la strada al diavolo, si fa la strada al diavolo. Non vale nascondere il periodico o il libro o avere una radio occulta oppure cercare occasioni o dentro o fuori. Le conseguenze vengono da sé. Perché chi fa la strada al diavoletto, la strada qualche volta è una strada che non pare ancora tanto facile, ma a poco a poco quando si perde la delicatezza non si sa dove si va a finire, perché allora la strada diviene una strada che discende e una strada asfaltata, per cui ci possono essere... Vi sono delle cose che sono inspiegabili alle volte – di ruina – e vi sono cose che sembrano inspiegabili invece di edificazione, di costruzione – parte positiva –.
Quanto ai libri stiamo strettamente nella nostra via: ciò che non va, non va. “E che male c'è?” alle volte si potrà domandare. Ma è per un religioso questo? è per un paolino questo? I libri sani, la Bibbia, le vite dei santi i padri, la dottrina della Chiesa, teologia e poi tutto quello che conduce alla perfezione specialmente il Vangelo, l'ascetica, sì. Avere il gusto! Questo non è – diciamo – soltanto un consiglio: questo è un dovere. Poi noi abbiamo ancora da ispirare l'orrore a certe letture, a certi periodici, sì, e quindi ispirare una delicatezza verso quelli che noi editiamo. “Ma non han visto”. È inutile.
Se uno vuole che il Signore benedica il suo apostolato, sia delicato. Perché noi con la mortificazione, con la delicatezza, noi otteniam la grazia ai lettori, agli spettatori, agli uditori, otteniam le grazie. Non vale dire: “Io ho fatto tanto – supponiamo – in propaganda, ho fatto tanto”. Bisogna vedere se abbiamo fatto tanto nelle anime: che abbian ricevuto la luce, che il nostro libro o periodico sia stato accompagnato dalla grazia, che tocca le anime, le illumina.
Oh, occorre subito dire: “Ma tu sei paolino, quando vai <su questi> fuori del centro della strada, sui margini e hai gusti che sono gusti non buoni, tendenze che non sono buone?”. Le tendenze ci sono <ma bisogna...> secondo la natura, ma secondo la grazia noi dobbiamo, queste tendenze, cambiarle e diventare così: aver gusto per le cose spirituali, per le cose che sono più belle, più sante, quelle che stanno proprio nel centro.
Oh, vedere dunque se vi sono i temi specifici della vocazione paolina. E se vi sono i segni specifici della corrispondenza alla vocazione paolina. Su questo punto bisogna che noi andiamo alla pratica, perché non possiamo far amar l'apostolato da uno il quale, invece, non lo fa neppur per sé. Si amano gli altri secondo noi stessi. Ora se noi stessi non ci riserviamo quella vita che è edificante e delicata, non la ispiriamo negli altri, non la ispiriamo negli altri. Non vale a dire: “Ma io sono qui, sono là, non mi vedono, non mi sentono, sono già a dormire, ho chiuso la porta”, ecc.: non vale niente. Lo spirito, la grazia passa attraverso tutto e il male passa attraverso tutto. Vi sono comunicazioni che non possono essere percepite da nessun mezzo umano, sì; e non vale che ci sia il microfono, certamente.
Oh, allora vedere se quelli che formiamo noi abbiamo rilevato o rileviamo o constatiamo la delicatezza in questi punti che riguardano le letture, il cinema, la radio, la televisione. Noi sappiamo che cosa siano ci hanno detto i nostri superiori, – non è vero? –. E fu comunicato e ripetuto e vien sovente ripetuto dai nostri superiori, dal Papa, più volte.
Oh, non si può, non si può, non si può. Coloro che stanno troppo a queste letture vuote, di margine, o a queste pellicole di margine, quanto pure non sono al di là del limite, oppure a udire tutte queste trasmissioni di radio a lungo, oppure peggio, al televisore, il quale eccita anche di più il sentimento, perdono la personalità, non son più loro che si dirigono, ma la testa è piena, la fantasia diviene piena di altre cose e non è più l'uomo che pensa e vuole e si immette in una vita decisa, in un ordine di cose che sono veramente le sue e cammina. Si viene come banderuole. Gente che perde la coscienza, oltre che la personalità, bisogna che conserviamo integra la nostra coscienza, la nostra personalità in Cristo, personalità paolina.
Oh, questo lo volevo dire perché si badi nel seguire gli aspiranti e nel vedere noi stessi. Viviamo in quella rettitudine, in quella disciplina spirituale. Quando uno arriva alla professione, è approvato come uno che sa vivere già un po' da sé cioè si è già formato una personalità decisa, un carattere: e si può distruggere giorno per giorno, questo, e si può costruire e ristabilire sempre più fortemente giorno per giorno.
“Non licet”, bisogna dire tante volte. “Ma forse qualcheduno ha visto, qualcheduno ha veduto, qualche esempio è venuto di qua e di là”. Guardiamo mica agli esempi che non son buoni! guardiamo agli esempi edificanti! Purtroppo ci sono esempi non buoni, ma ci sono anche le conseguenze non buone. E se fossi in punto di morte, saresti contento di questo, di quello? oppure se fossi in punto di morte, non saresti più contento di avere compiuto per amore di Gesù, ad imitazione di Gesù, una mortificazione in questo o quello? Vi sarà la trasmissione della televisione per certe necessità, come può essere per udire il notiziario, per chi ha bisogno; ma bisogna noi ci fermiamo a certe cose.
E non si dica: “Ma quello è scrupoloso”. Lo scrupolo è una cosa, la delicatezza è un'altra. Quante vie non sono delicate, particolarmente su questi punti della mortificazione in quello <che riguarda> che sono le mortificazione specifiche, ecco in sostanza. Per evitare di compiere l'apostolato inutilmente. Altrimenti si faranno girare le macchine e si farà qualche cosa che è anche molto bella agli occhi degli uomini. Ma noi bisogna che misuriamo: io a quante anime ho giovato? Quali grazie ho ottenuto per i miei lettori o gli spettatori della pellicola oppure quelli che hanno da usare altri mezzi, la radio, la televisione e tutti? aggiungiamo anche i dischi, che ora prendono già il sopravvento in certe parti. Ma è già parecchio tempo che abbiamo pubblicato sul “San Paolo” di favorire anche questa iniziativa, oh, e vien favorita e già ha dei buoni risultati. Ha bisogno di progredire, come han bisogno di progredire le filmine, specialmente in ordine al catechismo, in ordine all'istituzione scolastica. E in questi giorni abbiamo sentito altri che ci chiedevano l'aiuto in questo. Be', non andiamo fuori dell'argomento.
Sappiamo: “Abstine et sustine”. Mortificarsi in quello che non è per noi; e sustine: sostieni il tuo apostolato, insisti nel tuo apostolato e se ti mortifichi sia proprio per le grazie della tua santificazione e per un apostolato più fecondo, più largo.
Si dicono tante cose, si danno tante spiegazioni umane o al progresso o alle deficienze: ma questo non viene da quel che è invisibile e cioè dallo spirito che c'è dentro o dallo spirito che non c'è dentro, che è ciò che manca. Abstine et sustine, particolarmente nel tempo di quaresima, sì.
E così onoriamo il magistero di Gesù, imitiamo il magistero di Gesù, otteniamo nel nostro magistero i frutti che vuole Gesù, che aspetta da noi Gesù.
Avanti dunque in semplicità e fermezza. Abstine et sustine.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1960-03-16_ssp_giuseppe.mp3
durata 30' 49''

Don Giacomo Alberione - Roma, Casa generalizia, 16-03-1960 - ai discepoli ssp

San Giuseppe, imitarlo, invocarlo


Dopo la meditazione vi sarà la santa Messa che celebrerò usando il calice offerto dai discepoli. Tutti abbiamo da unirci nelle intenzioni del Sacerdote – e [per] Sacerdote voglio dire principalmente Gesù Cristo, che è il grande Sacerdote; – particolarmente unirsi i discepoli, i discepolini, dal più giovane a colui che è stato tra di voi il primo nella professione; unirsi a chiedere le grazie per tutti, particolarmente per i discepoli i quali celebrano oggi una loro grande solennità.
Partecipare il più vivamente possibile alla liturgia. È magnifica la liturgia di oggi, la liturgia con cui si onora oggi san Giuseppe.
San Giuseppe conoscerlo e imitarlo e pregarlo.
San Giuseppe nella storia ecclesiastica è stato per qualche tempo come all'oscuro; poco se ne parlava; e questo è conforme ai grandi imperscrutabili disegni di Dio. Ma da qualche secolo, specialmente dal secolo XV, la divozione a san Giuseppe presso il popolo cristiano è andata penetrando ed estendendosi, penetrando le anime ed estendendosi a tutta la Chiesa; e il suo nome oggi lo incontriamo così spesso unito a Maria: egli che condivise la missione di Maria e in qualche maniera la servì, la missione di Maria, e particolarmente vi collaborò.
Nel breviario abbiamo letto quelle parole: “Profugum justum deduxit sapientia per vias rectas”, “Il Signore condusse il giusto, la sapienza di Dio condusse il giusto per le vie rette”. Il Signore dispose che molti anni prima che san Giuseppe venisse a compiere la sua missione, era già prefigurato: prefigurato in Giuseppe, colui che fu veduto dai fratelli; colui che fu condotto in Egitto; colui che fu fermissimo nell'osservanza della sua castità, a costo del carcere; colui che venne poi fatto il provveditore degli Egiziani durante la carestia; e colui che potè dire ai suoi fratelli: “Voi mi avete mandato qui, ma fu il Signore che ha condotto le cose. Sono stato mandato qui per voi e cioè per la vostra vita, perché io potessi dare aiuto e soccorso a voi nell'indigenza”.
La sapienza di Dio conduce le anime e se noi sappiamo abbandonarci alla sua condotta, dove veniamo condotti? dove veniamo guidati? Veniamo guidati per le vie rette. Le vie rette per ogni anima si riducono ad una: la volontà di Dio sopra ciascheduno di noi. Non abbiamo noi da farci un programma, parlando in generale, ma abbiamo da prendere il programma che Dio ha sopra di noi. Dio ha dei disegni su ognuno e chi compie i suoi disegni arriverà anche al disegno ultimo che Dio ha sopra di noi, cioè la santificazione, la salvezza eterna; poiché il disegno di Dio “vult omnes homines salvos fieri”, “vuole che tutti gli uomini arrivino a salvezza”.
Dice ancora il breviario: “Et ostendit illi regnum Dei”: il Signore fa sempre brillare davanti a noi la sua luce e, nella sua luce, il regno di Dio: il regno di Dio entro di noi mentre siamo in questa vita, il regno di Dio nell'eternità, la felicità. Conoscere il fine per cui si è creati! Per che cosa sono qui oggi? per che cosa spenderò la mia vita? “Ostendit illi regnum Dei”: la vita eterna. Quando si oscura questa luce, le anime si disorientano, come chi manca della luce in una notte oscura e può cadere in qualsiasi precipizio. La luce di Dio: “Ostendit illi regnum Dei”: chiedere sempre la luce a Dio.
E poi il breviario soggiunge ancora che il Signore accompagna il giusto nelle sue fatiche, nei suoi sacrifici; e accompagnò san Giuseppe: “honestavit illum in laboribus suis”, santificò con la sua grazia san Giuseppe, le sue fatiche, i suoi sacrifici, le sue pene. E arrivò al premio: “complevit labores illius”. Adesso san Giuseppe è glorioso in cielo, ma perché compì perfettamente la sua missione sulla terra. Egli poteva ignorare tante volte i vari passi che doveva fare per compiere la sua missione; ma infine c'era sempre una luce: la volontà di Dio, la salvezza, la santità. Quella è la luce che guida il giusto.
Quante volte ci crediamo sapienti e invece la sapienza non c'è! Sapiente è colui che prende la sapienza di Dio e cioè si lascia guidar da Dio. Alle volte noi domandiamo delle grazie al Signore che son contro di noi. “Oportet sapere sed sapere ad sobrietatem”: ognuno si stimi, ma si stimi modestamente per quello che è. Non chiediamo le grazie che son contro di noi! Tuttavia anche quando sbagliamo a chieder le grazie, il Signore dirige poi le nostre preghiere ad un fine che è a nostro vantaggio e allora brilla di nuovo la luce di Dio sopra di noi.
Conoscere san Giuseppe. Ora si sono pubblicati vari libri – e quanti anzi! – che ci fanno conoscere san Giuseppe. Abbiamo stampato anche quello che è migliore: la teologia di san Giuseppe. E per quanto è possibile e adatto all'età, ecco: i libri più semplici prima, e poi i libri sempre più alti, affine di penetrare la vita, i privilegi, le grazie, la santità, il potere di san Giuseppe in cielo.
Imitare san Giuseppe. Nella coroncina si domanda per mezzo di san Giuseppe al Signore questa grazia: di fare il lavoro spirituale, vivere come san Giuseppe il quale andava perfezionandosi giorno per giorno. Ogni giorno ci è dato perché facciamo meglio.
Si onora san Giuseppe come lavoratore e questo viene ricordato il giorno primo di maggio, in un'altra festa ad onore del grande Santo. Ma bisogna che noi penetriamo il senso di quella festa. Lavoratore [fu] san Giuseppe, ma [fece] un lavoro che era redentivo, un lavoro santificato, un lavoro che serviva per collaborare alla redenzione dell'umanità.
Però non solo questo lavoro, falegname, ma il lavoro spirituale: occorre, a penetrare meglio il senso della festa, il lavoro spirituale, cioè il lavoro di correzione, emendazione, il lavoro di costruzione. Ogni giorno costruire un poco l'edificio, aggiungere qualche mattone all'edificio: l'edificio della santità, l'edificio della perfezione. I piccoli al lavoro! Coloro che son già arrivati sul campo, in cui devono più esplicitamente compiere il lavoro del perfezionamento, al lavoro! La vita non ci è data per spenderla a nostro soddisfazione, ma per progredire, per prepararci per il cielo. È inutile aspirare al cielo se non ci prepariamo.
E se vogliamo andare coi santi, quella è la via: la santificazione nostra, il lavoro interiore, l'esame di coscienza, la meditazione, la visita. Ci sono poi le pratiche per domandar le grazie per compiere i propositi dell'esame di coscienza, i propositi della meditazione, i propositi della visita: queste preghiere [sono] il rosario, la messa e particolarmente la comunione. Ma il lavoro interiore comincia dall'esame di coscienza. Perché? Perché il lavoro spirituale comincia dal detestare ciò che non è buono. Questo è l'inizio della via che conduce alla santità: la detestazione, il dolore di quello che non è perfetto. Quando poi si è arrivati ai voti, si è scelto un lavoro nella vita e risulta dalle Costituzioni: la gloria di Dio e la santificazione, il perfezionamento mediante i voti e la vita comune; e il secondo articolo, e cioè l'apostolato. Lavorare per questo perfezionamento, come san Giuseppe ha impiegato tutta la sua vita terrena in questo lavoro. San Giuseppe lavoratore; ma prima il lavoro interiore, il lavoro spirituale.
E pregare san Giuseppe. Sì, abbiamo da pregare san Giuseppe per ciascheduno di noi, ciascheduno sa la sua posizione. È sempre bello nelle feste solenni – e una delle feste solenni è quella di oggi – si recita il salmo, nelle ore minori, si recita il salmo: “Beati immaculati in via qui ambulant in lege Domini”, “Beati quei che camminano immacolati, senza macchia nell'osservanza della legge di Dio”. Quel salmo consta – ed è il più lungo – di circa 120 versetti. In quei 120 versetti circa, in ogni versetto si domanda la grazia di far la volontà di Dio, di seguire i comandi di Dio, i voleri di Dio. L'espressione è – si può dire – in ogni versetto un po' nuova, ma in fondo sempre si chiede quello. Vedete come noi dobbiamo, specialmente nelle feste solenni, domandare per circa 120 volte nel breviario [di] compiere la volontà del Signore, dilettarsi nella volontà del Signore, domandar perdono se ci siamo allontanati dalla volontà del Signore, e poi contemplare il premio di chi fa la volontà del Signore, la volontà di Dio.
Oh, domandare la grazia di compiere questa volontà di Dio! Vi sono gli indirizzi generali che si danno nelle prediche; ma vi sono poi gli avvisi particolari in confessione, in direzione spirituale: prendiamoli come detti a noi, come l'espressione del volere di Dio sopra di noi. Ma poi ci sono tante ispirazioni di Dio. Perché? Perché il Signore lavora lui l'anima nostra; noi abbiam da assecondare il suo lavoro, la sua grazia. Ed egli, il Signore, che è nell'intimo dell'anima nostra quando si è in grazia di Dio, il Signore parla, non è muto; il Signore comunica all'anima. Potessimo conoscere le finezze della divina Provvidenza per ciaschedun anima! Non siamo sempre dei superficiali, né siamo troppo assetati di cose esteriori, specialmente delle notizie che non ci giovano, no!
Abbiamo dentro di noi una storia intima che si sviluppa: è la storia delle misericordie di Dio ed è la storia della nostra corrispondenza. Se la storia della nostra corrispondenza asseconda il volere di Dio, cioè la storia delle misericordie di Dio, allora la misericordia di Dio metterà la corona al nostro lavoro interiore, il Paradiso, il premio proporzionato.
In questo tempo, gennaio, febbraio e anche marzo, particolarmente ieri, mi sono stati presentati i conti: i conti che riguardano l'amministrazione, i conti che riguardano i libri che si son fatti, il numero di copie di periodici usciti, il numero delle copie diffuse, le giornate per esempio che si sono fatte per il Vangelo, per il catechismo. Un elenco di cifre consolantissime. E una parte di questa consolazione viene proprio da voi che siete qui presenti.
Dicono che le cifre non son poesia; ma dietro alla cifra arida, ci sta veramente la poesia; e cioè ci sta una cifra che gli uomini non han l'aritmetica per contare. È un'aritmetica riservata a Dio. E questa poesia e questa aritmetica è quella che rappresenta i meriti: chi li conta?
Quelli che riempiono la giornata di meriti! Non stancarsi, non stancarsi! Vi è il Signore, il quale non sbaglia nella sua aritmetica, non gli sfugge neppure il minimo sospiro di bene, il minimo desiderio, perché c'è pure un apostolato dei santi desideri.
Chiedere, per l'intercessione di san Giuseppe, di far rendere la vita al massimo. Sono così solleciti i negozianti di far rendere il loro negozio! Ora il negozio unico più grande – diciamo unico e più grande, perché questo si può intendere sotto due aspetti – [è] il negozio dell'eterna salute. Far rendere la vita!
Poi pregare san Giuseppe per la Chiesa. Teniamo presenti i bisogni di tutta la società, possiamo dire tutti i bisogni della Famiglia paolina, ma allarghiamo anche il nostro cuore, comprendiamo tutte le necessità della Chiesa, che vuol dire le necessità dei fratelli. Siam diventati figli di Dio per il battesimo, siamo tutti fratelli. Pregare per il Papa, particolarmente mettendo le intenzioni che egli ha in riguardo al Concilio ecumenico; pregare per l'episcopato, per i religiosi, per i sacerdoti, per tutti i cristiani. Estendere la preghiera ai cristiani che sono un po' dell'altra sponda. E poi estendere le nostre intenzioni a tutta l'umanità.
Pio IX ha dichiarato san Giuseppe protettore della Chiesa universale e noi assecondiamo l'intenzione di quel grande Papa. Tutta la Chiesa sotto la cura, la protezione di san Giuseppe, affinché come san Giuseppe ha salvato la minacciata vita di Gesù fanciullo, bambino anzi, così salvi la Chiesa dalle ostili insidie: Ma non solo questo, ma che infonda nella cristianità, cioè nella Chiesa, un cuore sempre più aperto e infonda in ogni anima uno zelo missionario, che vuol dire compiere la nostra missione. E poi particolarmente ricordare coloro che lavorano in quelle regioni che son chiamati luoghi di missione, terra di missione.
Pregare perché tutte le pubblicazioni riflettano il pensiero di Gesù Cristo che è la Verità; lo riflettano sempre meglio, più profondamente e più popolarmente. Perché tutti i nostri libri e così i periodici e tutta l'attività rifletta la morale cristiana, gli esempi che Gesù ci ha lasciati, rifletta quello che intendiamo di dire e si penetri sempre di più Gesù Cristo mediatore, Via Verità e Vita.
E pregare perché la sacra liturgia sia ben penetrata e sia sempre più conformata a quello che è lo spirito della Chiesa. E consideriamo sempre le due preghiere: la preghiera personale e la preghiera liturgica; e sappiamo associarle. L'una, la liturgica, è maestra della preghiera personale privata; ma noi diamo l'importanza che <a> ognuna delle due preghiere merita, perché siamo completi; affinché l'insegnamento liturgico entri praticamente nelle nostre anime; si conosca sempre meglio Gesù Cristo, Via Verità e Vita e lo si segua e lo si ami; lo si ami come lo ha amato san Giuseppe. Il quale godeva già su questa terra qualche cosa che non è riservata a noi. Egli aveva una intimità con Gesù; visse tanti anni con Gesù; fu il nutrizio di Gesù; e mentre che ne era padre putativo, e cioè aveva dei diritti legali e morali sopra di lui per la sua missione, egli era anche il discepolo di Gesù: lo ammirava, lo sentiva e lo imitava. E appunto perché Gesù si era fatto suoi figliuolo putativo, egli restava meravigliato di vedere nel Figlio di Dio incarnato tanta umiltà da obbedirgli. E il modo di dare le sue disposizioni, i suoi comandi, era tutto un modo delicatissimo: da una parte il dovere di guidare la sacra Famiglia e, dall'altra parte, la sua umiltà, che gli mostrava come egli non fosse degno di una così alta missione.
Conoscere dunque sempre meglio san Giuseppe, imitarlo nel lavoro di perfezionamento, e pregarlo per tutti, pregarlo per ognuno di noi. Ciascheduno ha qualche cosa da domandare. Particolarmente rivolgiamo le nostre preghiere a san Giuseppe per i discepoli.
Mi hanno detto che la coroncina a san Giuseppe è un po' lunga. E un altro mi ha detto: “Quelli che dicono che la coroncina a san Giuseppe è un po' lunga, dimostrano una pietà corta”. Ma nessuno di voi ha la pietà corta. Abbondanza sempre di preghiera, particolarmente oggi!
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1960-09-17_LetturaSinodoRomano.mp3

Don Giacomo Alberione - 17/09/1960

Lettura del Sinodo Romano

Vi è nel Sinodo, un numero rilevante di articoli che è bene leggere come lettura spirituale, specialmente in alcune delle parti, essendo 8 le parti. Se poi noi mettiamo assieme tutto quell'insegnamento con i discorsi di sua Santità, abbiamo tutta l'impressione che i due fini da raggiungersi si vuole proprio raggiungerli: santificazione del clero e santificazione del popolo per una vita pastorale.
La prima stesura che hanno distribuito per chi doveva esser presente è uso manoscritto, quindi non è definitiva. Perciò si ascolteranno ancora e pondereranno le osservazioni che possono venir fatte, i suggerimenti anche per quel che può mancare ancora: le opere non sono mai perfette.
Quanto agli insegnamenti diretti, alla parola diretta del santo Padre, adesso ci fermiamo sopra il discorso tenuto ieri e domani mattina [su] quello che ha tenuto questa mattina.
Dunque – dice la nota iniziale per questo secondo colloquio, per questa seconda predica, – si ricava dal Concilio di Trento, capitolo “De reformatione”: sono punti di dottrina e indirizzi pratici di condotta, che ci sono familiari dagli anni del seminario, dice il Papa, e ce li siam sentiti ripetere tante volte. Dice che niente è più efficace a incoraggiare il popolo a essere pio, a essere retto, a essere fedele alla sua professione, cioè agli impegni che ha assunto nel battesimo, nella cresima, ecc. niente vale di più che l'esempio del sacerdote. Quindi dobbiam essere esempio perché il popolo cammini bene e chissà quanta responsabilità e quanti meriti.
Il Papa nota quel principio generale che è messo in quel capitolo “De reformatione”: «Sic decet» e fa sentire questo “decet” ad ogni costo, non è solo convenienza: vi sono necessità e precetto, «clericos in sorte Domini vocatos, vitam moresque suos omnes componere, ut habitu, gestu, incessu, sermone aliisque omnibus rebus nihil nisi grave, moderatum ac religione plenum prae se ferant». E questo principio ha suggerito alcuni degli articoli che ci sono.
«Levia etiam delicta, quae in ipsis maxima essent, effugiant».
E poi: «Quo maiore, in Ecclesia Dei, utilitate et ornamento haec sunt, ita etiam diligentius sunt observanda». E allora dice che fra le cose che vuole ricavare da questo principio della Sessione XXII “De reformatione” tre punti vuol trattare: cioè per quel che si riferisce alla testa, quel che si riferisce al cuore e quel che si riferisce alla lingua.
E allora leggiamo qualche cosa.
Quanto a ciò che si riferisce alla testa: a capite innanzitutto, dice, dalla testa che si misurano la dottrina, il giudizio, il buon senso dell'uomo di Chiesa, del sacerdote di Cristo, e cioè la dottrina, il giudizio, il buon giudizio dell'uomo di Chiesa. La scienza suppone lo studio; e lo studio è necessario: dagli anni della preparazione sacerdotale, a quelli dell'esercizio del sacro ministero, sino agli ultimi giorni della vita, ecco. Non si può interrompere lo studio: quindi una certa quantità di tempo da dedicarsi.
Oggi più che mai è evidente la necessità della buona coltura. L'ignorante, l'incapace non può, non deve essere ordinato sacerdote. E cita qualche cosa di quello che vien detto nei Seminari, nei Sinodi, nei Concili, nelle Costituzioni pontificie, nei detti dei Padri e dei teologi, che insistono sullo studio: bisogna studiare e studiar tutta la vita, conclude.
E l'oggetto di sempre nuovi studi non mancherà mai. Però scegliere i libri, scegliere le letture! Non qualunque cosa! Non tutti sono buoni, non tutti sono perfetti in fatto di conformità alla pura dottrina del Vangelo, e degli interpreti più noti e sicuri nell'insegnamento cristiano.
Se segue il sacerdote l'insegnamento cristiano come è nel Vangelo, allora potrà rendere testimonianza più fedele del Vangelo al popolo. Ed è in questo buon giudizio che si misura il valore del sacerdote.
Poi parla delle materie letterarie, di ogni cosa che può interessare il sacerdote. E che però non si vada a uno sbandamento intellettuale, prendendo posizioni bizzarre e pericolose, verso le quali si corre da chi manca di esperienza, ed è portato facilmente, e presto, a confidare in se stesso.
Quindi dice: Antico e Nuovo Testamento; Padri e grandi maestri della filosofia e della teologia, principe l'Aquinate; scienza liturgica e la sua applicazione; la conoscenza e pratica della legislazione della Chiesa; poi la liturgia che deve essere meditata per venire messa in pratica e celebrata degnamente. E vi è forse ecclesiastico, anche di modeste proporzioni intellettuali, che non possa aspirare a questa soddisfazione intima che la grazia del Signore assicura alle buone volontà nutrite e fortificate da bella coltura attinta, non a piccoli rigagnoli, ma alle grandi opere, alle opere robuste di cui anche l'età nostra è capace, in emulazione umile e coraggiosa delle grandi pubblicazioni del passato: Padri, scrittori e Dottori della Chiesa, sempre maestra di verità in tutti i secoli?
San Pietro ammonisce circa lo studio della Bibbia: «Cui bene facitis attendentes, quasi lucernae lucenti in caliginoso loco, donec dies elucescat, et lucifer oriatur in cordibus vestris: hoc primum intelligentes, quod omnis prophetia, Scripturae propria interpretatione non fit».
Eguale criterio giusto ci vuole poi nella sobrietà intellettuale, e cioè che non si proponga di dire ciò che non si sa. E quindi insiste sulla necessità humani generis.
Torna ben a proposito quanto un recente scrittore ecclesiastico distintissimo, e insigne pastore di anime, scriveva ai suoi sacerdoti per metterli paternamente in guardia: «Il soggettivismo personale in teologia fa degli eretici: in ascetica nutre degli illusi, e nelle discipline canoniche crea gli indisciplinati, quindi dei fuorviati dalla cooperazione alle opere di Dio»: queste parole sono del cardinal Schuster.
E poi richiama quello che noi abbiamo molte volte detto nelle nostre meditazioni: mettere sempre a fianco le tre leggi: lex supplicandi, lex credendi, lex vivendi.
Ecco allora questo che riguarda lo studio e che riguarda lo studio progettato bene, evitando le perdite di tempo. Può essere che uno dica anche che non ha tempo, ma fan sempre più cose quelli che han molto da fare e trovano più facilmente il tempo – dice Pio XI – a fare quello che vien loro assegnato, che quelli che han poco lavoro. Più facilmente accettano quelli che han già molto lavoro che quelli che han poco lavoro.

Oh. Secondo: il cuore. Passiamo al cuore.
Quando è detto di un sacerdote: “è un uomo di cuore”, questa è la prima nota felice che inizia un elogio a cui di ordinario molta gente facilmente si unisce. E si unisce sovente a tal punto da perdonargli anche qualche esuberanza di moti della testa meno aggiustati ed opportuni. Viene anche fatto molto credito a quanto scrive.
Ora la dignità del nostro ministero ci suggerisce di non prendere ciò alla leggera. Anche le ragioni del cuore vanno studiate e giustificate o corrette.
Quindi: le ragioni del cuore. Il Papa dice che hanno da camminare insieme la carne nostra e il cuore.
Il cuore di un sacerdote deve essere riempito di amore, come la testa deve essere splendente di verità e di dottrina. Amore a Gesù, ardente, piissimo, vibrante e aperto a tutte quelle effusioni di mistica intimità che rendono così attraente l'esercizio della pietà sacerdotale, della preghiera, tanto la preghiera ufficiale della Chiesa universale, come sono le pratiche particolari.
Allora è sorgente perenne di coraggio, di conforto fra le difficoltà, talora anche fra le asprezze della vita e del ministero sacerdotale e pastorale.
Amore alla Chiesa poi – dopo l'amore a Gesù, e alle anime – specie di quelle affidate alle nostre cure ed alle nostre più sacre responsabilità: anime appartenenti a tutti i ceti sociali; però, con particolare interesse per quei ceti verso cui bisogna praticare le 14 opere di misericordia: o misericordia corporale o opere di misericordia spirituale.
«Animas vestras castificantes, in oboedientia charitatis, in fraternitatis amore, simplici corde invicem diligentes attentius»: san Pietro. E quindi basta la castità.
Carità e fraternità collo studio della purificazione dell'anima, ma anche del corpo, e della carne, «rigenerati come siamo non da seme corruttibile, ma incorruttibile per virtù della parola di Dio vivo, che dura in eterno»: san Pietro.
E poi parla a lungo della lettera di san Pietro.
[Sembra qui che dica sottovoce: Ho chiesto di questo].
Arrivato a questo punto della sua seconda ... lettera, san Pietro ci introduce – seconda no, ma nella prima – con un passaggio rapido di immagini e di parole ad un richiamo che tocca da vicino la realtà della nostra vita sacerdotale, riempita sì e fortificata dalla grazia che crea gli angeli e i santi, ma non immunizzata dalle tentazioni della carne, che rappresentano un pericolo quotidiano, un inganno continuato, teso sovente alla bontà del cuore. Ah! cuore e carne, che preoccupazione per la nostra fedeltà ai grandi e santissimi impegni assunti nella nostra ordinazione sacerdotale, da quel giorno in cui ci sentimmo dire davanti all'altare: «Adhuc liberi estis»; e dopo un minuto di silenzio facemmo il nostro passo avanti per una consacrazione della nostra vita registrata nei cieli, e anche quaggiù proclamata in faccia a tutta la Chiesa e al mando intero!
Anche il cuore è di carne, e cuore e carne devono fare il viaggio insieme. San Pietro ancora: «Omnis caro ut foenum: et omnis gloria eius tamquam flos foeni. Exaruit foenum, et flos eius decidit», «Ogni carne è come erba, e ogni suo splendore è come il fiore dell'erba: l'erba seccò e il fiore dell'erba cadde».
Qui il santo Padre risponde a tante domande obiezioni, parole che son dette:
Diletti Fratelli e figli: questo nostro carico di sacre responsabilità pontificali e pastorali è confortato da molte grazie del Signore che soccorre alla Nostra indegnità. Vi invitiamo ad unirvi al Nostro spirito nel benedire il Signore. Ma sapete che cosa affligge di tratto in tratto più vivamente le Nostre giornate? È il gemito, vicino o lontano, — e non tanto da Roma adunque, ma dai punti più vari della terra — che arriva sin qui, il gemito di anime sacerdotali a cui la compagnia del cuore e della carne nel viaggio della vita, e persino nell'esercizio poco vigilato del sacro ministero, ha recato grande pregiudizio, in faccia a Dio, e in faccia alla Chiesa ed alle anime, grande disonore e grandissime e amarissime pene. Soprattutto Ci accora che per salvare qualche lembo della propria dignità perduta si possa da qualcuno vaneggiare circa la volontà o la convenienza per la Chiesa Cattolica di rinunziare a ciò che per secoli e secoli fu e rimane una delle glorie più nobili e più pure del suo sacerdozio. La legge del celibato ecclesiastico e la cura di farla prevalere resta sempre un richiamo alle battaglie di tempi eroici, quando la Chiesa di Cristo dovette battersi, e riuscì, al successo del suo trinomio glorioso, il quale è sempre l'emblema di vittoria: Chiesa di Cristo, tre qualità: libera, casta e cattolica.
A prevenire le debolezze del cuore, ad arrestarle, a correggerne le nefaste conseguenze, san Pietro riprende la parola che aveva sospesa davanti al fiore dell'erba, presto disseccato, e poi continua col tono, con le parole della lettera di san Pietro.

Eccoci al terzo punto: e cioè la lingua.
Che parole! che insegnamento a tutti, ma al clero particolarmente!
Trattasi, dunque, non più della testa, o del cuore, ma della lingua. Siamo sempre nella dottrina o nell'ordine della carità: ma con speciale riferimento al dono fatto da Dio all'uomo di trasmettere al cielo ed alla terra in voce risonante ciò che è interiorità dello spirito. «Siate concordi — scriveva San Pietro da Roma ai lontani fedeli dell'Asia Minore — compassionevoli, amanti dei fratelli, misericordiosi, modesti, umili: non rendete male per male, né maledizione per maledizione: invece benedite, perché a questo siete stati chiamati. Chi ama la vita e vuol godere giorni felici, raffreni la sua lingua dal male, e le sue labbra non dicano menzogne. Fugga il male e faccia il bene».
Fratelli e figliuoli: non vi sgomenti ciò che stiamo per dire. Abbiamo l'impressione che, sul punto del governo della lingua, più o meno pecchiamo un po' tutti: e che il saper tacere e il saper parlare a tempo e bene sia un segno di grande sapienza e di grande perfezione sacerdotale.
In un bel volume, che rivela le intimità spirituali del Nostro grande Predecessore Pio XI di santa memoria – e riferisce un tratto della vita di Pio XI stampato da noi – è detto che egli, benché fosse così dotto, così compreso della sua dignità e responsabilità, era ad un tempo così riservato nei giudizi, da non dire mai male di alcuno, e quando gli avvenisse di sentirne dire da altri, anche in intimità di conversazione, volgesse tutto in interpretazione benigna, o arrestasse senz'altro l'argomento.
E poi dice che la lunga esperienza della vita deve insegnarci più a vedere nel prossimo il bene che non il male.
E poi di nuovo san Pietro, seguito da san Paolo che è anche più forte. Più di tutto è energico il linguaggio di san Giacomo nell'epistola cattolica. Dice: «Nolite plures magistri fieri, fratres mei, scientes quoniam maius iudicium sumitis. In multis enim offendimus omnes. Si quis in verbo non offendit, hic perfectus est vir: potest etiam freno circumducere totum corpus...», sì, chi frena la lingua può dominare tutto il suo essere. «Lingua modicum quidem membrum est, et magna exaltat. Ecce quantus ignis, quam magnam silvam incendit! Et lingua ignis est, universitas iniquitatis. Lingua constituitur in membris nostris, quae maculat totum corpus, et inflammat rotam nativitatis nostrae, inflammata a gehenna. Omnis enim natura bestiarum et volucrum et serpentium et caeterorum animantium domantur, et domita sunt a natura humana; linguam autem nullus hominum domare postet, inquietum membrum, plena veneno mortifero. In ipsa benedicimus Deum et Patrem, et in ipsa maledicimus omnes, qui ad similitudinem Dei sunt facti. Ex ipso ore procedit benedictio et maledictio. Non oportet, fratres mei, haec ita fieri... Quis sapiens et disciplinatus inter vos? Ostendat ex bona conversatione operationem suam in mansuetudine sapientiae. Quod si zelum amarum habetis, et contentiones sint in cordibus vestris; nolite gloriari, et mendaces esse adversus veritatem».
Questi tratti ce li avevano fatti studiare in seminario.
Oh, non ho il seguito di questo discorso, che ora non ha citato, ma qui ce n'è abbastanza, in vero.
Riflettiamo su quanto il santo Padre ha voluto dire in questi tre giorni e cioè sull'uso della testa, cioè nello studio; e poi sull'uso e santificazione del cuore, che sia tutto di Dio, che sia sempre pieno di amore alla Chiesa e alle anime; e terzo l'uso della lingua, la lingua che si può adoperare nel bene e si può adoperare nel male. Dalla lingua innumerevoli beni: «In omnem terram exivit sonus eorum, et in fines orbis terrae verba eorum»; e tutti gli insegnamenti di scuola e tutte le relazioni con il prossimo e tutte le relazioni sociali e tutte le preghiere che possiamo dire con la lingua, universitas bonorum. Ma quando ci sta sotto un cuore frivolo, vuoto, quando ci sta un cuore pieno di invidia, di gelosie o di sentimenti che non sono conformi al cuore di Gesù, che cosa avviene poi? «Ex abundantia cordis os loquitur».
Quante parole! E forse è più facile questo nei convegni? Ho sentito mentre che stavo là, dove avevano esortato a non dire ai dire ai giornalisti quello che c'è scritto nella prima stesura, qualcheduno lì che mormorava: «Ma non dirlo è grave!». Sì, per fare i convegni, oh, abbiamo già acquistato questa ostinazione? meritato queste azioni?
Ad ogni modo, santifichiamo la lingua perché è universitas bonorum e anche universitas malorum. Sì. Quindi saperla usare in bene, semplice e segretamente, e poi dopo si canteranno le lodi in Cielo. Sì.
Se uno pronunzia bene tutte le parole del breviario, ecco, questo è cosa prescritta e con quella lingua per cui si benedice Dio, non si maledicono gli uomini o gli avvenimenti. Se siamo giudiziosi o no, uno vien subito misurato dal suo parlare. Sì. E particolarmente quando ci si mette contro una persona.
Allora qui, nell'altro foglio, c'è il lungo insegnamento di un santo vescovo di Venezia, san Lorenzo Giustiniani. Ma noi possiamo profittare dell'insegnamento di san Giacomo nell'epistola.
Particolarmente quando vi era tanta opposizione a quel che aveva stabilito san Pio X, non osavano sempre – molte volte è normale – prendersela col Papa o criticare il Papa Pio X, e allora i capri espiatori erano due: il cardinal Merry del Val e il cardinal De Lai. E in ogni tempo chi precede e chi va innanzi trova opposizione e allora tutto quello che vien detto e fatto èn preso in un senso che non è conveniente e si mettono in ridicolo persino cose che sarebbero edificanti, invece, e son meritorie davanti a Dio. Sì.
E dunque vigiliamo sulla nostra lingua.
Domani poi il commento alla “Ego sum pastor bonus”, al tratto di Vangelo, per parlare della azione pastorale.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1960-09-20_LaBibbiaLaCastita.mp3

Don Giacomo Alberione - Ariccia, 20 settembre 1960

La Bibbia - La castità


Domani [sarà] festa di san Matteo apostolo ed evangelista.
San Matteo [è stato] il primo evangelista, poi segue san Marco, poi san Luca e ultimo san Giovanni.
I vangeli formano una parte della Bibbia, la parte che possiamo dire principale.
La Bibbia si compone di 72 libri – di cui 4 sono gli Evangeli –: i primi cinque di Mosè; poi avanti: i libri storici, i libri profetici, i libri didattici; quindi 46 libri dell'Antico Testamento, cioè prima della venuta di Gesù Cristo. Poi dalla venuta di Gesù Cristo: gli Evangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere degli Apostoli, l'Apocalisse formano 27 libri del Nuovo Testamento.
La Bibbia ha per autore Dio, il quale ha illuminato lo scrittore a conoscere quello che doveva scrivere. Poi lo ha mosso con la sua grazia a scrivere, ha mosso la sua volontà. Poi l'ha guidato a scrivere tutto ciò che voleva il Signore e non di più e scrivere senza alcun errore. Così la Bibbia ha vari scrittori, ma si può dire che l'autore è uno, perché è sempre Dio, il quale è come colui che detta. Se [uno] detta anche ad esempio una lettera, perché per esempio non può scrivere [essendo] ammalato, l'autore della lettera è sempre chi la detta e lo scrittore invece è un amanuense, uno che scrive, nota quello che vuol dire l'autore vero della lettera.
Perché Iddio ha voluto scritta la Bibbia? Il Signore ha voluto la Bibbia scritta perché fosse fissata la rivelazione, la rivelazione di Dio agli uomini. La Bibbia invita gli uomini al Paradiso e insegna la strada per arrivarci. Invita gli uomini al Paradiso e indica le verità da credere, e le opere buone, i comandamenti da seguire e la preghiera, il culto da dare a Dio e così l'uomo arriva al Cielo, salvo.
Si leggono innumerevoli libri. Ma come saremmo noi ingrati se non leggessimo la lettera di un padre che scrivesse a noi suoi figli! Quando un giovane riceve la lettera del padre, per poco che ami il padre, la legge diligentemente, la legge tutta, magari ripete la lettura e considera ogni parola, persino i saluti, che esprimono il pensiero del padre, l'affetto del padre verso di lui. Una grande disgrazia è questa: di leggere tante cose e non leggere la Bibbia, la lettera del Padre celeste agli uomini. Dove parla, come Padre celeste, delle cose che interessano tutti, la salvezza eterna.
Oh, per questo la Società San Paolo fin dall'inizio si è data alla stampa, alla propaganda della Bibbia, in particolare di quello che è più importante, cioè il Vangelo, le lettere degli Apostoli, gli Atti degli Apostoli e poi in generale di tutta la Bibbia. Adesso si sta celebrando un anno biblico. Anno biblico il quale è destinato a diffondere la Bibbia. Abbiamo in movimento macchine che la producono, che stampano; in movimento anche le macchine che la portano nelle varie città e persino nei borghi, nelle famiglie. Ci sono le suore di San Paolo, ad esempio, e ci sono anche coloro che vanno in particolare a certi ceti di persone alle quali non si arriverebbe in altra maniera.
Fin dall'inizio, dal 1918 si è stabilito l'Unione Cooperatori la quale ha come fine anche questo, principalmente questo: la diffusione della Bibbia, del Vangelo. E quante giornate del Vangelo, quante settimane del Vangelo e in quante maniere si è fatto arrivare il Vangelo! Se la Società San Paolo ha case in 23 nazioni, dappertutto porta il Vangelo o la Bibbia intera, sì: meglio la Bibbia intera, ma almeno – il minimo – il Vangelo e poi ancora meglio se si aggiungono gli Atti degli Apostoli e le lettere di san Paolo apostolo.
Quindi quanti milioni di Bibbie, di Vangeli siano state diffuse è un po' difficile a dirsi, sì. Quanti milioni! E tuttavia quanto rimane da fare! Perciò una società si è costituita, società internazionale, perché siamo in 23 nazioni: società internazionale per la conoscenza e per la divulgazione, per la lettura della Bibbia, specialmente del vangelo.
Oh, adesso, tornando poi in camera, troverete lo statuto della Società Biblica Internazionale Cattolica. E poi ci sta un foglietto vicino in cui si domanda che si faccia una firma. Per che cosa? mica per pagar dei soldi! Una firma in cui si chiede l'approvazione della Società Biblica Internazionale, cioè si desidera, si esprime un desiderio, che sia non solamente approvata come è dalla Santa Sede, ma sia approvata con una approvazione superiore a quella che ha attualmente. Perché le approvazioni sono di vari gradi. Oh, se fate questo, fate un'opera buona.
E facendo questo acquistate già un'indulgenza, perché a tutto quello che si fa per la Bibbia, vi sono indulgenze. Oh, la Chiesa ci sta tanto che si legga la Bibbia e che si diffonda! Quante volte il Papa parla della Bibbia! Tra le altre cose, in principio del suo pontificato, aveva detto: «Tutte le iniziative cattoliche mi stanno a cuore, ma soprattutto la diffusione e tutto quel che si fa a favore della Bibbia, cioè del libro sacro, del libro di Dio. Questo», egli dice, «è come il pensiero che più nutre e che più vuole che sia conosciuto: suo desiderio vivissimo». E quando parla il vicario di Gesù Cristo, ecco, Gesù Cristo stesso si compiace, poiché il vicario di Gesù Cristo esprime i desideri di Gesù stesso.
Allora sarebbe tanto bene che acquistaste qualche merito a questo riguardo. Il merito di far la firma è il minino, perché non porta conseguenze fuori che questo disturbo. Ma vi saranno certamente tra di voi persone che si danno alla diffusione.

Oh stasera abbiamo da ricordare qualche cosa sopra la castità.
La vita religiosa importa il voto di povertà, di castità, di obbedienza. Abbiam già parlato di due virtù, e cioè dell'obbedienza e della povertà. Adesso parliamo della castità. Non come voto, perché il voto è riservato ai religiosi e agli istituti secolari. Voi appartenete invece alla famiglia dei Cooperatori: quindi nessun obbligo di voto.
Che cosa è la castità? Lo sapete tutti. Però bisogna distinguere la castità verginale, la castità coniugale e la castità vedovile. La castità verginale [è] per chi non ha contratto matrimonio e dunque allora ha un obbligo di osservare questa virtù.
Bisogna dire che ogni peccato contro questa virtù in sé è sempre grave. Può essere che non sia grave perché è capitato nel dormiveglia, perché in quel momento non ci ha badato oppure non conosceva che fosse male, ma in sé la materia è sempre grave.
Secondo: la castità coniugale secondo le leggi evangeliche e secondo le leggi della Chiesa: ognuno comprende facilmente.
Terzo: la castità vedovile. Quando uno dei coniugi fosse passato all'eternità, allora non è vietato di passare alle seconde nozze al coniuge vivente, no. Ma se non passa a seconde nozze, è obbligato a vivere la castità come prima che contraesse il matrimonio. E quindi san Paolo dice: onora viduas si verae viduae sunt, onora la vedova se veramente vive da vedova che osserva la virtù; la vedova la quale vive non solamente virtuosamente, ma è anche pia, è anche caritatevole e si impegna, se ha figli, di allevarli cristianamente, sì.
È di fede che cosa a questo riguardo? È di fede che la verginità è superiore al matrimonio, come dignità e come merito. Il matrimonio ha come sacramento la grazia, perché i coniugi vivano santamente, educhino, se il Signore li dà, i figliuoli cristianamente e si sopportino e si aiutino in modo vicendevole nel fare il viaggio della vita fino all'eternità, al Cielo. E beati quando vivono in concordia e quando il Signore dà loro il prezioso dono di figliuoli e li sanno crescere degni, degni dei loro genitori, e cristiani buoni, cittadini del cielo.
Ma la verginità stabilisce in uno stato di perfezione e cioè in uno stato superiore. Quindi san Paolo dice che la figliuola che viene, sente l'inclinazione al matrimonio, il figliuolo sente l'inclinazione a formarsi famiglia, fa bene. E questa è per lo più la regola, ciò che succede ordinariamente, o almeno più spesso. Però migliore, aggiunge, [è] la verginità. La verginità la quale può esser della figliuola, può esser dell'aspirante alla vita religiosa, può esser del giovane che aspira ad esser sacerdote, e può essere anche di una persona la quale non intende queste cose, ma vuol vivere vergine nel mondo, nella famiglia sua, magari per dedicarsi ad opere buone. E quante persone si consacrano così al bene dei fratelli, al bene un po' degli infelici, un po' di tutti, in molte opere e quindi hanno gran merito.
È puramente di fede che la vergine Maria è stata sempre vergine, tutta quanta la sua vita. E risulta dalla Scrittura. Del resto c'è una definizione propria della Chiesa.
Come visse Gesù? A Nazareth vi erano tre gigli: Maria purissima, vergine; Giuseppe, purissimo, vergine; e poi il terzo giglio più profumato, più splendente, il fanciullo Gesù, il giovanetto Gesù. Tre gigli purissimi, profumati, i quali non hanno ancora cessato di mandare il loro profumo sulla terra, bonus odor Christi, il buon odore di Gesù Cristo purissimo, sì.
San Paolo poi a un certo punto dice: «Vi vorrei tutti come sono io, ma non tutti hanno questo dono». Con queste parole egli dichiarava la sua verginità, ma non la imponeva certamente. E diceva: «Castigo corpus meum et in servitutem redigo», «tengo a freno il mio corpo e lo rendo soggetto, perché dopo aver predicato agli altri non mi capiti di andare io alla rovina, cioè andare io all'inferno, dopo che ho invitato gli altri ad andare in Paradiso. E perché? Perché lo spirito della carne è forte in tutto, in tutti e sempre.
Oh, però bisogna dire questo: che lo si può domare. Non è che il vergine, la vergine non abbiano tentazioni, non abbiano lo stimolo dei sensi, no. È che con la preghiera e con la vigilanza sanno guidare l'istinto del corpo. Non che siano abolite le tentazioni, le tendenze sensuali, no. Ma ne fanno un olocausto al Signore, ne fanno un olocausto al Signore e si mortificano in quello che la natura per sé vorrebbe, sì.
Allora ecco il grande merito: «Vedo una legge, cioè una tendenza nelle mie membra, contraria alla tendenza del mio spirito»: sì, due tendenze ci sono in noi: la lotta della carne con lo spirito. Eppure carne e spirito, cioè carne e anima, sulla terra han da fare il viaggio assieme.
O che uno sia vergine o che uno sia coniugato: il conservare [...] sempre una sorgente, un'occasione di grandi meriti, e tuttavia è una lotta continua. Militia hominis vita super terram: la vita sopra la terra è un combattimento. Il quale combattimento non si fa con l'atomica o con i cannoni, ma si fa entro noi stessi, entro noi stessi. E il nemico non disarma mai. Uno può scappare nei conventi per togliersi dai pericoli del mondo, ma porta sempre il corpo con sé, sempre il corpo con sé. E uno può allontanarsi da tutti, ma fin che si vive, carne e anima sono insieme, sì.
Tuttavia la castità è chiamata la bella virtù, la virtù degli eletti e del resto dice sant'Alfonso che chi va perduto o va perduto per causa di questo peccato, l'impurità, oppure anche se va perduto per d'altro, anche con questo peccato. Sì.
Se avviene che in confessionale non si dica tutto, generalmente è per causa di due comandamenti, in cui l'anima e la persona non vogliono essere umiliati: l'accusa riguardo alla castità, mancanze contro la virtù e l'accusa contro il settimo comandamento “non rubare”. Allora la maggior parte dei sacrilegi sono causati oppure hanno occasione, meglio, di questi due comandamenti.
Bisogna che noi ricordiamo quello che dice il Papa Pio XII. Egli dice: La verginità non è un obbligo, per sé; tuttavia quando c'è qualche segno sicuro della vocazione, vi è una certa obbligazione di seguirla. Ma dobbiamo dire che qualcheduno ha in mente un errore, questo: attualmente nel mondo c' è più bisogno di padri e di madri di famiglia buoni, buoni genitori, nel mondo, genitori buoni che col loro esempio e con la loro parola, ci diano delle buone famiglie. E allora meglio questo che la verginità, concludono. Questo è un errore – dice il Papa – perché abbiamo più bisogno invece di vergini, i quali, se non fanno del bene a una famiglia determinata, piccola famiglia, piccolo gruppo, fanno del bene più largamente, più largamente a molte, molte persone.
Vi sono poi anche degli altri errori che persino vengono sostenuti da qualcheduno che dovrebbe parlare meglio secondo la dottrina cristiana. Per esempio: che la personalità perde un po' l'equilibrio con la conservazione della verginità. Questo è un altro errore che si va disseminando, ma è un errore.
Vi sono altri errori: e cioè, ad esempio, che noi non dovremmo favorir le vocazioni, non dovremmo favorir le vocazioni. E vi sono genitori che si oppongono alla vocazione. Vi sono figliuole e figliuoli che devono sostenere una vera lotta contro i loro genitori per ottenere il permesso. Quante volte mi è capitato nella mia vita – ormai sono avanti negli anni e quindi non faccio illusione a nessuno che è qui – ma quante volte mi è succeduto nella vita di sentire giovani o figliuole che finiscono col dirmi: «Il permesso assolutamente non me lo dà; ma aspetto i 21 anni e poi farò come credo». La legge è così che si è sotto la potestà paterna, secondo il codice civile, fino a 21 anni. È un onore per i genitori aver una figliuola, un figliolo consacrato a Dio. Quando il Signore si degna di prendere in una famiglia un bel fiore, vuol dire che se c'è un bel fiore c'è una buona famiglia, in generale. E generalmente questo onore lo hanno più i poveri, le famiglie modeste. D'altra parte, oltre a questo, bisogna dire che tante volte la famiglia finisce col star bene, perché ci sono le preghiere di quel figliuolo o di quella figliuola che si son consacrati a Dio. Io poi dico sempre questo: per consolare i nostri, consolare le suore quando son defunti i genitori e magari i genitori che forse non hanno praticato tanto la religione: «Vedi, il merito che si è fatto tuo papà o tua mamma a darti a Dio è tale che puoi star tranquilla che per questo merito il Signore se li è presi in Paradiso, se li è presi in paradiso». E forse tanti genitori al giorno del giudizio universale dovranno riconoscere che la salvezza loro è dipesa proprio dalle preghiere di quella figliuola, di quel figliuolo che si son consacrati al Signore.
Sì. Togliamo certi errori che ci sono nel mondo! I buoni cristiani seguono il Vangelo, non il mondo.
Oh, vi sono i mezzi per conservare la castità? Certamente. Sia la castità verginale, sia coniugale, sia vedovile.
Primo: fuggire i pericoli. È una cosa praticamente certa che si permette tutto il lecito e va fino sull'estremo del lecito, praticamente finisce col cadere anche nell'illecito, ma fino fino nel peccato. Ti fermerai a quel punto? Un momento che ci sia una tentazione più forte, un momento che abbia pregato di meno, che le circostanze, le occasioni siano più numerose: eh! il passo, il piede lo metterai di là dalla linea che c'è tra il lecito e l'illecito.
Quindi un errore che si fa è quello di lasciare i figliuoli e le figliuole allo sbaraglio nei pericoli, perché si dice: «Tanto devono conoscere il male». Non si possono conservare in assoluto silenzio sopra certi problemi, quelli che riguardan la vita; ma [occorre] rivelarli nella maniera degna, come sa fare tante volte un buon padre e una madre, poco per volta, oppure come sa illuminare santamente il confessore.
Non mettere il giovane e la giovane nel pericolo! Lo si mette quando forse non ha pregato abbastanza, quando non ha ancora domato, non si è ancor fortificato nel domar le sue passioni. Del resto qui non vorrei quasi dirlo [...] per parlare qualche volta ad altri e chiarire qualche pensiero: non volendo che si consacrino a Dio, appositamente creano loro i pericoli. Così han fatto con san Tommaso d'Aquino, per dire. Han mandato una persona a tentarlo. Così altri santi. Ma san Tomaso d'Aquino era vicino al fuoco, ha preso un tizzone e l'ha fatta scappare. E così si è conservato vergine.
Vigilare sui pericoli: volere legger tutto, qualunque rivista; voler assistere a qualunque cinema, anche proibito dalla autorità ecclesiastica o proibito dalla natura, dalla legge naturale; oppure certe scene di radio o di televisione, oppure trovarsi in certe compagnie, presentare persone che non son del tutto delicate, eccetera. Chi ama il pericolo, cadrà nel pericolo, cadrà, dice la Scrittura. E chi è che ama il pericolo? Chi si espone.
L'altro mezzo per conservar la castità è la preghiera.
La preghiera. Primo: i sacramenti: confessarsi e comunicarsi spesso. Poi la divozione a Maria, vergine, il rosario, quindi. Poi la Messa, sì: la Messa festiva, sicuro!, ma anche, quando si può, più frequentemente. Così altre preghiere.
Poi vi è un certo paese dove sono stato più volte: le figliuole, i figliuoli quando si sposano domandano al Signore la grazia di aver un figliuolo o una figliuola da consacrare a Dio, sì. Del resto genitori che hanno una corona di figliuoli numerosa, già col fatto mostrano che in quella famiglia c'è sanità morale e fisica. Diceva un giorno il Papa attuale scherzando: «Una famiglia va bene e dev'essere certamente sana fisicamente e moralmente, quando sul fuoco c'è una grossa marmitta che bolle e una corona di figliuoli tutt'attorno che guardano in quella pentola, in attesa che venga data, che venga cotta cioè la ministra e che venga distribuita». Una bella corona di figli, sì.
E allora ecco il fiore meglio la gemma più bella che arricchisce, che adorna il volto, la fronte della Chiesa è quella schiera di vergini che son partiti da Maria e hanno continuato attraverso i secoli sempre più numerosi. In Italia abbiamo 155.000 suore. Poi religiosi sacerdoti. Un grande ornamento per la Chiesa, questo, sì, ed è un grande ornamento anche per ogni anima.
Perciò l'anima che non pecca contro la castità porta con sé un segno – si può dire – sicuro della sua salvezza eterna, sì. Del resto l'anima che in quanto al sesto comandamento è in regola, vive una vita più serena, guarda la morte senza timori e poi sente questo: di essere sulla strada del cielo, lo sente. «Beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio»: beati i mondi di cuore perché vedranno Dio in Paradiso. E tuttavia «non omnes capiunt verbum istud», «non tutti capiscono questa parola», ma se uno prega la capisce questa parola.
Il Signore ci illumini e chi vuol capire di più guardi a Maria e reciti dei rosari: sarà molto illuminato.
Abbiamo da trovarci, se vogliamo, tra angeli bianchissimi in Paradiso. Non è lecito che uno vada con la veste sporca tra gli angeli e i santi vestiti di candore. Quindi prepariamoci in santa purezza: mondezza di mente, pensieri; di cuore, sentimenti; di lingua, le parole; e di tatto e poi di tutto il corpo, in santità: così ci prepariamo al cielo.
E se la virtù è stata violata, una degna penitenza e nessun si disperi: c'è la misericordia di Dio. Approfittiamo della misericordia adesso, perché Gesù oggi lo incontriamo tutto misericordioso, ma al giudizio poi egli si mostrerà anche giudice giusto. Approfittiamo della misericordia mentre vi è tempo.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1960-09-17_IlFinedeiCooperatori.mp3

Cosa sono i Cooperatori
18 settembre 1960



Vi è una differenza essenziale tra “Convegno” e “Esercizi spirituali”.
Un Convegno si mette per scambiarsi delle idee, e quindi sentire conferenze e poi discutere e venire a conclusioni sociali.
Gli Esercizi invece sono lo studio per l’aumento di fede, e l’aumento di speranza e l’aumento di carità, onde perfezionare la vita nostra individuale pure con i riflessi sociali. Perché il cristiano, come siete voi, non vive isolato: l’uomo è ordinato alla società. Prima società è stata la società coniugale, la seconda è la società familiare, poi ci sono tante specie di società, c’è la Chiesa, la massima società, poi lo Stato, la società internazionale, ecc.
Tuttavia, sempre in ordine al perfezionamento di noi stessi. Quindi il silenzio, perché ciascheduno possa pensare. Certo, molte volte, giovano i riflessi in camera, quando uno può leggere, può pregare, può prendere annotazioni, ecc., oppure anche può circolare nelle stradette che ci sono nell’interno e poi nei corridoi, non avendo vergogna di tirar fuori la corona e pregare, no.
Gli Esercizi sono soprattutto per riflettere e pregare. Si può fare anche il corso di Esercizi senza prediche, anche senza libri, ma non mai senza riflessioni e preghiere.
Quindi: il sienzio, perché ci possa parlare il Signore, il Maestro divino che ci attendeva.

Ora, stasera, un concetto: la spiegazione che cosa e chi sono i Cooperatori. Il corso di Esercizi è appositamente per i Cooperatori paolini.
Oh! avete sentito tante volte parlare di “Terz'ordini”. E vi sono “Terzi ordini” vari; tra i principali: il Domenicano, il Francescano, poi quello dei Serviti ecc. I Terz'ordini.
I membri dei Terz'ordini che scopo hanno? Lo scopo di imitare le virtù che esercitano, la vita che praticano i Domenicani o i Francescani o i Servi di Maria ecc.: primo scopo è quello. Quindi seguire la pietà e seguire gli esempi e poi partecipare, per quanto è possibile, al loro spirito. Infine aiutare questi Istituti in quanto è possibile.
Ora la Chiesa non stabilisce più degli Ordini, i quali avrebbero i Terziari, ma stabilisce e lascia che si stabiliscano i “Cooperatori”. Così voi avete i Cooperatori Salesiani, i Cooperatori Giuseppini e ci sono i Cooperatori Paolini, ecco. La loro funzione, i meriti che essi guadagnano, dipendono dall'acquistare, se sono Salesiani, lo spirito salesiano, lo spirito di don Bosco; se sono Paolini acquistare lo spirito di san Paolo e di coloro che lo vivono e si cerca di viverlo nella Famiglia paolina.
La Famiglia Paolina si compone della Società Pia San Paolo, poi delle Figlie di San Paolo, poi delle suore Pie Discepole, poi delle suore di Gesù Buon Pastore, delle suore “Regina Apostolorum”, dell'istituto secolare “Gesù Sacerdote” che si compone di sacerdoti, e dell'istituto secolare “Annunziatine” e dell'istituto secolare “Gabrielini”. Questi tre istituti hanno pure l'approvazione pontificia. I membri non vivono – in generale – in comune ma vivono liberamente e senza abito proprio; tuttavia sono veri religiosi, sparsi nel mondo, al fine di compiere quello che diceva Pio XII, l'ufficio di sale: il sale che si immette nel cibo, si immette nel pane perché sia saporito e sia più facile a venire assimilato, digerito. Sì.
Allora i Cooperatori paolini si avvicinano a questi, vivono nel mondo e compiono i doveri del loro stato: uno può essere un maestro e una può essere una maestra, un può essere invece un operaio oppure c'è un'operaia; uno è padre di famiglia e l'altra è madre di famiglia. Vivono i Cooperatori da buoni cristiani e, se si vuol dire tutto, riassunto: i migliori cristiani. I quali intendono vivere il cristianesimo secondo san Paolo apostolo, in quella maniera più perfetta e compiuta che è possibile. E ricevendo pubblicazioni, comunicazioni, e poi venendo agli Esercizi, e prendendo anche le preghiere che dicono gli istituti paolini. Seguendo questa loro pietà, acquistano gradatamente lo spirito: per esempio leggere abbondantemente la Bibbia, per esempio frequentare i sacramenti quanto è possibile, per esempio favorire – come ha spiegato stamattina chi ha fatto la conferenza – le pubblicazioni, la stampa, oppure ci sarà il cinema cattolico, o ci saran le vocazioni, perché queste vocazioni siano orientate verso la via a cui il Signore li chiama, ecc. Aiutano così le opere paoline.
E la Società San Paolo dà le sue preghiere. Gli iscritti godono di 2400 Messe ogni anno, che si celebrano per loro e sono applicate per i Cooperatori diligentemente. E sono divisi questi impegni, cioè queste Messe, tra i sacerdoti della Società San Paolo. Poi i Cooperatori paolini hanno i suffragi dopo la morte. Un cumulo di indulgenze vi sono, come avete già rilevato certamente dagli stampati che sono stati pubblicati dal 1918, quando si è fatta la prima conferenza, – possiamo anche dire il primo gruppo, 1918 – che ha raccolto quei Cooperatori che già facevano, ma che avevano bisogno di formarsi come società. E allora non solamente sono stati approvati, ma sono essi partecipi dei benefici spirituali. E se prima erano fondati in Alba (Piemonte), dopo furono avvicinati di più a Roma. E cioè la direzione dei Cooperatori paolini è stata trasferita, per mezzo dell'autorità ecclesiastica, a Roma.
E il Cardinale che aveva avuto l'incarico dell'approvazione, dice: «Non solo raccomandiamo questa pia unione dei Cooperatori paolini, ma esortiano a favorirla nelle maniere che è possibile e dichiariamo che è trasferita a Roma come direzione».
Quanti milioni [sono i Cooperatori]? Molti milioni, poiché sono in 23 nazioni. E dovunque vi sono le persone della Pia Società San Paolo, o siano sacerdoti o siano discepoli o siano suore, dovunque si fa la propaganda, si raccolgono le firme, ecc.
Dunque il concetto di Cooperatori paolini è quello: come se si fosse un terz'ordine, terz'ordine paolino: vita che segue, che imita la vita di san Paolo apostolo.

I religiosi della Famiglia paolina sono quelli che fanno i voti, e sono dunque sette istituti come ho detto, anzi otto. Ma volevo dire che [i religiosi] fanno i voti, però i Cooperatori paolini no, non fanno i voti come società. Possono fare i voti, cioè consacrarsi a Dio, privatamente.
Ora i voti comprendono: la povertà, la castità e l'obbedienza. Il paolino cerca di imitare questa vita di pietà, di virtù.

Ora quest'oggi alcune parole sopra l'obbedienza. L'obbedienza che per il religioso ha di aiuto il voto; obbedienza che per i Cooperatori paolini invece è la virtù, è la virtù, per sé, se uno non fa altri voti privati.
Che cosa è l'obbedienza. L'obbedienza è l'unione della nostra volontà con la volontà di Dio. Dio vuole una cosa, noi la vogliamo anche: lì ci sta l'obbedienza. Tutto lì. Dio vuole – supponiamo – che noi ci accostiamo alla confessione, ai sacramenti, come è prescritto dalla Chiesa, e noi accettiamo quella volontà: ecco l'unione della nostra volontà con la volontà di Dio.
Ma per quali fini? Perché chi obbedisce guadagna il merito e arriva alla felicità eterna e compie i suoi doveri. Poiché tutti i doveri si possono chiamare obbedienza, tutti: siano virtù o siano uffici che abbiamo o siano le leggi della Chiesa. Tutto quel che è bene, è voluto da Dio; e se noi lo facciamo, lo facciamo in obbedienza a lui, secondo la sua volontà.
E il fine qual è? Il fine è di arrivare al Paradiso. Poiché il Signore dà a ciascheduno di noi qualche cosa da fare: se noi lo facciamo, poi ci dà il Paradiso. Quindi propriamente la vita cristiana è una vita di obbedienza.
Però, a chi obbedire? Vi sono tre maniere con cui si manifesta il Signore e con cui egli ci mostra la sua volontà.
Primo: la parola sua. Quando ha dettato i deici comandamenti a Mosè, ecco la sua volontà sta nei dieci comandamenti. Se seguiamo i comandamenti, noi compiamo la sua volontà e cioè siamo obbedienti. Poi vi sono i consigli evangelici, per cui un'anima che vuole raggiungere una miglior perfezione, non solo fa quello che è espressamente comandato, ma abbraccia anche quello che è consigliato, quello che è desiderato da Dio, come un figliolo buono che non si contenta proprio strettamente di obbedire il padre magari per timore, ma cerca anche di contentarlo in cose minori e di renderlo contento, il padre, con dei servizi e con degli accorgimenti che sono veramente espressione di delicatezza, di amore al Padre. Il Signore dunque manifesta la sua volontà prima con la parola.
Secondo: la manifesta – la sua volontà – con gli avvenimenti: se fa freddo, sopportare il freddo e se fa caldo sopportare il caldo, e se uno vien malato, sopportare il male. Si capisce che si devono far le cure sempre, ma in quanto non si raggiunge lo scopo di eliminare la malattia, fin che dura, la pazienza abbiam da esercitare: quello il Signore lo manifesta con ciò che permette. Il Signore dà un'inclinazione a consacrarci a lui per mezzo di avvenimenti, di circostanze, di letture che fa, di suggerimenti che ha sentito dal confessore, ecc. avvenimenti fatti, detti, letture, incontri che il Signore ha disposto per manifestare la sua volontà.
Se una persona è molto tribolata nella famiglia e per quanto faccia non toglie tutto il male, deve sopportare tante cose: la volontà di Dio è che abbia pazienza, sì, che abbia pazienza. E se uno è destinato invece a compiere dei lavori particolari, ecco allora bisogna compiere quelli, perché sono di volontà di Dio.
Poi la volontà di Dio vien manifestata ancora dagli uomini, i quali stanno sopra di noi e rappresentano Dio. Il marito rappresenta Dio nella famiglia rispetto al coniuge; il padre rappresenta Dio nella sua famiglia; e così l'autorità dello stato rappresenta Dio nello stato, nella chiesa il Papa rappresenta Dio, e il vescovo rappresenta pure Dio nella sua diocesi, nel limite della sua diocesi, sì.
Abbiamo le autorità scolastiche; abbiamo le autorità civili; abbiamo le imposte da pagare, i contributi cioè allo stato: per godere i benefici della vita civile, dobbiamo anche assoggettarci a quello che vien disposto. Così in un ufficio o in un impiego, comunque sia, vi sono dei superiori. In una società vi è un presidente, e nei limiti dell'autorià di quel presidente, dell'autorità scolastica, ecc., nei limiti che ha colui che rappresenta il Signore, obbedire!

Parlando anche più minutamente di una cosa che interessa certamente molte vostre anime, questa: vi è il lavoro spirituale interiore, tutto quel che riguarda la santificazione, l'evitare il peccato, il crescere nelle virtù. Noi abbiamo l'esterno che vien regolato dai nostri superiori. Ma se vogliamo santificarci di più, [possiamo] farci un superiore noi, un superiore spirituale, che generalmente vien chiamato il “direttore spirituale”. La coscienza è un santuario in cui nessuno può entrare, fuorché il confessore e il direttore spirituale, in quanto gli viene aperta la porta: è un santuario sacro la coscienza. Se uno vuol essere più sicuro: o la scelta della vocazione o l'entrare in una determinata associazione; oppure aggregarsi a qualche unione particolare; come regolarsi in quanto alle pratiche di pietà, quanto alla frequenza ai sacramenti, quanto al correggere supponiamo l'orgoglio, acquistare l'umiltà, quanto a determinare anche le mortificazioni, le penitenze a cui è soggetto e che vuole abbracciare, anche il giudizio: «Puoi digiunare, non puoi digiunare, sei dispensato», ecc. tutto quello che riguarda lo spirito, se uno vuol progredir meglio e vuole vivere anche lì l'obbedienza, che sarebbe l'obbedienza più meritoria, perché riguarda il nostro interno, la nostra volontà, che un poco frena la nostra libertà e la frena perché lo vogliamo in ossequio a Dio, allora ecco: eleggersi un direttore spirituale, sottomettere tutto questo a chi possiede questa capacità. Quello che dice Dante e cioè: «Che sappia, e che sia buono e che ti ami, e ti ami specialmente in ordine alla vita eterna».
Quante anime hanno la loro direzione! Quando si è giovani più frequentemente si va, perché il giovane non ha ancor percorso la sua strada e man mano che procede nella strada della sua vita, ha bisogno di domandare: «Si passa di quà? si passa di là? volto a destra? volto a sinistra? vado diritto? devo tornare indietro?». E allora ha maggior bisogno che la direzione gli sia fatta frequentemente. Quando uno ha già eletto il suo stato, ha già stabilito un ordine di lavoro, quando uno si è già fatto quel che chiamano il piano della vita, allora più raramente: certe volta basta anche il conferimento con il direttore spirituale ogni tre mesi, ogni sei mesi.
Il valore dell'obbedienza. Anzitutto l'obbedienza è sapienza, perché quel che vuole Dio è sapienza e amore, è il meglio che possiamo fare, perché è disposto dal Signore. Il Signore che cosa pagherà dopo la nostra vita, quando ci presenteremo a lui per essere giudicati? Il Signore pagherà quello che avremo fatto per suo ordine o diretto, come la sua parola, oppure per mezzo dei superiori e di avvenimenti. Sì.
Quando noi diciamo a un operaio: «Fa' questo lavoro!» – supponiamo che debba mettere l'impianto elettrico o debba cambiare il vetro, sostituire il vetro che è stato rotto ecc. –, se quell'operaio eseguisse il lavoro comandato, viene pagato; ma se lui non lo eseguisse e questo lavoro lo facesse per il vicino – l'impianto elettrico –, non può venire a domandare il pagamento a noi: «Non hai lavorato».
Il Signore paga tutto quello che è stato fatto bene secondo la sua volontà, non le altre cose. «Ma io ho fatto del meglio!». Il meglio è il volere di Dio. Perché, supponiamo che il medico ti abbia proibito di uscir di casa al mattino per andare alla comunione perché il tempo è cattivo, e la tua salute è debole debole e rischi di prendere un malanno, oppure sei obbligato a far l'assistenza alla mamma che è grave e oggi non puoi andare a Messa. «Ma io voglio andare a Messa, io voglio far la comunione». Il meglio è fare il volere di Dio: non discutiamo. Diventa meglio perché è il volere di Dio. E quel desiderio che si ha di far d'altro, supponiamo di andare alla Messa per quella persona, quel desiderio è premiato ugualmente, ma il Signore intanto accetta un altro atto di virtù, cioè l'atto di obbedienza al volere di Dio, che ha manifestato il suo volere in quella maniera, permettendo – supponiamo – che devi curarare la mamma in casa, o altra ragione.
Poi la volontà di Dio ci porta sempre bene nella vita, ci porta sempre al nostro posto, sempre. Chi non va secondo il volere di Dio, presto o tardi si trova in disagio. E poi non ha la sensazione di stare con Dio, il sentimento dell'unione con Dio. E allora il travaglio spirituale o rimorso per il passato e quindi questo rimorso che si farà sentire di più in punto di morte: «Ho fatto la mia volontà, non la tua». E allora cosa vai a ricevere di paga, di mercede dal Signore? San Paolo poteva dire, dopo che aveva fatto tutto il volere di Dio: «In reliquo reposita est mihi corona justititae», «Ora mi sta preparata la corona di giustizia», cioè: «Ho lavorato dunque merito paga».
E allora quando uno è anziano, quando uno si sente debole e vicino al passaggio all'eternità, che consolazione: «Signore ti ho servito». Allora risponde il Signore: «Euge, serve bone et fidelis», «Avanti, servo buono e fedele». «Buono e fedele»: l'ha detto Gesù che parlerà così al giudizio: «Avanti, servo buono e fedele! entra nel gaudio del tuo Signore, entra in Paradiso!». E quella sarà l'ultima obbedienza, che si farà dall'obbediente, l'ultima. Ma che obbedienza dolce, eh!, entrare in Paradiso, sì. Ma bisogna tante volte nella vita dire: «Fiat voluntas tua, fiat voluntas tua». Che meriti grandi per chi è sempre obbediente.
L'obbediente è sempre più sicuro di guadagnare il merito. Chi comanda non è così sicuro di comandare il meglio, eh, non è così sicuro. Quante volte i superiori sono in ansia: «Chissà, se devo proprio dire così oppure devo dire in questa altra maniera? Chissà dove sia la volontà di Dio, quale sia il meglio in questo caso». E ci si pensa e si prega e poi alle volte si resta ancora in dubbio. Ma chi obbedisce indovina sempre, ha sempre il merito; si intende: quando vien comandato una cosa buona o indifferente, mica quando comadassero una cosa che sia peccato, per esempio di non seguir la vocazione. I genitori lì non hanno autorità, perché la persona è di Dio, prima di Dio che non [...]. E allora solo Dio può disporre della persona.
Gesù [fu] obbediente dal presepio all'ultimo respiro sulla croce: obbedì Giuseppe, obbedì Maria, obbedì anche i carnefici quando gli hanno detto: «Stendi le mani, le braccia, stendi le gambe!» per venir confitto. Non fece nessuna resistenza, mai. Obbedì ai carnefici, obbedì a Pilato che lo condannò. Fino alla morte obbedì: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis. Propter quod Deus exaltavit illum et donavit illi nomen quod est super omne nomen». E cioè: chi andrà più su in Paradiso? Chi si è messo di più nell'obbedienza, chi si è assoggettato di più. E quanto sarà grande la gioia, quanto sarà grande la felicità, come l'obbedienza è stata fatta sempre e bene, bene, oltre che eseguire. Perché ci può essere anche un'esecuzione materiale, che si obbedisce cioè per forza, come si pagan le multe qualche volta, per forza. Ma uno può anche cambiare in merito anche il pagare una multa. San Pietro dice: «Obbedite a quei che governano, anche se non sono buoni», «etiam discolis» obbedire, dice san Pietro.
Maria: «Sia fatta la tua volontà, sia fatto come hai detto».
San Paolo qualche volta andava a predicare in un posto, si portava quasi là e il Signore per strada gli diceva: «Cambia strada, vai in quest'altro posto!». Obbediva.

Come dev'essere l'obbedienza perché sia veramente perfetta?
L'obbedienza sia di mente. E cioè capire bene che cosa voglia il superiore, cosa voglia il superiore. Perché se il confessore dice: «Tu togliti da quell'occasione, perché se continui in quell'occasione, un giorno o l'altro ci caschi dentro e commetti peccato. Togliti!», «Deponi quel libro, che non fa per te!», «Non andare a quello spettacolo!», «Lascia quelle compagnie!», ma con la mente deve ragionare, chi sente questa disposizione o dal confessore o dai genitori o da un amico fedele, ecc., deve capire: «Lo dice per mio bene, lo dice per la mia anima». Quindi conformare la mente alla mente di chi ha dato il consiglio o ha dato il comando.
Secondo: l'obbedienza di cuore: sì, volentieri, per amor di Gesù per il paradiso, per amor di Gesù, per il Paradiso, sempre. Niente, del bene che si fa, cadrà inutile. E san Paolo questa mattina nell'epistola ci diceva: «Fate il bene, mentre avete tempo!»: «Passa la vita» vuol dire.
Terzo poi farla in modo compiuto, perché se uno è mandato a scuola e va solamete a scuola coi libri e non studia o non sta attento: bisogna farla davvero l'obbedienza. Se uno ha un ufficio, ha un impiego, ha uno stipendio, è un operaio, deve fare un lavoro che gli vien pagato: deve farlo bene.
Perché poi sia meritorio, [è necessario] che chi opera, sia in grazia di Dio e quindi ordini il suo lavoro, ordini la sua obbedienza alla vita eterna, cioè: «Obbedisco per il Paradiso».
Coraggio, dunque.
Una maniera di vivere la vita paolina e di imitarla, quanto è possibile, [è] questa: obbedire.
Poi passeremo alle altre parti nell'imitazione, conformazione della vita nostra, della vita vostra, a san Paolo: vita paolina. Quanto è possibile, nel vostro stato, in piena libertà, ma sentono il desiderio di aumentare i meriti. Passa la vita. Guardiamo di arricchirci giorno per giorno. Il pensiero di Gesù: «Thesaurizate vobis thesaurum in coelis»: raccogliete meriti, meriti per il Paradiso. Nessuno ve li può prendere, i meriti. Si può pregare per un altro, ma il merito che uno fa, anche pregando per un altro, e tutto il bene che fa, non si può cedere agli altri, vien pagato alla persona che lo fa. Dio paga la persona che lo fa. E se anche la preghiera fatta per un altro giova e guarirà magari quel malato, intanto il merito è di chi ha pregato. L'altro, il malato, ha avuto la parte che si chiama impetratoria; ma colui che ha operato, che ha pregato, ha la parte meritoria, che sarà sempre sua. E non può neppur cederla. Non può dire: «Cedo i miei meriti». No, niente. I meriti sono di chi li fa, come i peccati sono di chi li fa.
Allora questi meriti staranno là sulle porte del Paradiso e ci accompagneranno al cielo.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 1960-09-21_AmoreAlProssimo.mp3


Don Giacomo Alberione - 21-9-1960

Amore al prossimo


L’ultima sera degli Esercizi è molto preziosa, perché si hanno da raccogliere i pensieri che si sono avuti, i sentimenti, le ispirazioni ricevute dal Signore per il nostro progresso spirituale, onde la vita buona venga resa sempre migliore.
C'è tanto cammino, ma miriamo a vera santità. Non contentiamoci della mediocrità, di essere buoni, no. Ma, se il giovane aveva chiesto che cosa doveva fare per salvarsi, il Signore Gesù gli ha risposto “che osservasse i comandamenti”. Ma l’altro non si contentò. Allora Gesù aggiunse: “Se vuoi esser perfetto, avanti!” e gli indicò il nuovo cammino: progredire.
Persone che si contentano della mediocrità, persone che invece son decise di non restare ai piedi del monte, ma di intraprendere la salita con energia, con sacrificio, sì, ma con generosità; vogliono il Paradiso non solo sicuro, ma bello, ma nei primi posti.
In Paradiso i posti son tanti, multae mansiones sunt, molte sono le mansioni, cioè i posti in cielo. Avanti, con coraggio! E già parecchi di voi hanno domandato se con il prossimo anno si ripeteva il corso di Esercizi. Sì, si ripeterà, a Dio piacendo, e anche organizzato meglio, in quanto che questo anno è stato un po’ di esperienza. Avete fatto così bene, che ci avete fatto venir la voglia di farne anche due!

Ora andiamo avanti in quello che già era stato accennato.
Vi sono due comandamenti. Il primo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, tutto il cuore, tutto te stesso, cioè tutte le forze, tutta la volontà». Poi il secondo comandamento è simile al primo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».
Prima si è guardato di rispondere... l’osservanza cioè del comandamento che è principale e che è anche primo. Ma ora, stasera, pensiamo al secondo comandamento: «Amerai il prossimo tuo come te stesso».
Il Cooperatore, in primo luogo santifica se stesso; in secondo luogo aiuta la Congregazione, la Famiglia Paolina e, meglio, partecipa degli apostolati della Famiglia Paolina.
Essere Cooperatori vuol dire essere nell’Azione Cattolica, oltre al rimanente; perché Azione Cattolica è, per esempio, essere cooperatori Salesiani; per esempio partecipare all’Apostolato del Mare, che serve specialmente per chi viaggia e per coloro che ai porti ricevono e accompagnano nella partenza, affinché siano spiritualmente serviti.
Qualunque opera buona: l’apostolato della stampa, l’apostolato del cinema, l’apostolato della radio, l’apostolato della televisione, oggi anche le filmine catechistiche, oggi anche i dischi evangelici o catechistici o morali, ecc., tutte queste opere appartengono all’Azione Cattolica. Che significa? Partecipare, aiutare la gerarchia, nella salvezza del mondo.
Tutti son chiamati all’apostolato. E tutto l’apostolato, sotto qualsiasi forma è certamente Azione Cattolica: quelli che lavoran per le vocazioni, quelli che preparano i malati a ricevere i Sacramenti, quelli che aiutano a fare il catechismo nelle parrocchie, quelli che promuovono l’Adorazione – supponiamo al giovedì – l’Adorazione del SS.mo Sacramento, quelli che organizzano le funzioni, tutti coloro i quali partecipano a dimostrazioni cattoliche, ecc.
Nel congresso dei laici a Roma, erano rappresentate 37 organizzazioni mondiali, mondiali, tutte di laici: per esempio, l’Associazione mondiale della stampa cattolica. Così vi sono le altre Associazioni, per esempio: quella che viene sotto il nome di “Dame di San Vincenzo”; e c’è quella Associazione che si impegna a raccogliere offerte e poi distribuirle ai più bisognosi; poi quelli che si danno all’opera missionaria in varie maniere. Tutta Azione Cattolica.
Se noi amiamo Gesù Cristo, non permettiamo che si bestemmi così! Se noi siamo persuasi che gli uomini son destinati all’eternità felice e che devono guardarsi dalla via che conduce all’infelicità, eh!, fermiamo queste anime, diciamo, che camminano male: «Fermatevi! Volete proprio andare a occhi chiusi nell’inferno? Là sulla porta c’è scritto: “Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va fra la perduta gente”». Fermare!
L’apostolato in famiglia, l’apostolato in parrocchia, l’apostolato nella chiesa che è nella nazione, e l’apostolato che è più esteso ancora nel mondo. Perché vi sono opere nazionali e vi sono opere internazionali.
Anime generose!
Il male si avanza e travolge purtroppo tante anime. Coloro che hanno Dio nel cuore, pensano che cosa voglia dire salvarsi ed essere felici per un’eternità o perdersi ed essere infelici per un’eternità!
Certo, tutte le opere di carità materiale sono buone: ci sono le sette opere di misericordia corporale, ma particolarmente le opere di misericordia spirituale; poiché la vita è breve, ma l’anima non muore.
Potevamo non nascere, ma una volta nati, si è immortali. E allora, una delle due: dopo il Giudizio universale Gesù dirà ai buoni: «Venite benedetti nel regno del Padre mio»; e si rivolgerà ai cattivi: «Andate maledetti nel fuoco eterno».
Salvare, salvare anime!
Nei nostri ambienti, nelle circostanze della nostra vita, con un po’ di coraggio, non nascondiamo la nostra fede. Sappiamo di essere nella verità, nella via giusta, nella via che conduce alla salvezza eterna. Perché dobbiam vergognarci di mostrare la nostra fede e di sostenere le nostre idee giuste e camminare nella via retta? Mentre, sembra che il vizio voglia comandare a bacchetta. Perché nascondersi?
La prima carità è questa: insegnar la verità.
I catechismi. Poi, i catechismi nelle famiglie, non solo nelle parrocchie; nei gruppi sociali, nelle adunanze, oltre che nelle scuole, secondo le possibilità e le circostanze di ognuno. Poi, usare della stampa, la stampa la quale porta il Vangelo, porta l’insegnamento morale e indica, d’altra parte, quello che si deve fare per la liturgia sempre più viva, sempre più capìta, sempre meglio praticata. Sì.
Far carità di verità! È stato scritto: “Si distribuiva quasi solo alle porte dei monasteri, dei conventi, la minestra ai poveri”. Ora bisogna distribuire anche il foglio, bisogna distribuire il libro, che porta la Verità e che insegna a non soltanto vivere quaggiù meno male, ma assicurarsi lassù un posto di felicità. Perché una volta passati all’eternità, non vi è più rimedio: nessuno di là può farsi ancora un merito, ma nessun dei peccatori può ottenere la misericordia.

Allora insegnamo quali sono le collaborazioni, la cooperazione.
Primo: la preghiera, la preghiera. Scegliendo il nostro libro di preghiere, possibilmente, particolarmente le coroncine, abituarsi a qualche visita al SS. Sacramento, quando si può o almeno di tanto in tanto: se ci è possibile ogni giorno, se non ci è possibile sarà il giovedì, sarà la domenica. Leggere abbondantemente il Vangelo, particolarmente il Vangelo che è annotato con l’insegnamento della Chiesa, con note catechistiche.
Poi, la preghiera in famiglia, particolarmente il rosario. Riparare poi i danni della stampa cattiva, delle cattive pellicole, delle cattive trasmissioni di radio, di cinema, o di televisione.
Da noi, in Italia, ci troviamo in una condizione particolare, per la radio e la televisione; ma dove l’iniziativa è libera, allora vi sono trasmissioni alle volte molto scandalose, che rovinano la gioventù. Perché radio e televisione [trasmettono] tutto il giorno. E se nelle famiglie si dà questa comodità, i bambini, i fanciulli, i giovanetti, le figliuole, tutti sentono, tutti vedono. E allora come è difficile tener lontano il peccato dalla casa, come è difficile educare bene la famiglia!
Riparare allora questi tanti peccati.
Pensare: vi sono capitali enormi che si impiegano per giornali e per editrici di libri, che hanno lo scopo, la divulgazione del protestantesimo, del comunismo, dell’ateismo. Un giornale solo che stampa nella notte sette milioni di copie, sei milioni di copie: al mattino è tutto un insegnamento che si sparge e quante volte il povero popolo si compra il veleno risparmiando quei pochi soldi, che vanno impiegati in quello: nell’acquisto del giornale. E quante figuracce! e quanti libri!
Quanto all’azione del cinema, l’attività è pure vastissima. I milioni e milioni di uomini che ogni sera, e anche nella giornata, stanno davanti allo schermo. E che cosa bevono? Almeno almeno fossero cose inutili o soltanto amene! Ma il pubblico, sovente, ha un gusto non sano. Allora il numero dei peccati, lì è enorme.
Per quelli che dànno i capitali, per quelli che dirigono e producono – supponiamo – la pellicola, il libro; che preparano i programmi per la radio e per la televisione; per tutti quelli che leggono, che assistono e che sentono: quale numero di peccati! Riparare al Cuore Santissimo di Gesù!
Sono tante cattedre, pulpiti, alzati contro la cattedra, il pulpito di Gesù Cristo!
La voce dei Sacerdoti si disperde nel deserto, tante volte. Chiese dove ci sono poche, poche persone ad ascoltar la parola del Parroco... Teatri pieni...
Se tutto il giorno si sente quella voce, che non solo è continua, ma tante volte è poco morale, invece soltanto si fa il catechismo fino a dieci anni, a dodici anni, ai bambini – quando appena cominciano a capir qualche cosa, abbandonano –: l’ignoranza nella religione viene sempre più allargandosi. Non sanno nulla! Eppure son magari “titolati”, sono professionisti, sono persone istruite, scienziati. Ma in quella che è la scienza della salvezza, quante volte non hanno la cultura sufficiente! Perciò bevono le obiezioni e gli errori, in buona fede.

Poi, partecipare alle devozioni della Pia Società San Paolo, specialmente: devozione a Gesù Maestro Eucaristico; secondo: la devozione alla Regina degli Apostoli, Maria Madre Maestra e Regina; poi la devozione a San Paolo Apostolo.

Secondo: partecipare alla vita paolina con le opere.
La prima opera che raccomanderei è questa: aiutare le vocazioni. Negli ambienti in cui vivete, vi saranno delle occasioni: si tratti di vocazioni femminili o di vocazioni maschili, si tratti di religiosi o di sacerdoti, si tratti di sacerdoti religiosi o di sacerdoti diocesani, si tratti anche di vocazioni all’apostolato laico.
Quando una giovane, quando un giovane, mostra di avere qualche tendenza buona; quando si vede che una giovane o un giovane stanno volentieri lontano dai pericoli e dalle compagnie pericolose e si vede che sono riguardati per non cadere nel peccato; quando hanno inclinazione alla pietà, ai doveri, alla docilità in famiglia: tante volte vi è qualche segno di chiamata di Dio. Scoprirle, aiutarle, in quanto è possibile.
Ma bisogna anche dire che buona parte delle vocazioni è tra i poveri: dalle campagne, dalle famiglie operaie, sì, le vocazioni.
Gesù veniva da Nazareth. Dicevano, più tardi, alcuni: «Può venire da Nazareth qualche cosa di buono?». Ed è venuto qualche cosa di buono: Gesù. Quindi quelle famiglie che sono sane, morigerate, più facilmente hanno la grazia di Dio di poter nella loro famiglia dare un fiore al Signore. E queste vocazioni, essendo povere, tante volte dobbiamo aiutarle. Anzi, pensate a questo: che la Famiglia Paolina, in generale fa pagare duemila lire al mese di pensione. Duemila lire al mese a cosa servono? Tra far la scuola, e tutti i locali, e poi tutto quel che riguarda il vitto, ecc. ...
Altra opera molto importante: biblioteche nelle Parrocchie. E vi sono le biblioteche, oggi, aziendali, nelle aziende; vi sono biblioteche anche negli alberghi, vi sono biblioteche scolastiche, biblioteche popolari, biblioteche parrocchiali, in quanto è possibile e [per] chi trova la possibilità.
Vi sono persone che cooperano perché ci sia nelle parrocchie un cinema sano e possibilmente appoggiano in questo la famiglia, la congregazione di San Paolo. Perché abbiamo oltre 500 pellicole e sempre si vanno aumentando. Dunque è possibile provvedere, almeno ai cinema parrocchiali.
Ed ancora qualcheduno che aiuta nei cinema non parrocchiali: ad esempio, per le navi che partono da Genova, fanno il viaggio verso l’Oriente, verso l’America: si servono di pellicole che poi dànno la sera, nella nave stessa e riportano quando tornano.
Appoggiare poi, per la diffusione del Vangelo, le “giornate del Vangelo”, l’organizzazione di queste giornate, affinché il Vangelo entri in ogni famiglia.
Inoltre, vi sono tante opere nelle Parrocchie, nei paesi, nelle città, da appoggiare. Tutto quel che è buono, quel che è sano, quel che è verità, quel che è bello, tutto entra nell’apostolato paolino! Tutto, tutto ciò che fa bene.
Poiché San Paolo lo dice lui: «Appoggiate tutto quello che è vero, tutto quello che è buono, quello che è santo, quello che è amabile, quello che è giusto, ecc., tutto appoggiate il bene, sempre».
Non teniamoci per isolati, nella società! Apparteniamo alla società e cerchiamo di portare alla società il nostro contributo, come è possibile: per esempio, dare il voto con coscienza, il voto o nelle elezioni amministrative o nelle elezioni politiche. Quel giorno lì, delle elezioni, il popolo è sovrano, cioè dipende da lui formarsi un governo sano, un governo cristiano, oppure permettere che gli avversari passino e arrivino poi a comandarci. Non dobbiamo, dopo, piangere quello che succede, quel che succede in Paesi, che si trovano, al riguardo della moralità, della sanità spirituale, ecc., si trovano in condizioni difficilissime. Sapere maneggiare la scheda [= votare bene].
Terzo contributo e terza cooperazione: aiutare i catechismi nelle Parrocchie. Sento che le suore del Buon Pastore, dette Pastorelle, sovente si trovano in tre o quattro nelle Parrocchie, ma hanno otto-dieci classi di catechismo: chi può dare aiuto, si presti, se ha il tempo. Così per quel che riguarda il canto sacro. Così per quel che riguarda anche tutto quello che forma il corredo della Chiesa: dai paramentali, la stessa tenuta delle cose, la conservazione, la pulizia, ecc.

Vi sono le borse di studio per quelli che sono poveri.
Più facilmente, a questi tempi, raccomandiamo le borse di studio per i missionari. Abbiamo un bel numero di studenti in India, in Giappone. In Cina, purtroppo, il comunismo ha preso tutto, e ha mandato fuori tutti i nostri. Ma Cina, Giappone e India son tutti Paesi di grandi speranze. E se oggi vi sono persecuzioni nei paesi comunisti, oh, la vittoria sarà sempre di Dio, in fine, in fine, anche se passiamo attraverso le persecuzioni. Le persecuzioni nell’impero romano son durate tre secoli, ma la Chiesa si è stabilita. E i persecutori? I martiri son là nella loro gloria, e i persecutori? Noi preghiamo che anche loro vadano salvi, tuttavia è certo che hanno contraddetto a Dio.
Così, insistendo ancora sull’India e sul Giappone, basterebbe aver le Case, per raccoglierne tuttavia quanti si vogliono. Perché sono abbondanti, particolarmente in India, dove quelle popolazioni son buone. Dolorosamente non conoscono Gesù Cristo e il suo Vangelo, ma sono religiose a loro modo e bisogna istruirle.
Servirebbero anche le pensioni, le vestizioni paoline e il “Cooperatore paolino”, l’abbonamento del periodico.
Vi sono persone che stabiliscono dei “fondi perduti”, il denaro da cui ricavano l’interesse annuale. E poi, quando è terminato il loro corso, il loro pellegrinaggio sulla terra, quello va impiegato per le vocazioni.
Quest’anno, specialmente, abbiamo in mente questo: nel 1960 e 1961, cioè quest’anno e l’anno prossimo, si compie il centenario della venuta di San Paolo a Roma. Partito in autunno del 60, arrivato a Roma nel 61, dopo il naufragio di Malta. E per ricordare il grande avvenimento, stiamo erigendo un altare: e di fronte all’altare di San Paolo ci sarà l’altare di Gesù Maestro. Quest’anno, le offerte che vengono fatte sono impegnate nel ... [nell'altare(?)] dove si continuerà a celebrar le messe.

Poi, una cosa molto semplice è questa: zelare le iscrizioni ai cooperatori. Come sono queste iscrizioni? Tutti coloro che offrono mille lire, partecipano, vivi e defunti, alle 2.400 messe ogni anno celebrate per i cooperatori: vuol dire sei messe al giorno, per i viventi e per quelli che sono passati all’eterno riposo.
Farsi zelatrici di questa opera, la quale poi non esige molta fatica. E d’altra parte quale vantaggio? È una carità vera suggerire questo. Per chi lo desidera, domanderà i moduli da riempirsi onde fare la raccolta di cui poi si darà il resoconto nel periodico “il cooperatore paolino”.

Infine, [ho] da ringraziarvi di tutto quanto già avete fatto per la Famiglia Paolina.
Ogni mattina, prima di andare all’altare, io vi raccolgo tutti nella mia mente, tutti, ogni mattina, come se foste presenti attorno all’altare. Tutti vi metto con le vostre intenzioni nel calice. Allora, unitevi sempre a me, al Primo Maestro, affinché le vostre intenzioni, quelle che vi stanno a cuore, io possa presentarle a Gesù. Potete formularle alla sera, queste intenzioni, poiché al mattino celebro sempre piuttosto presto e non ci siete voi, ma spiritualmente vi tengo tutti presenti attorno all’altare. Voglio ottenervi tante grazie! Aiutiamoci, sinceramente, caldamente!
Tutti salvi, tutti! Ma che ci sia anche una schiera attorno di anime salvate. E chi è giovane, chi è forte, chi ancora è indeciso dell’avvenire suo, pensi che cosa vuole il Signore nella sua vita, affinché si vagli bene: sulla terra siamo per far qualche cosa! Certo: per salvarsi! Ma per salvarsi qualche cosa, o in un modo o nell’altro, o in una strada o in un’altra. Ognuno ha la strada sua designata da Dio. Ma esser spiriti entusiasti! Non sprechiamo la vita in cose inutili, i giorni in cose inutili. No. Santificarsi, mirare alle altezze e diffondere il bene e salvare anime. Che queste anime, al giorno del giudizio, ci stiano attorno e dicano: «Ecco, se sono qui felice, [è] per te; [lo] devo a te, per la tua carità, per il tuo zelo».
Sia lodato Gesù Cristo.

Meditazione del Primo Maestro
agosto 1960

La lettura della Bibbia


Abbiamo ricordato la lettura delle Costituzioni. In questo tempo è utile leggere gli articoli da 255 in avanti, cioè tutta la parte che riguarda la redazione, la tecnica e la propaganda.
Chi studia bene la Bibbia, potrà scrivere bene a riguardo all’insegnamento che ci viene da essa. E chi ama la Bibbia facilmente ne farà la propaganda più efficacemente.

È bene che come segnacoli nel libro della Bibbia, che ognuna legge, si metta una delle tre immagini:
– Sant’Anna, che ha Maria bambina ai piedi e svolge davanti a Maria bambina le pergamene, insegna a leggere la Bibbia.
– Poi, l’altra immagine che adesso è riprodotta e vi è anche la preghiera da dirsi prima della lettura della Bibbia, e poi da dirsi dopo la lettura della Bibbia: Maria che è intenta a leggere la Sacra Scrittura.
– Poi, come immagine e, diciamo, distintivo per le Annunziatine e per i Gabrielini, abbiamo scelto l’immagine di Maria che viene annunziata dall’Arcangelo. Ma ella si trova inginocchiata, mentre legge la Sacra Scrittura, rappresentata così.
Ora questo per indicare una massima o una pratica: invocare Maria per leggere e capire la Scrittura; ricordando sempre, insieme, la diffusione, «evangelizare pauperibus misit me», la frase del Maestro Divino: «il Signore mi ha mandato a evangelizzare i poveri». Non sono solamente i poveri riguardo ai beni temporali, cioè quelli che mancano di ricchezze; ma sono anche i poveri ignoranti, che sono più poveri, alle volte, di molti ricchi e sono veramente nell’ignoranza delle cose della fede e di quello che è il problema massimo: la salvezza eterna.

Qualche cosa che serva di indirizzo.
La Scrittura si compone di 73 libri e si chiama “il Libro” tutto insieme: 46 sono dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo Testamento. E sia quelli dell’Antico Testamento, come quelli del Nuovo Testamento, si dividono in libri storici, morali, o didattici. Prendono vari nomi: profetici. Nel Nuovo Testamento un solo libro è profetico cioè l’Apocalisse, il quale per noi è ancora tanto oscuro, ma che si viene a comprendere man mano che passano i secoli.
Ora, leggere la Sacra Scrittura, tenendo presente quattro frutti.
Primo. Imparare le verità che il Signore ha voluto rivelare agli uomini. E verità che se non si credono, non c’è salvezza. Colui che non crede è già giudicato, ha detto il Maestro Divino.
Secondo. Imparare la virtù, le virtù, l’osservanza dei Comandamenti, l’osservanza dei Consigli evangelici, quindi la morale, oltre che la dogmatica.
E terzo, la liturgia, cioè la preghiera. Imparare il modo di pregare, le disposizioni di pregare, le grazie da chiedere al Signore, nel pregare.
Quarto. L’apostolato. Guardando come si presenta a noi il Libro divino, per chi ha da fare l’Apostolato il Libro divino è la Regola, è la falsariga – diciamo – di tutto; ma dobbiam dire la vera riga di tutto (il nome di “falsariga” si dà per altra ragione a quei fogli che vengono messi sotto il foglio su cui si scrive): modello quanto a redazione, modello quanto a divulgazione e modello anche, in gran parte, quanto a tecnica. Poiché l’umanità si è sempre servita dei mezzi tecnici che aveva a disposizione per scrivere. Quindi anche gli agiografi hanno dovuto servirsi di quei mezzi tecnici, quali erano nei primi secoli, quali poi furono nei secoli seguenti e poi, successivamente, ora siamo alla carta ordinaria e con il modo di stampare ordinario che abbiamo oggi, ecc.
Primo le verità.
La religione nel suo insegnamento è presentata storicamente. Così noi sappiamo la creazione, così sappiamo l’elevazione di Adamo ed Eva all’ordine soprannaturale, la prova a cui furono sottomessi, la caduta, la promessa del Messia e poi avanti negli altri libri successivi, dell’Antico Testamento: le profezie, le figure, i “tipi” che ricordavano quello che Iddio aveva promesso e cioè il Redentore, ed accanto al Redentore la figura bella che Iddio ha voluto mettere appunto accanto al Maestro Divino, Maria.
Allora, tutto l’Antico Testamento bisogna guardarlo, leggerlo, guardando al futuro, cioè: preparazione al Messia, a ricevere il Messia, a comprendere e riconoscere la dottrina del Messia futuro e i segni che egli darà della sua divinità, della sua missione.
Quindi gli antichi dovevano guardare tutti a Gesù Cristo.
Invece, poi c’è il centro della Scrittura che è la vita di Gesù Cristo.
Successivamente viene quello che Gesù Cristo ha ordinato cioè: «Andate, e predicate al mondo intiero». Da sottolineare la parola andate: «euntes docete»: andando predicando, predicando andando. Eh, sì. E allora, ecco, i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, poi le Lettere, particolarmente di San Paolo, ecc. e quindi la Chiesa, la Chiesa!
E allora noi che siamo dopo la venuta di Gesù Cristo, volgiamo l’occhio indietro: che cosa ha insegnato Gesù? Che cosa ha comandato di fare? Come ci ha insegnato a pregare? E Gesù Cristo è del tutto assente oggi? Eh, no. Vive nel Tabernacolo e vive nella Chiesa, la quale è sempre, anch’essa, la Via, la Verità e Vita perché è il Corpo mistico di Gesù Cristo.
Quindi il centro della storia umana è il Salvatore, il Messia.
Dio aveva detto a Mosè, che aveva dato la Legge: «Verrà un altro profeta, scelto tra la tua gente», cioè fra il popolo ebreo, «più grande di te». E questo è il Maestro Divino.
Si raccolgono tutte le verità: anche le verità che sono di ordine naturale, sono ricordate implicitamente o esplicitamente. Quindi è una specie di teologia, è un allargamento del catechismo.
In secondo luogo, c’è da imparare, ho detto, la morale e voglio dire la vita cristiana, la vita che santifica: osservando la legge naturale qual è nei comandamenti e la legge cristiana quale è data da Gesù Cristo, e la vita religiosa come Egli l’ha insegnata, come Egli l’ha vissuta, e come Egli la volle nelle persone che l’hanno circondato, di cui si è circondato nel passaggio.
Sì. E poi la dottrina della perfezione altissima, quale è registrata nei Vangeli e nelle Lettere apostoliche, sì. Lì, per mezzo di fatti, per mezzo di dottrine, per mezzo di esempi, per mezzo di minacce, per mezzo promesse, vengono descritti i nostri doveri; e vengono esposti i castighi a chi non li osserva e vengono esposte le promesse – e non possono mancare le promesse – a chi le osserva.
Magnifico trattato di ascetica, di mistica.
Notate subito la differenza tra l’Antico Testamento, dove specialmente si predica la giustizia e il Nuovo Testamento, dove specialmente si predica l’amore. E bisogna intendere, allora, quale è lo spirito del Nuovo Testamento. Quando Gesù rimprovera: «Voi non sapete di che spirito dovete essere», quando diceva questo: è lo spirito dell’amore! il Regno dell’amore il Nuovo Testamento! Sì.
E anche nella condotta interiore, spirituale, ricordare che non siam nell’Antico Testamento, ma ricordare che c’è anche la giustizia. E però sulla terra finché si vive: «Le son rimessi i molti peccati, perché molto ha amato»: la fiducia serena.
Poi si impara la preghiera, la Liturgia. C’è tutta la Liturgia antica nell’Antico Testamento: cominciando dai Sacrifici, ancora prima di Mosè, quali venivano offerti, ad esempio: Caino e Abele; e poi i sacrifici istituiti dalla legge Mosaica, e poi avanti.
E quante preghiere! preghiere tante volte per esteso; altre volte, invece, è la raccomandazione della preghiera o sono prescritte le disposizioni della preghiera. E poi, fra quello, il libro dei Salmi libro è tutta preghiera.
Quindi viene il Nuovo Testamento. Il Nuovo Testamento ha tutta la sua parte dedicata all’insegnamento dell’orazione: non solo per gli esempi di Gesù Cristo, che fino «pernoctans in oratione Dei» e la preghiera del Padre nostro, ma egli è la Liturgia, è il Liturgo.
La preghiera essenziale è la Messa, sono i Sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucaristia, Penitenza, ecc., è tutta la liturgia. E di più: la liturgia viene presa, per la parte che riguarda le parole, dalla Scrittura. Sono testi coordinati appunto per le varie funzioni: e così la Messa ha un complesso di testi: Epistola, Vangelo, Introito, ecc.; e poi la narrazione dell’ultima cena, e lì la consacrazione, perché è la storia dell’ultima cena che viene ripetuta, e nella la ripetizione viene formata la transustanziazione, cioè la consacrazione, che poi è completata con la comunione.
Eh, tutta la liturgia, tutta la preghiera è nella Scrittura. Che magnifico trattato! E come il Signore si è adattato a noi, dandoci la religione nella sua parte di dogma e di morale di culto, dandocela per esempi, storicamente per mezzo di fatti ecc.!
Oh, è proprio il Padre celeste che si avvicina ai suoi figli e adatta le sue parole a noi bambini. Noi diciamo nel Salmo: “Signore, abbassa un po’ la tua testa, io debbo parlarti nell’orecchio”, si dice nel Salmo: “Ho qualche cosa da dirti”. Quante cose avete da dire nell’orecchio al Padre celeste, a Gesù eucaristico? Non è vero? E quante cose dice Lui facendovi sentire al cuore certe ispirazioni e certi richiami, certi inviti. Qualche volta il cuore subisce un tuffo addirittura di amore. Eh, anime elette, alzatevi! guardate il cielo!

Ho detto – in quarto luogo –: legger la Bibbia sotto un altro aspetto, e cioè: quello è il Libro che dobbiam dare: o lo diamo per pellicole, o lo diamo per la carta, o lo diamo per la voce che sarà la radio, o lo diamo per mezzo di dischi, o lo diamo per mezzo di filmine, o in altro modo, usando tutti i modi che il Signore ci ha forniti: come noi ci serviamo di tutti gli alimenti che Egli ha creati, e così ci vestiamo di quello che il Signore ha creato, e ci nutriamo di quello che Lui ha creato. Oh, il Padre celeste quanto è buono!
E poi negli antichi tempi ha parlato in molte maniere per mezzo di [...]; “novissimis diebus”, in questi ultimi tempi ha mandato il suo Figlio, il Maestro, a insegnare. Quello è il Libro da darsi, secondo libro. Nella gerarchia dell’apostolato, prima c’è la dottrina della Chiesa, il catechismo e la cultura religiosa in genere: è sempre catechismo.
Secondo. È la Bibbia, perché la Chiesa prende principalmente le verità dalla Bibbia. E poi le le propone a noi a credere. E poi viene la tradizione. Quindi la Scrittura sta subito nel secondo piano e noi abbiamo da modellare l’apostolato sulla Bibbia.
Ho detto redazione. Là c’è il modo di scrivere, di presentare le cose. Là, c’è il modo di adattarsi ai piccoli, ai deboli, a quelli poco istruiti o niente istruiti. Sì.
Nella Chiesa noi ci siamo trovati, in questi ultimi secoli, come un po’ impreparati a portare il Vangelo come si deve portare e farlo arrivare più largamente. Poiché gli avversari si son serviti loro dei mezzi per seminare gli errori; noi siamo stati troppo fermi. Ma il Signore vi ha eletto, oggi, per la missione e per l’uso di questi mezzi, che devono servire, appunto, alla divulgazione della Parola di Dio, perché, oltre ché la voce dei profeti e la voce di Gesù, il Signore ha fatto scrivere 73 libri: dunque vuole che ci serviamo dei mezzi. E quale figliuola potrebbe veramente dirsi paolina, se non pensasse così? non pensasse come Dio, e non pensasse che è mandata a completare – diciamo –cioè a continuare – meglio – quello che Gesù ha fatto, quello che Dio ha voluto?
Pensare rettamente dell’Apostolato! E poi sapere e imparare come presentare il Libro sacro. Ma ho detto già prima: chi ne ha la devozione, ne ha anche la parola per la diffusione e per la redazione. Perché quando si ama, si dice quel che si ama; quando si capisce, si dice quel che si sa. E chi non sa, e sa solo cose che vengono dal mondo, dirà sempre quelle. Cosa ha da dire se non sa quello che è sopranaturale, e che cosa esporrà? Come farà amare ciò che non ama? E invece quello che ama, facilmente lo si fa amare, perché si sa presentarlo, si sa difenderlo, si sanno dire parole che vengono dall’intimo e specialmente vi è la divina grazia, la benedizione.

Dunque tener quattro punti presenti nelle letture, alle volte serve più un punto, alle volte più un altro, secondo i casi.
– La Scrittura contiene le verità che dobbiam credere: dogma.
– La Scrittura contiene i precetti e le virtù che dobbiamo praticare: morale.
– La Scrittura contiene la preghiera, la preghiera sostanziale: la Messa e poi i sette Sacramenti, i rigagnoli della grazia, i rigagnoli ci portano l’acqua salutare dell’Eucarestia; e poi tutte le divozioni in generale: la Meditazione, lettura spirituale, ecc.
– E poi l’Apostolato, pensando e consecrando al Maestro Divino la Redazione, la Tecnica, la Divulgazione.

Amare la Bibbia come l’amava Maria. Il suo Libro! Il suo Libro! E difatti se uno legge il Magnificat e confronta le frasi del Magnificat con molte frasi dell’Antico Testamento: il Magnificat è un riassunto o ripetizione, cucitura, diciamo, di vari pezzi scritturali [...] che le era entrata nell’anima, la conosceva bene e ha scelto in quel momento, nella sua preghiera, quello che aveva letto [...].

...per capire queste cose? o siamo ancora un po’ superbi, e un po’ pieni di noi?
E abbiamo fede nella vocazione e nell’efficacia della propaganda della Parola di Dio?
Avete le grazie di ufficio, tutte, chi per una cosa specialmente, chi per l’altra; ma le grazie di ufficio, di vocazione: fede quindi!
E poi, in terzo luogo: “Signore illuminatemi, so così poco eppure non so tenere il capo chino e supplicare invocando la pietà, la misericordia”. Umiliamoci della superbia che abbiamo, e allora il Signore troverà la via e troverà il posto nel nostro cuore per depositare le grazie. Perché quando è già pieno di orgoglio, dove ci stanno le grazie di Dio? Dove c’è l’io, non ci può star Dio. Allora umiliamoci, chiediamo perdono, facciamo i nostri propositi.
Sia lodato Gesù Cristo.

Meditazione del Primo Maestro
24 agosto 1960

Portare la parola di Dio alle anime


Abbiamo meditato, nel ritiro mensile, quella frase del Divino Maestro, Gesù: «Sono venuto dal Padre, sono in questo mondo, ritorno al Padre». E cioè, noi siamo usciti dalle mani creatrici di Dio Padre. Siamo venuti e stiamo ancora in questo mondo, per compiere quel che il Padre ci ha mandati a fare, secondo la nostra vocazione. E poi ritorneremo al Padre, a ricevere il premio, secondo che avremo compiuto quello che ci ha mandato a fare sulla terra il Padre celeste.
E che cosa vi ha mandato a fare?
Tutte alla santità, tutte all’apostolato, ecco. Tutte secondo il primo articolo delle Costituzioni: la gloria di Dio, la santificazione nostra mediante la consecrazione ai santi voti e alla vita comune; e – secondo – per l’apostolato, che è portar la parola di Dio: ecco tutto.
Questo è il vostro grande affare sulla terra: portare la Parola di Dio alle anime, andando a cercarle, come faceva Gesù nei suoi tre anni di vita pubblica. Si legge nel Vangelo almeno una trentina di volte che si spostava, andava di città in città, di borgo in borgo, [di] famiglia [in] famiglia, a portare la parola sua, «la parola che mi hai dato», – diceva egli, Gesù, al Padre celeste – «quello che mi hai mandato a portare alle anime». Quindi questo comprende tutto e comprende questa parola portata alle anime nel vostro modo, cioè: stampa, cinema, radio, televisione e poi tutti quei mezzi tecnici audiovisivi che il progresso può presentare e fornire per la diffusione del santo Vangelo.
Questa è la gran cosa! Tutti gli altri servizi, tutto quel che si fa nell’Istituto, ha quel fine: portare la Parola di Dio, quanto al secondo scopo, al secondo numero delle Costituzioni, secondo articolo.
Il primo poi è il complesso delle cose di pietà e l’osservanza degli orari e il compimento di ciascheduno ufficio, come è affidato dall’obbedienza, e l’andare in un posto, andare in un altro, fare questo o quello, tutto.
La Congregazione è per quello: il secondo articolo!
Il primo è di tutti gli Istituti, Ordini religiosi, Congregazioni religiose, Istituti secolari; il primo articolo è uguale a tutti, a tutti i religiosi.
E, invece, il secondo è il fine particolare. «Veni in mundum», ognuna deve dire a sè: «veni in mundum» «e sono qui, il Padre celeste m’ha mandato», come egli, il Figlio di Dio, si era presentato al Padre: «Se vuoi manda me» per la redenzione degli uomini.
A ognuna di voi stan bene nel cuore questi sentimenti: «Se vuoi e hai voluto e mi hai mandato, adesso vado».
Per onorare il viaggio di San Paolo a Roma, la sua venuta in questo anno, precisamente quello: come San Paolo ha portato la Parola di Dio, camminando attraverso al mondo romano, al modo greco, al mondo ebraico, in sostanza al mondo come era allora.
Sentire la missione! Sentire la missione! Qualche anima è un po’ più avanti, può sentirla meglio: può sentire che essa deve operare come Maria. Una volta che nel suo seno «fiat mihi secundum verbum tuum... et verbum caro factum est», ella portò il Figlio di Dio: la prima camminatrice per il Vangelo: Maria «abiit in montana cum festinatione... et intravit in domum Zachariae et salutavit Elisabeth» e portò la prima grazia all’umanità. San Giovanni Battista fu santificato e – Maria entrando in quella casa – lo Spirito Santo investì santa Elisabetta e la grazia di Dio straordinaria poi fu anche sopra Zaccaria e come il Battista fu santificato.
Chi è più avanti, sente di portare portare Gesù; [sente] che è come un Tabernacolo vivente, quando va di luogo in luogo, quando va nelle librerie o nelle agenzie o nelle conferenze varie; sente che ciò che importa è di più l’interno, la grazia che possiede e che si comunica alle anime in misura che si ha Gesù, che si vive di Gesù: qualche cosa di ineffabile, qualche cosa che si trasfonde da anima a anima, alle volte senza dire una parola, appena apparendo. Maria non aveva detto nessuna parola e intanto la grazia di Gesù Cristo era passata dal seno di Maria al seno di Elisabetta, il Battista santificato, essa ripiena di Spirito Santo.
Primo: portare Gesù. Andare quindi con innocenza di mano e mondezza di cuore. Conservare Gesù, questo Gesù che si riceve al mattino, questo Gesù la cui grazia si infonde in ogni anima, e nel Sacramento della Confessione, nella Messa, nelle Visite ecc.
Portare, poi, la Parola, perché Maria portò anche la Parola: quindi la Parola che è scritta, che è stampata, la Parola che è filmata, la Parola che è “indiscata” – ora potremmo anche dire –, sì, perché quello è il modo di portarla. Eh, il modo è variato, la missione è uguale; e san Paolo camminava a piedi e voi andate con l’automobile – il modo è cambiato –; e San Paolo andava specialmente esponendo con la sua parola vivace e voi con il mezzo tecnico, quel che si sa.
Del resto imitate anche qui Febe, la portatrice della Prima lettera, cioè della lettera che San Paolo ha scritto ai Romani. Imitatrici: portare quest’anno la Bibbia nelle famiglie: ecco il pensiero e quello che deve essere il frutto della presente considerazione.
Mandate per questo, chiamate per questo, impegnate con la professione per questo. Tutto il resto è di aiuto e di preparazione; e come vi è la cucina, così vi sono tutte le altre cose che preparano: il fine è di arrivare a toccar l’anima, a toccare l’anima.

Oh, quindi quest’anno, l’anno biblico, fate bene a recitare molto spesso la coroncina a San Paolo, a visitare la Basilica di San Paolo e anche i luoghi dove si crede che San Paolo abbia sostenuto le sue due prigionie – eh, un po’ di incertezza storicamente c’è per il posto –. Ma in ogni modo il pensiero è sempre quello di onorare San Paolo.
Parlando dell’anno biblico, bisogna assecondare il Papa. Il Papa Giovanni vigesimo terzo ha detto: «Fra tutte le preoccupazioni e le cure che mi son proposto all’inizio del pontificato, la principale è questa: di favorire tutto quello che serve ad esaltare e diffondere il Libro Sacro». Ecco. Allora con il Papa, proprio con questo Papa che sembra che segni la vostra missione, quello che Dio aspetta da voi. È proprio ora il momento.
Ma, volevo dire due cose a questo riguardo.
La prima. Il Libro Sacro. Vedete, nel Millenovecento, quando già si pensava a qualche cosa che si doveva fare nel secolo nuovo, allora due cose:
– Rendere la Comunione quotidiana, per quanto è possibile. La Comunione quotidiana, in principio, quando eravamo ragazzi noi, si faceva raramente ancora, la Comunione. E in qualche monastero avevan persin perso la chiave del Tabernacolo, un giorno, quando era arrivato un prete. Oh! E la Comunione è diventata, si può dire, quotidiana.
– Ma nello stesso tempo, la Bibbia, cioè la parola di Dio. Perché il Giansenismo aveva allontanato i cristiani con due astuzie diaboliche: «Non siete degni di frequentare la Comunione, di riceve la Comunione: quindi rarissimamente. E il Libro Sacro non si deve toccare, perché è sacro; specialmente la donna, non deve toccarlo. Non si deve leggere la Bibbia, il Vangelo». Ora, questo pensiero, questo errore Giansenista vediamo che in gran parte si sta allontanando, ma non è ancora tutto allontanato certamente.
Allora, adesso, la diffusione del Libro Sacro. Proporsi che entri in ogni famiglia, possibilmente tutta la Bibbia, almeno il Vangelo. E quanto avete già fatto! Che merito e quale benemerenza a tutte quelle che hanno atteso alle Settimane bibliche, alle Settimane del Vangelo, e specialmente a quelle che con fatica l’hanno portato di casa in casa! Sì.
Ora, per questo, due cose, ho detto.
La prima è di leggerlo e meditarlo noi il Vangelo, leggere e meditare la Sacra Scrittura. Quest’anno lettura principale [sia] questa.
Perché possiamo aver la grazia di darlo agli altri, bisogna che ce ne nutriamo noi. E quando saremo pieni dei pensieri e degli esempi che ci sono nelle Scritture, nel Vangelo specialmente, e di quello che è la grazia che è promessa nelle santissime Parole di Dio, nelle santissime Parole – in modo particolare – di Gesù Cristo, il santo Vangelo, avremo la grazia. Quando avremo il cuore pieno, sapremo dare, perché noi diamo sempre quel che abbiam dentro. E uno che ha la testa vuota, dice delle parole vuote; e uno che ha la testa e il cuore pieni di Dio dice delle parole che sono di Dio, “quasi sermones Dei”: parla le parole di Dio, perché ha il cuore pieno. E che cosa uno mette fuori se non quello che tiene nell’animo?
Quindi lettura del Vangelo, della Scrittura: fatevi un po’ una divisione, un po’ di programma, perché sia letto bene! A tavola quest’anno [si legga] specialmente tutto quel che comprende i libri storici, poiché i libri sapienziali, i libri profetici ecc. non son tanto adatti alla lettura a tavola; ma potete, poi, leggerli durante la Visita. Ma, in sostanza, quest’anno lettura principale, meditazione principale [sia] il Vangelo e la Scrittura in generale.
Il Cardinale Montini, nella Giornata che ha tenuto al Clero milanese per la lettura della Bibbia e la diffusione della Bibbia, porta quattro motivi.
Primo. Leggere e meditare la Bibbia per nutrire il vostro spirito, perché non c’è meditazione e lettura spirituale che valga, di nessun autore – eh, si possono mettere sotto il cassetto, sotto il tavolo, quest’anno – che il Libro di Dio, quello che ha fatto Iddio.
Poi, secondo. Perché è il Libro dell’umanità. E si acquista uno spirito di universalità, si acquista la cattolicità, si acquista il vero spirito paolino! E poi dice al Clero per dargli ragione: «Adesso studiate trattati e trattati, e fate letture di libri spirituali... Andate alla fonte!». Approfondire vuol dire andare alla tradizione e andare alla fonte: la Bibbia.
Inoltre noi dobbiamo aggiungere che – dice – questa è la maniera di fortificare lo spirito e di trovar la via giusta e di essere veramente cristiani, cioè discepoli di Gesù Cristo. Troppo spesso si vuole essere religiosi dimenticando che prima dobbiam essere cristiani e anche uomini, coi doveri umani. Praticamente [dimenticando] i doveri umani, non si può essere né cristiani né tanto meno religiosi.
Allora leggere per il nostro spirito, per il progresso vero, perché la vita sia meglio orientata, perché si capiscano tante cose, perché si interpreti bene la storia, gli avvenimenti ecc., quindi, leggere, meditare la Scrittura.
E secondo. Il programma per la diffusione. L’anno biblico, ecco, deve essere propriamente un anno in cui ci si impegna per la diffusione. Oh. I mezzi che sono indicati, già li conoscete. E poi forse torneremo su questo argomento e cioè: la diffusione casa per casa, le Settimane bibliche, le Settimane del Vangelo, poi la preghiera per la diffusione, quindi la parte che riguarda anche la tecnica, che riguarda le librerie, che riguarda le stesse agenzie del cinema. Poiché non sono distaccate le agenzie quanto a pensiero, quanto ad apostolato: hanno tutte, queste agenzie, ha tutto assieme l’apostolato del cinema, un collegamento; anzi, si forma un quid unum con l’apostolato della stampa e della radio ecc.
Allora studiare i mezzi. Tra di voi so che già ci sono state conferenze e indirizzi. Ma tutto l’anno [sia] particolarmente ordinato a questo. Sì. E quindi il libro più portato e più diffuso [sia] la Bibbia, il Vangelo di nostro Signore.
Questo farlo conoscere bene alle suore che sono in altre nazioni: Francia, Spagna e America Latina e nell’Oriente, in Africa, nell’America Settentrionale, e quindi in tutti i Continenti.
Come avete pensato quando avete visto queste bandiere delle Olimpiadi? Ci sono cinque circoli che sono i cinque Continenti, cioè: vengono dai cinque Continenti per far mostra della loro abilità. E poi, in mezzo, c’è la fiaccola. La fiaccola è il Vangelo a tutti i Continenti! Cambiate un po’ il senso: il Vangelo a tutti i Continenti, eh, la vostra fiaccola! E sì, abbiamo voluto che fosse scritto sull’Altare della Regina: “Ego sum lux mundi - Vos estis lux mundi”: voi siete la luce del mondo.
Grande missione! Voltarsi mai né a destra né a sinistra. Quando Gesù ha mandato i Discepoli a prevenire, a preparare il suo arrivo, «non fermatevi a chiacchierare!», ha detto, «camminate!», sì, «non perdete il tempo!»: «et neminem per viam salutaveritis»: «non salutate nessuno per strada». Ma bisogna capire cosa voleva dire allora il saluto: voleva dire fermarsi un po’a chiacchierare. Eh, salutare cristianamente! ma anche Gesù salutava, ma nel modo cristiano e cioè: salutare con la parola Gesù Cristo, camminare, portare la parola di Dio, senza occuparvi di altre cose.
I vostri discorsi abituali: questi! Cosa possono essere i vostri discorsi abituali, se non il vostro lavoro, quello che interessa la santificazione e l’apostolato?
Sono due, le cose. Tutte le altre cose servono di aiuto quando sono veramente di aiuto. E alle volte sono di impedimento, quando in realtà sono veramente impedimento, sì.
Concentrare qui anche le preghiere, sì. La Coroncina che si dice spesso poi a San Paolo, da una parte per le vocazioni e la loro formazione, ma dall’altra, all’ultimo punto, la Coroncina ci incoraggia, ci orienta verso l’Apostolato, sì.

Allora, conchiudendo.
Sento che son venuto sulla terra per fare qualche cosa? che son mandato dal Padre per qualche cosa? e che me lo ha assegnato il Padre celeste, dandomi questa vocazione e facendomi entrare proprio in questa strada che è il suo volere? Sento? – ognuna deve domandarsi –. Se non si sente, non si è paolini.
Secondo. E sento che mi ha mandato a portare la sua Parola, la Parola che ha portato Gesù Cristo stesso al mondo, il messaggio della salvezza? Egli è venuto: «ad hoc veni in mundum, ut testimonium perhibeam veritati», per portare la Parola della Verità. Siete chiamate per questo!
La chiesa vi ha approvate solamente a questa condizione, secondo questo fine, che ha visto nella Famiglia Paolina: un fine particolare, distinto da quello delle altre Istituzioni. Poco avete da guardar le altre famiglie! E se quelle hanno la missione che riguarda la carità, cioè hanno missioni caritative, voi avete la carità principale: “Facientes Verbum Dei”, cioè la Parola, “in caritate”, “facientes veritatem”: fare la verità, dare la verità per carità, sì, l’alimento delle anime, la luce che santifica e che illumina le anime. Si sente questo?
E terzo. Che cosa farò io per l’Anno biblico? di preghiera e di attività? Come contribuirò? Si può contribuire con la sofferenza, con la preghiera, con l’osservanza religiosa, con quella mortificazione che ci guida ogni momento, che è l’osservanza degli orari, degli uffici che abbiamo.
Proposito…