Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

« All Audiogalleries

Registrazioni audio ?

         

CRISTIFICARSI
(voce di Don Alberione da un montaggio audiovisivo)
(data e luogo non precisati)



«Bisogna, in sostanza, che il nostro pensiero e la nostra attività vengano a unirsi a Gesù Cristo; che formiamo interiormente un solo pensiero e facciamo esteriormente un’attività conformata all’attività di Gesù Cristo. Perciò sempre più orientare le anime verso Gesù Cristo. Cristificarsi. Cristificarsi.
Ecco, quella preghiera: che io scompaia; che io sia assorbito da Cristo. Poi le altre parole: O Verbo eterno, voglio passare la vita a sentirti, a nutrirmi di te; che io sia un prolungamento di te, un docilissimo tuo membro.
Vi è un’unica meta per i veri santi, un’unica consegna: Vivit vero in me Christus. Siamo dei prolungamenti di Gesù, di Gesù che ha trovato in noi dei docilissimi strumenti, docilissimi strumenti, e ci fa muovere e dispone, ci chiama e ci fa passare per varie circostanze e per difficoltà, qualche volta anche per momenti di consolazione. Sempre Lui, Lui, Lui, in tutto, in tutto.
Questa necessità di centrare la nostra divozione in Lui è assoluta, perché «Non est in alio aliquo salus. Non c’è salute fuori di Lui». Allora bisogna passare necessariamente da Lui e avere quindi proprio i suoi pensieri. La nostra mente che sia la sua, cioè, che Egli con la sua mente domini, guidi, illumini la nostra mente. E che noi abbiamo il suo cuore rivolto al Padre, rivolto alle anime. E che noi abbiamo la volontà di Dio, la volontà del Padre quale l’ha fatta Gesù Cristo e come vuole che la facciamo, in maniera tale che Lui viva davvero in noi.
Non solamente pensare: «vivo con Cristo»; ma sia proprio Lui l’attore, l’attore, il vero regista. Egli tutto, in tutto, sempre. Così.
Possiamo lasciar vivere Cristo in noi? Non lo cacciamo? Non lo dimentichiamo? Lo sentiamo? Sentiamo che egli è in noi e che è Lui che ci fa parlare, che ci fa muovere, che ci fa agire, che ci fa tralasciare una cosa perché non piace a Lui o che ce ne fa abbracciare un’altra perché piace a Lui?
«Vivit vero in me Christus». Che scompariamo. Ecco. E che viva tutto e solo e sempre Lui perché questo è il mistero del Cristo: essere il capo, noi le membra.
Come è bella allora la nostra devozione e come è più facile l’operare anche nei casi difficili e com’è più facile dominare i sensi, dominare le passioni e come orientarle tutte verso Dio. Allora noi siamo come sopra il nostro essere umano, sentiamo di essere mossi da un Dio e che le nostre opere sono divine. Divine perché il pensiero che le ha guidate è di Gesù Cristo, la mossa interiore, che è la mossa dell’amore, è di Gesù Cristo e la volontà che viene a determinarsi è di Gesù Cristo. Noi il prolungamento. Noi le membra.

Egli è il capo che comanda di muover la mano, di muover il piede e fare quest’azione, di andare, venire, sentire, parlare secondo i casi. Egli che opera in noi. Che ci abbia talmente assorbiti che quasi non sentiamo più la natura. Ma questo è un ideale. Tuttavia è il centro della divozione. Ed è la meta che i Paolini han da raggiungere».

Trascrizione da una registrazione della voce di don Giacomo Alberione
(data e luogo non precisati)


Ottava di Pentecoste


Oggi, ancora, siamo nell’ottava della Pentecoste e gli Apostoli hanno pregato per ottenere i doni dello Spirito Santo secondo aveva promesso di Gesù e secondo Gesù aveva loro comandato, cioè di fermarsi a Gerusalemme, perché dopo alcuni giorni sareste battezzati nello Spirito Santo, a differenza di san Giovanni che battezzava con l’acqua.
Essi hanno pregato con Maria. Invocare lo Spirito Santo tutti assieme, noi, e insieme a Maria, la sua grande potenza presso il Signore, grande bontà, misericordia per tutti noi suoi figli. Quindi tanto è felice, commovente la preghiera “Salve Regina, Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra”.
Ecco la speranza che il Signore ci ha dato, “siam peccatori ma figli tuoi”.
Ecco siamo peccatori ma figli tuoi. E tuttavia confidiamo perché lei è misericordiosa.
Non si deve scoraggiare nessuno, avvicinandosi a Maria; tutti devono prendere coraggio e fiducia, perché una madre quando ha molti figliuoli e tra essi ce n’è uno che soffre di più, è malato, magari grave, che cosa fa? Le sue premure sono per quel figlio malato e magari perde anche le notti per vegliarlo, per essere pronta alle necessità del figlio malato e lascia un po’ da parte quelli che stanno bene.
Così è fatto il cuore di Maria.
La nostra ragione per presentarsi a Maria, confidare in Maria, è questa: di contare molte miserie, raccontare tutte le nostre necessità, i nostri peccati, i nostri difetti; e quando più ci mostriamo miseri, tanto più ella è sollecita per noi. E il motivo…

Trascrizione del file: 0000-00-00_Domenica in Albis.mp3
durata 20.48

Don Giacomo Alberione - Ai Discepoli

Domenica in Albis - La fede



Domenica in Albis.
L’Introito: “Come bambini appena nati, desiderate il latte spirituale, puro”. Che cosa si intende qui? In particolar modo accogliere le verità che la Chiesa insegna e che sono ricavate dal Vangelo, le verità di fede. E tutta la domenica, nella liturgia, inculca la fede.
Molti credono di averne abbastanza di fede, e dicono: “La fede c’è, ma manca la carità”. Ma se non c’è la fede, non ci sta la carità. La carità e la speranza derivano dalla fede.
Perciò si inculca in primo luogo: “Credere come bambini, con semplicità” e: “Se non vi farete come questi bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”. Perché vi son tanti dotti sulla terra, si studia tanto, oggi, si studia tanto. Ma la fede è un dono di Dio e lo studio, sì, ci deve essere; ma il credere dipende dalla grazia di Dio. Occorre che noi siamo come i bambini: la Chiesa è madre, noi succhiamo il latte dalla madre Chiesa, cioè le verità che la Chiesa insegna.
Grande è il Concilio, sì. Si vede chiaramente che è il Concilio più solenne, più grandioso che ci ricordi la Chiesa; perché il massimo dei Concili aveva 600 - 700 Padri; il Concilio attuale ha 2600 - 2700 Padri. Ora, questo è grandioso. Ma quello che noi dobbiamo prendere, non [sono] le discussioni, ma ciò che è la fede: come bambini, dobbiamo prendere, cioè, l’insegnamento della Chiesa, l’indirizzo che ci dà la Chiesa.
Perciò esorta san Giovanni: “Carissimi, tutto ciò che è nato da Dio, vince il mondo, ma la potenza che abbiamo noi nel mondo, è la fede”.
Guardando il Giappone, così in generale, pensavo: qui c’è una quantità di sacerdoti, rispetto al numero, a 300.000, neppure 300.000 fedeli. Ed è abbondante il numero dei sacerdoti rispetto ai fedeli. E ci sono 35 o 36 Istituti religiosi che lavorano là dentro. Ma ci vuole la fede, non basta la parola: anche se ci sono università, ci sono periodici, – noi ne abbiamo quattro; con le suore ne abbiamo sei, – ma se non c’è la fede... cioè il dono di Dio! Perché molte si fanno catechizzare, ma non chiedono poi il Battesimo. Ci vuole il dono di Dio, della fede.
Quanti sono indirizzati alla Chiesa cattolica, andare alla parrocchia, andare al sacerdote! Sono indirizzati specialmente dalle Figlie di san Paolo, che hanno un contatto abbondantissimo con le popolazioni. Vanno, catechizzano e non fanno il passo. E allora? Ci vuole il dono della fede.
Quindi questa è la fede che vince il mondo: la nostra fede! Bisogna che la mettiamo noi! Che mettiamo la fede nell’apostolato, non in un negozio o un commercio! Questo guasta tutto quanto facciamo, se si considera, se si considerasse, – non avviene questo, – ma se si considerasse tutto al modo di un editore, al modo di un libraio, al modo di un propagandista.
Ecco, occorre che noi abbiam fede nel nostro apostolato, e che i lettori siano illuminati e acconsentano e credono. E quindi si arriva allora, se c’è la fede, si arriva alla speranza, si arriva alla carità. Ma la fede è la base, la pietra della vita cristiana e della vita religiosa e della vita apostolica.
Poi va avanti: “Se accettiamo la testimonianza degli uomini, essa ha più valore, la testimonianza di Dio. Ora, quale è la testimonianza di Dio? Chi crede nel Figlio di Dio ha in sé la testimonianza di Dio”. Fede.
E il Vangelo di nuovo e soprattutto ci inculca la fede: «La sera del primo giorno dopo il sabato, i Discepoli per paura dei Giudei si erano chiusi in casa. Vi entrò Gesù all’improvviso e si mise in mezzo a loro e disse: “Pace a voi”. Ciò detto, mostrò loro le mani ed il costato. I discepoli si rallegrarono al vedere il Signore. E disse loro Gesù: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. E detto questo, alitò verso di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo: saranno rimessi i peccati a chi li rimetterete e saranno ritenuti a chi li riterrete”», e cioè ciò che sentenzia il confessore, bisogna crederlo: e quando vengono rimessi i peccati e quando non vengono rimessi i peccati; perché qualche volta non ci sono le disposizioni; ci vogliono sempre le disposizioni.
«Ma Tommaso, uno dei dodici, soprannominato Didimo, non era con loro quando venne Gesù la prima volta. Gli dissero dunque gli altri Discepoli: “Abbiamo visto il Signore”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani i fori dei chiodi, e se non metto il mio dito nella ferita dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, non credo”». E allora per convincerlo: «Otto giorni dopo i discepoli si trovavano di nuovo in casa e Tommaso era pure con essi. Entrò Gesù a porte chiuse; stette in mezzo a loro: “Pace a voi”; quindi a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani, avvicina la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere incredulo, ma credente”», cioè fedele. «Rispose Tommaso», allora, confuso e umiliato, «dicendo: “Mio Signore e mio Dio!”».
Sempre è utile: quando viene elevata l’ostia nella Messa e il calice nella Messa, vi è una giaculatoria che è indulgenziata: “Mio Signore, mio Dio”.
«Gli dice Gesù: “Perché hai veduto, Tommaso, hai creduto. E beati coloro che non han visto e han creduto”»: siamo noi.
Inculcando adesso la fede, l’Evangelista, come già nelle Epistole: «Gesù in presenza dei suoi Discepoli fece anche molti altri prodigi, che non sono registrati in questo libro», cioè nel Vangelo. «Questi poi sono stati notati affinché crediate» - credere - «che Gesù è il Cristo Figlio di Dio e così»: “affinché crediate” e allora la promessa: «abbiate la vita nel suo nome». E cioè la nostra salvezza è nel nome, è nel potere di Gesù Cristo; perché, se noi crediamo in lui, otteniamo il perdono dei peccati e facciamo opere buone.
Fede è il primo principale dono e deve essere l’ultimo pensiero della vita. Bambini portati alla chiesa, il sacerdote incontrandoci ci ha domandato: “Che cosa chiedi alla Chiesa?”. La risposta dei padrini a nome del bambino: “Fidem”, “domando la fede”. E la fede è ancora là sul punto di morte: “Credo nella misericordia di Dio, credo al Paradiso, credo la Vita eterna”. E l’ultimo articolo del Credo è appunto: “Vitam aeternam”; come il Credo comincia: “Io credo in Dio Padre Onnipotente”, e poi in Gesù Cristo e poi la Chiesa, e poi quello che la Chiesa insegna, tra cui c’è la remissione dei peccati e la risurrezione della carne.
Domandiamo nella giornata aumento di fede: che crediamo sempre di più, che preghiamo come quel padre che aveva il figliolo proprio ossesso, in uno stato pietoso: “Credo, o Signore, ma tu aumenta la mia fede!”.
Gesù chiedeva a colui che gli stava domandando grazia, misericordia: “Credi? hai fede?”. Allora se c’era la fede: “Sia fatto come hai creduto”: ci esaudisce secondo che crediamo.
Quindi uno va in chiesa e crede molto e torna via ricco di grazie; e l’altro va con poca fede e torna via con poca grazia; perché il Signore ci ascolta secondo che crediamo. [C'è] gente di poca fede, gente di una fede alquanto viva e gente che vivono di fede in Dio, da cui veniamo, a Dio, al quale noi dobbiamo arrivare, l’eternità.
Fede. Si recita l’Atto di Fede, come si recita il Credo. E questi dogmi che sono i principali fondamentali, essenzialmente necessari per il cristiano: SS. Trinità, Incarnazione, Passione e Morte e Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo; quindi che siamo da Dio e andiamo a Dio; c’è un giudizio, ciascheduno riceverà ciò che avrà meritato.
Qualche punto. Quando c’è fede e viva? Come si considera il peccato? insulto a Dio? ingratitudine a Dio? Eh insensati! Perché facciamo il nostro male.
Per una scodella di lenticchie perdette la primogenitura, perché aveva fame: e così deve essere considerato il peccato. Quando c’è fede, si pensa contro chi noi ce la prendiamo: Dio: “Tu vuoi e io non voglio”. Oppure si dice a parole: il Padre ha ordinato al figlio: “Va’ a far questo!”; e lui subito: “Sì, sì”; e poi non è andato a fare quel che il padre aveva detto. Non tante parole! Non bastan le formule che si recitano! Se ne possono recitar tante, ma se poi nella giornata...
Se c’è fede, si capisce un po’ il peccato; sebbene nell’intimo e nella pienezza non sempre si capisce il peccato, non si capisce che cosa facciamo.
Fede in questo: che tutte le cose anche minime della giornata, fatte bene, indirizzate a Dio guadagnano il merito. Ma sai quanto guadagni al mattino alzandoti! nella giornata facendo bene le cose che hai da fare! trattando sempre bene i fratelli in spirito di fede, [perché] sono immagine di Dio! Ma se sapessimo cosa guadagniamo, noi ci metteremmo proprio buttati, diciamo, quasi a capofitto, come quei negozianti che sono assetati di guadagno, – e che impegno che hanno per guadagnare alle volte cifre notevoli e qualche volta anche un soldo! – [o come] quelle donne che stanno rivendendo la frutta che han comprato, o altre cose. Ah! come diventeremmo diligenti se avessimo fede!
È poi necessario aver fede su qualche punto particolare. Non commercianti e non editori comuni e non propagandisti ordinari, c’è l’apostolato e il parlare delle nostre cose deve aver sempre termini che si riferiscono non al commercio, al guadagno, alla vendita, ma all’apostolato, alla diffusione.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Commento alla perfectae charitatis.mp3
durata 19.24

Don Giacomo Alberione - (Datazione probabile: intorno a Pasqua del 1965)

Commento alla “Perfectae charitatis”



Avete santificato la Pasqua: passare da una vita buona ad una vita anche più perfetta.
Nel Decreto del Concilio che riguarda la vita religiosa, il titolo è “Perfectae charitatis” e cioè: nella vita religiosa che sia perfetta la carità: la carità verso Dio, l’amore a Dio, e la carità verso il prossimo, verso le persone tutte, particolarmente con chi si convive.
La perfetta carità. Carità perfetta di pensieri, e di parole, e di sentimenti e di azione; e tanto più quando c’è la vita comune: allora nella giornata ci sono tante occasioni di dimostrare non solo l’amore verso il Signore, ma l’amore verso le persone che sono vicine, con cui si convive, sì.
In questo tempo di Resurrezione il progresso che facciamo nel nostro spirito. La Pasqua: Risurrezione di Gesù Cristo che crediamo; poi la risurrezione della carne alla fine del mondo; e poi la risurrezione nostra spirituale, sì. Come tre Risurrezioni: quella di Gesù Cristo; quella che sarà alla fine del mondo per tutti, la risurrezione; e la risurrezione dello spirito nostro.
E tante anime che credono anche niente alla vita spirituale, con il peccato, e facendo bene la Pasqua, allora la risurrezione spirituale, sì.
Come si ha da progredire?
Tutto il tempo dell’anno cercare di migliorare, in questo amore sempre più vivo a Dio e sempre più carità verso tutte le persone. Particolarmente la carità in comunità. Ma poi c’è tutta la carità nell’apostolato che fate: è tutto un portare un po’ di bene alle anime in tante maniere, con voi, ad esempio con le parole, ma particolarmente con l’apostolato.
Tutto quel che fate nell’apostolato, è tutta carità, è tutta carità; sia che si faccia un lavoro tecnico o si faccia un lavoro di diffusione, oppure si facciano i pacchi o che si spediscano, oppure che si arrivi a portare: tutto questo è tutta carità. Farlo sempre più in onore a Dio e in onore al prossimo, a tutte le anime. E quanto più possiamo arrivare al maggior numero di anime, tanto più [sarà] il merito nostro. Le anime ricevono il bene e in primo luogo lo riceviamo noi. E cioè lavorando per portare la verità alle anime, il merito nostro è assicurato. Può essere che loro non facciano frutto, ma chi invece già compie il proprio apostolato, certamente, se fatto con buona intenzione, allora c'è assicurato il merito, il merito. Perfectae charitatis.
Perfectae charitatis: perché vi saranno dei buoni cristiani che fanno qualche atto, qualche opera di carità, ma la vostra vita, la nostra vita, è tutta in carità, è tutta in carità: quanto a perfezione di amore a Dio, nell’osservanza della professione, povertà, castità e obbedienza. È perfetto questo, perché non cerchiamo più niente della terra, cerchiamo Dio. È perfetto questo.
Dobbiamo adoperare le cose del mondo e della vita presente: anche Gesù come è vissuto, come ha operato nel suo ministero, sì. Ma quello che è perfetto verso Dio, quanto è possibile che sia perfetto anche verso il prossimo; verso tutti, ma particolarmente con quelli che si convive.
Perfezionarsi. È il tempo pasquale, il tempo pasquale. Gesù Cristo è risorto e noi siamo risorti a una vita più spirituale.
Gesù si trattenne ancora, dopo la sua Risurrezione, con gli Apostoli, finché salì al cielo e finché dal cielo mandò lo Spirito Santo. Il Signore Gesù dal cielo ci manda lo Spirito Santo, quindi la perfezione dell’amore verso Dio e verso il prossimo, ecco.
Se noi recitiamo il rosario, specialmente considerare i misteri gloriosi, i misteri gloriosi, che ci ricordano la Risurrezione fino all’incoronazione di Maria Regina del mondo, Regina delle anime, e di là dispensiera delle grazie.
Quindi è un periodo di letizia il tempo pasquale, un periodo di fervore, un tempo di perfezionamento, prezioso; e specialmente prendere con il tempo del ritiro mensile. Adesso, mi pare domenica, si farà per l'appunto il ritiro dell’anno, sì. E allora, questo aiuta al perfezionamento, al perfezionamento.
Non abbiamo più cercato alcune cose del mondo, o i beni del mondo, o la gloria del mondo, o le soddisfazioni del mondo. Noi ci siamo orientati in tutte le forze verso la perfezione, liberandoci da quello che impedisce il cammino. Ciò che impedisce il cammino, noi l’abbiamo messo a parte. Invece gli altri guardan tanto la terra; e noi guardiamo tanto il cielo.
Perché con questa “Perfectae charitatis”, quale premio, quale gloria in cielo! Perché nella casa del Padre Celeste vi sono molte mansioni, cioè vi sono molti posti e chi appena può entrare in Paradiso e chi può avere una glorificazione: sono quelli che invochiamo noi, gli Apostoli, i Martiri, i Confessori, i Vergini e tutti i Santi, sì.
E poi al culmine dei Santi in cielo, c’è la SS. Vergine Maria, Regina. Ed Ella già è in cielo con il corpo, con il corpo e l’anima, ecco, secondo il dogma.
E poi tutti coloro che risorgeranno in gloria, tutti allora [saranno] nel corpo glorioso, nel corpo glorioso, sì. E quindi partecipare alla gioia, alla gloria, sia all’anima e sia al corpo. Perché anche il corpo ha lavorato, come si fa adesso che si sta pregando, si sta pregando, assistendo alla Messa e tutte le altre pratiche di pietà.
Mirare alla massima altezza in cielo. Quando si è perfectae charitatis, si va in Paradiso in una elevazione proporzionata alla vita che abbiamo fatto sulla terra.
Oh, cercano il guadagno, la gloria, ecc.; ma noi cerchiamo la gloria eterna. Quello che è passeggero sulla terra, quanto dobbiamo pensare [che durerà]? Eh, la vita è breve sulla terra, ma lassù è eterna, lassù è eterna; ed è un gaudio, una gloria che passa ad un'altezza in proporzione in quanto noi portiamo al di là dei meriti.
Ogni giorno noi costruiamo la nostra casa in cielo, tutti, dal mattino alla sera. E domus Dei, la casa di Dio, come viene detto, è la Fede; e poi quello che è l’elevazione, la speranza in Gesù Cristo, la speranza del cielo e poi l’amore a Dio che perfeziona: che perfeziona è la carità. Allora mirare alla perfezione.
Oh, adesso la Commissione stabilita dal Papa ci dà l’interpretazione del Decreto, dalle Commissioni. E questo sarà comunicato verso metà giugno, circa, prima di S. Pietro in sostanza. Perché si comincia ad entrare nell’obbligo di osservare. E gli obblighi che ci sono, c’erano già; e quello che c’è adesso, è da aggiungersi. Allora entra in ordine cioè di osservare in una maniera più perfetta.
Oh, allora avere questa mira.

Benedire il Signore che ci ha dato questa vocazione! Benedire il Signore per tante grazie: non aver seguito il male, ma aver seguito quel che vuole Dio, il bene, il bene. Ringraziare il Signore ogni giorno, sì, ogni giorno, perché, “o Signore, mi hai creato, mi hai fatto cristiano, mi hai conservato fin qui, mi hai condotto in questa Congregazione”.
Sì, ringraziare! E ringraziando otteniamo più grazia, più grazia, sì; anzi la preghiera dovrebbe sempre cominciare dal ringraziare. Per attirarsi la bontà di Dio, cominciare dal ringraziare di quel che abbiamo ricevuto e allora, se noi siamo riconoscenti, il Signore aumenta la grazia, aumenta la grazia, ciò che già ci ha dato e altro ci darà, e ci dà in continuità.
Ecco, pensiero pasquale è questo: progredire, perfezionarsi, vivere in perfectae charitatis il Decreto “Perfectae charitatis”: Dio, prossimo, anima. E noi [essere] voltati con tutti i sentimenti, tutti i desideri verso Dio e verso le anime. E avere la fortuna che ogni azione della giornata è a Dio; ma siccome siamo consacrati a Dio, ogni azione ha più merito rispetto ai meriti del cristiano. E quindi essere riconoscenti di questi doni che il Signore ha dato a ciascheduno nell’Istituto.
In questo periodo, dunque, pasquale, mirare alla perfezione, all’elevazione sempre di più.
Adesso fare i propositi e successivamente nella Messa per chiedere il perfezionamento, il progresso spirituale, nella Messa.
E non siamo egoisti, non domandiamo solamente “per me”, che si possa dire così, ma “per noi” in plurale, come ci ha insegnato il “Padre nostro”. E in plurale è tutta la nostra vita religiosa e tutta le famiglia religiosa, sempre al plurale, cioè per tutti, per tutti, considerati nel Signore.
Propositi e quindi chiedere le grazie per tutti.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Domenica di Passione.mp3
durata 26.13

Don Giacomo Alberione - Ai discepoli

Domenica di Passione



Siamo nel tempo di Passione.
Pensare ai quindici ultimi giorni della vita di Gesù con gli Apostoli, come si è intrattenuto familiarmente, come ha dato loro gli ultimi ammonimenti, le ultime istruzioni. Oh, che giorni son stati quelli! Di intimità, di comunicazione. E purtroppo gli Apostoli non capivano tutto, ma Gesù lo diceva ugualmente quello che non capivano, perché poi Egli, Gesù, se non capivano, diceva, concludeva: “Quando verrà lo Spirito Santo che vi manderò dal Padre, Egli vi insegnerà tutto, vi spiegherà tutto”, ecco.
Quindi, anche se molte cose non capiamo, chiediamo al Signore la grazia di essere illuminati.
[In] questi 15 giorni – non sono più 15 adesso, ma due settimane: Passione e Settimana Santa – [tenere] un abituale raccoglimento, quasi un accompagnamento di noi con Gesù che si avvicina al Calvario e che sta poi per uscire dal sepolcro: quindi [è] compiuta la Redenzione allora. Anche accompagnare Maria, perché non ignorava quello che nel complesso [succedeva], – anche se non sapeva i particolari, questo non lo conosciamo; – ma nel complesso sapeva bene che sulla testa di Gesù si addensava la tempesta, i nemici che volevano ad ogni costo disfarsi: “nolumus hunc regnare super nos”, “non vogliamo che questi regni sopra di noi”.
Ecco, quando l’uomo si ribella a Dio, [dice:] “Non lo vogliamo!”. Allora noi [bisogna] che vogliamo che regni nella nostra mente, nel nostro cuore, nel nostro essere. Quando fate la comunione, [dite:] “Gesù, cambiami un po’ il cervello, il modo di pensare”; “Gesù cambiami, dammi il tuo cuore, perché io ami quel che devo amare e cioè Dio e la santità, le anime; perché tu mi metta la volontà tua nella mia, al posto della mia, in maniera che tu comandi in me, allora che vivi in me”, sì.
Quindi giorni di abituale raccoglimento, pur in letizia, eh?, ma abituale raccoglimento. Perché la pietà non può mai essere malinconica, se è vera pietà; anche se c’è il dolore dei peccati, ma c’è una letizia perché stiamo in Gesù Cristo e viviamo in Lui e quindi il nostro essere si eleva e a poco a poco si trasforma, finché Gesù Cristo vive in noi.
Abituale raccoglimento. Quindi pensieri più frequenti, anche lungo la giornata, pensieri buoni, guardare il crocifisso, l’immagine dell’Addolorata, e invocare. E che il crocifisso domini in ogni posto dove c’è l’apostolato, dovunque si arrivi, in refettorio, o si arrivi nella camera per riposare, o anche se sono i posti di ricreazione, ecco: Gesù [è] presente, il crocifisso.
Pensieri così. Leggere le ultime pagine dei quattro Vangeli; poi si canteranno nei giorni stabiliti della Settimana Santa, cominciando dalla Domenica delle Palme. Leggere quindi gli ultimi capitoli dei quattro Vangeli, o dei quattro testi del Vangelo, specialmente la Passione. E poi fermarsi più abbondantemente, il giorno di Pasqua e i giorni in cui Gesù si è mostrato agli Apostoli, risuscitato; quindi la settimana di Pasqua, fino alla domenica in Albis, specialmente; poi c’è tutto il tempo pasquale.
Pensieri di raccoglimento. Che vorrebbe dire questi “pensieri”, questi “sentimenti”? Vorrebbe dire escludere pensieri, notizie, discorsi che siano troppo lontani. Certo tutti i pensieri, tutte le parole, tutto quello che è edificante, sempre; ma quello che non ci porta all’unione con Dio, che non ci porta ad accompagnare il Signore, ecco.
Che discorsi santi di Gesù allora, in quei giorni! Ci sono vari Capitoli del Vangelo a questo abituale raccoglimento: c’è la Redenzione, c’è la salute in Gesù Cristo. Ma un pensiero che serve per noi, l’abituale raccoglimento.
Ma un altro pensiero [è] questo: vediamo come cresce il male attorno a noi? Vediamo come questo popolo diviene sempre più materiale? E cioè [ci sono] pochi pensieri soprannaturali; si cerca quello che è il guadagno, o quello che è la soddisfazione; e per molti la Pasqua è un giorno di godersela di più; e la Pasqua si fa al rovescio, perché molte volte invece di unirsi con Dio si distaccano sempre di più da Dio.
E vedete questo allargarsi del comunismo, questo penetrare del protestantesimo, questo divulgarsi di una vita materiale, una vita solamente rivolta ai beni della terra, dimenticando quello che è Dio e il Paradiso. Infelici! che siamo creati per il Paradiso, e intanto cosa pensiamo? Pensare che la vita presente è per il Paradiso, la glorificazione di Dio.
Allora due cose per riguardo agli altri: sì, riparazione perché tutti facciano la Pasqua, ecc. Ma due pensieri uniti: uno è il proprio far la Pasqua: che i cristiani facciano la Pasqua, confessandosi e comunicandosi almeno una volta l’anno; è il minimo. Si mangia tutti i giorni, ma non possiamo mica dire di mangiare una volta l’anno! Ma il cibo vero è l’ostia, e voi vi mangiate questa ostia ogni giorno, generalmente, più spesso. Il pane quotidiano della colazione e il pane quotidiano della comunione. E che almeno almeno una volta tutti l’anno i fedeli che si mostrino ancora cristiani.
Secondo: la Bibbia. Unire insieme i due pensieri, e cioè ostia e Bibbia. Come dice l’“Imitazione”, il Signore ci ha dato due mezzi per conforto e per camminare bene sulla terra, per camminare bene verso il cielo; il Signore ci ha dato l’Ostia e ci ha dato la Bibbia, secondo dice l’“Imitazione di Cristo”.
Come aveva detto il Papa Giovanni XXIII in una sua predica, e poi dopo questo pensiero lo ha ripetuto più volte: “Insieme calice e messale”, cioè calice e Bibbia; perché il Messale contiene parole di Dio: specialmente parole di Dio sono gli Introiti, sono le Epistole, sono i Vangeli, le parti mutabili, variabili.
Allora due pensieri: fare migliori comunioni in questo tempo pasquale, leggere più devotamente qualche tratto della Bibbia, specialmente nella Visita.
Che cosa possiamo? Si moltiplicano i libri di ascetica, di mistica, eh sì. Ma non c’è ascetica né mistica più sublime che quella che ha scritto lo Spirito Santo!
Dice quell’autore, Dagnino: il 60% dei libri di ascetica e mistica non insegnano veramente quello che è profondo, quel che ci unisce a Dio; si tenta di presentare un’ascetica naturale, quasi, e poi si pensa, in ultimo, Dio. Ma se volete un’ascetica, una mistica, se volete progredire, il Libro di Dio!
Ecco, intanto che si prega perché i fedeli facciano la comunione pasquale e che noi intanto la meritiamo questa grazia, facendo noi bene le comunioni pasquali.
Questo raccoglimento di questi giorni sia preparazione alla confessione pasquale. Si dice: “Ma tutte le settimane ci confessiamo”. Ma la confessione pasquale ha un’importanza particolare e cioè: un esame un po’ più diligente, conoscere meglio l’intimo nostro, non soltanto le cose esteriori che possono essere le parole, le azioni che dispiacciono a Dio, ma l’intimo, i pensieri, i sentimenti, i desideri, il volere, se siamo uniti con Dio o no; se consideriamo la nostra vita in senso materiale o in senso spirituale, cioè una vita che prepara al cielo; quindi un esame più diligente, un dolore più profondo, un orientamento più forte verso Dio.
Cercare il Paradiso e la sua gloria! cioè di Dio. Cercare la felicità eterna!
Quando noi aspiriamo a questo, ci allontaniamo dal male, e allora è già dolore; quando aspiriamo al bene, aspiriamo a vivere Gesù Cristo, aspiriamo al Paradiso, allora ci allontaniamo dal male. Quello è non solamente il dolore, ma è ancora la conquista di Dio e dei meriti.
E poi dopo la Bibbia. Sarebbero gli Istituti secolari che sono più impegnati a diffondere la Bibbia, che entri in ogni famiglia, perché lì è il Libro di Dio. Cosa sono [i libri di] una Biblioteca, quando non c’è il Libro di Dio? Anche se là, tutti in mostra, ben esposti magari nella saletta delle famiglie un po’ più distinte.
[Si usa] gloriarsi di possedere questo libro, quel romanzo, quella rivista, quel giornale, ecc. [Bisogna invece] gloriarsi di essere i discepoli di Gesù Maestro! tutti noi, tutti discepoli. “Dixit Jesus discipulis suis”: il Vangelo parla sempre così, ai discepoli che aveva, cioè a tutte le turbe e gli Apostoli, si capisce, compresi.
Quindi l’impegno della Bibbia. Una preghiera ordinata a questo: la Bibbia in ogni famiglia. Come è difficile! Come il diavolo combatte la Parola di Dio! Satana, Satana che è il gran nemico di Gesù Cristo, e delle tentazioni che ci sono state del diavolo a Gesù nel deserto. Ma Gesù rispondeva sempre con parole della Scrittura: “Non de pane vivit homo, sed de omni verbo quod procedit de ore Dei”, “Non tentare il Signore Dio tuo”, “Vade retro satana”, ecc.: tutte le parole scritturali per combattere il male, le tentazioni.
Se il mondo non legge la Parola di Dio, non combatte il male, non aderisce a ciò che è bene, a ciò che è felicità eterna.
Pregare. Quanto è bella la missione degli Istituti secolari e delle Annunziatine, cioè degli Istituti secolari femminili. Pregare per questo, ma anche industriarsi. Ecco: quella Annunziatina portava cento Bibbie qui, cento Bibbie là, metteva un manifesto: “Teneteli lì! Poi fra una settimana passo a raccogliere i soldi oppure a ritirare le Bibbie”. E intanto in questo sistema quante ne aveva diffuse fino ad adesso! questo è il resoconto che abbiamo avuto a Roma. E penso , spero di potere intervenire a Milano.
Cento parrocchie, cento Bibbie, “Passerò a ritirarle fra 15 giorni”, c’è il manifesto al fondo della chiesa oppure in altro posto.
Oh, occorre fare una specie di violenza, una specie di violenza, cioè un’insistenza forte e dar tutte le comodità. Se poi vogliono rigettare, [arriveranno a] rigettare anche Dio. E difatti gridavano: “Nolumus hunc regnare super nos”. Ma il Vangelo di domenica scorsa dice: “Chi è con Dio, ascolta la mia parola; chi non ascolta la mia parola è perché non è con Dio”. Ma proprio questa gente vogliono mettersi fuori di Dio e subito eleggere il male. E cioè: senza Dio, che è la felicità, allora cosa c’è? C’è il tormento nel cuore finché si vive. E poi l’eternità? Questo interrogativo Dio solo sa.
Allora pregare per le Pasque e far noi meglio la Pasqua, con buona confessione, con la comunione; e poi orientarsi nelle letture della Bibbia.
Tanti libri che sono poi, sovente, son più psicologia che Vangelo.
Orientarsi in questo apostolato. Che grazia poter portare la Parola di Dio!
Come ha approvato solennemente il Concilio Ecumenico, per questi mezzi di comunicazione sociale che sono: primo la stampa, il cinema, la radio, la televisione, i dischi e tutto quello che forma il complesso dei mezzi tecnici che servono per diffondere la Parola di Dio.
Apostoli divenite! Che missione grande! La collaborazione intima con il sacerdozio, siete associati così al sacerdozio, così innestati che non si può dire di più. La vostra missione, la vostra gloria, il vostro merito, il vostro premio.
Dunque due grandi mezzi: Ostia e Bibbia sono i due grandi conforti che il Signore dà sulla terra agli uomini: la Bibbia perché sia il lume per camminare, e l’Ostia per aver la forza a camminare. Ecco tutto. Come ha provveduto Dio!
Gesù dice: “Leggete la Scrittura”.
Ho sentito: “Ma la Bibbia, eh, non capiscono...”. Ora san Paolo si rallegra e loda e ringrazia il Signore perché san Timoteo ha letto “ab infantia”, cioè da fanciulletto, la Bibbia, per cui è diventato un buon ragazzo, un buon giovinotto, un buon cristiano. E poi, buon cristiano e lodato come buon cristiano, san Paolo lo ha preso con sé e poi lo ha fatto Vescovo. Ma “ab infantia hai letto le Scritture”.
“Eh – dicono – è fatta per gli adulti!”. Il Papa ha detto: “Per tutte le età”.
Poi ritenere bene. Perché cosa ci vuole perché si cristianizzi questo mondo? Il Papa ha detto, Paolo VI: “È necessario il ritorno alla Bibbia”. È necessario il ritorno alla Bibbia. Ma se contribuite, se contribuiamo, non risparmiamo fatica, e preghiera e industria.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Festa della Regina Apostolorum.mp3
durata 30.57

Don Giacomo Alberione - Ai discepoli [?]

Festa della Regina Apostolorum



...Maria è Regina delle grazie, ecco, è Regina in quanto Ella ha molto potere per ottenere le grazie a noi. Non è soltanto una dignità, una posizione; è proprio per avere più potere per i suoi figlioli. Può ottenere maggiormente quello che i figlioli hanno bisogno.
Ester si era presentata al Re come Regina, e in quella posizione di Regina ha potuto muovere il cuore del Re a favore del popolo di Israele; perché era stato decretato lo sterminio del popolo di Israele; si aspettava da un momento all’altro che tutto il popolo di Israele, che era già prigioniero, venisse trucidato. E però Ester, come una buona ebrea e una donna del popolo, ma ebbe grazia presso il Re. E ottenne non solamente che il Re togliesse il decreto di sterminio degli ebrei, ma ancora condannò a morte il nemico degli ebrei e fece appendere al patibolo Aman, quello stesso patibolo che lui aveva fatto appendere per il suo nemico, cioè colui con il quale aveva tanta ira perché non si mostrava così ossequiente.
Oh, è una regina e quindi è una donna piena di grazia e nello stesso tempo ha potere di regina presso il Re. La festa di Gesù Cristo Re ha uno specchio, oppure, vogliamo dire, ha un ricordo: il Papa ha voluto introdurre la festa di Maria Regina, Maria Regina. Allora fra il Re e la Regina: Gesù Cristo è stato professato come Re: “Et regni eius non erit finis”, disse l’Angelo a Maria. E se il Figlio è Re, Maria [è] Regina: la Madre e il Figlio.
Oh, quindi solennità grande. Ma se Maria è grande, ecco i due termini che ci descrivono tutto il concetto assieme e ce lo spiegano: “Salve Regina, Mater Misericordiae”: ecco il tema: Madre di Misericordia. Ma non è una Madre perché desideri soltanto del bene ai figli: può ottenerlo, il bene ai figli! È di più! Madre di Misericordia, ma Madre potente, Virgo potens, Virgo clemens insieme, potente e clemente, Maria.
Che gioia da portare questo in noi! Che consolazione! Quanto ci è dolce il contemplare l’immagine di Maria Regina. È una regina la quale spesso non è incoronata; è più madre che Regina, e non sappiamo dire se è più Regina o più Madre; ma tutte e due insieme: clemente e potente.

Ora consideriamo tre punti: la devozione a Maria, i falsi devoti e i veri devoti di Maria. Tre punti.
Primo: la devozione a Maria. Che cosa significa divozione o devozione? Be’, prendiamo il concetto giusto. E cioè: devoti di Maria vuol dire [aver] fede in quelle verità che la Chiesa insegna intorno a Maria, credere alle grandezze di Maria: credere, fede.
Ci sono quattro dogmi definiti, ma poi c’è tutto l’insegnamento della Chiesa. I quattro dogmi definiti, quest’anno cominceremo a rappresentarli con le pitture nei quattro pennacchi della chiesa Regina Apostolorum: il dogma della maternità di Dio, il dogma dell’Immacolata Concezione, la definizione di Maria sempre Vergine – la definizione fatta dal Papa Martino V –, e poi l’Assunzione al cielo: i quattro pennacchi che rappresentano i quattro dogmi con lo stemma del Papa, che indica il Papa il quale ha definito.
Oh, credere magnalia Dei magnalia Maria credere [...] credere alle grandezze di Maria, fede. La prima devozione è di leggere, di studiare Maria, studiare. Ho visto lì nel banco il libro “La sintesi mariana”: molto buono quello.
Alcuni anni fa avevano fatto una specie di catalogo dei libri che nel mondo ci sono che parlano di Maria: quarantaduemila. Ora saranno molti di più, perché hanno continuato a pubblicare. Quarantaduemila titoli! Altri se ne sono aggiunti in buon numero in questi ultimi anni.
Devozione vuole dire credere alle grandezze di Maria, primo.
Secondo: che cosa [si] vuol credere di Maria? Che cosa si deve credere? Che è santissima. E cioè volerla imitare. Amare e imitare in fondo è la stessa cosa, sì. Seguire cioè i suoi esempi di virtù: umiltà, carità, pazienza, ubbidienza, fede e poi tutto il complesso di quelle virtù che fanno santo e che fanno la Santissima che è Maria. E cantiamo anche: “O santissima”, sì.
E poi divozione o devozione è ancora la preghiera, il culto a Maria. Perché riguardo a Maria ci sono dei dogmi, c’è l’insegnamento morale, cioè ascetico, quello che c’è da imitare in Maria; e poi vi è la preghiera.
Oh, quanti santuari ci sono nel mondo dedicati a Maria! Dove è quella città in cui non ci sia una chiesa o almeno un altare, almeno un quadro, una statua di Maria? Eh, Maria è la Madre dell’umanità, è la Madre buona! E anche che siamo così peccatori, “siam peccatori ma figli tuoi”, infine ci si vuole bene a Maria. E poi il supremo grido: “Possa chiamarti e poi morire”.
Siamo tanti cattivi, ma Maria ha l’ufficio di riconciliarci con Gesù. Gesù è il mediatore tra Dio e gli uomini; Maria è la mediatrice tra noi e Gesù, sì. E cioè Maria supplica Gesù ad usarci la misericordia. E l’ultima cosa sarà il castigo, ma prima di tutto c’è la pietà sua, [di] Maria, ecco.
Allora questa è la devozione: credere alle sue grandezze; amare e cioè imitare Maria – l’imitazione è la dimostrazione di amarla –; e poi la preghiera. E le preghiere sono tante, quella abituale [è] il rosario; poi noi abbiamo le nostre preghiere particolari. E poi il culto a Maria si manifesta in tante maniere. E poi nell’anno vi sono due mesi specialmente a lei dedicati, maggio e ottobre: ormai ottobre è il mese del rosario.
La devozione a Maria.
Ma adesso occorre considerare quanto è utile la devozione a Maria, quanto è utile. Si può dire questo pensiero, si può annunciare questa proposizione: “Il devoto di Maria salva”, “chi è molto devoto di Maria si fa santo”, in secondo luogo. Sappiamo bene: il devoto di Maria si salva; chi è molto devoto di Maria si fa santo.
Ecco. “Si salva”: è meglio che comprendiamo un po’ più addentro questa espressione, questo concetto. Vi è il Sacramento del Battesimo il quale imprime il carattere di cristiano. Ma il carattere di cristiano non si scancella. Però una persona pure avendo il carattere cristiano, non è sicuro di salvarsi: si può andare all’inferno con il carattere di cristiano; ed è una ignominia ed una pena di più aver ricevuto il battesimo e poi non aver seguito.
Poi vi è un altro Sacramento, perché [vi è] la Cresima che pure infonde, imprime il carattere. Il carattere che imprime la Cresima è il carattere di soldato di Gesù Cristo. Ma con questo carattere uno può dannarsi, ancora: non è sicuro della salvezza.
Poi vi può essere, può essersi ricevuto e si riceve in realtà da coloro che sono ordinati sacerdoti, il carattere sacerdotale, l’ordine, che imprime il carattere. Ma anche se uno ha ricevuto il carattere sacerdotale, che gli rimane impresso, può ancor dannarsi. E Giuda non era forse un Apostolo chiamato a questo, forse? E che fine ha fatto?
Allora uno può andare all’inferno con tutti e tre i caratteri. “Melius erat si natus non fuisset homo ille”, non ”sarebbe stato meglio che quell’uomo non fosse nato”. Ma dice un Santo Padre: “Chi invece ha il carattere di Maria, non si perde, non va nell’inferno”: “qui habuerit caracterem eius” è detto, “chi ha il suo carattere”.
Perciò il vero devoto di Maria si salva, va in Paradiso. Il vero devoto di Maria porta con sé una tessera, un lasciapassare, un passaporto per entrare in Paradiso, un visto che ha dato il Figlio; perché il Figlio quel che vuole la Madre, lo dà, ascolta.
Allora, questo carattere lo abbiamo? Questa sicurezza c’è? Vi è questo passaporto in noi? Cioè la nostra vita, la nostra pietà in riguardo a Maria c’è o non c’è? Ecco. Occorre che noi esaminiamo noi stessi: sono un vero devoto di Maria? La fede, l’imitazione, la pietà mariana?
Maria è stata chiamata a salvare il genere umano, in certo modo. E cioè là nel Paradiso terrestre il Signore ha sentenziato contro il demonio: “Una donna” – la donna che veniva profetizzata – “essa sarà tua nemica”, dice a Satana: “tu la insidierai, cercherai di rovinarla, ma essa ti calpesterà, ti schiaccerà la testa”.
Vittoriosa [fu] Maria ai piedi della croce, quando là ella stava assistendo all’ultima agonia del Figlio: in quel momento schiacciava la testa. Il demonio era vinto! Era vinto perché stava morendo il Figlio di Maria.
E come ha questa missione universale di salvezza, per mezzo del Figlio suo, così ha la missione di salvezza per ognuno.
Come viene esercitata?
Maria converte i peccatori; Maria aiuta i tentati, quelli che sono nelle difficoltà; Maria guida le anime; Maria le conduce a maggior perfezione e santità: ecco come opera, come salva.
È Maria che assiste in vita e che assiste in morte. “Prega per noi peccatori”: ecco la domanda: di chiedere divoti ed umili devoti di Maria: “Prega per noi peccatori adesso”. “Adesso” nella nostra vita. Che vuol dire? Non in questo momento soltanto, ma per quanto si estende la nostra vita. “E nell’ora della nostra morte”, quando verrà ad accoglierci: “Possiamo chiamarti e poi morire”, “Possa chiamarti e poi morire”.
Converte i peccatori. Quanti vengono ricordati nella storia ecclesiastica di peccatori che si sono convertiti per Maria, quanti!, magari ostinati, ecco, e magari ostinati fino all’ultimo momento! E poi, dopo che avevano condotto una vita infelice, – fa meraviglia! – chiamano il sacerdote, chiedono i Sacramenti, si riconciliano con Dio e muoiono con lacrime di pentimento e di consolazione, di pentimento per la vita passata e di consolazione per la Misericordia ricevuta da Dio.
“Adesso e nell’ora della nostra morte”. Quanti peccatori ricorda la storia che hanno avuto dei periodi di smarrimento nella vita, magari mezza o del tutto travagliata spiritualmente; e poi a un certo punto... Le vocazioni tardive spesso son frutto di questo: di ripensamento, di preghiera alla Madonna, di orientamento nella vita. Mettiamo che anche con il peccato, se ti presenti a Maria con umiltà e con la corona, dopo aver recitato una corona ti sentirai più umiliato del tuo male e più desideroso di risorgere e più fiducioso nel perdono e di ricominciare una nuova vita.
Maria soccorre poi tutti nelle tentazioni. I nemici sono ostinati, e sono il diavolo; e poi questo mondo che ci circonda con il suo spirito pare che penetri un pochino nelle ossa alle volte. E poi siamo così: composti di anima e di corpo e di un corpo sempre un po’ ribelle, perché vi è la lotta della carne contro lo spirito.
Ma se chiami Maria: “Salvami!”, se gridiamo a Maria, che cosa sarà?
Pensare al bambino che magari si trova in un rischio, ha una paura perché c’è qualche cosa che lo spaventa; forse ha fame, ha sete, strilla. Qualunque mamma che abbia buon cuore corre, ascolta, anche se il bambino ha torto, non doveva mettersi così dentro in quel pericolo; ma intanto ci si trova dentro. E la mamma lo soccorre, lo aiuta, gli rivolge anche un invito un po’ forte, ma finisce con l’abbracciarlo, baciarlo e salvarlo.
Perché siam peccatori, ma figli suoi, così. “Salva nos perimus”! Maria ci salverà.
Se la tentazione è ostinata e dici una buona giaculatoria di cuore e cerchi di liberarti per quanto sta da te, ecco il soccorso ci sarà. E anche se le tentazioni si ostinano, non ci sarà il consenso; e sarai salvo dal male.
Poi Maria accompagna le anime alla perfezione, alla santità; accompagna le anime perché facciano la vita buona, da buoni cristiani; accompagna i buoni cristiani, che migliorano; accompagna i buoni religiosi, che migliorano; accompagna i sacerdoti, che miglioriamo, se c’è la devozione a Maria.
Giorno per giorno non si vede che il bambino cresca: ieri l’ha nutrito bene e non si vede che stamattina sia cresciuto di 2 cm., non si vede. Ma intanto chi è devoto di Maria migliora: un cristiano più buono, più giudizioso, più retto, un religioso più fervoroso, un sacerdote più zelante, più santo.
Maria aiuta colui che prega perché preghi bene; aiuta chi deve compiere un dovere che qualche volta è pesante: lo aiuta con la sua grazia, il suo conforto.
In sostanza: Maria è la Madre e in questo pensiero di Madre e di Regina insieme è tutto detto: quindi un cuore di Madre e la potenza di Regina.
Ora ci interroghiamo. Siamo veramente devoti di Maria? E se ti fai veramente un devoto, non solo, ma un’anima molto devota, sarai salvo.
Leggete pure tutte le vite dei santi, quelle che sono scritte meglio, quelle che non sono solamente la storia del santo, ma sono la vita del santo, come la vita interiore del santo – la santità specialmente risulta dalla vita interiore –: trovate sempre Maria, sempre Maria.
Perciò: “Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi! Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi!”.

Poi viene il secondo punto: il farsi devoti di Maria; e poi il terzo punto; i veri devoti di Maria.
Ma intanto, come prima conclusione: io sono veramente devoto di Maria? Mente, cuore, volontà? E io sono molto devoto di Maria? E cioè il mio cuore imita Lei? Io credo a tutto quello che insegna la Chiesa riguardo a Maria? Credo alla sua bontà, alla sua santità, alla sua Misericordia? E terzo: come prego Maria? Vi è nella mia preghiera a Maria fiducia? Vi è nello stesso tempo il cuore, cioè l’amore a Maria, il vero amore alla Madre?
Chi è devoto di Maria si salva, e chi è molto devoto di Maria si santifica.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Festa di S. Matteo.mp3
durata 31.41

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli - 21 settembre 0000

Festa di San Matteo - Lettura e diffusione della Bibbia



Quest’oggi [è] festa di san Matteo: san Matteo che ha scritto il primo Vangelo, san Matteo il quale poi ha offerto la sua vita, il suo sangue, dopo aver predicato con grande fervore e con grande frutto il Vangelo in varie Nazioni.
Egli ha conseguito la misericordia di Dio perché prima si occupava soltanto di guadagni, stando a esigere le imposte. E fece egli una grande festa, poi, a Gesù invitando i suoi amici, i quali erano pubblicani e venivano considerati dai farisei come peccatori. Ma Gesù confermò la sua missione: “Non son venuto a cercare a penitenza i giusti, ma i peccatori”.
E tutti quindi abbiamo da presentarci al Signore come peccatori. È bella quella preghiera della Messa: “Nobis quoque peccatoribus famulis tuis”; e cioè domandiamo al Signore che guardi a noi con occhi di misericordia, a noi peccatori.
Ho applicato la Messa per la santificazione di questa casa, di tutti i membri di questa casa, e della diffusione della Bibbia, ricordando che tra i Libri della Bibbia che formano il Libro vi è appunto il Vangelo di san Matteo.
È un privilegio, una grazia che il Signore affidi a questa casa questo apostolato: diffusione della Bibbia, diffusione al massimo della Bibbia, affinché la Bibbia possibilmente entri in ogni casa. E già entrando in ogni casa è una benedizione. Perché si tiene il crocifisso in casa, si tengono delle immagini: tutto questo è buono, indica la fede; ma nella Bibbia vi è la Parola viva, la sapienza di Dio, e perciò è una grande benedizione, una benedizione a tutte le famiglie dove essa, la Bibbia, entra.
Oh, se potessimo aver la grazia di arrivare a ogni famiglia, a ogni famiglia; la quale famiglia allora possederebbe veramente un gran tesoro. Cioè vi è la sapienza di Dio in contrasto alla sapienza del mondo; la sapienza di Dio contro tutti gli errori. E non solo vi è la sapienza, ma il Libro è sempre accompagnato da grazie e benedizioni. Lì gli uomini possono trovare la via della salute, i principi della fede e le verità della fede che il Signore ha voluto rivelare. E poi la presenza della Bibbia attira grazie e benedizioni per tutta la famiglia, ma particolarmente se la Bibbia viene letta e considerata e messa al posto d’onore tra tutti i libri.
Noi siam figli di Dio. La Bibbia è la Lettera di Dio agli uomini. E gli uomini non dovrebbero leggere la lettera del padre? Certamente questo. Il Signore ha voluto che la Sua parola arrivasse a noi in due maniere, oppure possiamo dire come l’acqua che parte da un’unica fonte e poi si divide in certo modo, quest’acqua divina, si divide in due ruscelli, cioè la Parola di Dio scritta e la Parola di Dio predicata.
Ecco la grande missione di questa casa. Accanto alla predica del parroco e del sacerdote in generale, accanto alla parola del Vescovo, accanto alla parola del Papa, [c'è] chi diffonde la parola scritta, la parola scritta. Dio ha voluto scrivere per mezzo degli agiografi e Dio ha voluto che venisse predicato il messaggio della salvezza.
Che grande missione stare accanto al sacerdote che parla e che si occupa della Bibbia o per lo studio, il commento, o per la stampa o per la diffusione. Ecco accanto alla parola viva, la parola di Dio scritta, che entra nelle famiglie ed è la luce, la luce.
E cioè “nessuno accende la lucerna e poi la mette sotto il moggio”; ma no, la lucerna la mette sul candelabro, affinché “ut luceat omnibus qui in domo sunt”, affinché illumini tutti coloro che sono nella casa e qui, nel nostro caso, nella casa di Dio, sì.
Ora questa grande parte. Perché poi il predicatore, il parroco, può avere, a un’udienza, la domenica, una volta la settimana, quindi, la domenica, una quantità di fedeli: saranno cento, saranno mille, saranno anche di più o sono di meno; ma se voi diffondete 250.000 copie della Bibbia: che proporzione! che grazia! che merito, impegnandovi in questo! e facendolo proprio con spirito di predicazione, con spirito di predicazione! Oh, e suscitare degli Apostoli in questo senso: Apostoli i quali diffondano, cooperino con voi alla diffusione della parola di Dio.
Perciò siete come un “regale sacerdozio”, secondo l’espressione di San Pietro nella sua Prima Lettera, “regale sacerdotium”, sì, sacerdozio il quale deve portare la consacrazione del mondo a Dio, la consacrazione del mondo a Dio.
Questo aspetto dell’apostolato non è ancora del tutto compreso. Ma se è stata volontà di Dio che la sua parola venga predicata e venga scritta: san Matteo è stato docile e ha scritto, ha scritto tutto il Vangelo: ecco è il volere di Dio. Dio ha ispirato lo scrittore, l’agiografo, lo ha mosso a scrivere, lo ha guidato perché scrivesse soltanto quello che Dio voleva e che tutto venisse scritto quel che Dio voleva; quello che doveva essere fisso: la parola vola, qualche volta può anche essere un po’ incerta, ma quello che è la verità, quello che è l’insegnamento di Dio, lì viene fissato, affinché non venga interpretato malamente. E tuttavia vi è sempre chi lo interpreta malamente: i protestanti che non vogliono l’interpretazione della Bibbia dalla Chiesa, ma vogliono direttamente una illustrazione individuale, secondo che ciascheduno vorrebbe pensarla. Ma Dio l’ha affidata alla Chiesa: l’interpretazione e la presentazione al mondo [è affidata al]la Chiesa.
Ecco allora quale grazia e quale privilegio avete. Noi arriviamo a portare la parola di Dio con i mezzi tecnici. Qui vi è la mostra della tecnica, adesso. Ora Dio si è servito della tecnica per farci arrivare la sua parola. Perché noi pensiamo solamente alla macchina che ha stampato. Ma noi pensiamo che il primo mezzo tecnico è la penna, è la penna: è la macchina che si usava e che si usa ora, si userà sempre e quindi la penna è un mezzo tecnico.
Questo mezzo tecnico viene oggi adoperato in una forma più ampia, secondo il progresso dei tempi, e cioè stampa, stampa, stampa, riprodurre, riprodurre indefinitamente il Libro, il Libro che si chiama così perché è il Libro per eccellenza, Libro per eccellenza, perché vale tutti gli altri libri e sopra tutti gli altri libri; è il libro il quale insegna agli uomini la via del cielo, quello che è più necessario, l’eternità, che gli uomini arrivino all’eterna felicità. Perché anche se qui sulla terra stessero per cento anni, a soddisfarsi, secondo le loro passioni, ma l’eternità quella è ciò che dobbiamo assicurare, la salvezza eterna.
E che grande carità è portare quindi la Bibbia!
E se state in libreria, la esponete e la presentate bene, se ricevete le ordinazioni, se fate i pacchi e se li spedite, se la portate alle famiglie, se ne fate la divulgazione e vi associate altri, e cioè collaboratori, cooperatori all’opera vostra, all’opera nostra: ecco il culto della Bibbia.
C’è l’Eucarestia, e poi d’accanto c’è la Bibbia: l’Eucarestia che ci da forza, alimento spirituale e la Bibbia la quale è la lucerna, la luce per il cammino della nostra vita, dice l’“Imitazione di Cristo”. Ora bisogna che tra di noi ci sia sempre l’esposizione della Bibbia.
Al Concilio Ecumenico Vaticano II, ecco, finita la Messa, con grande solennità si portava il Vangelo, la Bibbia, perché veniva esposto in mezzo a tutti i Padri Conciliari. E veniva accolto il Vangelo, che era portato con solennità, veniva accolto con il “Credo”: si cantava il “Credo”, e cioè: “Crediamo alla Rivelazione, a ciò che il Libro divino contiene”; sì, grande solennità, perché il Vangelo, la Bibbia, doveva ispirare tutta l’assemblea, tutti coloro che dovevano parlare e quelli che devono poi dare le decisioni per mezzo delle votazioni.
Quindi se in principio della famiglia paolina si stupivano che noi mettevamo il Vangelo esposto in chiesa, era come il riprendere il senso dei primi secoli della Chiesa. E così il Concilio Ecumenico giustifica la esposizione davanti all’altare: nel Tabernacolo Gesù Cristo vive vero, corpo, sangue, anima, divinità; il Vangelo, la sapienza di Dio, la sapienza che è particolarmente nei Vangeli e in tutti i 27 Libri della Bibbia.
Perciò considerarvi nello spirito soprannaturale di vera predicazione e di predicazione amplissima. E lo zelo per diffonderla: che arrivi ad ogni famiglia la Bibbia!
Secondo: tutto il lavoro compirlo con “innocens manibus et mundo corde”, mani innocenti, cuore retto, santo, ecco. Non è solamente fare il catechismo a una classe di bambini, ma se sono 250.000 e se questi 250.000 vengono poi ad aumentarsi e anche a moltiplicarsi, quale missione! Che siamo degni! che ringraziamo il Signore di questo privilegio che ci ha dato!
Ecco, le mani pure “innocens manibus”. Quindi prima cosa purificare il cuore, cioè intenzione retta; poi niente peccati, niente pigrizia, niente sensualità, niente amor proprio: puro il cuore, puro, innocenza. E far bene le confessioni settimanali perché il nostro cuore sia sempre più innocente. Innocente vuol dire senza nocumento, cioè senza peccato. Retta intenzione. Retta intenzione: noi dobbiamo esigere l’offerta, perché altrimenti non potremmo produrre un’altra volta e bisogna allora che dalla Bibbia venga il nutrimento per durarla, per continuare a fare il lavoro e per le spese che importa la stampa e la divulgazione. Oh, tutto questo è perché continui l’apostolato.
Quindi al servizio di Dio e della Chiesa siamo. Siete come i postini di Dio. Il Padre celeste vi manda, ci manda a portare la lettera del Padre stesso: che arrivi, che arrivi. Qualche volta le lettere non arrivano: a sapere come si siano perdute! E vorremmo che non si perdesse la lettera del Padre Celeste, e cioè che arrivasse a tutte le famiglie e che tutti l’accolgano con rispetto e, siccome ha detto il Papa, sia esposta la Bibbia nel miglior posto della casa. “Leggete la Bibbia – aveva detto – se l’avete in casa; e se non l’avete, andate a comprarla, e poi leggetela attentamente”. Questo è il desiderio della Chiesa.
Ora “innocens manibus et mundo corde”: allora disporsi bene. Il prete nella messa, prima di leggere il Vangelo, recita la preghiera: “Munda cor meum ac labia mea, omnipotens Deus”, “Signore, monda il mio cuore”; che vuol dire: “Fai innocente il mio cuore e santifica le mie labbra, la mia lingua, affinché io, con competenza e con dignità e con frutto, io diffonda la Parola di Dio”. Dirla bene con il sacerdote quella preghiera, quando dopo l’Epistola e dopo il tratto, il graduale, il prete dice la preghiera: “Munda cor meum ac labia mea, omnipotens Deus”. “Iube, domne benedicere”, poi: “Dominus sit in corde meo ac in labiis meis ut digne et competenter annuntiem evangelium tuum”.
Oh, allora vediamo soltanto la parte tecnica? cioè il lavoro e la diffusione e i viaggi e le spese che si fanno e le ordinazioni e i pacchi e portare la posta e tenere la contabilità: tutto questo è la parte tecnica o materiale. Sì, ma santificarla! Perché san Paolo correva attraverso il mondo a portare il Vangelo, “il mio Vangelo”, diceva, cioè quello che era il Vangelo, in contestazione rispetto al Vangelo non bene conosciuto e anche qualche volta interpretato malamente; invece il suo era il Vangelo puro, quello che aveva preso direttamente dal Maestro divino.
Santificare quindi questa casa! E che sia come un Ostensorio con i suoi raggi, e cioè la divulgazione, l’arrivare alle famiglie. Costerà sacrifici, costerà lavoro. Ma [siate] lietissimi di fare questo apostolato, lietissimi. E poi siccome oggi il mezzo tecnico è usato così, universalmente per tante cose, e alle volte per tante cose cattive anche, che noi lo santifichiamo tutto questo mezzo tecnico che ci ha dato Dio! usarlo santamente!
Nelle Costituzioni c’è che si adoperano i mezzi più celeri e più efficaci e che si producano anche, si abbiano e si possiedano i macchinari e i mezzi che sono più producenti, nelle Costituzioni c’è. Allora è la Chiesa: approvando le Costituzioni e poi dandocele il Papa medesimo, con l’approvazione, allora siamo autorizzati e incaricati della diffusione del Vangelo, della Bibbia.
Abbiamo un ufficio regale nella Chiesa, una mansione, un incarico, e non solamente in un ristretto posto: ma quanto possiamo i raggi che si allunghino e arrivino a ogni casa.
Dice Gesù: “Ego sum lux mundi”, “Io sono la luce del mondo”; e poi aggiunge, in altro posto: “Vos estis lux mundi”, “E voi siete la luce del mondo”: dunque siete come un Ostensorio, cioè dei raggi dell’Ostensorio; la casa, tutti insieme, è come l’Ostensorio. E la Bibbia posta davanti al Santissimo Sacramento: lì è l’Ostensorio; e voi i raggi.
Beati i passi e beati i lavori, tutto quello che si deve fare perché la Bibbia possa arrivare, ecco; beati i passi di coloro che portano la Parola di Dio, di coloro che portano la pace agli uomini.
Ci vuole la pace; ma la pace è nel Vangelo. Perché se Gesù, cioè il Verbo di Dio incarnato, ha voluto che sulla sua culla venisse cantato il programma della sua vita, il perché il Verbo di Dio si era incarnato ed era nato il Bambino Gesù in quella grotta. “Gloria al Padre”, sì, ma “pax hominibus”: è il Vangelo che è la pace: la pace degli uomini con Dio, degli uomini tra di loro, la pace vera, “pax hominibus”.
Realizzare questo desiderio di Gesù, partecipare all’ufficio che Gesù ha compìto, che han compìto gli Evangelisti e cioè portare la pace agli uomini.
Concludiamo: lieti di questa missione, fedeli alla nostra missione.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Festa di S. Pietro e Paolo e comm S Paolo.mp3
durata 30.19

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli - 28 giugno 0000

Festa di S. Pietro e Paolo e commemorazione di S. Paolo



Quest’oggi [è] la Vigilia dei santi Apostoli Pietro e Paolo. E poi [ci sarà] la commemorazione di san Paolo il giorno che succede dopo la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo, perché si celebra la solennità nella Basilica di san Paolo. E in quel giorno lì [ci sarà] l’ordinazione dei nuovi sacerdoti.
Possiamo quindi [esporre] tre pensieri, cioè: è la festa di san Pietro in particolare e quindi: il Papa, per cui dobbiamo pregare; e secondo: san Paolo, nostro protettore; e poi l’ordinazione dei nuovi sacerdoti, che è poi il giorno della festa di san Paolo.
Quest’oggi è la Vigilia, quindi la messa è propria. E cioè quello che annunzia l’incarico e quello che ha stabilito Gesù, divino Maestro: ha stabilito Pietro a capo della Chiesa.
Nel Vangelo viene ricordato quando Gesù apparve dopo la sua resurrezione. “Pietro”, cioè “Simone, mi ami tu?”: una domanda; e Simone Pietro ha risposto: “Sì”. Ma Gesù di nuovo: “Mi ami tu?”. E san Pietro ripeté la risposta: “Sì, io ti amo”. Il Signore fece una volta la terza domanda: “Mi ami davvero tu?”. Allora Pietro si sentì umiliato e tuttavia: “Signore, tu vedi che io ti amo”.
Questa triplice protesta di amore di Pietro a Gesù era come un ricordo [di] quello che era stato durante la Passione, quando [Pietro] rinnegò e negò che egli non era discepolo. E come aveva tre volte protestato che non conosceva Gesù, allora quello che riguardava la protesta [fu] quindi in riparazione, sì.
Così Gesù volle stabilire uno a capo della Chiesa, a capo della Chiesa, il quale deve guidare tutto, tutti quelli che sono e partecipano, tutti, all’attività della Chiesa, tutti quelli che lavorano come i laici, e come lavorano i sacerdoti e come operano i Vescovi. E poi quando il Papa stabilisce, trova quello che viene stabilito e definito, secondo [il caso]. E quindi dopo le votazioni al Concilio, il Papa fece proprio, fece proprio quello che i Vescovi avevano votato, tutti i Padri del Concilio. Allora egli ripete anche la sua adesione e quindi annuncia che quello è da credersi, e quello che è da seguirsi, sì. Perché, se fossero anche tutti i Vescovi assieme, e fosse dissenziente il Papa, non sarebbe valevole. Occorre che vi sia insieme il Papa, il quale deve dare l’ultima parola, la parola definitiva, sì.
Oh, che cosa bisogna che noi facciamo oggi? Pregare per il Papa. Pregare per il Papa. Ecco, si è fatto il Concilio Ecumenico, ma bisogna adesso che ci sia l’attualità e cioè si metta in pratica, si metta in pratica, ecco, come si ha da applicarsi, in generale e in particolare. Poi adesso stanno per uscire quelle che sono le ultime definizioni, non come definizioni di dogma, ma di pratica, di attualità, di attività.
Uscirà il Decreto abbastanza presto, adesso, che riguarda i religiosi: già è stato approvato dal Santo Padre, ma non lo ha ancora pubblicato; e sarà pubblicato o su Acta Apostolicae Sedis oppure nell’Osservatore Romano.
E in questo Decreto, come avevano preparato, ora il senso del Decreto conferma quello che è stato nel Concilio, Perfectae Charitatis, e quello che deve essere praticato e applicato. Quello che è Decreto è pubblicato, quello da tutti si conosce; e quello che esce fra poco e cioè le Conferenze che ci saranno per esaminare nell’unione delle Adunanze. E questo significa mettersi nella via del Concilio e vivere e vivere religiosamente, sì. Ora queste Adunanze possono essere fra un anno, o fra due, tre: per noi già abbiamo stabilito il tempo in cui sarà fatto queste Adunanze. Già è stato stabilito il tempo, perché occorre che conosciamo sempre meglio la vita religiosa e che viviamo sempre meglio la Congregazione. E riguarda sia quelli che appartengono alla Società San Paolo che quelli che appartengono come religiosi, laici; in cui tutti potranno, sì, esporre il pensiero, ma quello che è sempre la vita religiosa, è sempre uguale, è sempre uguale, solo da applicarsi nel senso giusto, secondo che è il Decreto del Concilio Vaticano II.
Ora quindi essendo a capo di tutta la Chiesa il Papa, egli ha richiamato che i Vescovi hanno certe disposizioni, ma il Papa ha rievocato che i religiosi dipendono da lui, dipendono dal Papa; non hanno la direzione così sotto i Vescovi, ma sotto la dipendenza del Papa; tanto per quelli che sono gli Istituti di vita comune e sia quelli che sono di vita non comune: ugualmente dipendenti, nelle cose essenziali, dal Papa.
Quindi essendo lui il nostro superiore diretto nella vita, bisogna che preghiamo in modo particolare. [Devono] pregare tutti i fedeli, ma in particolare noi, perché siamo dipendenti, ed è lui il nostro padre diretto, è lui che dispone delle cose.
E come vi sono degli istituti che si hanno da rivedersi, perché non appartengono più ai bisogni del tempo, come erano i religiosi militari, erano militari, soldati per la difesa di Gerusalemme, così vi sono Istituti che non sono più aggiornati. Ora quelli che sono invece moderni possono avere qualche spiegazione, qualche cosa di applicazione, ma sono già aggiornati secondo i tempi. Oh, vi è ben poco, solamente qualche cosa c’è già applicato, da applicare, applicare nel senso giusto.
Quindi, se tutti i fedeli devono pregare per il Papa, particolarmente noi pregare per il Papa. Oggi, domani particolarmente.

Secondo pensiero è la festa, che noi celebriamo in modo particolare, [di] san Paolo. San Paolo [è] il nostro protettore: ricordare il gran giorno in cui egli è stato sacrificato, là alle Tre Fontane, in cui egli è stato decapitato. Oh, sì.
Adesso fate la Novena di san Paolo: va bene. Noi nella Casa Generalizia abbiamo letto tutto il mese la vita di san Paolo, a tavola.
Poi, quello che importa: nel libro delle preghiere vi sono tante orazioni che sono dirette a san Paolo e così vi sono tanti – almeno un buon numero – di inni, di cantici.
Per conseguenza tutti i giorni ricordare il nostro protettore, ma in particolare è nella Novena e nella Solennità, sì.
Voi fate bene le cerimonie, le fate – [secondo] quel che ho veduto anche le ultime volte – come fate con vera fede, vera pietà, osservando bene la liturgia, come è stabilito e come adesso che è uscito il Decreto per la traduzione dell’applicazione dei Sacramenti, la Confessione, il Battesimo, ecc., come è stato tradotto e viene applicato.
Sempre più uniti alla Chiesa, sempre più uniti alla Chiesa e che si capisca sempre meglio il senso della Liturgia e delle Funzioni, sì.

Poi ricordiamo insieme i novelli sacerdoti, sì. La celebrazione, la Messa dell’Ordinazione, ecco, il giorno di san Paolo, sì, che sarà celebrato nella chiesa Regina Apostolorum, nella Cripta, sì. Accompagnarli con la preghiera, perché possano compiere il loro ministero a suo tempo e non solo il ministero, ma la redazione, la redazione.
E bisogna pensare bene questo: che l’Istituto si compone di sacerdoti e di religiosi laici. Ora riguardo al ministero i sacerdoti devono fare il ministero, ma come paolini devono fare la redazione. E quindi adesso quello che si son fatte le Adunanze, si son fatte anche solo ieri mattina, per avviamento alla redazione, avviamento alla redazione, con prove e con lo studio e la scuola che si faranno. Già si son fatti una parte e altra parte principale sarà nell’anno prossimo, sì.
Quanto all’Apostolato tre sono le parti: la redazione e seconda parte la parte tecnica e terza parte la diffusione.
Per l’apostolato si deve partire dalla redazione; ma per fare poi quello che è da compiersi nell’apostolato, [occorre] la tecnica e la parte di diffusione.
Quello della diffusione ha un immenso vantaggio, perché si possono scrivere tante cose e si possono stampare usando la tecnica o nei dischi o nel libro o nel periodico o nel cinema, ecc., quello che è la tecnica. Ma grande importanza e diciamo che nella pratica il maggior valore è la diffusione. Non come redazione, che è il punto di partenza, ma quello che fa arrivare alle anime, sì.
La diffusione. Vedete questo: in Italia spesso il libro è stampato in 2000 copie, 3000 copie predominante pressappoco: vedo sempre che devo firmare tutto quello che viene approvato. Ma considerando ad esempio, per portare l’esempio, ecco, Alabad - India - i nostri non fanno mai un libro di 2000-3000 copie, 9000 copie, 10.000 copie, e sono in un paese pagano. Non è proprio pagano l’India, ha una religiosità propria, così che non è della fede cattolica; ma sono assetati e vogliono conoscere la Chiesa, la dottrina cattolica. Ora invece in Italia dovrebbero essere tutti cattolici, ma ci vuole l’arte della diffusione: [ci sono] almeno una quindicina di mezzi: sono anche scritti nel libro che era stato pubblicato e che adesso si ripubblica e che è già tradotto in lingua inglese: “Come si deve fare la diffusione”: i mezzi e tra i mezzi la libreria, tra i mezzi.
Compiere questo apostolato è di somma importanza, perché se ci fossero anche delle cose ottime, delle cose belle, e se non arrivano? Restano in magazzino e a cosa servono? Sarebbero solamente fatiche della tecnica, sarebbe spesa per la redazione, per la tecnica. Così, come hanno predicato tanto ultimamente: diffusione della Bibbia! diffusione della Bibbia! specialmente il Nuovo Testamento, in particolar modo il Vangelo, il Vangelo! Ecco, che si presenti sempre meglio e che si applica.
Ora dobbiamo pregare in questi giorni e specialmente pregare il nostro protettore san Paolo, perché si compia bene il nostro apostolato, si compia bene il nostro apostolato, sì.
Bisogna proprio pensare che praticamente compite quella: la parte principale: che le anime possono essere istruite, ecco, sian illuminate. Quanto è prezioso il vostro apostolato, quanto è prezioso il vostro apostolato! Già è la propaganda che si fa a casa, di qua, nell’amministrazione, nella diffusione, nello spedire e tutto quello che riguarda la parte di qua; e poi quello che è la parte fuori nelle librerie, sì. Quanto più, tanto sarà più fruttuoso il vostro apostolato, il nostro apostolato.
Ora nella Messa quindi di stamattina: preghiera per il Papa; poi pregare, invocare il nostro Protettore; e poi la preghiera per quelli che devono avere l’Ordinazione sacerdotale.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Festa della Sacra Famiglia.mp3
durata 28.51

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli

Festa della Sacra Famiglia



Nell’Epistola si descrivono, si ricordano le virtù che si hanno da praticare nelle famiglie, in letizia e in santità.
Il Vangelo, invece, ricavato da San Luca, ci parla dello smarrimento e ritrovamento di Gesù nel Tempio e conchiude con il ricordare come Gesù obbediva a Maria ed a Giuseppe e come progrediva, progrediva come sapienza e come età e come santità, cioè come grazia.
«Quando Gesù raggiunse i 12 anni, i suoi genitori andarono a Gerusalemme, come appunto richiedeva l’usanza della festa. Passati i giorni della solennità essi partirono per il paese, mentre il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che se ne accorgessero i suoi genitori. Supponendo che fosse in comitiva, camminarono per quel giorno, poi si misero a cercarlo fra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme a cercarlo. Al terzo giorno lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai Dottori, in atto di ascoltarli e di interrogarli, mentre gli uditori stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte. Al vederlo i genitori si meravigliarono e la Madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose loro: “Perché cercarmi? Non sapete che io devo occuparmi di ciò che riguarda il Padre mio?”. Essi però non intesero le parole dette dal Figlio. Il fanciullo Gesù se ne andò con loro, tornò a Nazareth e stava soggetto ai suoi genitori. Sua Madre custodiva nel cuore tutti questi ricordi, e Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia, innanzi a Dio e agli uomini».
Noi diciamo sempre al termine dei misteri del rosario: “Lodato sempre sia il santissimo nome di Gesù, di Giuseppe e di Maria”: tre nomi santissimi. Diciamo anche le invocazioni, che sono tanto pie ed utili: “Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia; assistetemi nell’ultima mia agonia; spiri in pace con voi l’anima mia”.
Ecco la festa della Sacra Famiglia.
Ognuna delle tre persone era santa, santissima anzi; ma formavano famiglia. È il modello delle famiglie, la Sacra Famiglia. Perciò con questo pensiero è nato il periodico “Famiglia Cristiana”.
Quindi non solo la santificazione di ognuno, individualmente, ma come famiglia. Perché il Figlio di Dio Incarnato, in primo luogo dava l’esempio di vita santa, individuale; voleva ricostituire l’uomo saggio, dopo la caduta di Adamo. Poi dopo la santificazione dell’individuo, la società. E la prima società è la società domestica.
Gesù intervenne anche alle nozze di Cana per santificare il matrimonio e poi egli stabilì il sacramento del matrimonio e visse in famiglia. Perché la famiglia è sempre la base della società e della Chiesa.
E poi Gesù ristorò la società civile e la società religiosa, cioè la Chiesa; che stabilì a sostituire la Sinagoga, sostituire cioè la legge, nella sua parte rituale, cioè la legge mosaica.
La “Famiglia” è letta assai – voi lo sapete – e il lavoro che fate per “Famiglia Cristiana” è prezioso. Con le altre edizioni che vi sono nelle nazioni, Spagna, Argentina, Brasile, ecc., una decina di edizioni, si sono oltrepassati i due milioni di copie, tra Italia e le varie Nazioni. Il che significa che si sente il bisogno che le famiglie siano costituite bene, e costituite secondo la famiglia di Nazareth: quindi si chiama cristiana.
È nella natura delle cose la famiglia: la famiglia in quanto è voluta da Dio; e in quanto la famiglia è nello stesso tempo modello anche delle società, delle varie società.
Ma entrando più intimamente in riguardo a noi, la famiglia di Nazareth è il modello delle famiglie religiose. Le famiglie religiose sono tante nella Chiesa: un 250, poco più, famiglie religiose maschili, e un 750 circa di famiglie religiose femminili, di varie specie. Ma tutte devono modellarsi sopra la Famiglia di Nazareth.
Non era una famiglia comune, no, tre vergini assieme: Gesù, Giuseppe e Maria; tre persone che facevano in tutto e solo il volere di Dio: Gesù, Giuseppe e Maria; e tre santissime persone che vivevano in povertà, sì, del lavoro quotidiano, come viene rilevato nel Breviario: “Guadagnavano il pane con il sudore della fronte”. E quelle tre persone erano esempio per i lavoratori. Non intendiamo però solamente i lavoratori... [per]ché è uno sbaglio chiamare lavoratori e indicare con questa parola gli operai soltanto: vi sono dei lavoratori della penna, vi sono i lavoratori dell’ingegno, dello studio e vi sono i lavoratori che conducono e sono quelli che formano: [è un] lavoro morale, quello ad esempio che deve fare il sacerdote, coloro che guidano, coloro che zelano, che zelano la santificazione delle anime, il buon costume, sì. Quindi vi sono i lavoratori che fanno un lavoro in cui particolarmente vi è il lavoro manuale; altri in cui particolarmente lavora l’intelligenza; altri particolarmente in cui lavora il buon spirito, la volontà e tutto ciò che si riferisce ad esempio alla pedagogia, la formazione della gioventù, ecc.
Oh, bisogna dire questo: che ogni famiglia religiosa ha un fine determinato. E il fine è duplice. Primo: la santificazione dei membri: erano santissime le persone di Nazareth che formavano famiglia: “et Jesus proficiebat sapientia, aetate et gratia”. Ma dopo questo fine particolare vi era il fine che interessa tanto noi, e cioè la Redenzione del mondo, la Redenzione, la Salvezza del mondo.
E Maria e Giuseppe contribuivano all’opera e alla missione di Gesù Cristo, cioè Gesù che veniva a redimere l’umanità, a richiamare gli uomini sulla buona via, a predicare la dottrina e a riparare i peccati degli uomini e acquistare a noi la grazia e riaprire il Paradiso e fondare la Chiesa, la quale deve continuare e continuerà fino alla fine dei secoli, ed è quella che continua a compiere la missione di Gesù Cristo. Quindi una famiglia privilegiata, straordinaria e di virtù e di missione. Maria contribuì nella sua maniera; Giuseppe contribuì nella sua maniera; e il Figlio di Dio Incarnato, Gesù, ecco [compì] la parte e il fine e la missione per cui Egli si era incarnato, secondo la volontà del Padre, la salvezza.
Ora ogni famiglia religiosa ha un fine, un fine principalissimo: la santificazione dei membri; e il fine poi in aggiunta, cioè di apostolato. E [ha] un apostolato che può essere diverso: vi sono – supponiamo – i camilliani che si occupano dei malati e di assistere i morenti; e vi sono altri fanno delle missioni; e vi sono i paolini che fanno l’apostolato che conoscete molto bene.
Oh, allora vedere i fini. Aiutarsi nella santificazione e aiutarsi nell’apostolato. Ognuno potrebbe anche far da sé. Ma prima di tutto avrebbe minori meriti; perché quando si lavora assieme, quando si è uniti, ci son tante virtù che si esercitano. E poi vi è l’edificazione vicendevole, vi sono i mezzi comuni per la santificazione, come adesso in comune facciamo la meditazione e in comune si accompagna il sacrificio della Messa, si compie il sacrificio della Messa; e così tutta la giornata.
Ora ecco il valore di essere associati assieme per un fine determinato, preciso, “santificazione”, e un fine determinato e preciso, “l’apostolato”. Oh, anche se è libera la scelta dell’apostolato, ma in fondo è sotto una direzione e quindi ha questo: vi è l’associazione di pensiero e di collaborazione.
Ora, per vivere santamente la vita religiosa: “Gesù progrediva [in] sapienza, età e grazia”. Siamo qui per progredire in sapienza, il dono della sapienza. Il dono dello Spirito Santo, la sapienza, supera la scienza, supera la scienza, la scienza umana. E supera anche la scienza la fede comune dei cristiani. Ma quando vi è il dono, la fede si esercita sommamente e cioè assai di più il dono della sapienza; il quale ci fa intravvedere le cose misteriose di Dio, in quanto è dato anche ai santi sulla terra, in quella misura, in quelle possibilità e secondo che un’anima è santa e viene illuminata.
Quindi abbiamo il crescere in sapienza, secondo che sappiamo meditare e sappiamo pregare per il dono della sapienza.
“Sapientia et aetate”: gli anni passan da sé e ne è finito uno e ne è incominciato un altro; è finita la giornata di ieri e ne è incominciata un’altra; i giorni passano. Ma non vuol dire solamente che passano i giorni, vuol dire irrobustirsi, fino a che arriviamo alla pienezza dell’età, come Gesù Cristo, cioè alla pienezza della virtù.
Vi è una vita di adolescenza e vi è una vita di maggiore età, ecco, cioè di una virtù più solida, più ferma; non più come il fanciullo, il giovanetto che può essere mobile, che un giorno ha un’idea, domani ne ha un’altra, e un giorno ha buona volontà, poi casca. Oh, fermezza ormai, fermezza!
E poi “et gratia”: e cioè l’aumento di vita spirituale, l’aumento di vita spirituale. Perché la vita spirituale ci è conferita nel battesimo, ma la santità consiste nello sviluppare la grazia del battesimo, la grazia ricevuta nel battesimo. È un crescere la santificazione: come il bambinetto, che è stato portato al battesimo, alla vita soprannaturale, quando è battezzato, siccome cresce nel corpo, così deve crescere nello spirito, cioè nella grazia, cioè nella vita soprannaturale.
Allora ecco le condizioni perché la vita religiosa dia i suoi frutti: volersi bene; collaborare in quanto è possibile in tutto; poi pregare gli uni per gli altri; essere di esempio e di edificazione vicendevole; pregare per coloro che vivono e che hanno difficoltà e per coloro che sono già passati all’eterno riposo, perché la famiglia non si scioglie, ma si separa per qualche tempo, poi i membri della famiglia si riuniscono in Paradiso.
Si forma una casa di qua e se ne forma un’altra di là in cielo, perché risolta la casa di qua, si compone una casa di là, preparata da Dio stesso. E se qualcheduno non è ancora entrato definitivamente, perché è ancora messo in attesa a fare l’anticamera, in aspettazione, noi dobbiamo aiutarlo con le preghiere e i suffragi.
Sentirsi famiglia. Notar bene che la vita fatta in comune ha tanti meriti in più. È diversa la santità individuale dalla santità di società, che ha tutto un colore, un merito particolare. E mentre che ci sono i vantaggi grandi della vita comune, di vivere in società, in Istituto, mentre che vi sono questi vantaggi, vi sono anche dei doveri: volersi bene, sopportarsi, aiutarsi, esser sempre più inclinati a far la parte più difficile, come un santo aveva proposto a se stesso: “Sceglierò sempre la parte più difficile per me e non la parte più facile”; una gara di esemplarità, sì, una gara, una santa emulazione; e questo nell’operare nella giornata, con quello che si fa e in quello che si fa, e nelle parole: quindi gli esempi e le parole sante e l’aiuto vicendevole di preghiera.
Stimare sommamente queste virtù sociali che si aggiungono alle virtù individuali. Queste virtù sociali, poi, in una società religiosa, come abbiamo noi, hanno poi il valore particolarissimo e quindi una finalità: e finalità che riguarda il cielo e finalità che riguarda la terra cioè l’apostolato.
Perciò ringraziamo il Signore di vivere in società e facciamo sommo conto della preghiera sociale e dei meriti sociali – diciamo – che provengono dalle virtù sociali: aggiungere, cioè, alla buona vita che si faceva in famiglia, si faceva a casa o si faceva individualmente, aggiungere le virtù sociali e quindi guadagnare i meriti sociali.
L’Epistola che abbiamo nella Messa, appunto oggi, ricorda quali siano le virtù sociali che dobbiamo praticare. Ed è santa la conclusione del tratto dell’Epistola; ed è quella per cui tanto abbiamo esortato di saper vivere in letizia e nello stesso tempo, mentre si vive in letizia, si arriva poi alla santificazione. E dice appunto che si canti molto: “in canticis et hymnis”; e cioè vuol dire non soltanto il cantare, ma proprio il sentire l’intimità della gioia e che ciascheduno porti il suo contributo. I musoni in famiglia vanno poco bene. La letizia insieme: non chiacchieroni con parole inutili e non adatte al nostro stato, ma contribuire alla letizia della casa. Perché nella letizia si sente meno il peso e nella letizia è anche più facile progredire, più facile progredire.
E come ogni giorno ci nutriamo del pane unico, che è il corpo di nostro Signore Gesù Cristo, così sentire questa unione fra di noi. Lo stesso cibo di tavola e lo stesso cibo di altare, dall’altare. Quindi “ut unum sint”, “ut unum sint”! In questi giorni si celebra l’ottavario dell’unità della Chiesa, che si fanno preghiere particolari. “Ut unum sint” è una delle nostre unioni che è primaria, fra le unioni che hanno questo fine dell’unità dei cristiani fra di loro. Ma anche esteriormente, ad esempio a Roma, in S. Andrea di Valle, si celebrano le Messe nei vari riti, come si son celebrate al Concilio Ecumenico.
[si interrompe]

Trascrizione del file: 0000-00-00_Festa di tutti i Santi.mp3
durata 14.59

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli
[per la datazione: forse 2 novembre 1963: v. "San Paolo", ottobre-novembre 1963]

Festa di tutti i Santi - Pregare per chi abusa dei mezzi di comunicazione



Pensiamo di farci santi anche noi? Là ci aspettano i santi del Paradiso, come ci aspetta il Padre Celeste, il Figlio Suo incarnato, lo Spirito Santo, la Vergine Benedetta.
Loro ci sono di esempio, cioè usare la vita presente per la vita futura, le giornate che passiamo per il gaudio eterno in cielo.
E poi pregare questi santi, tutti i santi, affinché tutti insieme, pregando per noi, otteniamo più facilmente questa grazia della santità.
Ora, da ieri, festa di tutti i santi, e per tutto il mese di novembre applico la Messa per la santificazione di tutta la famiglia paolina e di tutte le case, e per la santificazione di ogni membro delle case. Quindi potete offrire in tutto il mese le vostre intenzioni, specialmente quelle della propria santificazione. E raccolgo nel mio pensiero tutti i vostri desideri per tutto il mese della Messa che applicherò, se a Dio piacerà, per questo scopo della santificazione. Perché, che cos’è la vita se non questo: lavorare per la santità e per il Paradiso, per la felicità eterna?
La santificazione: primo: che non si commettono peccati. Difetti ne abbiano, ma non siano volontari. E secondo: progredire nella virtù: con la confessione togliamo il male e con la Comunione riceviamo Gesù Cristo che è Dio Uomo, Dio sommo bene, eterna felicità. E poi tutto il lavoro per operare, compiere il nostro dovere giorno per giorno, in osservanza del volere di Dio, e letizia, e letizia. Nessuno sulla terra può essere più contento di chi lavora solo per il Paradiso, lavora con questo scopo, e che quindi non si perde mai. Possono seminare e poi non raccogliere, possono preparare le viti della vigna e poi non raccogliere; ma quel che facciamo di bene non va perduto niente niente, anche solo un pensiero buono, un sospiro, un sospiro: “Eh, se questi uomini si salvassero tutti! questi, secondo la statistica ultima, tre miliardi e 61 milioni!”.
Secondo pensiero: le anime purganti. Poiché al di là le anime che si presentano del tutto purificate e ricche di meriti possono entrare immediatamente nel gaudio eterno; ma se vi sono ancora dei debiti con Dio, ancora difetti, attaccamenti che non dovrebbero esserci, allora le anime vanno prima a prepararsi ancora in Purgatorio, in attesa, purificandosi, perché in Paradiso bisogna che la veste sia candida, la veste nuziale senza macchie e senza strappi, solo bianca, candida. Ecco.
Pensare quindi alle anime del Purgatorio, per le persone che ci sono state più care sulla terra. Quanti ieri sono andati a visitare i cimiteri, un po’ in tutte le città, in tutti i paesi! Sì, le anime che ci sono state più care.
Poi, in modo particolare ricordare, comprendere adesso le anime dei fratelli e delle sorelle della Famiglia paolina già passati all’eternità, se hanno ancora bisogno.
Credo il Purgatorio e credo al valore dei suffragi, specialmente la Santa Messa tra i suffragi. Quindi [siate] contenti di sentire più Messe oggi.
Poi specialmente ricordare questi, dopo: quelli che sono stati più devoti di Gesù Maestro, della Regina Apostolorum e di San Paolo Apostolo; poi quelli che sono in Purgatorio, se sono coloro che si trovano in Purgatorio per l’occasione o la causa di stampa, di cinema, di radio, di televisione, di dischi. Io sempre mi rivolgo a questi, alla stampa e a quelli che scrivono e a quelli che mettono insieme i soldi per le grandi tipografie e quelli che poi lavorano nella tipografia e per quelli che diffondono e per quelli che leggono. Se tutto quel che viene è buono, come quando date la Bibbia, o anche cose che sono di istruzione, umana, buona; ma se è cattivo quello che viene portato e letto, diffuso e scritto e stampato ecc.? Quanti milioni e milioni! se sono 300.000 i periodici, giornali, pensate quel che avviene nella notte, che in gran parte certi giornali vengono stampati di notte; poi vi sono gli altri che si stampano di giorno.
Secondo: per quelli che si... voglio dire: mettono insieme il denaro per le iniziative del cinema, quindi fanno allora società; secondo: i produttori, sia chi scrive, sia chi è regista, operaio, ecc., sia chi diffonde e gli spettatori. Ogni sera, ogni giorno, quanti milioni davanti allo schermo! E se nello schermo vedono cose buone, buone; e se vedono cose cattive, cattive. E possiamo temere anche qui che possano esserci anime che sono ancora in attesa dell’ingresso in cielo.
Poi ugualmente bisogna dire della radio, la quale non c’è solo la mattina o la sera, e fino a mezzanotte, fino all’una, entra in tutte le case, ecc. E quando le trasmissioni son buone, son buone; e quando son cattive, son cattive; e ciò che si sente buono, è buono; e ciò che si sente cattivo, è cattivo. E allora purtroppo per la debolezza umana si va a trovare quel che è cattivo: soddisfa le passioni.
Lo stesso poi della televisione: ancora di più. E gli spettacoli teatrali e i dischi che mettono. Vedete quanti milioni di gente ogni giorno! Allora, Signore, abbiate misericordia di tutti! Prima: che si convertano e prima di morire detestino le loro mancanze; e secondo: se sono in Purgatorio che vengano liberati. Noi dobbiamo specialmente pregare per questi, essendo i nostri apostolati rivolti proprio a questo della stampa, cinema, radio, televisione, dischi ecc., i mezzi tecnici in sostanza, ecco.
Al Concilio si è detto anche di coloro che rappresentano Maria e il Signore in una maniera indecorosa, con questa arte moderna.
Oh, pregare per quelli che, quindi, hanno bisogno e perché si sono abusati dei mezzi tecnici che il Signore ci ha dato: usare contro le anime, come quando noi usiamo la lingua contro noi stessi, quando la usiamo male: è contro noi stessi; invece la lingua ce l’ha data il Signore per i fini retti. L’abuso dei doni di Dio. L’uso dei doni di Dio. Ecco
Ecco perciò che in particolare abbiamo da ricordare specialmente quelli che con questi mezzi tecnici guastano la gioventù. Ah questo è strappare le anime da Dio! dal cuore di Dio! Il male se viene fatto alle anime, è meglio che si leghi una pietra al collo, si butti in mare, dice Gesù nel Vangelo, piuttosto che scandalizzare. Ma quelli che sono scandalizzati e gli scandalizzatori, Signore pietà di tutti!
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_gs_sacerdote.mp3
durata 41' 34''

Don Giacomo Alberione - Ariccia ? - ai sacerdoti secolari

Introduzione agli esercizi spirituali - Il sacerdote - Gesù Via



[Benvenuto] a tutti, i cari sacerdoti che siete qui. Spiace che moltissimi che avevano desiderato e anche, in parte, avevano prenotato, non hanno potuto risolvere il problema della sostituzione per il giorno di domenica nelle loro parrocchie.
Gesù ostia, Gesù sacerdote, accoglie i suoi sacerdoti. E i sacerdoti, voi già avete fatto la preparazione. Il frutto degli esercizi, in gran parte, dipende dalla preparazione, dalle disposizioni che si portano. E Gesù ha fatto un’altra preparazione: la preparazione delle grazie che vuole comunicare ad ognuno di noi. Sentirsi sacerdoti, significa anche sentire un bisogno particolare di grazia e sentire, nello stesso tempo, una grande fiducia nella misericordia, nella bontà di Gesù Cristo. E la Vergine assista questi giorni ognuno. San Paolo, nello stesso tempo, sia il nostro modello di pietà, di preghiera e di zelo apostolico.
Gli esercizi sono i più bei giorni dell’anno, i giorni più importanti dell’anno. Vi sono nel corso dell'anno occasioni molto buone e opportune per il nutrimento del nostro spirito: Natale, ad esempio, Pasqua, Pentecoste, ecc. Ma allora siamo un po’ preoccupati dei nostri ministeri, degli impegni che abbiamo; invece qui l’unica preoccupazione è quella delle nostre anime, della nostra salvezza e del nostro progresso spirituale.
Si sa che [questi sono] giorni per noi. Ma mentre che noi santifichiamo le nostre anime, portiamo anche un vantaggio. E sono, poi, quindi, in ultima conclusione, sono anche questi giorni tra i più vantaggiosi per le anime, per le popolazioni che dobbiamo attendere perché arrivino alla salvezza eterna.
È sempre opportuna quella considerazione che si fa dal libro “L’anima di ogni apostolato”: il sacerdote sia come una conca, una vasca, che si riempie dell’acqua che sale a vita eterna e per il troppo pieno riversa sopra i fedeli che gli sono affidati. Ma deve sempre mantenersi piena la vasca, la conca, affinché quello che si versa, sia sempre più abbondante. Giorno per giorno, crescendo la santità del sacerdote, cresce pure la santità delle anime delle persone che lo circondano.
Un sacerdote, in un ambiente, vale come una grande stufa e più è accesa, più riscalda l’ambiente. Se il sacerdote fosse freddo, che cosa sarebbe delle popolazioni?
Il sacerdote è come una lampada e vi sono lampade da 5 candele, vi sono lampade da 300 candele, da migliaia di candele. Vi sono veramente sacerdoti i quali vivono Gesù Cristo sacerdote. Il solo loro apparire edifica già. Conoscono la sua vita e ancorché non dica molte parole, tuttavia, l’impressione nelle anima resta profonda. Perché le nostre parole valgono così: quando partono dalla bocca, vanno all’orecchio; ma quando partono da un’intima persuasione, convincono; e quando partono dal cuore, vanno al cuore.
Quindi, non sono giorni perduti per le nostre popolazioni e per le anime a noi affidate da Dio, no. È un rifornimento il corso degli esercizi per noi ed è un guadagno per tutti coloro a cui noi dobbiamo servire in Gesù Cristo.

Adesso stasera, tre pensieri di orientamento per il corso di esercizi. Consideriamo Gesù, le sue parole che egli ha detto pochi giorni prima che si iniziasse la sua passione. Egli, Gesù, è la Via: “Io sono uscito dal Padre”, “exivi a Patre, veni in mundum, iterum relinquo mundum et vado ad Patrem”. Dunque tre pensieri: “exivi a Patre”, “veni in mundum”, “relinquo mundum et vado ad Patrem”. Egli “Deum de Deo, Lumen de Lumine, Deum verum de Deo vero” e poi “qui propter nos homines et propter nostram salutem descendit de caelis”, eccetera, fino “et sedet ad dexteram Patris”. È la via che deve fare ognuno di noi sull’esempio di Gesù Cristo.
Siamo usciti dalle mani creatrici del Padre celeste, “exivi a Patre”. Egli, il Padre celeste, ha creato la nostra anima e ha infuso nella nostra anima quelle qualità, quelle attitudini, quelle tendenze e quell’abbondanza di doni per cui egli ci preparava al grande ministero. Il Padre celeste considerava già tutta la nostra esistenza e gli uffici che avremmo dovuto compiere, le difficoltà, eccetera. Ci ha fornito delle qualità naturali, la vita naturale. Ma poi ci ha data un’altra vita, la seconda vita: “nisi quis renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto”. E allora ha creato in noi la vita soprannaturale, che è la grazia, che è la partecipazione alla vita di Dio, che ci rende amici di Dio, che ci fa eredi del paradiso, quindi eredi del cielo e coeredi di Gesù Cristo stesso. E nel battesimo, le grazie dello Spirito Santo han completato i doni di natura e così si è messa in noi la fede, la speranza e la carità, ma anche qualche cosa che ci doveva portare a questa vita nuova della vocazione, vita nuova perché vita data per mezzo della grazia e poi per una vita qual è la nostra, sacerdotale, sì. E così si può dire che fino all'uso di ragione siamo stati arricchiti dei tesori di Dio, ecco.
“Exivi a Patre”: ma perché? Il Signore ha creato gli angeli e li ha sottomessi a una prova; il Signore ha creato Adamo e mentre che lo ha creato secondo la natura, gli ha infuso la grazia, gli ha comunicato la vita soprannaturale, ma lo ha messo alla prova. Perché ci ha creati? Perché gli diamo prova di fede e di amore e di fedeltà, sì. Ci ha sottomessi a una prova: la prova perché, avendoci creati per il paradiso, il paradiso deve essere anche mercede e la mercede l’operaio la guadagna lavorando.
Una triplice prova. Prova di fede: “Chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato”. Noi dobbiamo avere una fede profonda, perché abbiamo da essere maestri di fede. Prova di fedeltà, cioè di osservanza dei comandamenti di Dio, delle virtù e dei doveri dello stato, sì: “Si vis ad vitam ingredi, serva mandata”. E prova di amore, cioè di voler Dio, voler il suo paradiso, sì. Prova di amore: il che significa considerare la vita presente in ordine all’eternità.
Questa è la verità base per la vita, la verità base: ordinare la nostra vita al paradiso. Vi sono coloro che non hanno fede e considerano la vita soltanto per quello che è in questo mondo e cioè, evitare il più possibile i mali e godere il più possibile dei beni che si possono avere sì; si chiamano mondani, pensano solo a questo mondo. Fanno contrasto coloro che invece considerano la vita come un tempo di preparazione al cielo: “Homo aeternitatis sum”. Chi pensa a farsi un idillio comodo su questa terra e chi invece guarda sempre lassù, a quel posto che è stato preparato da Gesù: “Vado parare vobis locum”. “Parare vobis locum”: si sta al nostro posto, preparato per noi, non per altri, sì.
E allora, ecco quello che deve formare il pensiero di fede: “Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra”, e l’ultimo articolo: “la vita eterna”. In mezzo ci sta Gesù Cristo, Salvatore, e ci stanno gli altri articoli che si riferiscono alla Chiesa, che continua l’opera del Salvatore, continua la Chiesa ad essere per noi la Via, la Verità e la Vita. Il concetto fondamentale della vita.
Se si vogliono far bene gli esercizi, questo è il primo mezzo: penetrare il “Credo”. Poco giovano le prediche, se non ci fossero le riflessioni. Si possono far molto bene gli esercizi senza predicatore e anche senza libro, ma non si possono fare senza la riflessione, la meditazione e la preghiera, sì. Penetrare questo articolo fondamentale: “creato per conoscere, amare e servir Dio”. Conoscere e aver fede e amarlo, sì, essere unito a lui e servirlo, cioè essere osservanti dei comandamenti, delle virtù e dei doveri che sono stati a noi assegnati e che ci vengono in conseguenza della vocazione, sì. E poi, finalmente il cielo, finalmente il cielo.
Farsi un concetto ispirato ai principi soprannaturali della vita e penetrare questa verità così fondamentale, in maniera che tutto quel che abbiamo qui, lo consideriamo come in uso, anche l'abito che portiamo; consideriamo come occasioni di meriti le tentazioni e le croci che abbiam da sopportare; consideriamo tutto in ordine all’eternità. Vi sono delle persone così semplici, ma che esprimono una fede così profonda: “E be’, tutto questo per il paradiso!”, anche trovandosi tra i dolori e le prove della vita.
“Exivi a Patre”: tutto da lui, tutto in bontà, tutto in misericordia, sì. Sono quel che sono, ma quel che sono è di Dio, tutto di Dio.
Poi abbiamo da passare al secondo punto: “Veni in mundum”. Ci ha mandato il Signore a fare qualche cosa. Gesù Cristo, il figlio di Dio, si è incarnato per fare qualche cosa, cioè la volontà del Padre: “Se vuoi, Padre, manda me”: “Qui propter nos homines et propter nostram salutem descendit de caelis et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine”, ecc. Venne a compiere la redenzione delle anime. Venne a redimere il mondo dall’errore, con la sua dottrina santissima, altissima, dal vizio, con l’esempio delle sue virtù e con la sua morale santissima e dal peccato, dalla morte del peccato, dalla morte eterna, dando la sua vita per noi. Venne a compiere la redenzione. E dal suo ingresso nel mondo, al momento in cui piegò la testa: “Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito”, [ha fatto] sempre tutta la volontà di Dio, in modo perfetto: “Usque ad mortem mortem autem crucis”, sì.
Allora anche noi siamo stati mandati a fare qualche cosa: “Veni in mundum”, sì. E che cosa ci ha dato da fare il Signore? È chiaro: ci ha forniti di un vocazione e vuole che nella nostra vocazione cooperiamo alla salute delle anime, alla salvezza delle anime. Quello che lui ha fatto, che lo facciamo anche noi: egli lo ha fatto predicando e noi predichiamo; egli lo ha fatto vivendo santissimamente la sua vita santa e noi dobbiamo dar l’esempio alle popolazioni e noi dobbiamo estinguere il peccato e dar la vita alle anime, la vita eterna, per mezzo dei sacramenti, in modo speciale, sì.
Siamo venuti sulla terra per doppio fine: santificarci e salvare. Ora è chiaro questo. Un sacerdote era agli ultimi della sua vita e ha poi chiuso la sua vita in quella giornata. L’ho veduto al mattino. Il suo male andava sempre più aggravandosi. Eh, mi guarda con un sorriso e dice: “Eh, l’ho capito, sempre nella mia vita. Il Signore mi ha mandato a fare qualche commissione, sono come un suo commesso. L’ho fatto ormai e mi darà il premio”.
Ciascheduno di noi è un commesso di Dio. Ci sono commesse delle cose santissime, le più belle che si possono pensare. Ci sono commesse, messe nelle mani, cioè. Ora, ecco che dopo noi avremo da presentarci a Dio e rendergli conto: “Signore, mi hai dato 5 talenti; ecco, ne ho guadagnato altri 5”: “Supra multa te constituam”; “Mi hai dato 2 talenti; ne ho guadagnato altri 2”: “Supra multa te constituam”.

Il secondo punto degli esercizi e di questa riflessione è proprio un giudicare noi stessi, il fare il giudizio di noi. Proviamoci a fare il giudizio di noi, perché ci presentiamo a Dio già giudicati. E in quello che noi conosciamo di bene, benediciamo tanto il Signore, ringraziamolo, che è stato buono con noi; e in quello che conosciamo di sbagliato, condanniamoci; e chi si condanna non sarà condannato. Che fortuna avere alcuni giorni a nostra disposizione per togliere tutto il passivo nel bilancio della nostra vita!
Forse, si potrebbe dire che è meglio che ciascheduno se lo faccia da sé l’esame, senza bisogno che il predicatore guidi. Ma a questo punto, penso che si possano ricordare le lettere che sono state indirizzate alle sette Chiese, come stanno trascritte nell’Apocalisse.
È scritto all’angelo della Chiesa di Efeso un bellissimo elogio per lo zelo di quell’angelo della diocesi, che sarebbe il vescovo, ma è ogni sacerdote – ogni sacerdote daccanto ai fedeli è un angelo di salvezza, di conforto, di luce –: un bell’elogio del suo zelo. Ma poi gli fa osservare: “Hai, però, perduta un po’ la prima carità”. Pensiamo un po’ se siamo più fervorosi adesso o nel giorno dell’ordinazione.
All’angelo della Chiesa di Smirne, fa pure l'elogio, l’elogio della pazienza, ma poi lo ammonisce: “Sii forte fino alla morte, avrai altre prove!”. E noi siamo forti in proporzione delle difficoltà? E ci prepariamo anche ai maggiori sacrifici? Com’è la disposizione del nostro cuore nell’accettare e portare la croce?
All’angelo, cioè al vescovo, della Chiesa di Pergamo fa pure l’elogio, ed elogia la fede; però lo rimprovera: “Tu tolleri troppo il male che sta attorno a te!”. E noi cerchiamo di combattere il male che ci sta attorno con tutte le forze e tutti i mezzi che sono a nostra disposizione?
All’angelo della Chiesa di Tiatira, l’elogio è sulla sua virtù privata, come vive bene egli privatamente. Ma lo rimprovera che non vigila abbastanza e non sa abbastanza scoprire il male che si diffonde tacitamente attorno a lui; ed egli attende più e quasi esclusivamente, invece, a se stesso. Se abbiamo incarico di anime, la conseguenza la tiriamo noi medesimi.
Al vescovo di Sardi, l’angelo della Chiesa di Sardi, dice delle parole forti: “Tu sembri vivo, ma sei morto!”. E conchiude: “Provvedi in tempo!”.
Alla Chiesa di Filadelfia, all’angelo della Chiesa di Filadelfia dice: “Fai bene, ma provvedi alle pene che presto incontrerai e alle persecuzioni, alle maldicenze per il bene che tu cercherai di fare. Preparati a coloro che ostacolano le tue opere di zelo!”
E, finalmente, al vescovo, all’angelo di Laodicea: “Tu non sei né freddo, né caldo!”. È quasi tutto un rimprovero: “Sei tiepido! Fossi almeno freddo” ci sarebbe – noi commentiamo – speranza che un giorno uno rientri in se stesso. Ma è difficile correggere il tiepido.“Tu non sei né freddo, né caldo, perciò comincio a rigettarti”. E perché rigettarlo? “Ti credi ricco, e sei povero e misero e nudo”. “Esamina te stesso!” in sostanza viene a dire il Signore.
Oh, queste espressioni ci possono guidare nel nostro esame di coscienza.

Terzo punto: “Relinquo mundum et vado ad Patrem”. Ecco, si avvicina la nostra partenza. Può essere vicinissima, particolarmente per me, che sono più anziano di voi; e tuttavia tutti dobbiamo partire. “Relinquo mundum et vado ad Patrem”, sì. Andare al Padre, non al purgatorio. Vediamo, in questi giorni, di metterci in condizione di non fare purgatorio nell’altra vita. Con l’esame più profondo, con il dolore più sentito e con l’acquisto delle indulgenze, con le mortificazioni che importano gli esercizi, specialmente il silenzio, l’orario, ecc. Non al purgatorio, ma al Padre, sì.
“Relinquo mundum et vado ad Patrem”, sì: prendiamolo in senso spirituale. Noi ci distacchiamo veramente dal mondo? Ci purifichiamo dalle cose di questo mondo? dalle inclinazioni che sono in noi e che ci portano alla tiepidezza, alle venialità, ecc.? Lasciare quello che è mondano. Quindi una purificazione negli esercizi. È proprio la nostra mente, sempre, come un cielo sereno? Noi pensiamo in tutto secondo la fede e ragioniamo sempre secondo la fede? Oppure ragioniamo all’umana? Pensiamo come la pensano i mondani? È sempre un cielo sereno la nostra mente? E, cioè, pensiamo sempre secondo carità? Secondo bontà? Secondo umiltà? Secondo la speranza, cioè, la fiducia in Dio?
“Relinquo mundum”: il nostro cuore è proprio tutto penetrato dai sentimenti del cuore di Gesù? Il nostro cuore è assimilato a quel cuore divino? i sentimenti di amore al Padre, i sentimenti di amore alle anime? E veder tutti gli uomini in questa luce: anime da salvare, anime create per Dio, anime a cui ho dei debiti, ho dei debiti per la vocazione, perché esser chiamati vuol dire essere destinati alla cura delle anime, legati alle anime: “Pro hominibus constituitur”. Ed è purificata la nostra fantasia, sempre monda la nostra memoria? Sono purificati i nostri sensi esterni? Gli occhi? come sta la custodia degli occhi? E l’udito? come sta la custodia dell’udito? E la lingua? come sta la custodia e l’uso della lingua? E il gusto? come sta l’uso di questo senso? E il tatto? è il senso più diffuso nel corpo. Come si sta? Siamo purificati? facciamo noi una purificazione? Perché in paradiso “nihil inquinatum incurrit”. Bisogna che poco per volta ci spiritualizziamo. Andare in compagnia degli angeli e di quei santi gloriosi in paradiso, portando delle macchie, non si può. Andremo con un abito macchiato tra quei beati, vestiti con la veste nuziale bianchissima?
Purificazione. E, nello stesso tempo, bisogna che ci sia anche l’acquisto delle virtù. E cioè che non soltanto togliamo la parte cattiva, non soltanto che facciamo il lavoro negativo, ma il lavoro positivo. Perché è sempre detto, Gesù si esprime: “Avete lasciato tutto e mi avete seguito”. Quindi la mortificazione: “lasciar tutto” (e ciò che è più difficile lasciare è il nostro io) e “mi avete seguito”, mi avete amato, cioè, avete compiuto quello che io volevo, quello che vi ho domandato: “Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso” e poi “et sequatur me”. C’è il rinnegamento, la purificazione e c’è la conquista.
La conquista, sì: più fede, fede più viva; più speranza, speranza ferma, che vada fino a quell’espressione: “mediante le opere buone che devo e voglio fare”; e la carità: ma che sia sentito veramente, con tutto il cuore, l’amore a Dio, sopra ogni cosa Dio, più di noi stessi quindi, poiché è sommo bene ed è l’eterna felicità. Occorre fare la parte che possiamo dire positiva.
E questi giorni sono proprio adatti: purificazione e conquista! In maniera che noi possiamo dire da una parte: “Relinquo mundum et vado ad Patrem”, – ma il mondo non si lascia solamente quando uno spira; moralmente noi dobbiamo lasciarlo un po’ giorno per giorno, distaccandoci, giorno per giorno, da quello che è troppo o è soltanto umano; – e, nello stesso tempo, “vado ad Patrem”, mi avvicino a Dio, poiché voglio prepararmi per l’ingresso lassù.
Oh, per questa parte positiva, tre cose.
Primo: che si legga abbondantemente Vangelo e, se possibile, Bibbia; e imparare a ragionare soprannaturalmente, a vivere di fede, sempre più profondamente vivere di fede.
Secondo: Eucaristia. È il pane l’Eucaristia, il pane per la mente: “Non de solo pane vivit homo, sed de omni verbo quod procedit de ore Dei”; il pane della volontà: “Questo è il mio cibo: fare la volontà del Padre mio”, sì, l’alimento. È un pane, ma che nutre l’uomo come tale e mente e sentimentalità e volontà ed ha un riflesso, di conseguenza, sul corpo stesso. Ma il Signore ci ha preparato questo cibo adatto, perché noi diventiamo uniti a Dio, anzi, perché arriviamo al “vivit vero in me Christus”, vive veramente in me Gesù Cristo.
E poi, [terzo]: tutto sotto la protezione di Maria. Vedete come è stata la vita del Figliuolo di Dio incarnato: nacque da Maria Vergine e fino al termine della vita [fu] sempre accompagnato da Maria. Che siamo sacerdoti di Maria fino a quando noi le diremo: “Prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte”. Era Maria che contemplava il Figlio morente e pregava, sì. Se noi passiamo la vita nostra, sotto la protezione di Maria e ci lasciamo guidare sempre da Maria e sempre invochiamo la sua grazia in tutti i passi che dobbiamo compiere, allora la nostra morte sarà assistita da Maria. E anche – dice S. Giuseppe Cafasso – anche i nostri dolori sul letto di morte, le nostre lacrime siano come un invito e come una voce che richiama questa madre dal cielo che venga ad assisterci. Ecco allora come finirà bene la vita: il Figlio di Dio alla destra del Padre, lassù un giorno, lassù un giorno – che giorno felice! – quando pastori di anime condurranno il loro gregge salvato; lo condurranno a Gesù Cristo che lo presenterà al Padre Celeste. Che siano tante le anime salvate!
Sia lodato Gesù Cristo.




Trascrizione del file: 0000-00-00_Importanza della lettura Biblica.mp3
durata 24.39

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli? o forse ai sacerdoti?

Importanza della lettura della Bibbia



Ieri al Concilio Ecumenico si è fatto un grande elogio degli Istituti secolari. E poi nel pomeriggio ho accettato l'ingresso, la domanda di ingresso al Noviziato di un gruppo di sacerdoti per l'Istituto secolare. E quest'anno i nuovi Novizi per l'Istituto secolare di Gesù Sacerdote sono 16, che sono entrati nel Noviziato.
Perciò avere un concetto sempre più preciso, completo, di quello che sia l'Istituto Secolare e in cui devono entrare anime che sono accese di amore a Dio e vogliono tradurre la loro vita in apostolato, secondo aveva detto Pio XII.
Quanto all'argomento di questa mattina, quale dono sarebbe se noi capissimo bene il valore della Messa, il valore della Visita al SS. Sacramento, il valore della lettura della Bibbia, il valore della lettura della Bibbia.
Nella Messa di quest'oggi, al Vangelo, san Paolo dice che rispetto alla scienza umana, alle notizie così, più o meno interessanti e che servono più o meno a noi, dice che è tempo perduto: “detrimentum feci”. Quando noi leggiamo cose inutili, [ci] perdiamo in discorsi inutili, letture inutili, allora perdiamo tempo: “detrimentum feci”. Poi con la sua solita parola chiara e sentita, che gli esce dall'intimo: “Ho giudicato tutto il resto sterco, – stercora – rispetto all'amore di Dio, a conoscere Dio, conoscere Gesù Cristo”.
E allora l'argomento: la Bibbia, la lettura della Bibbia, conoscere Dio, conoscere Gesù Cristo, conoscere la sua dottrina.
Oh, quando arriva il Vangelo nella Basilica di san Pietro, arriva il Vangelo per essere intronizzato è uno scoppio sentire le voci robuste, alte: “Credo”. Ecco, il Vangelo così viene ricevuto.
Ora la lettura della Bibbia. In che ordine? Ecco l'ordine può essere vario, secondo già c'è l'istruzione e secondo anche le tendenze di ogni anima, le preferenze di ogni anima; ma in generale l'ordine sarebbe leggere prima i Libri del Nuovo Testamento, 27 Libri, e tra essi prima precede la lettura dei Vangeli, cioè dei Libri storici e gli Atti degli Apostoli, poi seguono i Libri morali e poi l’ultimo, il Libro Profetico dell'Apocalisse.
Conoscendo quello che è realizzato nel Nuovo Testamento per la Incarnazione del Figlio di Dio e la sua opera compiuta di Redenzione, allora capiamo meglio le profezie che sono scritte nei libri dell'Antico Testamento.
Quindi si passa alla lettura dell'Antico Testamento e anche lì c'è un ordine e cioè: primo, i Libri storici; secondo, i Libri Profetici; terzo, i Libri morali. Questo può essere un ordine che in generale serve, in generale è utile a tutti; tuttavia vi può anche essere un altro ordine.
Però ciò che importa è di leggere la Bibbia bene. E se si legge bene, si avrà anche la grazia di diffonderla bene; perché la lettura della Bibbia è una preghiera, come è preghiera la meditazione, come è preghiera sentire la spiegazione del Vangelo, ecc.
Come leggere allora la Bibbia? Primo: è un sentimento che abbiam da avere di umiltà. Perché la sapienza entra nei cuori semplici e mondi. “Munda cor meum ac labia mea, omnipotens Deus”: ecco, prima della lettura del Vangelo, durante la Messa, il sacerdote fa questa preghiera. Quindi un “Gesù mio, misericordia!”, un “atto di dolore”, specialmente il pentimento di aver avuto pensieri inutili, vaghi, notizie così di curiosità, discorsi di curiosità, cose che non ci servono alla vita eterna. Ma se noi abbiamo cura e preferiamo e vogliamo avere nella mente pensieri santi, uno spirito di fede sempre più profondo, allora capiremo meglio la parola di Dio. E per questa grazia di aver stimato la parola di Dio, penso [che si avrà] una visione più profonda, beatificante in cielo – la visione di Dio! – quando ci incontreremo e conosceremo il Maestro Divino, quando ci incontreremo con la SS. Trinità, da cui procede ogni santità e ogni verità, perché Dio è la stessa Verità.
Perciò per leggere la Bibbia, il Vangelo, in primo atto purifichiamo. In malevolem animam, nell'anima cattiva non entra la sapienza di Dio. Ma [deve entrare] Gesù, Dio, lo Spirito Santo. “Abscondisti haec a sapientibus et ...” superbi, in sostanza, ma “revelasti ea parvulis”: cioè dice Gesù al Padre: “Ti ringrazio perché hai chiuso il cuore, chiusa la mente, a coloro che sono superbi”, perché non capiscono; ma il Signore rivela ai cuori degli umili, agli umili. E allora un pastore, un contadino e uno spazzacamino può capire di più delle cose divine che uno che siede alla Camera dei Deputati o al banco dei Ministri, oppure in una università.
Sapere chi è vero sapiente! e quella sapienza che serve all'eternità! e sapere e capire chi può saper tante cose, solamente non conosce Dio, Dio, Gesù Cristo! “Arbitror ut stercora”, “stimo come sterco”: la parola espressiva di san Paolo.

Seconda disposizione per leggere bene la Bibbia è l'umiltà, oltre il dolore dei nostri peccati e il dolore specialmente di aver perso dei tempi a fantasticare, a pensare cose inutili, a occuparsi di notizie inutili: “detrimentum feci”.
Allora l'umiltà per conoscere la scienza di Dio. Sì, l'umiltà.
Cosa richiede che noi abbiamo questa disposizione di umiltà?
L'umiltà: “Sono un ignorante! Tu sei la sapienza stessa!”. “Io sono la Verità” [dice] Gesù Cristo. La Verità è Lui: ecco lì. E cosa siamo noi? Siamo degli ignoranti. Si può sapere un mondo di cose, ma non sapere la scienza della salvezza, la scienza di Dio, quella che ci beatifica in Paradiso, nella visione eterna del Signore.
Quindi con umiltà. Dice san Francesco di Sales, in una considerazione: “Si può sapere tutta la teologia da recitare a memoria; e può essere che abbia più sapienza una donnicciola che vive di fede”, cioè vive secondo Dio e i suoi ragionamenti sono ispirati alla fede, sì. Oh, non è un sapere teorico umano soltanto, è quel sapere che ci porta a santificare la mente, che porta alla santificazione della mente e poi porta alla santificazione della vita, praticamente. Umiltà.
Mettersi bene alla presenza di Dio. Qui c'è lo Spirito Santo, che ha ispirato e che adesso vuole che io capisca la sua parola; e quindi invoco: “Veni Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium” per conoscere Dio e arrivare “et tui amoris in eis ignem accende”. Sì, perché conoscendo la Scrittura, veniamo ad amare il Signore e cercare quello che è eterno.
Perché la Bibbia si può leggere in tante maniere. Vi può essere uno che legga per curiosità la storia della vita di Gesù Cristo o la storia dell'Antico Testamento. Vi può essere, e vi sono tanti che studiano la Bibbia fino ad analizzare ogni parola e cercare la radice delle parole nelle varie lingue: e la lingua greca e l'aramaica, e l'ebraica, e tutto quello che può portare a una conoscenza più precisa della Scrittura; ma lo studio, semplicemente per sé, non è quello che porta a crescere nello spirito di fede. Sì, leggono, leggono, leggono i protestanti la Bibbia, ma ci manca a loro, ci manca l'umiltà e quindi la luce di Dio. E loro si dispensano, anzi rifiutano l'interpretazione che vien data dalla Chiesa al riguardo della Bibbia. Perché la Bibbia è affidata alla Chiesa, la quale deve conservarla, deve interpretarla e deve diffonderla, sì.
Allora con tanta umiltà. E dopo aver studiato tanto la Bibbia, si può essere a cuori vuoti. E alla fine, e alla fine della vita come si conchiude? Che cosa si penserà alla fine quando si sarà su un letto e vicino al passaggio all'eternità? cosa avrà giovato a noi? Certo ci sono le persone che hanno l'obbligo di studiare la Bibbia a fondo, specialmente supponiamo all'Istituto Biblico, fondato da S. Pio X a Roma: è meritorio questo; ma se tutto è fatto nello spirito soprannaturale. Quindi con umiltà.
Terzo: per prendere buone risoluzioni dalla lettura della Bibbia, propositi, ecco, propositi: conoscere meglio Dio, aver maggior fiducia in Dio, amare sempre più Dio, desiderare sempre di più la diffusione della parola di Dio, quindi della Bibbia, compresa la predicazione, oh.
Naturalmente chi fa la diffusione della Bibbia con buono spirito, a sua volta avrà più lumi per conoscere il senso della Bibbia. E allora la lettura porta a migliorare la vita.
Quando si pensa il Vangelo, non si passa così facilmente da versetto a versetto; ma considerare il senso intimo di quel versetto che si è letto: “Beati”, per esempio, ”i poveri! Beati i miti!”; le parole di Gesù Cristo in croce: “Sitio”, “Padre perdona loro”, ecc. Capire il senso intimo, per dire: “Se io vivo in Cristo, devo avere questi sentimenti nell'anima mia”, quelli che aveva Gesù: “in ipso”, Cristo. Pensare come Gesù e quindi amare il Signore e poi, dopo avere considerato il senso delle parole di Gesù, vedere come Gesù ha operato, come è vissuto. Lui ha detto: “Beati i poveri!”; ma vederlo nel Presepio che povertà c'è! Dunque la beatitudine stava lì, e lui ha preferito la grotta e la greppia, rispetto al palazzo d'oro di Nerone, o di un altro imperatore che era stato prima ancora di Nerone.
Oh, perché Gesù è vissuto così? Perché s'è fatto bambino? Perché quell'insegnamento “subditus illis”? Perché faber: “nonne hic est faber”? Perché ha predicato? Perché è morto sulla croce? In modo tale che capiamo l'insegnamento di Gesù: non solamente le parole, ma la vita di Gesù; per seguire la vita di Gesù e vivere quindi in Cristo.
Allora la Bibbia si legge prima con un atto di pentimento e poi con un atto di umiltà e poi con una preghiera perché veniamo a propositi fermi e vivere secondo la Scrittura, specialmente secondo i Vangeli, secondo gli Atti degli Apostoli – come predicavano! che zelo! – e poi tutte le lettere di san Paolo e gli altri libri.

Ora conclusione.
La devozione alla Bibbia. Allora si orienta facilmente il pensiero e la vita stessa nella rettitudine, nella via che è diretta al cielo; non così andare un po' a zonzo, un po' avanti, un po' indietro, un po' a destra e un po' a sinistra e dimenticare la via retta che porta al cielo!
E siccome si fa la via retta, che è diritta, senza perder tempo a destra e a sinistra, si va più in su, perché il tempo è utilizzato tutto per l'eternità.
Questa grazia ho domandato per voi nella messa, voi domandatela per me.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 0000-00-00_amore.mp3
Durata: 16'22''

Don Giacomo Alberione

Amore verso le anime



[manca l'inizio]

... e lo lavò dalle ferite e lo ristorò e diede il denaro, due denari, per la cura, che sono la Penitenza e l'Eucarestia. Ma il samaritano dava qualche cosa, Gesù diede il sangue.
«Affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di rimettere i peccati, è più facile dire a costui: “Vattene sano a casa”, oppure: “Ti son perdonati i peccati”? Affinché lo sappiate che il figlio dell'uomo può perdonare, dice all'infelice: “Alzati e va' col tuo letticiuolo”».
Seguendo, che cosa voleva dire quando parlò della dramma perduta e ricercata con tanta diligenza? e poi avendola trovata quella donna fece festa e chiamò pure le amiche a far festa con lei.
E raccontò la parabola della pecorella smarrita: il pastore buono va a cercarla e né la sgrida, né la obbliga a rifare il cammino, ma se la porta sulle spalle, perché “iniquitates nostra ipse tulit”.
E il figliuol prodigo si abbassò fin quasi dove poteva arrivare per lui il fondo dell'abisso. Egli lo trattò quasi con preferenza rispetto all'altro figlio sempre stato in casa, fedele.
Lo aveva ben indicato san Giovanni Battista quale era poi la sua missione: che Gesù ormai stava mostrandosi: Ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi, perché misericordiam volo et non sacrificium, non la morte.
Non voleva far piovere il fuoco sui Samaritani, «perché – disse – il Figlio dell'uomo non è venuto a mettere a morte la gente, ma è venuto per salvarli». Esempi: la samaritana che cambia in un'apostola della sua città. All'adultera dice semplicemente: «Va', non peccar più, perché neppure io ti condanno». La Maddalena poi divenne la intima, l'anima che comprese meglio il cuore di Gesù. E venne da Gesù adoperata a portar l'annuncio della sua resurrezione agli apostoli.
Considerando come Gesù trattò. Pietro lo nega tre volte. E quello risponde precisamente all'avviso che gli aveva dato Gesù: «Prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte». E Gesù gli diede semplicemente uno sguardo, che era uno sguardo non di rimprovero ma di amore. E Pietro lo capì, flevit amare. Gli aveva promesso il governo della chiesa, poteva adesso negarglielo dopo quell'infedeltà proprio del capo della Chiesa. E invece lo riconferma e decisamente lo conferma: «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle» e lo mette a capo degli apostoli, della Chiesa.
E se anche abbiam mancato, pensiamo a chi ricorrere. Anche gli apostoli erano fuggiti: «omnes fugerunt». E quando Gesù resuscitato apparve in mezzo a loro, non ricordò niente della debolezza loro, ma subito, quasi a fargli capire che cosa intendeva, che cosa pensava, insufflavit, soffiò sopra di essi: «Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saran rimessi». Così capire quasi il suo pensiero, che egli perdonava ed essi avrebbero dovuto poi perdonare. E capire quindi che il suo Vangelo era il Vangelo della misericordia, perché era detto da lui: «Veni salvos facere quod perierat».
Allora Pietro così, gli apostoli così, «Saule Saule quid me persequeris?»: che misericordia verso san Pietro, misericordia verso san Paolo!
Sì, questo è più significativo ancora del fatto di Zaccheo. Lui si invitò – Gesù – a casa sua e gli infuse tanta grazia che l'altro per la luce che aveva ricevuto: «Se ho rubato restituisco il quadruplo e do metà dei miei beni ai poveri».
Gesù che aveva pianto su Gerusalemme ostinata, ecco com'era benigno poi con chi si arrendeva!
Certo Gesù è venuto per i peccatori, ma per i peccatori che si riconoscono tali. Qui è il punto: dove è un po' difficile che non sempre ci riconosciamo, che ammettiamo, che detestiamo.
Oh. E fino a quanto ci amò Gesù? Fino a essere crocifisso.
Poi, non solo prego pei peccatori, ma fu consolato il suo cuore di aver potuto applicare subito il frutto del suo sangue là sul Calvario: «Odie mecum eris in Paradiso».
E ci amò fino all'estremo: aperto il costato «exivit sanguis et aqua».
E allora noi.. San Paolo diceva ai Galati: «Io tra di voi non ho predicato che Gesù Cristo, mica altre cose, mica scienze o altro: Gesù Cristo ma «et hunc cricifixum», il crocifisso.
Allora guardiamo il crocifisso e leggiamo il libro: è il libro dell'amore quello. Le ferite per i flagelli, per i chiodi, per la corona di spine, eccetera: tutto è una nuova edizione che non è fatta coi caratteri, i caratteri tipografici, ma è fatta col sangue.
Oh allora alla sera guardiamo il crocifisso e baciamolo con quell'amore con cui vorremmo baciarlo sul letto di morte e con pentimento delle nostre colpe, ma più ancora per eccitarci ad amare.
L'insegnamento allora qual è? Gesù amò fino all'ultima goccia, spargendo fino all'ultima goccia del suo sangue.
Come stiamo noi di amore verso le anime? Se siamo ordinati sacerdoti e ci gloriamo del carattere e siamo riconoscenti al Signore e se ci chiamano l’“alter Christus”, ma quello è lo spirito di Gesù Cristo, quale vien descritto da san Luca e dagli altri evangelisti.
Come amiamo? Fin dove amiamo?
Basta che si consideri un poco la dignità sacerdotale, così ad onore. Può essere che nel riguardo dei Discepoli si stia un po' paragonando la posizione nostra. E se però non mostriamo più virtù di loro e più amore alle anime di loro, noi saremo forniti di carattere, del carattere sacerdotale, ma non saremo...
E quando si tratta di zelo e vi è questo da fare quell'altro e noi o che ci rifiutiamo o che lo facciamo un po' così superficialmente. E sappiamo se Gesù è venuto a riparare, il Figlio di Dio è venuto a riparare incarnandosi, ripariamo i peccati i peccati dei nostri? dei nostri penitenti, dei nostri ostinati lettori, del mondo?
Si parla: persecuzioni in Russia, persecuzioni in Polonia, persecuzioni in tante parti del mondo: ripariamo noi? Sentiamo che abbiamo questo ufficio di riparare, e certamente offriamo l'ostia divina, ma con la vittima divina anche unire “e me stesso piccola vittima”.
Sì soffriamo qualche cosa! Qualche volta non si mortificano gli occhi, non si mortifica la curiosità, non si mortifica la lingua, non si mortifica il gusto: non abbiamo bisogno anche di mortificare il cuore? e di mortificare la pigrizia, la sensualità, la golosità? tre peccati di sensualità. Oh, se dobbiamo riparare, se dobbiamo salvare le anime!
Il Signore poi ci manda in casa figliuoletti perché li formiamo santamente. E allora essere bravi maestri, bravi confessori, bravi predicatori, bravi – voglio dire – maestri di scuola e maestri di reparto e tutti coloro che hanno da fare con essi: specialmente il buon esempio: sì amare le anime.
Poi se vogliamo veramente amare Gesù, l'osservanza dei voti! È la via della perfezione, ma sta in quello: la gloria di Dio, sì, ma la perfezione mediante la povertà: e alle volta non viene un po' offesa? E dobbiamo amare la castità e non mettersi in pericoli. E dobbiamo amare la sottomissione al volere di Dio, alle disposizioni della Chiesa, alle Costituzioni: veramente attendere a perfezionarsi, perché questa è la via che abbiamo scelto.
Ora come dovremmo spiegare il perché figliuoli, che crescono proprio nel luogo di santificazione, invece non corrispondono o non perseverano? Ecco: è quello che devo dir domani mattina: manca l'amore fondamentale; c'è qualche cosa di così, superficiale, ma manca l'amore che si può chiamare non solo vero, ma fondamentale nella vita, tante volte. La meditazione di domani sarà la più importante, perché queste due sono piuttosto preparazione. Voglio dire l'osservanza della legge naturale e dei comandamenti: se non arrivano lì, staranno su finché le cose piacciono e poi dopo non persevereranno: occorre che ci sia questo amore fondamentale, il primo amore verso Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.



Trascrizione del file: 0000-00-00_Festa di S. Pietro e Paolo.mp3
durata 31.23

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli - 29 giugno 1964
[cfr «L’anno scorso, ’63»]

Festa dei Santi Pietro e Paolo



Si festeggiano assieme nella giornata di oggi perché hanno subito assieme il martirio Pietro e Paolo. I quali hanno portato il Vangelo in tante parti del mondo, principalmente a Roma. E Roma dove è la sede di Pietro e chi succede nella sede di Pietro ha i poteri di Pietro, quelli conferiti da Gesù Cristo a Pietro.
Il Vangelo di oggi. «In quel tempo venuto Gesù nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “Che cosa dicono mai chi sia il Figlio dell’Uomo?”, ed essi risposero: “Chi Giovanni Battista, chi Elia, chi Geremia, od uno dei Profeti”. Dice loro Gesù: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Rispondendo Simon Pietro disse: “Tu sei il Cristo, Figlio di Dio Vivente”. E Gesù gli replicò: “Beato te, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne, né il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. E a te darò le chiavi del Regno dei cieli e qualunque cosa avrai legato sulla terra sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra sarà sciolta anche nei cieli”».
Quindi si ricorda in modo particolarissimo san Pietro. E si celebrano insieme, ma poi il giorno seguente il Papa fa le funzioni, almeno fin dai primi tempi della Chiesa, nella Basilica di san Paolo, perché vi è la distanza nel trasferirsi, quindi ha scelto il giorno seguente.
Qui nel Vangelo si ricorda chi è a capo della Chiesa. Il Papa nel primo giorno della Novena ai santi Apostoli Pietro e Paolo, nell’Adunanza, nell’Udienza generale, ha spiegato chi è il Papa. E cioè è il fondamento della Chiesa: “Sopra di te fonderò la mia Chiesa”. Ha spiegato cosa è il Papa, la sua funzione: “Pasci i miei agnelli”, cioè i fedeli, e ”pasci le pecorelle”, cioè i Vescovi; e: “Darò le chiavi a te”. Quando uno possiede le chiavi della casa è padrone, è sua. Le chiavi per aprire e chiudere: chiudere quello che non è lecito. Quindi: “Qualunque cosa sarà legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli”: cioè se il Papa condanna una dottrina o condanna un principio di morale, sarà legato anche nei cieli; e “qualunque cosa sarà sciolta sulla terra, sarà sciolto anche nei cieli”: e cioè quello che avrai definito, quello che è stabilito da farsi, in ordine alla vita eterna, sarà sciolto anche nei cieli, cioè approvato da Dio, perché ciò che dice Pietro, per i lumi dello Spirito Santo, per i poteri che egli ha.
Così il Papa è infallibile nelle cose di fede e di costumi. Che sicurezza dà a noi questa dottrina! Infallibile anche quando definisce da solo: potrebbe farlo senza il Concilio Ecumenico. Così, ad esempio quello che è stato solenne, quando era Papa san Pio X, quando ha condannato il modernismo e le proposizioni che erano da condannarsi, riferendosi al modernismo. E allora la fede. E così nei costumi: perché vi sono dottrine che vengono condannate. E qualche cosa è già stato condannato nelle prime Sessioni del Concilio, qualche altra cosa verrà ancora condannata secondo gli schemi che già sono stati preparati e che, con la giornata dell’altro ieri, si è finito di preparare. Oh, infallibile.
Secondo: autorità universale nella Chiesa. Egli può definire da solo; ma anche fossero tutti i Vescovi e non a capo il Papa, non avrebbero valore le definizioni o le disposizioni che riguardano la vita morale, non avrebbero valore su tutta la Chiesa. Il Papa da solo o il Papa con i Vescovi.
Poi i Vescovi si ha specialmente quando c’è il Concilio Ecumenico, perché il Papa vuol sentire i pensieri di tutti e anche perché, contribuendo i pensieri di tutti i Vescovi, vi sarà più facilità che venga accolta la dottrina che sarà emanata dai Vescovi con il Papa. Ma chi conchiude poi, dopo la votazione, è sempre il Papa: “Statuimus”, “Noi stabiliamo”. Ecco.
Allora fiducia nel Papa! obbedienza al Papa! preghiera per il Papa! Egli ha tutti quei privilegi che sono stati conferiti a Pietro. Ma c’è anche un’altra specie di prerogativa per il Papa. E quale prerogativa? Di essere più perseguitato di tutti i cristiani. Le armi dei nemici puntano soprattutto contro il Papa e quindi nella Messa è ricordato che Pietro è stato imprigionato, perché lo si voleva presentare al popolo e condannarlo e martirizzarlo.
E così nei tre primi secoli della Chiesa, la maggior parte dei Papi è stata martire, la maggior parte martire. E ora se non c’è un martirio corporale, c’è un martirio spirituale: la lotta continua, le accuse continue, le calunnie continue. Quando c’è un esercito, se un nemico assale principalmente mira al capo della nazione, al capo dell’esercito; perché, una volta colpito il capo, si pensa che tutto l’esercito si disciolga senza capo. Quindi si spiegano [le persecuzioni].
Perciò quando un giorno Pio IX ha ricevuto in udienza alcune persone, domandò: “Quali sono i segni, quali sono le prerogative della Chiesa?”. Risposero: “Una, santa, cattolica, apostolica”. “Ah, ce n’è un’altra prerogativa”, soggiunse Pio IX, “aggiungete non solo una santa, cattolica e apostolica, ma perseguitata”. È un carattere. Perché? Perché i nemici della verità, i nemici di Dio, i nemici delle anime, ecco, vorrebbero colpire la Chiesa, colpire la Chiesa, ecco, sì.
Allora quali sono i nostri doveri verso il Papa? I nostri doveri sono: primo: fede nella sua parola, ma non solamente quando definisce, ma anche quando dà un’esortazione, un consiglio, anche quando egli ha stabilito che vi siano persone o gruppi di persone che interpretano il suo pensiero e che lo comunicano. Ad esempio, quando si fa la distinzione fra le pellicole, quelle che sono per tutti, quelle che sono per adulti, ecc., e quelle che sono proibite: bisogna stare a quello che la commissione a nome della Santa Sede giudica la pellicola. Mica che lì sia l’infallibilità in quella cosa, ma è una disposizione morale di vita, perché i fedeli non vadano ad incontrare maggiori pericoli, specialmente la gioventù.
Secondo: abbiamo da accompagnare il Papa anche negli indirizzi che dà. E bisogna leggere in primo luogo i discorsi del Papa, non gli articoli vari di un giornale, che sono notizie che hanno più o meno interesse, secondo i casi. Sentire la sua parola e seguire e collaborare con il Papa. Egli ha bisogno che collaborino tutti e i Vescovi e i sacerdoti. E – ha insistito il Papa – è sui religiosi che conta, perché subito essi più facilmente aderiscono al suo indirizzo.
Un giorno, in una sessione delle ultime, i Superiori presenti, i religiosi, han fatto una sottoscrizione: questo deve essere trattato diversamente, perché non risponde a tutti desideri della Chiesa. Si era già messo da parte. La sottoscrizione è stata presentata e l’indomani mattina tutto è entrato in discussione e si è trattata la questione fino al fondo. Egli conta molto sopra i religiosi.
D’altra parte lui non è solamente Superiore nel senso generale, rispetto a tutti i fedeli, a tutti i Vescovi, ma in un senso particolare: perché è il Superiore di ogni Istituto Religioso. Perché è lui che approva la Costituzioni e quindi, correggendo le Costituzioni e poi dandole corrette, vuol dire: “Ecco la vostra vita che dovete condurre. Questa è la volontà”.
D’altra parte il Papa ha suggerito che conta molto, specialmente per le opere generali della Chiesa. Perché ha detto: “Il Papa, quando ha bisogno di certe opere grandiose che riguardano o interessi generali o interessi anche di particolare valore, si rivolge ai religiosi”.
Questo caso ricordiamo anche in particolare per la Bibbia: nella Società Biblica Cattolica Internazionale si è ricevuto dal Papa l’incoraggiamento e la benedizione, perché si lavori e si preghi perché la Bibbia entri in ogni famiglia; e che questa parola è diventata la parola d’ordine: “La Bibbia in ogni famiglia”.
Allora il Cardinal Micora, Vicario Generale di Sua Santità, [scrisse] la lettera lunga spiegando che si porti la Bibbia in ogni famiglia; e perché la cosa proceda bene, [ha] date certe disposizioni e particolarmente insiste perché si preghi perché la diffusione della Bibbia nella Diocesi di Roma sia veramente larghissima e che siano ben pochi, o fosse nessuno, che la rifiuti.
Poi il Cardinal Traglia, che è lui che guida i Parroci, ha fatto parlare don Lamera. E dopo due esortazioni ha fatto: una volta prima in un ritiro dei Parroci, la seconda volta in un altro ritiro dei Parroci, che sono 220 a Roma. Conchiuse la sua esortazione: “Porteremo la Bibbia in ogni casa”, così, in Roma diocesi.
Per dare l’inizio è stata promossa un’Adunanza dei capi di Industrie in Italia: erano circa 800 persone. È andato il Cardinale per dar principio: [c'è stata] una Conferenza di un laico, e poi l’esortazione e la spiegazione da parte del Cardinal Traglia. Quindi [ha] intronizzato, nella sala di ricevimento, la Bibbia. Poi la Bibbia l’ha consegnata a ciascheduno dei presenti. Poi si è chiesto che, oltre il prendere una copia di Bibbia, si è chiesto un mille lire per ognuno di quelli che non possono acquistarla e quindi a quelli che stanno nelle baracche attorno a Roma, quelli che sono poveri e che hanno bisogno di mangiare un pane sufficiente.
Così si continua. E perciò, cominciando da settembre, 24 domeniche dedicate alla distribuzione della Bibbia. Così il Papa farà l’Adorazione solenne per aprire la settimana della Bibbia. Poi si sono divise le Parrocchie: 10 Parrocchie per settimana, dove si celebra la settimana biblica; 10 Parrocchie per settimana, perché ci vogliono tante a distribuirla: son più di 600.000 famiglie. Quindi distribuite le Parrocchie: 10 per domenica. E poi già sono stati offerti, si sono presentati come oratori per far la settimana, laici; tra essi in modo speciale i Focolarini: una settantina di laici e poi molti altri che non sono Focolarini; perché la settimana in ogni Parrocchia sia celebrata bene, fuori di chiesa e in chiesa. In chiesa specialmente parlano i sacerdoti, i parroci e poi invece o nei teatri o nei saloni i laici.
Oh, allora confidiamo che tutto sia seguito secondo i desideri del Papa; desideri che ha espresso: “È il tempo di far ritorno alla Bibbia che era stata dimenticata!”.
E allora i protestanti han preso l’occasione e distribuiscono. L’anno scorso, ’63, secondo i loro resoconti, in Italia hanno distribuito circa 800.000 [copie], – o di più, – non tutte intere, ma una parte: per esempio il Nuovo Testamento o le Lettere di san Paolo, secondo. E noi abbiamo promosso i corsi biblici per corrispondenza e un bel numero: anche a Torino si faceva un certo numero; ma loro aveva iscritti circa 300, 350, 355, circa, di iscritti a questi corsi. E – cosa straordinaria – si sono offerti circa 500 volontari, dividendosi due a due per visitare tutte le Parrocchie d’Italia.
Oh, qui è lotta della Chiesa contro la Chiesa! la lotta contro il male da parte della Chiesa. Perché la Bibbia protestante è interpretata al modo dei protestanti. E quando passano i nostri a diffonderla, tanti [dicono:] “L’abbiamo già!”.
Oh, non è il tempo di dormire, allora, perché, mentre che noi dormiamo, il nemico sparge la zizzania. E che zizzania verrà?
Volontari! Capiamo bene il termine: sono più prudenti, cattivi, tante volte, che non i buoni: è la frase del Vangelo.
Allora con generoso animo si tratta di fare una battaglia, non a sangue, ma di idee, di principi, di vita, di salvezza. [Dei] conferenzieri il primo che ha aperto ha dimostrato questo: la Bibbia è l’inizio della civiltà ed è quella che ha incivilito il mondo, il mondo che è già più avanzato; ci sono poi da civilizzare di più, un miliardo e circa quattrocento milioni di uomini, che sono ancora in una posizione piuttosto umile.
Allora ecco, pregare per il Papa! Che il Signore lo consoli, lo conforti, lo sostenga, e che trovi nei suoi figli corrispondenza e che tutti siano a lui uniti in spirito di volontà, di pensiero! Seguirlo! Seguirlo, perché “chi ascolta me, ascolta Dio stesso”, chi ascolta il Papa ascolta Dio stesso, e “tutto quel che legherai, sarà legato”, cioè proibito, o condannato, e tutto invece [ciò] che sarà approvato, incoraggiato, questo piace al cielo: la salvezza nostra eterna.
Quindi, oltre le preghiere per il Papa, rafforzare la nostra fede nel Papa e pregare perché il desiderio del Papa sia adempìto: la Bibbia in ogni famiglia.


Trascrizione del file: 0000-00-00_Moltiplicazione dei Pani.mp3
durata 25.02

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli

Moltiplicazione dei pani



È la Domenica sesta dopo Pentecoste. Il Vangelo è preso da san Marco, capo VIII.
«In quel tempo, siccome la folla era molta e non aveva da mangiare, Gesù chiamati a sé i Discepoli, disse loro: “Ho compassione di questa folla, che da tre giorni sta con me e non ha nulla da mangiare. Se li rimando a casa digiuni verranno meno per via, perché alcuni sono venuti da lontano”. I discepoli gli risposero: “Come si potrebbe dare e saziare di pane qui in deserto?”. Domandò loro: “Quanti pani avete?”. Risposero: “Sette”. Gesù allora ordinò alla gente di sedere per terra; prese i pani e, dopo aver ringraziato Dio, li spezzò e li diede ai Discepoli, i quali li distribuirono alla folla. Avevano anche alcuni pesci. Gesù benedisse anche quelli e li fece distribuire. Tutti mangiarono a sazietà. E i Discepoli raccolsero ancora sette ceste di avanzi. Poi Gesù licenziò la folla. Tutti quelli che avevano mangiato erano circa 4.000».
Questa gente seguiva Gesù per che cosa? Per sentire la sua Parola, la Parola cioè che era quella del Vangelo, cioè il messaggio della salvezza. E Gesù perché questa gente tornando a casa – anche per una parte era veramente lontana dalla propria casa – così come erano, digiuni, sarebbero svenuti per strada, e Gesù fece il grande miracolo, moltiplicando il pane, moltiplicando i pesci.
Gesù saziò quella moltitudine che aveva fame e sete della Parola di Dio, e saziò la fame materiale [con] il pane ordinario, il pane comune. Quindi Gesù saziò e diede a nutrire quella popolazione Parola di Dio e pane materiale: Parola di Dio, cioè il Vangelo; e il pane materiale, simbolo e un preannuncio di quello che Gesù avrebbe fatto istituendo l'Eucarestia, il Pane Eucaristico: “Prendete e mangiate”.
Quindi Gesù ha saziato quella moltitudine interamente: della mente e del corpo. E quindi la Parola di Dio e l'Eucarestia, di cui è la figura la moltiplicazione dei pani. Così come si moltiplicano le specie eucaristiche, le ostie, e tutti gli uomini possono saziarsi, tutti possono accedere all'Eucarestia con le dovute disposizioni.
Dunque due nutrimenti: nutrimento dell'anima e nutrimento del corpo. La Parola di Dio e Gesù Cristo eucaristico: due nutrimenti. Come dice l’“Imitazione di Cristo”, il Signore ci diede due aiuti per il cammino della nostra vita e cioè la Parola di Dio e l'Eucarestia, due nutrimenti.
Parecchie volte Giovanni XXIII parlava e insieme della Bibbia e della Eucarestia, dimostrando che sull'altare c'è il Messale, la Parola di Dio, e c'è il calice, Eucarestia.

Ecco, in primo luogo: nutrimento dell'anima. Dobbiamo considerare al massimo la Parola di Dio, la Parola di Dio che viene data con catechismi, con la predicazione, con la carta, cioè con il libro, con la pellicola, con i dischi e con tutti i mezzi moderni che il progresso ha messo a disposizione del Vangelo; e se questi mezzi tante volte sono usati per fini diversi, bisogna anche che siano usati per quello che è più santo e cioè la Parola stessa di Dio.
E questi mezzi moltiplicano gli uditori, i lettori, ecc.: con i mezzi tecnici, ecco. Può esserci in una chiesa un certo numero di fedeli, un certo numero di fanciulli, per il catechismo; ma se il Vangelo viene stampato non per qualche centinaia di persone, ma per migliaia e centinaia di migliaia, non basta mai il numero dei Vangeli! Anche in questi giorni sentivo che fino alla sera tardi e al mattino prestissimo: “Il Vangelo, il Vangelo!”, perché vengono sempre a mancare. Chi ha fame e sete della Parola di Dio è compreso nel Vangelo.
Ora voi avete due specie di doveri, sì, di doveri, bisogna dire, secondo la vocazione: prima: sentire la Parola di Dio, leggerla, meditarla; secondo: darla la Parola di Dio! Quanto moltiplicate le Bibbie! Se la Bibbia può entrare in ogni famiglia, Dio sia benedetto! Allora c'è come una lampada in quella famiglia e la lampada è bene esposta: la Bibbia messa in onore “ut luceat omnibus qui in domo sunt”, affinché risplenda quella luce, che è la luce di Dio, “erat lux vera quae illuminat omnem hominem”, la luce di Dio, che serve alla salvezza, la luce che ci fa strada a camminare bene, vivere bene, vivere bene.
Quindi il Signore procurò a noi una luce, perché conosciamo la strada e non sbagliare la strada. E quale luce ci deve guidare? La luce di Dio: è il Vangelo, è la Bibbia, che è la Parola di Dio scritta nel senso completo cioè tutta la Bibbia; e poi vi è la predicazione che la Chiesa continua ogni giorno a fare a tutte le moltitudini, parlando e a quelli che sono docili e anche a quelli che non vogliono sentire la Parola di Dio. Ma se non vogliono sentire, almeno in fondo all'anima [hanno] un certo rimorso che “Dio dà la luce e essi non vollero vedere”, non la seguirono, vissero nelle tenebre, vivono nelle tenebre.
Quindi due compiti: leggere la Bibbia, leggere il Vangelo, meditarlo. E questo si medita anche durante la predica, durante quello che è il tempo che chiamiamo della meditazione, i tempi dei riflessi, i tempi delle buone letture, il sentire la parola del Papa, ecc. Oh, che grazia è per noi la luce di Dio! E per noi il merito di accendere la luce nelle famiglie, verso le anime, perché possano essere illuminate sulla via del cielo.
E che cos'è la vita? La vita presente è un preambolo, ma la vita stabile è l'eternità. Qui è come essere sulla strada: si parte dalla libreria e si viene a casa, ma per stare, fermarsi. La vita è un viaggio, un breve viaggio, anche se fosse di cento anni, rispetto all'eternità; ma è la via, e la via è unica, è in Cristo: “Nessuno va al Padre, senza di me, [se non] per mezzo di me”.

Oh, secondo: il Pane Eucaristico, figurato nella moltiplicazione del pane che ha compìto Gesù, che viene riferito in questo tratto di Vangelo. Somma importanza all'Eucarestia, Dio con noi, Gesù Cristo con noi.
La Messa che rinnova il sacrificio della croce, che si ripete ogni giorno sugli altari: e abbiamo da ascoltare la messa nel miglior modo: [per] quanto è possibile, seguire con il Messalino.
E poi secondo: la Comunione, “Corpus Christi”, e con la parola “Amen” si fa un atto di fede, che vuol dire: “Credo di ricevere veramente Gesù Cristo, corpo, sangue, anima e divinità”.
E terzo: l'Adorazione, l'Adorazione al SS. Sacramento, la Visita al SS. Sacramento.
Quindi su tre punti abbiamo da riflettere: Comunione, Messa, Visita al SS. Sacramento.
La Comunione che è il cibo dell'anima; la Messa che è il rinnovamento del sacrificio della Croce, per cui offriamo al Signore soddisfazione per i nostri peccati, e perché ci siano applicati i meriti di Gesù Cristo; e terzo: stare un po' con Gesù, stare un po' con Gesù.
Senza accorgersi, intimamente, quando si è in chiesa, sentiamo che c'è Gesù che ci parla. E ci parla in una maniera che non suona all'orecchio, suona nell'intimo, una voce intima. Non ci sono solamente le orecchie per sentire la Parola di Dio, c'è specialmente il senso del cuore, il senso dello spirito: sentire la voce di Dio.
Stando in chiesa la voce di Dio penetra nelle nostre anime, ecco. Andrea apostolo disse a Pietro, suo fratello: “Abbiamo visto Colui che ci sembra il Messia”. E “Chi sei?” voleva interrogare. E Gesù li invitò: “Venite!”. E stettero con lui una giornata, Andrea e Pietro. Entrò in loro il senso spirituale, una luce superiore, quindi la vocazione all'apostolato, la vocazione a seguire Gesù Cristo, sì.
Quando stiamo con Gesù qualche cosa abbiamo sempre da imparare, oltre che sempre veniamo fortificati, ma veniamo anche illuminati. Quando ci sono dei problemi, delle difficoltà, e incertezze, non si sa da che parte prenderli in sostanza: si pensa, si parla di qua e di là, e si dimentica che la luce vera, colui che ci deve guidare, illuminare nella Via è proprio Gesù Cristo: andate da Lui!
Nicodemo andò di notte da Gesù, perché era pieno di rispetto umano. Era persuaso che Gesù era il Maestro, ma non osava, per rispetto umano, di mostrarsi già seguace di Gesù. Ma in quella notte come fu illuminato! Si può dire che ha riassunto il Vangelo in quella conversazione fra Gesù a Nicodemo: se si legge bene quella conversazione, si vede che c'è il vero riassunto del Vangelo, cominciando Gesù a istruire: il Battesimo, “oportet nasci denuo”, ecco, lo Spirito, e poi avanti.
Dunque due cibi ha dato Gesù a quella moltitudine affamata e cioè la Parola di Dio e, secondo, il pane, pane materiale simbolo del pane spirituale, che Gesù un giorno avrebbe dato agli uomini: “Il pane che io vi darò è il mio corpo”, ecco.
Concludendo, due grazie abbiamo: di poter meditare la Parola di Dio, bene; secondo: di poterla dare. In quante maniere? Sono le maniere che l'Istituto propone. Secondo: cibarsi del pane eucaristico. [Con] la Comunione e prima la Messa e inoltre la Visita, le anime nostre saranno illuminate, saziate e fortificate.
La nostra devozione deve essere incentrata in Gesù Cristo Via, Verità e Vita: la nostra spiritualità. Non ci sono discussioni da fare sulle varie spiritualità, sulle varie scuole di spiritualità: ce n'è una ed è la sola ed è quella che noi seguiamo e cioè lo Spirito e la spiritualità cristiana, come è uscita dalle labbra e dagli esempi di Gesù Cristo, dalle istituzioni che Gesù Cristo ha fatto.
E nello stesso tempo l'aiuto sicuro, certo, quello che trasforma poco a poco l'uomo: l'Eucarestia, Messa, Comunione,Visita al SS. Sacramento.
In Cristo. Fino a questo: “Vivit vero in me Christus”, “vive in me Gesù Cristo” e quindi la vita cristiana completa, totale, in quanto Gesù è insieme Via e Verità e Vita.
Dunque propositi. La Parola di Dio meditarla e darla; il Corpo Santissimo di Gesù, l'Eucarestia, e Messa e Comunione e Visita.
Questo può essere il pensiero direttivo della giornata.
Sia lodato Gesù Cristo.

rn


Trascrizione del file: 0000-00-00_Maria tesoriera di Grazie.mp3
durata 26.27

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli

Maria tesoriera di grazie



Avete certamente incominciato bene il mese dedicato a Maria, Maria Madre Maestra e Regina Nostra.
Nel libro “La teologia della perfezione cristiana” sono sunteggiate le ragioni per cui noi dobbiamo sperare in Maria, nella sua grazia; sono sunteggiate, ricavate anche da san Luigi Grignon de Montfort. E le ragioni sono teologicamente esattissime. Fermiamoci sopra una, che riassume e porta le conseguenze delle altre ragioni, degli altri argomenti.
Maria è stata fatta la tesoriera di Dio Padre; tesoriera la quale è incaricata a distribuire quei tesori, tesori della grazia. Maria, come ha accompagnato il Figlio suo Gesù Cristo nell'opera della Redenzione, ugualmente Maria accompagna l'opera della distribuzione della grazia. La grazia, come fonte, è da Gesù Cristo. Maria stessa, la grazia che ha, l'ha ricevuta per i meriti di Gesù Cristo. Quindi opera con Gesù nella distribuzione della grazia.
E perciò [scrive] un santo dottore della Chiesa, e poi [è anche] quello che presenta san Luigi Grignon de Montfort, ecco, come conclusione: “Aver fiducia in Maria, perché quella tesoriera della grazia dà, distribuisce a chi vuole, come vuole, quando vuole e quale quantità, cioè quante grazie vuole dare”.
E quindi sono tre, anzi quattro espressioni. Maria dà a chi vuole: chi riguarda chi deve riceverle. E quando? cioè al tempo adatto. E come? Nella maniera distribuisce la grazia. E poi nella misura che vuole donare. Perciò siamo messi, per la divina misericordia, nelle mani di Maria.
Essere nelle mani di questa Madre. Le nostre mamme non sapevano far altro che bontà, premure per noi figlioli. Quanto più questa Madre celeste si premura e pensa e aiuta noi figlioli! Quanto è migliore questa Madre del cielo rispetto alle madri tutte che sono state e che saranno rispetto ai loro figlioli!
“Maria dà a chi vuole”, primo. Vogliamo essere tra coloro a cui Ella dà? “a chi vuole”? Renderci benigna questa Madre, perché possiamo ricevere. “A chi vuole”. “A chi vuole”: ci sono quelli che hanno due condizioni: umiltà: ”Ho bisogno”; e fede: “Tu sai e tu puoi, Maria”. Quindi fede da una parte e prima l'umiltà: “Ho bisogno e tu hai tutto”; e poi: “A me”. “A chi”: fede che proprio Maria si rivolga a me, si rivolga a tutti, a ciascheduno: “A chi vuole”. E a chi vuole? chi porta le due condizioni: umiltà: ”Ho bisogno di questa Madre”. Se il bambino ha fame e non lo dicesse, e non chiedesse, la mamma non sa se abbia fame, se abbia sete. Allora noi dobbiamo far sentire il nostro bisogno a Maria, nell'umiltà. Eh! siamo così poveri di grazie e abbiamo così bisogno in tutta la giornata, in ogni momento, dell'assistenza di questa Madre. E d'altra parte: fede! E cioè fede che lei è buona, fede che lei può e noi esser certi. Quando il bambino chiede, è certo, se la mamma può, dargli quello che vuole. Il bambino ha speranza e lo chiede e insiste, se la mamma tarda a portargli quel che ha bisogno di mangiare.
Che siamo tra quelli a cui ella vuole: “a chi vuole” dare! Primo.
Secondo, quando vuole dare queste grazie? Quando è il tempo opportuno, cioè quando abbiamo più bisogno. E i bisogni sono tanti, ma in certi momenti si fanno sentire di più.
Vi è una tentazione interna, che nessun altro può sospettare che si abbia, una tentazione che alle volte è anche fatta di violenza, superbia, ira e tutte le altre passioni che si fanno sentire: quella lotta che abbiamo dentro del male contro il bene, cioè la carne contro lo spirito. Allora quando? Quando c'è bisogno Maria interviene, quando c'è bisogno.
Allora noi tante volte preghiamo Maria, diciamo il rosario; in questo momento non vi sono le tentazioni, non vi sono difficoltà, forse; ma quando noi preghiamo, Maria, quando poi vede che abbiamo bisogno, eccola che corre ad aiutarci! Perché è il medico che viene a guarire, quando c'è il malato, non quando non c'è il malato; non ha bisogno del medico colui che è sano, ma colui che in certi momenti si sente malato, ha bisogno, sì.
“Quando”: affidarsi! “Maria guardami e, quando vedi che sto per sbagliare il passo e cadere nel precipizio, Maria soccorrimi!”. E sì, siamo in questa valle di lacrime, sempre in difficoltà, e sempre nella lotta del male contro il bene. E quando il male si fa sentire: “Maria, Maria!”.
Bisogna che noi ricorriamo. E tuttavia, anche se qualche volta noi non avvertiamo il pericolo, Maria interviene, interviene. Chissà da quanti pericoli ci ha liberati dal momento in cui siamo nati ad oggi! Quando andremo in Paradiso, vedremo le premure che avrà usato questa Madre nostra verso di noi. Adesso non le capiamo molte grazie; neppure le diciamo un grazie! Perché non conosciamo. Ma in Paradiso canteremo la bontà di Maria. Specialmente quando c'è poi da fare il bene, non solo quando evitare il male, ma voglio far bene, voglio pregare bene, ho bisogno di pregar bene, ho bisogno di far meglio la comunione, ho bisogno di essere più retto nei miei pensieri, nei miei sentimenti interiori, nelle parole che poi vengono fuori, che ci sia la rettitudine. “Quando vuole, quando vuole”. E vuole quando ce n'è bisogno. Ma se vogliamo farci santi, ogni giorno c’è sempre il bisogno, eh!
E poi “dà le sue grazie come vuole”. Le vuole in molte maniere. “Come vuole”: prima illumina la mente, manda un buon pensiero, incarica l'angelo custode di avvertire il pericolo, quando manda l'angelo custode a capire, a illuminarci e lei medesima è la Mater Boni Consilii in tante occasioni. Altre volte, Maria manda un mezzo: tu fai il libro di lettura spirituale, ti ispirerà il libro che fa per te e ti fa leggere proprio quella pagina di cui hai bisogno proprio oggi, oppure nel periodo del lavoro spirituale che stai facendo. È una Mamma delicatissima.
“Come vuole”: ci aiuterà a confessarci bene, ci aiuterà a far bene la comunione, prepararci bene e far bene il ringraziamento; ci aiuterà nello scegliere le amicizie, le compagnie; ci aiuterà indirettamente per mezzo di chi guida la nostra anima, l'obbedienza, quello che è richiesto perché noi passiamo bene la giornata e facciamo bene l'apostolato; e che tu sii ispirato, quella persona ha bisogno di quel libro, tu non sai come è andata, ma gli hai dato proprio a quella persona il libro di cui aveva bisogno per il suo stato di animo! O perché la madre aveva bisogno di cercare un libro proprio per suo figlio: ispirazione.
È delicatissima! Noi non sappiamo quasi, anzi non comprendiamo – qualche cosa sì, ma comprendere del tutto no – tutte le delicatezze, le premure di questa Madre celeste! Ci meraviglieremo, ci meraviglieremo! Perché siamo un po' come i bambini, spiritualmente, sempre, un po' bambinoni siamo. Il bambino ha ricevuto innumerevoli delicatezze dalla mamma, quando è nato, a un anno, a due anni, a cinque anni, a sette anni fino all'uso di ragione: non ha capito la mamma, non ha capito i benefici che ha ricevuto dalla mamma giorno per giorno. Un poco lo si capirà quando si è adulti, ma un poco soltanto. Quando arriveremo in Paradiso noi capiremo che eravamo dei bambini sulla terra e che questa Madre ci ha accompagnati e ha prevenuto lei stessa i pericoli a cui ci avvicinavamo. Ma sappiamo giorno per giorno che cosa fa questa Madre celeste a riguardo dell'anima che è devota di Maria?
“Come vuole”. E poi “nella misura che vuole”. Che misura? Il bambino ha due anni, e gli dà una scodellina piccola la mamma. E quando sarà a 20 anni, gli dà una scodella più grande. Così Maria dà quanto vuole, cioè in proporzione al bisogno. Uno che si consacra a Dio ha più bisogno, perché la sua vita oramai è orientata verso la santità, verso a promuovere in tutto la gloria di Dio, con l'apostolato e con i mezzi che si hanno.
“Quanto vuole”. E quindi chi è consacrato a Dio ne riceve di più, perché ama di più questa Madre; tanto più se c'è stata la consacrazione a Maria. San Luigi Grignon de Montfort la spiega bene. Ma veramente quella consacrazione è per gli aspiranti. E attraverso questa consacrazione a Maria, si arriva alla consacrazione a Gesù, cioè alla Professione: per Mariam ad Iesum sempre.
Quando ero semplice sacerdote, non ancora religioso, allora si predicava ai chierici la consacrazione a Maria: [veniva] preparata la consacrazione a Maria tutto il mese di maggio e poi [si faceva] la consacrazione a Maria al termine di maggio. E ora agli aspiranti [si predica] per la consacrazione più perfetta, che è molto più alta, e cioè la professione: ad Iesum, per Mariam ad Iesum.
Perciò quali conseguenze? Se Maria dà a chi vuole, che vogliamo essere quelli che sono tanto amati da Maria: “a chi vuole”. E che dia quando vuole, cioè al tempo opportuno, in cui c'è più bisogno; e poi nella misura che Maria dà e il modo con cui dà: è delicatissimo il modo. Il bambino rifiuterebbe quella medicina amara, ma, se ci mette un po' di zucchero la mamma, prende la medicina e mentre fa un atto di golosità di bere una cosa dolce, prende la medicina; ha la medicina e guarirà.
Se si dice Maria “Madre”, è proprio Madre: Madre della Chiesa perché è madre di ognuno. È lo schema che verrà trattato nella prossima sessione del Concilio Ecumenico: Madre della Chiesa e cioè Madre di ogni anima. Perché la Chiesa è costituita da anime; siamo noi la Chiesa; non dobbiamo mica guardare a Roma. La Chiesa è dove ci sono dei cristiani che vivono in grazia.
Perciò stimarla Madre e veramente Madre e la più tenera tra le Madri. Le Madri non possono arrivare a mettere i pensieri: Maria può darci le ispirazioni, i pensieri adatti per il momento, ci comunica le ispirazioni in quella meditazione, per risolvere le varie cose, i vari progetti o spirituali o apostolici.
Non abbiamo una fede così viva ancora, non abbiamo ancora. Bisogna che l'abbiamo di più.
E poi sapere che è proporzionata. Perché? Perché se il bambino ha cinque anni, ha un vestitino; e se arriva a dieci anni, ha un vestito più grande; e poi se ha venti anni, un vestito è per un uomo fatto. Così Maria, se lei ha fatto la tunica a Gesù, gliela ha fatta adatta alla sua età.
“Quando vuole”. Alle nozze di Cana c'era proprio il momento; allora [disse]: “Non han più vino”, basta, oh!
Tutto in Maria, tutto per Maria e attraverso Maria a Gesù e per mezzo di Gesù che è l'unica via, ecco il Padre, si arriva al Padre.
La Via: Maria è la Via a Gesù. Gesù è la Via al Padre celeste, la felicità eterna nostra.
Dunque tener presenti quattro espressioni: a chi vuole; quando vuole; come vuole; [nella] misura che vuole. Pregarla che ci dia sempre la misura proporzionata: se si è adulti, l'abito da adulti; e se si è piccoli, se siamo principianti, se siamo deboli... E nel momento in cui vuole: se il bambino ha da mettersi a letto, non ha bisogno delle scarpe, ma ha bisogno di essere coperto; la mamma lo sa bene.
Ah, se conoscessimo il cuore di Maria!
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_ottava dell'Epifania.mp3
durata 26.32

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli

Ottava dell'Epifania



Abbiamo considerato i Pastori che vanno a Betlemme e trovano là il Bambino con la Madre, il Bambino avvolto in panni e posto nel Presepio e lo adorarono e offrirono i loro doni. Poi arrivarono i Magi dall'Oriente, guidati dalla stella, e anch’essi si prostrarono davanti al Bambino lo adorarono e offersero in omaggio i loro doni.
In questi giorni dell'Ottava dell'Epifania si continua a chiedere nell'Oremus, si continua a chiedere questa grazia, che noi che già abbiamo avuto la fede, – cioè abbiamo creduto in Gesù Cristo, Vero Dio e Vero Uomo, il Salvatore del Mondo, il Maestro dell'umanità, – noi allora chiediamo questa grazia di aver avuto la fede, ma anche di arrivare alla contemplazione, cioè alla visione di Dio in Paradiso, quando l'anima nostra, separata dal corpo arriverà alla beata visione: tutti coloro che avran creduto bene e saranno vissuti secondo la fede.
Ecco, insistiamo sopra queste tre virtù: fede speranza e carità; ma specialmente qualche pensiero stamattina sopra la fede.
Come prima cosa bisogna pensare che la fede è credere ciò che non si vede. Ciò che si vede, non si crede per fede, ma si conosce. Perché se c'è stato un fatto sotto i nostri occhi, quello non ci è stato riferito, ma lo abbiamo veduto.
Ora la fede consiste nel credere quello che non si vede. Non vediamo ancora il Paradiso, ma lo crediamo, ecco. Non vediamo nell'Ostia Gesù Dio-Uomo, ma noi lo crediamo, lo crediamo sopra la parola di Gesù Cristo, sopra la Rivelazione e sopra la Chiesa che ce lo insegna.
Si vorrebbe ragionare dappertutto. Certo bisogna studiare, studiare anche che la nostra fede è un atto ragionevole, razionale, cioè in quanto si studia, ma poi si piega la testa, la volontà a credere.
Altro è conoscere, altro è fede.
Uno può essere un professorone di teologia ed aver poca fede, e averne quasi niente, come dice san Francesco di Sales: ecco certe persone che sono di poca istruzione, gente del popolo, che non ha fatto grandi studi e alle volte ha più fede che coloro che hanno fatto i grandi studi.
La fede è un dono di Dio. Infuso questo dono, questa virtù infusa nell'anima nostra al giorno del Battesimo, con la vita della grazia, insieme alle altre due virtù speranza e carità.
Ma questa fede è necessario che poi venga accettata, quando si arriva ad una certa età, cioè quando si arriva all'uso di ragione. L'atto di fede allora è volontario. Prima il bambino possedeva la virtù, ma non la esercitava. Quando invece siano andati al catechismo, oppure ancora prima le nostre mamme, i nostri genitori ci hanno istruito e noi abbiam creduto con la grazia di Dio: quindi prima possedevamo la fede, poi, per la grazia di Dio, l'esercizio della fede.
Oh, allora questa fede è la radice, è la radice di ogni giustificazione e santità. E perciò dalla fede deriverà la speranza e deriverà la carità e poi deriveranno tutte le altre virtù, e deriverà tutta la vita. Cioè chi ha fede profonda vive cristianamente e chi ha una fede quasi smorta, quasi così debole che appena appena forse c’e in fondo un qualche sentimento più o meno, e allora la fede non ha poi influenza nella vita; ma se è profonda ha influenza nella vita.
Credere che noi veniamo da Dio e dobbiam tornare a Dio: “Credo in Dio, creatore del cielo e della terra” e l'ultimo articolo: “et vitam aeternam”, e la vita eterna. Son venuto da Dio e devo andare a Dio: ecco tutto. Da questo momento, dal momento in cui siamo usciti dalle mani di Dio creatrici, dobbiamo poi ritornare a quel Dio. Prima siamo entrati senza meriti, ma dopo, per arrivare alla vita eterna, dobbiamo arrivare con dei meriti. In mezzo c'è il cammino, c'è il cammino.
E allora quale è il cammino? “In Gesù Cristo suo Figliolo, nostro Signore”. E cioè: seguendo il Vangelo; e non solamente volendo vivere il Vangelo, ma vogliamo anche usare, profittare della sua grazia, della Redenzione; Egli che ci ha meritato tutto quello che è necessario per la Vita eterna, cominciano dall'assoluzione del peccato originale, e dall'assoluzione dei peccati attuali. E in Lui la grazia: “Non son venuto a cercare i giusti, ma i peccatori a penitenza”; “Chi crederà sarà salvo e chi non crederà si perderà”.
Occorre pensare che il capire, il conoscere le cose della religione non è ancora virtù. La virtù, quella che salva, è poi il dono, cioè credere intimamente, credere intimamente, e credere perché Dio lo ha rivelato e la Chiesa ce lo propone, e la Chiesa ce lo propone.
Dice san Giovanni della Croce: “Vale più un atto di fede vera che non mille visioni”, uno avesse anche molte apparizioni della Vergine, o di qualche santo o di Gesù stesso. Perché lì lo si vede Dio, la si vede la Vergine. Ma la fede è credere ciò che non si crede. Quindi un atto di fede sincero vale più che mille visioni. Quindi non aspirare a cose che non si avvereranno forse; ma [pensare] che, se anche si avverassero, un atto di fede vale immensamente di più, per l'eternità.
“In Gesù Cristo, suo Figliolo unico”, il quale ha voluto venire a salvare l'umanità per la misericordia del Padre Celeste, mandato. E come ha Redento il mondo? e come ci ha insegnato la via del Cielo? Nato dalla Vergine per opera dello Spirito Santo, il quale compì la sua missione sulla terra, predicò il Vangelo, morì sulla Croce, Resuscitò, salì al Cielo, siede alla destra del Padre.
Ecco, questa è la Via che ha seguito: “Exivi a Patre meo”, “sono uscito dal Padre”, dice Gesù, “veni in mundum”, “son venuto nel mondo; di nuovo lascio il mondo e ritorno al Padre”, “et vado ad Patrem”. Così noi: lo stesso.
Solamente [pensiamo] se noi facciamo la Via che Lui ha tracciato, oppure se facciamo un'altra strada. Perché la strada finalmente ha un termine. E dove immette la strada che noi facciamo? Secondo la strada che prendiamo: o la strada comoda o la strada un po' più difficile, cioè l'abnegazione, moderare le nostre passioni, tenerle a freno, ecc.
“Iterum relinquo mundum et vado ad Patrem”. Può essere che si tardi un po', può essere che la vita sia un po' più lunga; e abbiamo considerato e fatto i suffragi per alcuni sacerdoti nostri, i quali sono passati all'eternità ancora in buona età. Ora ecco, la Via è stata tracciata da Gesù e quella è sicura. Ma quella che conduce alla perdizione? Vivere in Gesù Cristo, cioè seguire i suoi esempi, approfittare della sua grazia, grazia che ha acquistato morendo sulla croce.
E però Gesù non voleva stare perpetuamente sulla terra, ma voleva e doveva tornare al Padre. E ci ha messo la Chiesa. Ci ha messo la Chiesa, la quale è lei che ci guida, ci predica la Verità, ci insegna la Via della salvezza e ci dà i Sacramenti, cioè ci applica la grazia per mezzo del Battesimo, della Penitenza, della Comunione, dei Sacramenti in sostanza, e poi anche dei sacramentali.
La Chiesa cattolica crediamo. Crediamo che nella Chiesa vive lo Spirito Santo, il quale santifica le anime e illumina la Chiesa, la dirige. E allora abbiamo la Chiesa cattolica, la remissione dei peccati, poi alla fine la risurrezione della carne, la vita eterna. Ecco.
Ecco il concetto fondamentale: sono creato da Dio per fare la sua volontà; facendo la sua volontà [avrò] la vita eterna. La [sua] volontà è che seguiamo Gesù Cristo e viviamo secondo la Chiesa: vita in Cristo in Ecclesia. Occorre che pensiamo così, che viviamo secondo il disegno di Dio, secondo l'esempio che ci ha dato Gesù Cristo e con la sua grazia.
Oh, qui sta il fondamento: che abbiamo un'anima da salvare; che quest'anima è uscita dalle mani di Dio e che un giorno renderà conto: “Verrà a giudicare i vivi ed i morti”, i buoni e i cattivi, il Signore, e darà a ciascheduno quello che ciascheduno avrà meritato.
Questo è il punto fondamentale: non sono per rimanere sulla terra o per fare qualche cosa di grande che riempia gli occhi o godersi la vita o salire dei bei posti distinti, no! Bisogna che noi passiamo per quella Via per cui [= che] il Signore ci ha assegnato, ci ha indicato, e in generale la Vita in Cristo e nella Chiesa.
Poi, venendo ai particolari: il Signore ha voluto che noi ci umiliassimo, cioè che siamo guidati. Per aver l'assoluzione ci vuole il sacerdote; anche il Papa deve confessarsi per aver l'assoluzione; tutti dobbiamo fare l'atto di umiltà e lasciarci guidare in particolare. Perché in generale [dobbiamo vivere] in Cristo e nella Chiesa; ma noi non andiamo in generale, non siamo delle idee astratte, siamo persone concrete, dobbiamo lasciarci guidare; persone che ragionano sempre; ma alfine, dopo aver pensato, la decisione è [presa da] il confessore o il direttore spirituale: “Cammina così!”. E “qui vos audit me audit, qui vos spernit me spernit”, “chi vi ascolta sarà salvo e chi non vi ascolta si perde”.
Quante volte già, se si fa un po' di attenzione o almeno se si son letti alcuni discorsi del Papa, specialmente nel primo anno della sua elezione, [egli ha detto]: “La mia vita è stata nell'obbedienza e nella pazienza; ho camminato così: ho fatto sempre ciò che mi dicevano”. Ecco, questa è la Via vera: in Cristo et in Ecclesia, ma non in generale, in particolare, perché siamo persone concrete, determinate.
Quindi, ad esempio, quello che è nella famiglia paolina non è mica venuto per capriccio, è venuto in obbedienza. Ora si possono fare anche tanti sbaglietti, ma in sostanza la via è buona e quindi sappiamo di essere nel volere di Dio.
Allora conservarsi nell'umiltà, nell'umiltà in due maniere: primo: noi dipendiamo da Dio e solo se assecondiamo Dio saremo salvi. Il Signore ha delle volontà su ciascheduno di noi; l'ultima sua volontà sarà: “Euge, serve bone et fidelis”, “Avanti servo buono e fedele, entra nel gaudio del tuo Signore”, l'ultima volontà. Ma se si è fatta prima la volontà di Dio, quella sarebbe l'ultima volontà che facciamo e allora entriamo, “intra in gaudium Domini tui”; ma se uno vive secondo la propria volontà o secondo i propri capricci, o secondo le proprie passioni, che cosa sarà? Ecco, in primo luogo questo.
In secondo luogo questo: non solo essere disposti a fare il volere di Dio, ma pregare, pregare, pregare. Perché non avremmo la forza senza la grazia di Dio, non avremmo il dono della grazia, cioè della vita spirituale, della vita soprannaturale. E ci vuole la vita soprannaturale per entrare in Paradiso.
E poi in terzo luogo, oltre che pregare: ricevere bene i santi sacramenti; preghiera quotidiana, oggi, per vivere bene la giornata di oggi; e così di giorno in giorno camminare nella volontà di Dio.
Perché tanti si disorientano? Perché non hanno il principio fondamentale: “Venuti da Dio, dobbiamo tornare a Dio”. E, volere o non volere, torneremo a Dio per essere giudicati.
Si muore una volta, ma dopo la morte c'è il giudizio particolare “ut referat unusquisque propria corporis sive bonum sive malum”. Perché ognuno si può scapricciare sulla terra, far come vuole, ma finalmente Iddio ci aspetta al momento “ut referat unusquisque propria corporis sive bonum sive malum”, “perché ciascheduno renda conto di quello che avrà fatto, o di bene o di male”. E se siamo stati contro la volontà di Dio, è male; e se siamo stati secondo la volontà di Dio, quell'obbedienza fatta in vita ci assicura l'ultima obbedienza nella sentenza finale, buona, santa, beatificante.
Oh, chiedere quindi aumento di fede, aumento di fede in questi principi fondamentali.
Dopo aver la speranza, viene la carità, perché allora si orienta la vita verso Dio e questa è la carità verso Dio. Orientare la vita al cielo vuol dire che si considera Dio come sommo bene, eterna felicità: ecco la carità, se noi orientiamo la vita per arrivare a quel posto.
Dunque, siccome la Chiesa in questi giorni continua a farci chiedere la grazia di possedere la fede e dopo la fede la visione di Dio, ecco, questi giorni sono adatti per chiedere aumento di fede.
E quindi chi avrà creduto vedrà, chi avrà creduto vedrà. E chi non avrà creduto? Sarà nelle tenebre, tenebre eterne; perché è già allo scuro, qua, delle cose divine, di se stesso: non conoscer noi stessi, per che cosa siamo e cosa dobbiamo fare. Ma chi crede sarà salvo, eternamente salvo.
Preghiamo dunque durante la Messa il Signore che aumenti in noi la fede: “Adauge nobis fidem”, “Che io creda sempre di più”.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_propaganda.mp3
durata 8' 47''

Don Giacomo Alberione - [molto probabilmente: Ariccia aprile 1960: cfr. UPS, IV, 87]

La propaganda



Una parola anche sopra la necessità.
La propaganda costituisce il gran problema dell'apostolo della stampa. Ad essa sono ordinate e la redazione e la tecnica.
L'apostolato del propagandista è come un dispensario: prende dalla Chiesa i tesori e li distribuisce alle anime: “Ci consideri ognuno come servitori di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio” [1 Cor 4, 1].
Dispensario che non limita la sua azione a pochi indigenti, ma l'estende agli uomini a quanti può arrivare. E basta considerare un momento il mondo per comprendere quale sia la necessità di questa distribuzione.
La vera causa è la mancanza di dispensatori; mancano gli apostoli che, fattisi voce di Dio, chiamino le pecorelle all'ovile di Gesù Cristo. A queste pecorelle molte volte si può arrivare con la propaganda e non si può arrivare con altri mezzi.
Mobilitare tutti i mezzi di diffusione e di propaganda.
La mancanza di propaganda a che cosa si può assimilare?
Ottima redazione, ottima tecnica e il libro portato in magazzino: la lucerna è accesa, ma messa sotto il moggio. E allora che cosa abbiamo? Abbiamo lavorato, fatte spese e poi?
Si raggiunge il fine? Il fine si raggiunge quando si raggiungono le anime, si raggiungono i lettori; e, accompagnando il lettore con la preghiera, allora confidiamo che alla luce esterna si aggiunga la luce interna, interiore. “Nemo accendit lucernam et ponit eam sub modio” ma “super candelabrum ut luceat omnibus qui in domo sunt”.
Ecco svuotare i magazzini; non solo, ma allora dare più possibilità allo sviluppo della redazione, allo sviluppo della tecnica. Facciamo il punto qui sopra, perché abbiamo da considerare che la parte della propaganda è difficile. Già se uno volesse fare soltanto un libraio o un commerciante, troverebbe già difficoltà; ma fare l'apostolato della propaganda vuol dire più difficoltà. D'altra parte le condizioni per un buon propagandista sono: “innocens manibus et mundo corde” e zelo.
I tesori della Chiesa sono aperti a tutti, ma bisogna che, se sono aperti a tutti, arrivino.
L'errore capitale di oggi è questo che è stato scritto: che il gran tesoro della verità, che le ricchezze della fede, le ricchezze dei Padri della Chiesa rimangono sepolte, mentre i nemici di Dio e delle anime, applauditi e pagati, seminano la zizzania a piene mani.
Esempio di Gesù Cristo: non aspettò le anime, ma andò a cercarle. E così dice il Maestro: “Andate! andate!”: bisogna muoversi.
Poi la Chiesa insegna in modo pratico e cioè la Chiesa ci incita ad arrivare. La parte che riguarda la stampa è sempre stata usata nei secoli dalla Chiesa; oltre alla parola viva, sempre ci son state le encicliche, le circolari e tutto quello che ci è venuto dalla santa Sede e dai Vescovi.
È necessario un esercito di religiosi e religiose che si consacrino esclusivamente alla diffusione; e che essi si associno dei collaboratori laici o religiosi, suscitati da Dio, che si mettono al servizio della Chiesa e che da essi siano accettati nella mistica vigna: “Andate anche voi nella mia vigna e quello che meritate vi sarà dato”.
Quanto alla propaganda presso di noi: prima è stata più una propaganda capillare, di casa in casa, di individuo in individuo, che ha dei lati molto positivi per il contatto personale. Poi la propaganda collettiva – questo è stato un passo – quando si presenta una collettività o si offre un complesso di libri, periodici, pellicole eccetera. Passare alla propaganda più razionale, in cui il lavoro di diffusione è preceduto dal lavoro intellettuale di organizzazione e cioè dallo studio di quello che c'è da dare, lo studio delle persone a cui si deve dare e lo studio dei mezzi per far arrivare utilmente. Questa presenta i vantaggi della collettiva e ne aggiunge altro.
Oh, allora preghiamo perché si compia questo grande esercizio di carità e vi siano coloro che siano così armati e forniti di virtù da potersi dedicare, e nello stesso tempo che siano molto illuminati e che sappiano organizzare e sappiano prima disporre di tutti, di tutto, perché così si possa risparmiare molti passi e nello stesso tempo si fanno passi più lunghi.
Così per quello che riguarda le persone o anche risparmio di fatica; e nello stesso tempo maggior soddisfazione per le anime maggior frutto.
Preghiamo per i propagandisti per le propagandiste e incoraggiamo sempre e illuminiamo perché questa parte sia compiuta santamente, largamente in carità: distribuzione della verità.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 0000-00-00_pio_x.mp3
durata 16.28

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli?

San Pio X - Papa Giovanni XXIII - Ricordi dei primi giorni della Congregazione -
Devozione a Maria



A san Pio X. La sua festa è il 3 di settembre. San Pio X Papa dal 1903 al 1914, era lui figlio di un semplice operaio, sì, e faceva un po' di servizio presso il Comune come un portinaio.
Aveva due cose principali che lo hanno guidato: prima: la devozione a Maria. Vicino alla casa sua c'era una chiesa dedicata a Maria. Lui era fanciullo vivace, ma quando finiva di giocare o quando stava con gli altri compagni, poi [andava] in chiesa alla Madonna, [a] pregare Maria. E la sua vita egli l'aveva messa sotto la protezione di Maria.
In secondo luogo: l'applicazione allo studio. Andava a scuola; c'era una certa distanza, dopo proprio le primissime classi. Prendeva sopra le spalle le sue scarpe, gli zoccoli, e camminava a piedi. E quando gli han fatto osservazione: “Io ho bisogno di conservare le scarpe, non consumarle. I piedi: la pelle se si guasta ritorna, ma le scarpe costano”. Gli zoccoli erano meglio che le scarpe. Con il libro in mano studiava la lezione, oppure prendeva la corona, recitava il rosario. E va avanti, va avanti, con l'impegno sempre, devozione a Maria, applicazione allo studio, ecco.
Abbiamo avuto un grande Papa. È stata un'eccezione che un Papa sia stato canonizzato soltanto dopo una quarantina d'anni che è morto: Pio IX è un secolo che è morto, ma la sua canonizzazione deve ancora arrivare; e poi altri Papi: Leone XIII che è stato prima, Gregorio XVI, poi altri ma specialmente Pio VII, Pio VI.
Oh, così, il Papa, quante cose ha fatto! Adesso non è facile che le possiate conoscere: come ha combattuto le eresie, e come ha avviato nella chiesa la pratica dei Sacramenti, l'istruzione religiosa. Tanto ha operato che quando era defunto, i Vescovi han fatto subito la sottoscrizione perché si cominciasse subito il Processo di canonizzazione, specialmente i Vescovi della Spagna, a cui aveva fatto del bene, particolarmente.
E quindi il mondo si è stupito che fosse stato eletto Papa, ma poi han capito chi era.
Poi abbiamo avuto un secondo Papa figlio di contadini: Giovanni XXIII. E Pio X era cardinale, Vescovo di Venezia e Giovanni XXIII, prima, cardinale e Vescovo, di nuovo, [di] Venezia. Oh, [era figlio di] contadini, i quali lavoravano i campi, piccole proprietà. E stentava anche a vivere, diciamo, per pagare la pensione in Seminario. E poi dopo vi furono dei benefattori, in sostanza, sia quando faceva gli studi lassù, alla sua Diocesi di Bergamo, e poi specialmente quando le spese erano più forti, venuto a Roma.
Anche lì, il segreto della devozione a Maria e l'applicazione allo studio, l'applicazione allo studio, sì. Occorre ricordare come si applicava: anche in ricreazione, alle volte, anche cercando di prendere qualche minuto di tempo nella levata, al mattino, oppure la sera, prima di addormentarsi. E questo figliolo di contadini – i suoi fratelli vivono ancora e continuano a fare i lavori di campagna come prima – [andava] avanti, avanti sempre nello studio, nell'applicazione; soprattutto devozione a Maria e molta pietà in generale.
E allora la sua vita fu uniformata alla bontà; e aveva detto lui stesso: “La mia vita è stata serena perché io ho sempre avuto questo impegno di essere buono con tutti, bontà con tutti”. Studio.
E anche lui è salito nei più alti gradi della gerarchia ecclesiastica finché arrivò al più alto grado della gerarchia ecclesiastica: Papa Giovanni XXIII. Alcuni pensavano che era, il suo papato, come un papato di transizione, che non avesse grande importanza. Ma ha mosso tutto il mondo, specialmente con la sua bontà e con il Concilio Vaticano II; al quale poi dedicò parte delle sue forze e poi offerse la sua vita per la Chiesa e per il Concilio Vaticano II.
Eh! la pietà e la devozione a Maria! ecco: la devozione a Maria!
La fama di santità di san Pio X era già nota. Nel 20 agosto del 1914 abbiamo benedetto la prima casetta, la prima piccola tipografia, una cosa meno piccola di quella che avete dei dischi ancora, più piccola ancora, e con pochissimi ragazzi. Quando si è benedetta la piccola casa e la piccola tipografia erano quattro; li avevamo scelti bene, ma li conoscevo ben prima e quindi l'han durata: e uno è in Corea, l'altro in Alba, l'altro in Spagna e l'altro ad Ariccia che dirige la Casa degli Esercizi. Ma quale pietà! Li avevo conosciuti particolarmente, prima. E allora, quando uno è ben conosciuto, gli si dà subito il parere: “Tu sei fatto per questo”, ”non sei fatto”. Oppure non sanno orientarsi ancora nella vita, [erano] incerti; ma si erano sempre aperti, aperti nel loro intimo. E come erano docili! E allora insegnavo, facevo scuola; ma alle volte facevo meno di un'ora al giorno. E come sono riusciti! e come sono stati fedeli! e come hanno, poi, lavorato per attirare altre vocazioni! E intanto ci sono quel che ci sono adesso di numero.
Oh, allora è necessario che ci sia bene la devozione a Maria, che ci sia bene l'applicazione. E [in] che cosa? Applicazione nella pietà, per farci sempre più santi, e l'applicazione allo studio e poi all'apostolato, che bisogna avviarsi nello zelo per le anime, nello zelo per le anime, l'apostolato e le prove.
Allora che cosa devo dire? Metter tutto sotto la protezione della Madonna, tutto, sotto la protezione della Madonna. Oh, la protezione della Madonna: il lavoro spirituale per santificarsi; poi il lavoro intellettuale per imparare; il lavoro apostolico, per esercitarsi e vedere se uno poi nella vita resiste alle applicazioni, alle fatiche del ministero, dell'apostolato; e poi c'è la formazione religiosa: tutto sotto la protezione di Maria.
State sicuri che quando vi fate figli di Maria, questa Madre si prende cura di ognuno in particolare. Se è vero che ha tanti figli, Ella si cura di ognuno come se ognuno di questi figli fosse solo. Perché? Eh, perché ha il suo potere in Paradiso: [è] particolare il suo potere, perché è stata destinata, scelta ad essere la tesoriera del Paradiso, cioè la tesoriera e l'amministratrice e l'esecutrice della grazia.
Con Maria tutto è più facile; senza Maria si è come orfani che, se non hanno la madre, è difficile che crescano bene, siano bene allevati. Se non ci fosse la Madre celeste, come si potrebbe assicurare il buon esito?
E poi in secondo luogo l'applicazione, l'applicazione. Vedete, l'applicazione a tutto quel che vien detto, la docilità ad essere guidati, la docilità ad essere guidati. Quando uno comincia a fare da sé, e pensa a suo modo, e non si consegna nelle mani di chi dirige, allora i risultati non sono generalmente molto buoni.
Ecco, quindi devozione a Maria e applicazione, seguendo tutto tutto, anche solo un consiglio, come fare questo o fare quello.
Maria e l'impegno: due punti: Maria e l'impegno di fare. E specialmente mettersi nelle mani di chi ha l'incarico di guidare e formarci. Quando uno ragiona indipendentemente, poi non conchiude; o, anche se conchiudesse, bisogna vedere poi cosa sarà poi nella vita.
Quindi ringraziare il Signore e seguire.
Tutto sub tuum praesidium, tutto sotto la custodia di Maria. E poi, oltre a questo, docilità nelle mani di chi vi guida.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_ssp_giuseppe.mp3
Durata 6.57
(manca l'inizio)

Don Giacomo Alberione - Albano, alle vocazioni adulte

San Giuseppe, la santità interiore



... le persone sempre disposte al volere di Dio. La famiglia religiosa modello di tutte le famiglie religiose, di tutte le anime che si consacrano al servizio di Dio.
Così nella semplicità c'era la perfezione, la perfetta consacrazione al Signore e il perfetto esercizio di povertà, di castità, obbedienza. Così, essi vivevano in unione sempre più stretta con il Signore.
Noi dobbiamo custodire il nostro cuore, tenerlo unito a Dio, vedere momento per momento quello che Egli si aspetta da noi, quello che vuole che facciamo, che diciamo, quello che vuole, il modo stesso di comportarsi.
Ecco, vi sono anime che si prefiggono di imitare Maria nella semplicità, nella modestia, nel lavoro, nella generosità, nella prontezza al volere di Dio. Anime che si prefiggono specialmente di imitare Gesù: Gesù il quale cresceva in sapienza, età e grazia, in quella casa.
Quante anime, poi, hanno seguito gli esempi di San Giuseppe! Vi sono Istituti che sono proprio consacrati alla divozione a San Giuseppe, per esempio le suore Giuseppine in tanti luoghi e i Giuseppini, in tanti luoghi. Ecco. Modelli.
Sovente fare, – come dice Leone XIII, parlando della Famiglia di Nazareth – sovente affacciarsi come si affacciavano gli angeli alla porta, alla finestra di quella casetta, per vedere come si viveva là: in santa carità, in umiltà, in fervore di onore di Dio, in laboriosità e letizia santa.
Gli angeli che venivano a vedere come il Figlio di Dio fatto uomo praticava le virtù, era obbediente; come Giuseppe era sempre docile al volere di Dio; come Maria, che non sapeva dire altro che il suo "Sì", “Fiat mihi secundum verbum tuum”, a tutti i voleri di Dio. Ecco la santità.
Affacciarsi a vedere come si comportavano le tre santissime persone in quella casa e due cose fare: primo ammirare, ammirare le virtù, di quelle tre santissime persone; e secondo pregare, pregare perché possiamo imitarle. Sì.
Particolarmente in questa novena e poi nella festa di San Giuseppe, domandare queste grazie, sì.
Badare all'interno, che l'interno sia puro e santo, che nel cuore ci sia il vero amor di Dio, la vera carità, che togliamo ogni cosa e ogni affetto che ci è troppo umano, che il cuore si indirizzi sempre di più verso il cielo: la santità interiore.
Vi possono essere delle persone che con le loro opere, chiamate da Dio, fanno un po' di rumore nel mondo; e vi sono delle persone che si atteggiano, magari, a una certa dignità e aspettano la stima del mondo, vivono nell'ambizione, ecc., fanno un'impressione all'esterno.
Ma, anche se uno non fa niente di elemosina, può amare il Signore e pregare per i poveri; anche se uno non sa compiere uffici alti e distinti, può fare come Maria, può fare come faceva Gesù, come faceva San Giuseppe: quei lavori umili, di casa, quei lavori che erano propri di quel tempo e propri di quelle persone: Maria che filava, Maria che faceva le faccende della casa.
Immaginarsele, queste tre persone, bene.
E tener presente: guardiamo l'interno, curiamo l'interno, l'unione con Dio: di pensieri, di sentimenti, di volontà; il cuore a Dio; l'anima delicata; e poi aspirazioni ad una perfezione sempre maggiore, ogni giorno.
Ogni bellezza nell'interno. Ora non si vede negli uomini, come non si vedeva in Maria, e tanto meno si notava in Gesù, il quale si comportava come uno degli altri abitanti di quel paese. Ma poi quale ricchezza di meriti e quale umiltà e quale amore di Dio!
Ecco, questo sia il pensiero: abbellire l'anima interiormente; la fede e l'amore al Signore, la docilità ai suoi voleri, l'abbandono nelle mani del Signore, sempre sperando da Lui, sperando da Lui aumento di grazia e di merito.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 0000-00-00_Quaresima e preparazione alla Pasqua (x).mp3
durata 23.34

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli

Quaresima e preparazione alla Pasqua



È sempre bene che ci salutiamo con le parole: “Il Signore sia con voi”, e “con noi”.
Siamo nel periodo della Quaresima e dobbiamo santificarla come preparazione alla grande Settimana Santa e poi la Risurrezione e poi il tempo di preparazione a ricevere i doni dello Spirito Santo nella Pentecoste: è un tempo così santo, così pieno di grazie, questo tempo bisogna che santifichiamo bene questo tempo.
Come Quaresima, voi non avete bisogno del digiuno, no. Ma, perché la Quaresima sia santificata, due pensieri: il primo pensiero: la purificazione nostra; e secondo: la santificazione nostra: due pensieri che possono essere di direzione, sì.
La purificazione. Certamente l'attività che voi svolgete è buona; tuttavia vi sono sempre dei difetti, sì, che abbiamo da togliere: quello che può dispiacere al Signore.
La purificazione: fare le cose bene e farle con retta intenzione, sì.
Purificazione. I nostri pensieri sono tutti sempre buoni? e come sono i sentimenti che sono in noi, son tutti buoni? e poi le parole che noi usiamo, diciamo? e poi quello che è da fare nella giornata, sì.
Purificazione: la Messa sentita bene, partecipata bene, la Comunione, quello che è la meditazione.
La purificazione. Siamo pronti, la mattinata, ad entrare nel servizio di Dio a suo tempo? La giornata comincia così bene nel volere di Dio! Se la giornata [è] cominciata bene, quando comincia bene c'è da sperare che tutta la giornata sia fatta, seguita secondo il volere di Dio. E quello che sono poi gli uffici che in una giornata [sono] da compiere: l'apostolato; poi nelle relazioni vicendevoli tra di noi, tra di voi, il modo di comportarsi; poi, quanto all'apostolato, se c'è la rettitudine di pensiero, di intenzioni; e se noi facciamo le cose bene, sì, fare le cose bene; e poi, la stessa ricreazione, lo stesso tavolo, lo stesso riposo che si riprende la sera: tutto sia fatto rettamente.
E per avere il grande esemplare, [pensare] come era e come ha condotto la vita Gesù a Nazareth: preghiera, ma poi faceva tutto bene e sempre progrediva in santità. Pensarlo: che Gesù al mattino [iniziava] con la sua preghiera e poi [andava] al lavoro di falegnameria, fino a 30 anni. Esultare: egli ha fatto le cose bene, “omnia fecit...”.
Possiamo noi ancora perfezionare ciò che giorno per giorno abbiamo da compiere? Sì, se noi continuiamo a fare bene la confessione, a fare bene l'esame di coscienza per la quaresima; per la quaresima [queste] due [cose] sono quello cioè [che è utile] per la purificazione.
Buone confessioni; e che siamo puntuali ogni settimana. Le confessioni che siano accompagnate da buon dolore.
E poi dalla [pratica] quotidiana, cioè l'esame di coscienza: fare già l'esame di coscienza al mattino, come sentiamo il dovere di fare le cose della giornata; e l'esame di coscienza, dopo, l'esame di coscienza verso il mezzogiorno, e nella Visita, e alla sera.
Per la purificazione dunque durante la Quaresima fissarsi specialmente sopra due punti: buone confessioni, buoni esami di coscienza.
Purificazione. Allora riceveremo l'abbondanza delle grazie nella settimana santa, nella Risurrezione di Gesù e lo Spirito Santo a Pentecoste. Primo punto.

Secondo punto la santificazione. Già si è e avete seguita bene la vita consacrata al Signore, consacrata al Signore. E vi sono però sempre dei bisogni e delle necessità per migliorare la vita nostra, la vita nostra, in questi pensieri della santificazione nostra, la vita nostra, come Gesù ha detto: “Io sono la Via”. Guardare e considerare il Vangelo, come Gesù ha operato nella sua vita privata e nella sua vita pubblica e nella sua vita dolorosa [...]; e esaminiamo la nostra vita se ci vogliamo immedesimare a Gesù. Immedesimarci a Gesù, contemplare almeno frequentemente la vita che Gesù ha condotto e di cui ci ha lasciato l'esempio: “Io sono la Via”. Poi Gesù ha aggiunto: “Io sono la Verità”: la verità, quello che egli ha predicato e insegnato.
A questo punto [è] da consigliarsi specialmente in questo tempo la lettura del Vangelo. Quanti libri ci sono in giro! Ma c'è il Libro, ecco, quello che è il Libro, il gran Libro, il Libro di Dio. E se noi cerchiamo di leggere cose varie, se sono da fare, anche, perché dobbiamo anche insegnare agli altri, ma in primo luogo noi leggiamo e consideriamo e meditiamo e cerchiamo di comprendere tutti gli insegnamenti di Gesù.
Il Vangelo si può leggere ogni anno; si può leggere – si può dire – quotidianamente. Poi abbiamo fatto il Vangelo presi [= unendo] tutti e quattro i Vangeli insieme. E tutti i giorni si può fare una meditazione, ma particolarmente conviene nel tempo di quaresima.
Conoscere sempre meglio Gesù, che cosa ci ha dato, che cosa ci ha detto. Bisogna che le parole non siano considerate soltanto come una lettura comune: qui è quel che dice il Figlio di Dio Incarnato! quello ci ha insegnato!
Tante volte si passa un po' con superficialità, ma bisogna mettersi davanti a Gesù nel Tabernacolo, davanti a Gesù, come se parlasse in questo momento: e sono le parole che Egli ha detto. Quindi approfondire la conoscenza di Gesù, la somma Verità.
Questo è poi il riflesso del gaudio eterno, della visione di Dio, della visione di Dio, a misura che noi abbiamo a approfondire la fede, l'insegnamento di Gesù, sì, come Gesù è stato perfetto nella sua vita. E poi egli ci ha insegnato che noi continuiamo a meditare e ad approfondire i punti del Vangelo, cominciando dal discorso che è durato circa tre capitoli [nel vangelo di] san Matteo. Quindi conoscenza sempre più.
E tanti pensieri e tante notizie e tante cose varie, che alle volte fan perdere solamente il tempo e sprechiamo l'intelligenza? No! Dobbiamo conoscere Dio! Conoscere Dio, conoscere Gesù Cristo!
E allora la visione di Dio è in proporzione che noi abbiamo avuto pensieri santi; perché, se [abbiamo avuto] pensieri vani e inutili, allora bisogna considerare quello che sarà al di là. In maniera che noi santificheremo sempre più la mente e lasciam da parte tutti i pensieri che sono inutili o meno buoni.
E poi quello che deve essere aggiunto: “Io sono la Vita”, la grazia, la vita di grazia: somma la visita. Possiamo alle volte fare un po' di meditazione o di esame alla fine della settimana e [chiederci]: “Questa settimana sono cresciuto in grazia, in santità?”. E poi, andando alla confessione, dobbiamo anche fare allora il nostro mea culpa.
Passano i giorni! E facciamoli rendere questi giorni per l'eternità!
La vita: vivere la messa, vita di grazia, la Comunione, l'Adorazione, sì; in particolare poi la confessione e poi tutte le pratiche di carità, sì. Specialmente in primo luogo viene la grazia dai sacramenti, ma poi da tutte le altre pratiche che sono nell'Istituto, sì.
Noi finora siamo sempre cresciuti in grazia e quindi in santità, che ha preparato e abita in noi? L'abbiam molto? Questi giorni, questi anni che si arricchiscano, gli anni e i giorni, arricchiscano di grazia; e quindi [ci ottengano] il possesso di Dio in cielo, l'amore di Dio eterno, la gloria, gloria in excelsis Deo, sì.

Ecco il tempo, quindi, della Quaresima: [tempo di] purificazione e santificazione, contemplando il crocifisso, leggendo il Vangelo; e portare sopra di noi l'esame che: “Sono stato in progresso? sono stato fermo o in retro?”. Ecco. Anno per anno, sì, che noi aumentiamo le ricchezze spirituali, le ricchezze di meriti!
Allora poi possono essere di buona meditazione in quaresima: come la purificazione, poi la santificazione, ecco.
Così la quaresima si passerà bene; e ci prepari per la Settimana Santa e per il tempo pasquale cominciando dalla Risurrezione di Gesù, fino alla discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli, sino alla Pentecoste.
Arricchirci, dar tanta importanza a questo periodo dell'anno liturgico, grande importanza. Meditarlo il Vangelo, meditare il Messale, la Vita di Gesù, sì, meditare il Vangelo nel complesso. E certe volte si passa un poco superficialmente; ma se noi ci fermiamo e siamo sotto la luce di Dio, quindi ogni volta che lo leggiamo, che lo meditiamo, ci sentiamo più uniti a Gesù Cristo e Gesù Cristo in noi.
Allora i nostri propositi: purificazione e santificazione in questo periodo. Uniamoci tutti assieme per compiere bene e santificare bene la quaresima: purificazione e santificazione.
Adesso, durante la Messa, si possono meditare questi due pensieri, che si possono di nuovo giorno per giorno richiamare alla nostra mente. E concludiamo con l'esame di coscienza alla sera [esaminandoci su] quello che abbiamo fatto di bene, purificandoci, santificandoci.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione dei file: 0000-00-00_Resurrezione di Gesù e nostra.mp3
durata 25.40

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli

Resurrezione di Gesù e nostra



In tutto il tempo pasquale: letizia. E la Chiesa ci fa ripetere tante volte: “Alleluia, alleluia!”. E lodiamo Gesù, ci rallegriamo con Lui che ha trionfato del peccato del mondo, dei suoi nemici, del demonio, e ha aperto agli uomini la porta del cielo e ha glorificato il Padre, perché la sua morte, accettata conformemente al volere del Padre, la sua morte ha portato una gloria infinita alla SS. Trinità, al Padre.
Insieme a Gesù ci rallegriamo con Maria. Quindi sempre in buon spirito e con amore [diciamo]: “Regina coeli laetare, alleluia, quia quem meruisti portare, alleluia, resurrexit sicut dixit, alleluia”, e cioè: “Maria, rallegrati!”. Come sul Calvario “pertransivit gladium”, una spada di dolore trapassò la sua anima, così la gioia della resurrezione inondò tutta la sua anima. Allora Ella magnificava il Signore, come aveva magnificato il Signore là nella casa di Elisabetta e Zaccaria: “Magnificat anima mea Dominum”.
Rallegrarsi con questa Madre, che contempla il suo Figlio glorioso in cielo, alla destra del Padre, glorioso cioè con tutti i segni del corpo glorioso, splendente, impassibile ecc. E così [è] Ella medesima.
Ci rallegriamo anche per questo: perché Ella non subì il disfacimento del suo corpo nel sepolcro, come non subì il suo disfacimento del suo corpo Gesù; ma ebbe tanto tempo da stare nel sepolcro da provare che era veramente morto. E poi nelle sue apparizioni, durante il tempo pasquale, apparizioni specialmente gli apostoli, poi, in ultimo, a un numero di circa 500 persone, ecco, provò che era risorto davvero.
E così Maria partecipò ai dolori del Figlio e partecipò quindi alla sorte del Figlio e cioè Risurrezione, in questo senso: che ella, finito il terreno pellegrinaggio, fu assunta in anima e corpo al cielo.
In cielo vi son due corpi, quello di Gesù e quello di Maria. E in cielo siam chiamati là, siamo chiamati là! E verrà il giorno del giudizio, il giorno del “credo la resurrezione della carne”. “Credo la risurrezione della carne”, sì: e quell'eretico che voleva negarlo, voleva negare la resurrezione della carne, infine, pentito, prima di morire si toccava le mani dicendo: “Resusciterò con questo mio corpo”.
Noi domandiamo però questo: abbiamo bisogno di purificare il corpo, perché sia degno poi, come fu il corpo di Maria a somiglianza di Maria, glorificato. Tutti i sensi avranno il loro premio, tutte le parti del corpo avranno il loro premio. Risorgeremo con questo nostro corpo, sostanzialmente. E non perdiamoci in obiezioni e discussioni, ma con semplicità di figli [diciamo]: “Credo la resurrezione della carne”.
Oggi si chiude la settimana dell'ottava e si ricordano i bambini battezzati al sabato santo, come si usava battezzare allora i catecumeni; e lo fanno nelle missioni.
Al Concilio si è parlato molto di questo, del Catecumenato e dell'ammissione al Battesimo, quando sono preparati a ricevere il Battesimo. Molti hanno l'istruzione e magari una parte chiede il Battesimo; non sempre viene concesso, perché bisogna purificare la vita, e cioè dar segno di saper poi vivere la vita cristiana; perché aggiungerebbero un peccato – e sì un peccato almeno più grave – perché prima si esige che uno viva secondo il costume secondo le esigenze del Vangelo.
Ecco, purificare il corpo. Ho sempre notato questo: quando ci sono dei malati seri e che soffrono – chi soffre in una parte del corpo, chi soffre in altra parte – ho sempre notato che ricordare: “Ma il tuo corpo si va disfacendo, sì, ma risorgerà glorioso; e questa parte del corpo che soffre, un giorno avrà il suo premio, cioè avrà la sua glorificazione, le quattro doti del corpo glorioso”, ecco.
Ma chi profana il corpo come risorgerà? Ora a noi fa anche ribrezzo che uno poi alla fine si trovi come si è trovato il ricco epulone, che negava le briciole che cadevano dalla sua mensa, le negava al povero Lazzaro affamato e malato. “Crucior in hac flamma”. E colui che non aveva dato le briciole che cadevano dalla sua mensa a Lazzaro, poi chiedeva che Abramo mandasse Lazzaro a prendere una goccia intingendo il suo dito nell'acqua, e versasse una goccia sopra le sue labbra: “Crucior in hac flamma”, “brucio”. Che ribrezzo pensare che si finisca là!
Dopo che han soddisfatto tutti i loro sensi: e gli occhi e l'udito e la lingua e l'odorato e il tatto e i sensi interni, fantasia, ecc., [sono] infelici! Bisogna che piangiamo su tanta gente stolta! Che cosa si prepara per l'eternità? Sentirsi commossi e pregare per tutti, per la conversione di tutti. E vivere bene, vivere bene! Cristiani che vivono poco bene, eppure recitano il credo e il penultimo articolo pure, nel credo, lo ricordano: “Credo la resurrezione della carne”.
Ora la grande purificazione. Maria è Immacolata nel suo spirito, nel suo corpo immacolata; quindi [il suo corpo è] glorificato prima di tutti noi, glorificato lassù in Paradiso.
Oh, noi abbiamo da fare un certo esame sopra la santificazione del corpo.
Il corpo. L'anima e il corpo fanno il viaggio assieme verso l'eternità. Ma il corpo ha delle voglie che sono contro lo spirito contro l'anima; mentre che l'anima, quando è retta, quando c'è fede, ha delle altre aspirazioni; come se fossero in noi due leggi. E perché? Perché Adamo, l'uomo si è messo in discordia con Dio, cioè distaccato da Dio, e allora seguì la lotta tra l'anima e il corpo. Quindi le voglie che ha il corpo: santificarlo questo corpo!
L'anima deve essere non solamente come è, perché è ragionevole, ma perché ragioni secondo lo spirito e il principio di fede: “Cosa ti giova godere un momento e poi bruciare tutta l'eternità?”; “ignis non estinguitur”, “quel fuoco non brucerà, cioè non cesserà di bruciare”. Quale pena! Occorre allora che noi regoliamo, ragionevolmente e secondo la fede, regoliamo il corpo.
Ecco il corpo ha bisogno del cibo, ha bisogno del riposo e poi deve essere o fare le opere di Dio, le opere buone, la vita buona. Perché noi prendiamo il cibo e prendiamo il riposo, il sollievo giusto e dare al corpo quello che va regolato giustamente, ma per mantenerci in vita, servir Dio, mantenerci nel servizio di Dio e mantenerci nell'apostolato, data la nostra posizione di anime consacrate a Dio e di anime consacrate all'apostolato.
Quindi dare giustamente al corpo quelle che sono le esigenze naturali, e questo è secondo Dio. Ma poi il corpo bisogna tenerlo a freno, quando chiede cose che son contro lo spirito, o contro la ragione, contro la luce che l'anima ha da Dio, contro la fede quindi, se veramente c'è fede, c'è fede nell'anima.
Lo studiamo bene il nostro corpo e sappiamo con lo spirito dominare il corpo e le sue tendenze? Sappiamo regolare i nostri sensi esterni e poi i nostri sensi interni? Il cuore, la sentimentalità procede dal nostro intimo: a che cosa si aspira, che cosa vuole, che cosa vogliamo? Come sappiamo dominare il cuore? E con il nome di sentimentalità intendiamo tutto quel che può desiderare il nostro essere, il nostro corpo e tutto quello che può desiderare di male il nostro corpo, tutto il bene, tutto il male: orientare a dominarlo.
L'esame quindi va fatto parlando così con maggior chiarezza e pratica: vediamo un po' se noi lo assoggettiamo bene il corpo al lavoro, alla fatica. Quel comando che Dio ha dato: già aveva creato Adamo “ut operaretur”, perché lavorasse, ma poi, quando Adamo peccò, allora più ancora per un'altra ragione ancora, gli ordinò di lavorare e di guadagnarsi il pane con il sudore della fronte: è la legge del lavoro. E sappiamo bene che negli Atti Pontifici si insiste perché religiosi e religiose operino. Occorre che noi seguiamo questa legge fondamentale. Poiché il corpo è fatto così che se viene adoperato nel bene, ecco si stanca e allora diviene più debole, meno ribelle allo spirito; ma invece quando è soddisfatto e satollato, allora ecco che riprende forza e si vorrebbe imporre all'anima.
E allora, sì, vi è la gola da regolare: qualche volta la cosa piace e qualche volta non piace; ma noi mangiamo in ordine a mantenere il corpo nel servizio di Dio. E anche il riposo [è] per mantenerci al servizio di Dio e nell'apostolato.
Poi abbiamo da regolare gli occhi, questi occhi che possono servire immensamente all'anima; e d'altra parte si comprende bene che gli occhi possono essere dominati da curiosità e quindi vedere, cercare, leggere, guardare ciò che non va. Dominare gli occhi! e così dominare gli altri sensi! e gli occhi adoperarli per leggere la Bibbia, ad esempio. E, voglio dire, per gli usi quotidiani dobbiamo vedere. Che dono grande è stata la vista di Dio a noi! Quando uno nasce cieco o diviene cieco, quanta pena fa! Ricordiamoci della luce degli occhi, dono di Dio. E non adoperarlo contro Dio, l'occhio.
Così parlare del gusto e così parlare della lingua. La lingua per il bene: abbiamo bisogno di usarla nelle relazioni sociali, abbiamo bisogno di comunicarci i pensieri, abbiamo bisogno di cantare le lodi di Dio, e di dire le preghiere e di trattar bene le persone e tenere discorsi buoni. Perché la lingua può mancare tanto contro la carità, e può venire usata tanto per la carità.
La lingua, la lingua! Il Papa, in una predica a noi sacerdoti aveva detto tutto ciò che c'è nell'Epistola di san Giacomo, circa la lingua, l'uso della lingua, i pericoli che porta la lingua, tendenza di dire: si può mancare contro la fede e contro la speranza, contro la carità e contro l'umiltà, si può mancare contro la temperanza e contro la giustizia e contro la fortezza e contro la temperanza e contro le altre virtù; e si può invece praticare con la lingua tanto le virtù teologali come le virtù cardinali e specialmente la virtù della religione.
E il senso poi, tutto il senso. Che grazia è conservare la purezza! Che grazia la verginità! Oh, come si prepara il gaudio al corpo per l'eternità!
Il tatto e l'udito. Il tatto è il senso più diffuso nel corpo; quindi abbraccia un po' tutto, ecco. E l'udito, l'udito per altra via, ma pressappoco nella stessa maniera, in fondo può servirci come l'occhio, che è un gran bene e può essere anche un grosso pericolo. E noi stiamo vigilanti!
“Ma non ci fa male, non siam più bambini!”. Sì che siamo sempre bambini! “Nisi efficiamini sicut parvuli isti, non intrabitis in regnum coelorum” dice Gesù agli Apostoli: “Se non rassomiglierete a questo bambino, non vi sarà posto per voi nel regno dei cieli”. Semplici! Semplici vuol dire guardar Dio solo, quello che vuole e quello che non vuole: la semplicità.
Adesso propositi. E preghiamo la grazia di santificare il nostro corpo da Dio, sì. Questo va fatto anche non solo nell'esame, ma anche va riflettuto durante la Visita al SS. Sacramento e particolarmente quando la nostra lingua ha il contatto diretto con il corpo di Gesù Cristo.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_Prima e seconda venuta di Gesù.mp3
durata 25.48

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli - [01 dicembre 1963 ?]

Avvento: prima e seconda venuta di Gesù



Oggi inizio del mese, l'ultimo mese dell'anno e vi auguro che sia lieto e santo come conclusione del bene che si è fatto nel corso degli altri 11 mesi e nello stesso tempo oggi incomincia l'Avvento.
Avvento che vuol dire? La venuta di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si è incarnato, è venuto a redimere l'umanità dal peccato.
Prepararsi al Santo Natale, alle feste natalizie, perché nel Natale noi salutiamo il Bambino Figlio di Dio incarnato. Egli che si è fatto Uomo è venuto ad abitare con gli uomini e a portare la sua Sapienza, la sua dottrina e a redimere per mezzo della sua Passione, redimere l'uomo dal peccato, dal peccato originale e così scontò anche tutti i peccati commessi o che si commetteranno dall'umanità.
Ecco sono due le venute, cioè due Avventi, due: il primo Avvento è stato al Natale, quando è venuto a redimerci, e secondo Avvento sarà alla fine del mondo, quando verrà a giudicare tutti gli uomini.
Nel primo Avvento Egli ci porta la salvezza; nel secondo Avvento viene a constatare o far risultare davanti all'umanità intera chi ha seguito il messaggio della salvezza e chi non l'ha accettato, e giudicherà e darà a ciascheduno quello che ciascheduno ha meritato.
Quindi la domenica presente invoca la venuta dello Spirito Santo, e nello stesso tempo ricorda, invoca la venuta dello Spirito Santo e la grazia di Gesù Cristo, l'avvento [di] Gesù nel Presepio e poi la seconda venuta che sarà alla fine del mondo, come risulta dal Vangelo.
L'Epistola ricorda il primo Avvento, il Vangelo il secondo Avvento.
Ecco tutti gli uomini saranno radunati per il giudizio universale e avverrà la separazione tra quelli che hanno accettato il messaggio della salvezza e si sono salvati, alla destra, e quelli che invece non hanno accettato il messaggio della salvezza, alla sinistra.
Tutti gli uomini conosceranno quello che altri uomini han fatto e quel che non hanno fatto. Si sveleranno e saranno svelati le intimità del cuore, della vita, affinché risulti che il Signore premia tutto il bene e castiga tutto il male, quando si ostina l'anima e non ottiene allora il perdono mediante la confessione e mediante la conversione.
La vita religiosa porta alla santificazione di ognuno, la vita religiosa è un servizio, un amore più intimo a Dio, servizio più perfetto, amore a Dio più perfetto. E, se si osserva la vita di consacrazione al Signore, giorno per giorno si accumulano i meriti, anche quando noi non riflettiamo molto, ma intanto si acquistano le ricchezze eterne, le ricchezze eterne che sono: la santità su questa terra e la gloria in cielo.
Quando poi alla vita religiosa si aggiunge l'apostolato, ecco, al giorno del giudizio risulterà anche il bene fatto agli altri. La vita religiosa prova che vogliamo fare l'amore perfetto, esercitare l'amore perfetto verso Dio e l'apostolato è la prova che si ama il prossimo. E dalla vita continuata di amore e di carità verso il prossimo [ci faremo] un cumulo di meriti.
Ieri sera il Santo Padre ha parlato ai Superiori degli Istituti Religiosi e ha ricordato che il religioso acquista personalmente le ricchezze di Dio, cioè le ricchezze che Gesù Cristo ci ha portato dal cielo: l'aumento della grazia, della santità, l'amore a Dio più perfetto: Ma ha ricordato insieme le parole di san Tommaso d'Aquino, quando San Tommaso dice che se uno vive bene la vita religiosa e, poi aggiunge l'apostolato, le opere che aiutano la salvezza delle anime, allora il merito aumenta in modo meraviglioso. Perché abbracciando la vita religiosa come è la nostra, notte e giorno noi siam religiosi, e quindi siamo sempre su un piano di maggior santificazione che non anche i semplici cristiani quando sono buoni.
La vita religiosa è sopra un piano superiore e tutto ciò che si fa, anche lo stesso riposo, tutto guadagna un merito maggiore. Perché l'albero produce i suoi frutti; e siccome non si è solamente cristiani, ma si è religiosi, si producono i frutti del religioso, notte e giorno, – quando la si ama la vita religiosa e c'è l'osservanza – ma inoltre se si abbraccia anche l'apostolato, allora in continuità, anche nello stesso riposo e nel prendere il cibo. Perché nel lavoro apostolico si esercita l'amore di Dio, come religiosi, e si esercita la carità verso il prossimo; e quale carità!
Parlando di noi, parlando di voi: al giudizio di Dio non si svelerà solamente la vita religiosa osservata: adesso gli altri ancora dormono, ma voi siete qui davanti a Dio, per assistere alla Messa, accostarvi ai santi sacramenti: la vita religiosa che porta alla santificazione quotidiana: in continuità, ogni minuto siamo religiosi anche se non ci riflettiamo.
Ma se poi si ha questa grazia di esercitare un apostolato, allora ecco l'aumento dei meriti, un aumento meraviglioso, meraviglioso, anche se noi non l'abbiamo mai considerato ancora abbastanza. E perché? Non c'è soltanto il momento in cui fai la spedizione e mandi la Parola di Dio a casa, no; e neppure il momento in cui dai il libro, soltanto quando si è in libreria o si fanno le altre parti per compiere l'apostolato, fosse anche la contabilità, e le fatiche che ci sono. Ma anche se uno prende il cibo o prende il riposo, è ordinato all'apostolato, cioè per riposare e mantenere le forze per mantenerci nel servizio di Dio e mantenerci nell'Apostolato. Quindi tutto quello che noi facciamo anche per servizio del corpo, riposo e cibo, e sollievo onesto, è ordinato ad acquistare, riacquistare le forze per le anime, per l'apostolato.
Quindi è un raccogliere con due mani meriti per la vita eterna: la prima mano come vita religiosa osservata; la seconda mano come vita di apostolato, con l'altra mano. E in continuità. Che letizia dobbiamo sempre avere nell'intimo del nostro cuore!
Io mi sono messo nella via della carità perfetta perché i voti sono ordinati all'esercizio e all'acquisto della carità perfetta verso Dio; e poi la consacrazione all'apostolato per consumare tutte le nostre energie per il prossimo, per le anime.
Altri possono dare il pane o qualche soldo in elemosina; ma qui si tratta di dare il pane. Quale pane? [il pane] dell'anima.
“I piccoli domandano il pane e non c'è chi ne dia”: quello riguarda il pane materiale; ma il paragone è in ordine e spiega il pane che si dà per l'anima, il sostentamento dell'anima, perché viva e si salvi, viva e si salvi l'anima. [Noi diamo] non solamente il pane quotidiano materiale, ma anche il pane spirituale e il pane dell'intelletto. Poiché il Signore ci ha dato due alimenti – dice l'Imitazione di Cristo –: uno è l'Eucarestia, il Pane Eucaristico e l'altro è il pane dell'intelligenza e cioè il Vangelo.
Ora al giorno del giudizio non si manifesteranno solamente i meriti individuali, come religiosi, ma i meriti dell'apostolato. Tutte le anime a cui portate un po' di bene, fosse anche solo un'immagine che risvegli un pensiero buono, si manifesterà e ci sarà la gloria, e la riconoscenza delle anime che sono state aiutate da voi, da noi.
Adesso giorno per giorno passa, cioè non pensiamo più a ciò che è stato l'anno scorso, e qualche volta neppure quel che è stato ieri; ma tutto è scritto nel Libro della Vita, e tutto sarà ricordato e vi sarà la riconoscenza di tutte le anime a cui portate in qualche maniera un po' di luce, un po' di bene.
Oh, per questo la Libreria è un Tempio, è una distribuzione di vita spirituale, cioè del pane intellettuale e del pane spirituale; e così tutto quel che si compie in casa.
Oh, allora quanto sarà grande il premio per ognuno! E mettere un poco anche un certo confronto: e quelli che fanno il male in sé, per se stessi e che scandalizzano? Tutto il male sarà rivelato: scandalizzano scrivendo delle cosacce, diffondendo delle cosacce e cattivi esempi che danno con le opere, con la vita; persone che non hanno compiuto bene i loro doveri di carità, supponiamo i genitori che non educano bene i figli. Tutta la responsabilità ci sarà e risulterà: “oportet nos manifestari”, saremo tutti avanti al mondo intero, quello che abbiam fatto di bene e quello che risulta di male. Vi sono i peccati individuali e i peccati sociali; e vi sono i meriti individuali e i meriti sociali.
Quindi il Papa conchiudeva: “Coraggio!” – erano circa duecento Superiori. – “Esortate al fervore della vita e all'osservanza della vita religiosa e nello stesso tempo aggiungete l'altra serie di meriti, l'apostolato”. Specialmente in questi tempi occorre che ai sacerdoti, in generale all'opera dei Vescovi, dei Parroci, è necessario che si aggiunga tutta l'attività che è possibile da parte dei religiosi e delle religiose: la Chiesa conta tanto oggi. E c'è questo: la statistica dice che l'aumento dei religiosi, o vita comune o nella vita del religioso secolare, l'aumento ogni anno è del 3% in più di quello che avviene rispetto ai sacerdoti diocesani.
Ringraziare il Signore che ci ha comunicate queste ricchezze: la vita religiosa e la vita apostolica.
Perciò niente rimane occulto: vi è un occhio, che è l'occhio di Dio, che tutto vede; vi è una mano, la mano di Dio, che tutto annota; e vi è un udito che tutto sente: occhio, udito, orecchio di Dio e tutto è ricordato nel gran giorno.
Coraggio quindi!
E se c'è stata qualche imperfezione nell'anno, facciamo un po' di penitenza, in questo mese, che è l'ultimo dell'anno, per conchiudere bene l'anno, [perché sia] lietamente e santamente chiuso. E così cancellare tutte le imperfezioni che ci sono state. E rimane solamente il bene: quello non cade, non cade. Anche se si è fatta una bella casa, può essere bruciata da un incendio; ma il bene non cade, non viene dimenticato, rimane.
Dio è fedele e ha promesso il premio a tutti quelli che sono fedeli. Occorre la nostra fedeltà alle promesse, agli impegni presi; e Dio, la sua parte, è fedele: “Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo, possederete la vita eterna”. Dio è fedelissimo; le sue promesse saranno veramente mantenute del tutto.
Quindi lieti e coraggio! E non stanchiamoci mai di fare il bene, perché quel bene rimane e lo godremo in eterno. Se quel bene si è fatto in un minuto, per esempio una preghiera ben detta, o un atto di bontà verso i fratelli, passa in un minuto anzi meno di un minuto, e intanto il premio dura un'eternità.
Sia lodato Gesù Cristo.

Trascrizione del file: 0000-00-00_ssp_fede.mp3
durata 22'53''

Predica ai discepoli

La fede - le vocazioni adulte



La fede su questo punto in particolare: siamo venuti da Dio, usciti dalle mani di Dio, e siamo venuti sulla terra a compiere quello che egli, il Signore, vuole secondo la chiamata e poi lasciamo il mondo e torniamo a Dio a rendere conto di quello che sia stato fatto sopra questa terra.
La vita presente è preparazione all'eternità. Quelli che sono illuminati da Dio, devono assicurarsi la salvezza e l'eternità felice. Gli uomini che hanno poca fede, allora sono guadagnati più dalle cose della terra, dal mondo e più attratti a soddisfare le passioni; oh, e allora si abbandonano a una vita non buona, la quale non prepara all'eternità. Ma quando si ha una fede più profonda allora: primo assicurare la felicità eterna; e secondo: una felicità massima. Perché ognuno avrà il premio secondo le opere.
La semente, secondo la parabola del vangelo, parte cadde sulla strada e parte cadde in terreno ghiaioso e in parte cadde fra le spine e le erbacce; e questa semente non produsse frutto; ma vi è una parte che è caduta in terreno buono e produsse. La chiamata di Dio è la semente che il Signore mette nelle anime, specialmente nei cuori giovanili. Ma quanta semente va perduta! Ma vi è la semente che cade in terreno buono e allora un grano ne produce 30, un altro 60, un altro il 100 per uno.
Oh, ecco coloro che cercano la massima felicità, il più grande premio: assicurarsi la salvezza e assicurarsi il maggior frutto, cioè la massima gioia e la massima felicità in cielo: ecco le vocazioni che corrispondono. E tuttavia anche tra le vocazioni che corrispondono, vi sono quelle che danno il 30, altri che danno il 60 e altri che danno il 100 per uno.
Quando vi è la fede, il giovane si entusiasma, perché, se c'è l'innocenza nell'anima, se c'è lo spirito di fede, allora la Parola di Dio penetra nel cuore. Se però vi è già nel cuore lo spirito mondano o lo spirito carnale, allora non si capisce la chiamata di Dio. Ma quando c'è l'innocenza, quando c'è lo spirito di preghiera e c'è la fede, allora [ci sarà] la corrispondenza piena, nonostante le difficoltà che si incontrano.
Ora in modo particolare abbiamo da pensare alle vocazioni adulte, coloro cioè che già l'hanno scelta con convinzione piena, con la luce piena di Dio, sì.
Nell'età tra i 18 e i 25 anni si incontrano giovani i quali, guardando avanti nella vita e volendo assicurarsi il premio eterno, fanno il paragone già tra quel che può dare il mondo e quello che invece darà, vuol dare il Signore.
Allora la risultante, la percentuale delle riuscite è più alta, molto più alta, perché già si è fatta una convinzione, si è già guidati da una luce superiore. Oh, allora si è scelta la parte migliore: “optimam partem elegit”. Gli apostoli sono stati tutti chiamati già in un'età in cui potevano capire o almeno potevano essere assicurati, penetrati dalla grazia di Dio. E così oltre che gli apostoli, il Signore chiamò altri: parla il vangelo di oggi di 72 discepoli.
Oh, allora, la vita di consacrazione al Signore, la quale produce: è una vita che produca il 60 e il 100 per uno. Però quando si parla del religioso della Famiglia paolina è un'altra cosa molto distinta. Perché coloro che seguivano san Benedetto erano destinati a lavorare tanto: lavoro manuale. E quanti religiosi adesso che fanno lavori, per esempio liquori, cioccolato o cose simili. Ma per il paolino discepolo è un lavoro di predicazione, è un'unione stretta col sacerdote, perché si fa insieme lo stesso apostolato, l'apostolato delle edizioni, che significa: “opus fac evangelistae”, “sii tu un buon predicatore del vangelo”, “sii un buon predicatore del vangelo”, secondo che san Paolo ammoniva il suo discepolo. Perché nell'apostolato c'è la parte di redazione e c'è la parte di tecnica e c'è la parte di diffusione. Ora tutti insieme si fa l'apostolato. E quindi dall'istituto viene fuori quello che insieme è fatto e poi viene portato – per mezzo della diffusione – viene portato alle anime e viene poi distribuito alle anime.
Perché fin che c'è la stampa e la brossura e la redazione, si accende la lucerna. Ma la lucerna non deve essere messa sotto il moggio, bisogna che sia posta sul candelabro, perché dia luce, dia luce a tutti quelli che son nella casa, nel nostro caso vuol dire nella Chiesa e nel mondo.
Quanto è prezioso questo! Compierlo questo apostolato!
Il Signore Gesù ha dato il messaggio della salvezza agli uomini nella rivelazione. Questo messaggio comprende la dottrina, la morale e il culto. Ora, come viene comunicato agli uomini? Il Figlio di Dio incarnato è passato e ha predicato. Ma adesso per arrivare agli uomini di oggi e a tutti gli uomini che vivono sopra la terra, [è possibile operare] in due maniere: e cioè con la predicazione viva, che aspetta specialmente ai sacerdoti ma anche ai laici. E quante cose anche i laici hanno scritto e quante conferenze hanno fatto, quanti catechismi han tenuto, eccetera. Ma poi il messaggio della salvezza è stato scritto: ecco i 72 libri della Bibbia, in modo particolare i 27 libri del Nuovo Testamento: il messaggio della salvezza. Ora dunque sono come due canali per cui arriva il messaggio della salvezza agli uomini: uno con la parola viva del predicatore e l'altro canale con i mezzi tecnici, che sono la stampa, il cinema, la radio, la televisione, dischi, eccetera: i mezzi tecnici.
Cosicché si hanno due missioni: una la predicazione a viva voce e l'altra con i mezzi tecnici. E questi oggi sono i mezzi da cui più largamente arriva la Parola di Dio. E cioè: vi saranno, ad esempio, molti alle prediche domenicali; se però si diffondono un milione di vangeli, un milione di copie di Bibbia, ecco: a quante anime si arriva! E poi il libro che è in casa e messo in posto di onore, come diceva il Papa, che venga letto e dia la luce per l'eternità, sì.
Oh, ecco: apostolato larghissimo, quando ci sono milioni e milioni di copie che arrivano alle singole anime, alle varie anime.
Quindi l'apostolato larghissimo. Il quale apostolato può ampliarsi sempre di più. Quindi ecco i due frutti: la vita di santificazione, ricca di grazia e di consolazione, la vita religiosa; e secondo: la predicazione della Parola di Dio con i mezzi che il Signore mette a disposizione e che il progresso ha potuto conoscere ed attuare.
Oh, allora, le vocazioni.
Ora le vocazioni adulte avere presenti e di mira! Primo: con la preghiera, con la preghiera quotidiana: “Mandate buoni operai nella vostra messe”. Secondo: la vita religiosa ben osservata: e quella è una preghiera di opere, una preghiera la quale ha un valore superiore che non la preghiera soltanto vocale. Terzo poi: tutti cooperare alle vocazioni adulte. sì.
Vi sono infatti molti giovani che guardando nella vita futura, hanno quel senso quell'intuizione perché capiscono che quel che può fare il mondo è tutto passeggero, tutto ciò che può dare il mondo è tutto passeggero, ma quel che vale è l'eterna felicità, la sicurezza del cielo: “Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo di grazia quaggiù e possederete la vita eterna”.
Quindi la preghiera rivolta a questo! la collaborazione! Tutti avete delle relazioni in qualche maniera, non solamente perché qualche volta si è a contatto col mondo, ma si hanno relazioni varie e ci può essere una propaganda diretta o una propaganda indiretta, particolarmente per mezzo delle pellicole vocazionarie, per mezzo della stampa, eccetera, sì.
Oh, allora sentire il bisogno delle vocazioni, sentire che questa è la massima carità che potete fare: illuminare la gioventù, illuminare coloro che stanno nella scelta della vita, sì, ottenere questa grazia ed operare in quello che si può.
Ora occorre che tra di voi, tra tutti i discepoli, specialmente adesso in Italia, mirare alle vocazioni del discepolo, vocazioni adulte.
E poi, dopo il reclutamento, che cosa occorre? Dopo il reclutamento occorre la formazione, e questo è impegno importante e duraturo: si deve impegnare molto tempo, anni, per la formazione.
Perché poi sempre ci son le tentazioni. D'altra parte la vostra vita ha una certa elevatezza: richiede una fede più profonda, richiede maggior luce spirituale, richiede maggiore generosità. Quindi i mezzi di formazione: la preghiera, il buon esempio e la luce in quello che si può dare. La formazione quindi è quella di anni, fino a che siano arrivate alla professione perpetua e anche nei primi anni, generalmente, dopo la professione. Del resto poi il diavolo tenta a tutte le ore.
Tante vocazioni sono quelle chiamate alla prima ora, poi alla terza, alla sesta, anche all'undecima. Oh, coloro che ho veduto a fare la professione negli Stati Uniti, [erano] tutti superiori ai diciotto anni, superiori ai diciotto anni per entrare nel noviziato: generalmente sui 20-22-24 anni.
Ecco quello che deve essere oggi l'impegno. Chiedere questa grazia, particolarmente per l'intercessione di san Giuseppe, san Giuseppe il quale è stato il collaboratore di Maria, il suo collaboratore più intimo, a Gesù, nel preparare il Messia, preparare il Messia nel senso del suo ministero pubblico, sì. Oh, egli fu il nutrizio, il padre putativo.
Dunque collaborazione quindi intima, molto intima tra discepolo e sacerdote.
Oggi in modo particolare la nostra preghiera [sia] per questo e anche la riflessione. E fare l'adorazione con questa intenzione, sì. E eccitare l'entusiasmo per questo.
Oh, si sta facendo un lavoro per far conoscere la vocazione alla vita religiosa del discepolo. Ma questo dipende più poi, quanto all'esito, dalla preghiera e dall'azione viva, pratica.
La comunione, la visita e tutto quel che si farà nella giornata per le vocazioni adulte e poi pregare sempre ma specialmente in questo anno che dedichiamo alla ricerca delle vocazioni adulte e alla formazione di esse.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 0000-00-00_ssp_carita.mp3
durata 5'36''

La carità, l'umiltà



«...portabili e ne caricano le spalle della gente, ma essi non li voglion neppur toccare con un dito. Fanno poi tutto per esser visti: perciò portano lunghe le filatterie, più lunghe le frange e amano i primi posti nei conviti, i saluti nelle piazze [...] maestri; voi siete tutti fratelli. Né chiamate alcuno “padre” sulla terra, perché un solo è il vostro Padre, quello che è nei cieli. Né vi fate chiamar “guide”, perché l'unica vostra guida è il Cristo. Chi è il maggiore tra di voi sarà il vostro ministro. Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato».
Quindi qui viene da imparare che prima di dire agli altri bisogna fare; prima di giudicare, condannare e criticare, esaminar noi stessi.
E se si tratta di cose più umilianti, più pesanti e più difficili, prenderle piuttosto noi che non caricarle sulle spalle degli altri.

Nell'epistola, poi, c'è un fatto che ci insegna come la carità vien premiata da Dio, anche alle volte sulla terra.
«In quei giorni la parola del Signore fu indirizzata ad Elia, profeta, tesbite, con queste parole» – c'era allora una grande siccità per cui la terra produceva più niente, siccità da anni. – «Il Signore disse dunque a Elia: “Levati e va' a Sarepta di Sidone – una piccola città – ove dimorerai e dove ho ordinato a una vedova di nutrirti”. Elia si levò e andò a Sarepta. Giunto alla porta della città, vistasi dinanzi una donna vedova, che raccoglieva legna, la chiamò e le disse. “Dammi in un vaso un po' d'acqua per bere”. Mentre quella andava a prenderla, le gridò dietro e disse: “Portami, ti prego, con le tue mani anche un tozzo di pane”. Essa rispose: “Viva il Signore Dio tuo! Io non ho pane, ma soltanto un po' di farina in un'anfora, quanta ne può contenere una mano, e un po' d'olio in un vaso. Ed ecco stavo raccogliendo un po' di legna per andare a cuocere quella roba a me e al mio figlio per mangiare e poi morire” – poiché non rimaneva più altro per la straordinaria siccità. – Elia le disse: “Non temere! Va' a fare quel che hai detto! Ma prima, con quel po' di farina, fa' per me un piccolo pane cotto sotto la cenere e portamelo! Poi lo farai per te e per tuo figlio. Perché il Signore Dio d'Israele dice così: l'anfora della farina non diminuirà, il vaso dell'olio non calerà fino al giorno in cui il Signore manderà pioggia sulla terra”. Essa andò a fare come le aveva detto Elia e mangiò lui e lei e la sua famiglia – cioè suo figlio. – E da quel giorno l'anfora della farina non diminuì più e il vaso dell'olio non calò, secondo la parola che il Signore aveva detto per mezzo di Elia».
Questa donna rinunzia a fare quell'ultimo pane per sé e per il figlio e invece prepara in primo luogo il pane per Elia. E allora il Signore fece il miracolo: nell'anfora continuava a esserci sempre la medesima farina e nel vaso continuava sempre ad esserci la medesima quantità di olio. Carità premiata.
Oh, allora due insegnamenti: l'umiltà e la carità.
L'umiltà: perché chi si mette all'ultimo posto, ecco «gli ultimi saranno i primi». Quante anime belle al giorno del giudizio faranno una gran bella figura, perché son vissute nell'umiltà, nella semplicità...
rn

Trascrizione del file: 0000-00-00_ssp_sacerdote2.mp3
Durata: 13.03
(manca il finale)

Don Giacomo Alberione - Albano, alle vocazioni adulte

Sacerdote diocesano e sacerdote religioso



...meditazioni sopra il libro dell’“Apparecchio alla morte”. Tuttavia, questa mattina, facciamo una riflessione diversa. E tuttavia anche questa riguarda l’“Apparecchio alla morte”.
In che cosa consiste l’“Apparecchio alla morte”? Consiste nel santificare la vita nostra e prepararsi per entrare in Paradiso. Sì, la vita presente è proprio solo per la nostra felicità eterna, per la nostra felicità eterna.
E come si raggiunge? Santificare la vita presente per godere in eterno i gaudi in cielo.
E quante persone pensano soltanto alla vita presente! E poi? La vita presente è così breve e l’eternità non finisce mai!
Ora, prepararsi il massimo di gloria, di felicità eterna.
In Paradiso vi è una distinzione: cioè ciascheduno ha il proprio posto, la felicità propria, secondo i meriti guadagnati sulla terra. E chi è che veramente è più prudente? Prudente è chi vuole guadagnare il massimo del gaudio eterno, felicità eterna.

Riflettere questo: nei primi tempi della Chiesa, quando Gesù ha consacrati – diciamo così – gli apostoli e così tutti i primi sacerdoti dei primi secoli: come erano? Erano insieme, sempre: sacerdote e religioso assieme.
E quindi la diversità: che invece oggi, cioè, vi sono quelli che son soltanto sacerdoti e vi sono quelli che sono insieme sacerdoti e religiosi. Ci son due ordini di meriti. È molto diverso da essere soltanto sacerdote o essere insieme sacerdote e religioso: diversità immensa, per quello che è il gaudio eterno, per la felicità nostra.
Ecco, allora, anche in questi tempi, che c’è questa distinzione, anche in questi tempi si va comprendendo sempre di più che è meglio siano insieme i due privilegi, cioè sacerdozio e religioso.
Difatti, in questo tempo, quanto a quelli che son soltanto sacerdoti, sacerdoti della diocesi: sono sempre, come numero, piuttosto un po’ meno. E intanto stanno aumentando, ogni anno, quelli che sono sacerdoti e religiosi assieme. La diversità! Perché prima quasi sorpassava.
Oh, adesso, cosa bisogna pensare? Pensare: che il Signore come ha voluto fossero i suoi Apostoli? Lui, Gesù, ha parlato sempre agli apostoli come sacerdoti e come religiosi, assieme. Sì, questo.
Perché? Perché [se consideriamo] tutta la giornata di uno che sia soltanto sacerdote e di un’altra giornata di chi, insieme, oltre che sacerdote è religioso, giorno per giorno, nelle stesse condizioni, alla sera, il numero dei meriti è diverso, è diverso. E cioè si guadagna dal sacerdote quello che è il merito del sacerdote e quello che è il merito insieme del religioso: alla sera non solamente il doppio ma di più del doppio, pur facendo le medesime cose.
Ma perché? [qual è] la radice di questo?
Perché ci sono i voti per il religioso, e cioè il voto di povertà, il voto di castità e il voto di obbedienza. Ecco. Con questi voti tutto viene raddoppiato, tutto viene raddoppiato come merito: l’esercizio della povertà, l’esercizio della castità e l’esercizio dell’obbedienza. Quanto però alla castità è uguale, sia il sacerdote diocesano, sia il sacerdote religioso. Però vi è la diversità che riguarda la povertà e l’obbedienza. Ma l’obbedienza no: l’obbedienza ci vuole anche per il sacerdote diocesano, ma dipende dal vescovo; invece quelli che sono sacerdoti dipendono dalla vita e cioè dagli Istituti religiosi, i superiori religiosi.
E proprio oggi, domani, in questi giorni – e per questo ho voluto richiamare la cosa – domani, dopodomani, sì, in questa settimana si fa la votazione al Concilio Vaticano II, si fa la votazione per la vita religiosa, sulla vita religiosa. Può anche essere che è tardato di qualche giorno, perché vi sono alle volte necessità di trasferire di qualche giorno. Ma questo si fa in questa settimana e poi potrà continuarsi, forse, la settimana prossima.
Ma quello che era preparato per la votazione, i Padri hanno voluto che si rifacesse e poi che ancora si rifacesse un’altra volta. E adesso si vedrà se la votazione sarà favorevole oppure se ci fosse ancora mancanza o di questo o di quello, che non fosse del tutto chiaro; sebbene non tutto riguarda la vita ordinaria, ma c’è poi il Diritto Canonico che è diversa, diversa posizione.

[Consideriamo] quelle opere, però, che sono più di diversità.
Il sacerdote diocesano ha una parrocchia o un ufficio limitato nella diocesi; ma nella vita religiosa non c’è la limitazione: il religioso non ha la limitazione di stare in una diocesi. Sempre il religioso deve pensare che è nel mondo. E quindi dai superiori vengono destinati nelle parti varie del mondo, quando ci sono opere più difficili, opere più, diciamo, difficili e [che richiedono] nello stesso tempo più preghiera, accompagnate da maggior preghiera, per ottener più grazie.
L’altro ieri hanno celebrato circa 150 vescovi francescani nella città dove San Francesco si è santificato. D’altra parte questo è stato celebrato in tutto il mondo: i francescani sacerdoti sono almeno quarantamila.
Ora, la diversità è questo: i religiosi sono nelle missioni, in generale, e portano il Vangelo dove non c’è ancora; e invece il sacerdote diocesano lavora solo dopo che già si sono convertiti al cattolicesimo. Ma superare le difficoltà è il lavoro più prezioso: spetta ed è quello di compiere quello che è più difficile, in cui ci occorre maggior preghiera e nello stesso tempo più generosità, ecco.
D’altra parte, questo è ciò che son le opere difficili e generali: sono affidate ai religiosi. Perché le opere grandi non si possono fare in una diocesi, ma si fan nel complesso, nel complesso che riguarda le opere generali: supponiamo o i Gesuiti o supponiamo quelli che sono i Francescani, Salesiani, ecc.

(finisce qui)

Trascrizione dei file: 0000-00-00_ssp_meditazione.mp3
Durata 19.36

Don Giacomo Alberione - Albano, alle vocazioni adulte

La meditazione, la preghiera



Avete in mano il libro della meditazione “Apparecchio alla morte”?
In primo luogo è necessario imparare a far la meditazione.
Vi è differenza, totale differenza tra la lettura, la lezione e la meditazione.
La lettura è un’istruzione alla mente. Invece [nel]la meditazione, sì, c’è anche la parte della mente, ma soprattutto sono necessarie [queste cose]: quello che riguarda la volontà e quello che riguarda il sentimento. Non c’è da leggere molto. Bisogna riflettere molto.
E quindi, quali sono le parti? Facciamo un esempio adesso. Guardando il libro, notare che Sant’Alfonso era di famiglia nobile, ricca. E a 18 anni era già avvocato. Studi intensi che ha fatto! E alle volte ci sono quelli che cominciano solamente a 18 anni a studiare! E quindi bisogna camminare nell’umiltà. E poi, allora, tutta l’applicazione ci vuole.
Ora, egli ha scritto tanto, ma soprattutto ha predicato tanto. Poi ha fondato i Redentoristi; poi [è stato] fatto Vescovo; e poi ha rinunziato all’episcopato. E morì dopo una lunga vita, piena di meriti.

Ora, è utile leggere l’introduzione. Seguite il testo, a pag. 7.
«Altri desideravano da me un libro di considerazioni sulle massime eterne, per le anime che desiderano di meglio stabilirsi ed avanzarsi nella vita spirituale». Poi sì ha scritto questo libro, ma poi ha fatto anche l’altro che era chiesto e cioè “Massime eterne”, che sono poi i novissimi, la morte, il giudizio ecc.
«Altri poi da me chiedevano una selvetta», cioè una piccola selva «di materie predicabili nelle Missioni e negli Esercizi spirituali».
I suoi Religiosi in particolare erano per le missioni nelle parrocchie: otto giorni, quindici giorni, un mese anche, per istruire le popolazioni. E poi gli Esercizi spirituali: di tre giorni, di otto giorni e anche di più. Poi vi sono gli Esercizi di un mese. Ora molti Sacerdoti e molti Religiosi, a metà circa della vita, fanno un mese di Esercizi.
Dice: «Io, per non moltiplicare i libri, fatiche e spese, ho stimato di dare la presente opera nel modo che si vede, acciocché possa servire per l’uno e per l’altro fine, affinché possa giovare ai secoli per meditare. Veramente ho scritto queste considerazioni divise in tre punti. Ogni punto servirà per una meditazione» – ecco: non legger molto, ma una meditazione, un punto – «e perciò, dopo ogni punto vi ho già aggiunto affetti e preghiere. E prego i lettori a non prenderne tedio se in queste preghiere leggeranno sempre chiedersi grazie di perseverare e di amar Dio, poiché queste sono le due grazie a noi necessarie per conseguire la salute eterna». Cioè in queste meditazioni due cose si devono chiedere al Signore come chiusa della meditazione. Quali sono le due grazie per conseguire la salute eterna? La grazia dell’amor divino, prima, e poi l’altra grazia: la perseveranza.
«La grazia dell’amor divino è quella grazia, dice San Francesco di Sales, che contiene in sé tutte le grazie, perché la virtù della carità verso Dio, al dire del Savio, – del Libro della Sapienza, – porta con sé tutte le altre virtù. Chi ama Dio è umile, è casto, è obbediente, è mortificato, insomma ha tutte le virtù. Diceva S. Agostino: “Ama Dio e fa quello che vuoi”, sì, perché chi ama Iddio cercherà di evitare ogni suo disgusto e non cercherà altro che di compiacerlo in tutto.
L’altra grazia, poi, è della perseveranza, è quella che fa ottenere la corona eterna.
È facile per certe anime di fare una confessione, magari generale, a un certo punto. Ma poi dopo? Ricadono nello stesso punto, negli stessi peccati.
Dice San Bernardo che il Paradiso è promesso a coloro che incominciano una buona vita, – che cominciano – ma si dà poi solo a coloro che perseverano, ma questa perseveranza, come insegnano i Santi Padri, non si dà se non a chi la domanda. Onde scrive S. Tommaso che per entrare in cielo è necessaria una continua orazione. E prima lo disse il nostro Salvatore Gesù: “Bisogna sempre pregare, senza mai stancarsi”», sempre pregare e mai stancarsi, questo è l’importanza. «E questa è la causa perché molti miseri peccatori, benché perdonati, non persistono poi in grazia di Dio. Ricevono il perdono, ma perché poi trascurano di chiedere a Dio la perseveranza, specialmente in tempo delle tentazioni, tornano a cadere. All’incontro, quantunque la grazia della perseveranza sia tutta gratuita e non possa da noi meritarsi con le opere nostre, tuttavia - dice il Padre Suarez - con la preghiera infallibilmente si ottiene», e cioè chi prega sempre ottiene la perseveranza e cioè la salvezza. «La stessa cosa ha già detto, prima, S. Agostino, che questo dono della perseveranza può meritarsi con l’orazione. Questa necessità dell’orazione l’ho dimostrato a lungo in un’altra operetta» che ha scritto: “Il gran mezzo della preghiera”, come ha scritto: “La pratica di amar Gesù Cristo”, «operetta, la quale, quantunque sia breve, e perciò di poca spesa, non di meno mi costa molta fatica ed io la stimo di somma utilità ad ogni genere di persone, anzi dico con certezza che fra tutti i trattati spirituali non vi può essere trattato più utile e più necessario di questo della preghiera, per ottenere la salute eterna».
E poi, questo: avverte per coloro che devono poi fare le prediche, e come devono presentare le considerazioni, specialmente nel corso degli Esercizi, ecc.

Ora, fatta la lettura, meditare, cioè bisogna riprendere la lettura. Non molto leggere, ma riflettere sì, molto, per tenere a memoria le cose. E poi che entrino nella nostra mente quelli che sono i più importanti, i punti che sono più importanti, e cioè quello: considerare che la nostra vita è breve e che la vita nostra è per prepararsi alla vita eterna.
Vi è un materialismo, vi è come una specie di ateismo fino a quel punto: si guarda solo di condurre una vita comoda, che piace, di onore; soddisfa e soltanto pensa alla vita presente. Avere il necessario: questo ci vuole, ma per mantenersi al servizio di Dio e quindi vivere, ma nel prepararsi all’eternità e cioè al Paradiso. E dopo, magari, tanti che conducono una vita anche abbastanza lunga, forse, o almeno a un certo punto... e poi?
Quel che è fatto è fatto, su! Ma tutto quel che c’è da fare! È che è l’eterno di là: non si tratta di viver cento anni, ma non bastano cento milioni di anni, al di là.
E chi è prudente allora? Chi provvede solamente per la vita presente o chi provvede in particolare, in modo speciale, per l’eternità?
Dice: «Prego i lettori a non prendere tedio», ma «leggere gli affetti e le preghiere, poiché queste sono le due grazie a noi necessarie per conseguire la salute eterna», e sono le due grazie: l’amore a Dio – secondo i due volumi di San Francesco di Sales, il “Teotimo”, cioè l’anima che ama Dio, – e secondo quello: che è la perseveranza, la perseveranza.
Non si sa neppure alle volte [da] giudicare se si son confessati bene, con il dolore, con i propositi, adoperare i mezzi per correggersi, ecc. E se cascano e ricascano e poi rischiano, rischiano l’eternità. E quelli che sono avviati alla vita religiosa o sacerdotale: il cascare e il ricascare è il segno di non vocazione, perché bisogna essere fermi nella vita e insegnare agli altri a vivere cristianamente. C’è da combattere con tutte le passioni, ma ci vuole quel che dice: la preghiera, la preghiera.
E Gesù ha detto: “Bisogna sempre pregare, senza mai stancarsi”.
E il libro che ho scritto su quel titolo lì: “Bisogna sempre pregare, senza mai stancarsi”, ora lo stampano in America, Stati Uniti, in inglese.
Quindi, nella nota: «A coloro che si promette il premio», cioè il Paradiso. Ma «si promette a chi incomincia bene, ma non lo si dà se non a coloro che perseverano».
Dopo il Battesimo questo è necessario: perché si perseveri e dopo si conduca una vita degna.

Allora che cosa riflettere adesso? Cioè: Io come ho fatto fino adesso? Come ho pensato seriamente alla mia vita eterna? Cosa voglio fare della mia vita? Come voglio spendere la mia vita?
Chi sono i santi? e chi sono i peccatori? E io in che numero mi metto? Io cosa ho fatto fino adesso? Cosa voglio fare in avvenire?
L’esame di coscienza.
Nel mio passato ho veramente considerato che siamo creati per il Paradiso? E che abbiamo avuto le grazie cominciando dal Battesimo, tutte le grazie seguenti per andare in Paradiso? E che il Signore aspetta coloro che si ostinano? Ma poi, alla fine: quelli che si ostinano continuano nel male e quelli che invece, una volta che han capito che cos’è la vita, che è in ordine all’eternità per guadagnarsi un’eternità felice, [saranno] tanti santi. E io? Come ho fatto?
Interrogar noi stessi.
E che proposito segue? Che proposito fai? Quali sono le massime che hai letto lì? I pensieri che ti hanno fatto più impressione in quel che hai letto? Che cos’è che ti ha fatto più impressione?
Allora, quale conclusione? Il proposito per la giornata, non solo, ma il proposito per la vita intera.

E poi segue la preghiera. Sono gli affetti, le preghiere che ci sono al termine di ogni punto, perché le meditazioni sono in tre punti, ma ora qui abbiam solo letto l’introduzione, e allora la preghiera, è quella che è nel libro e serve per tutto il libro. Allora adesso tutti insieme, a pag. 5, per chiedere a Maria Immacolata la grazia di perseverare nei propositi, leggiamo assieme, ma molto adagio:
alla Piena di grazia,
alla Benedetta fra tutti i figli di Adamo,
alla Colomba,
alla Tortorella,
alla Diletta di Dio,
Onore del genere umano,
Delizia della Santissima Trinità,
Casa d’amore,
Esempio di umiltà,
Specchio di tutte le virtù,
Madre del bell'amore,
Madre della santa speranza
e Madre di Misericordia,
Avvocata dei miseri,
Difesa dei deboli,
Luce dei ciechi
Medicina degli infermi,
Ancora di confidenza,
Città di rifugio,
Porta del Paradiso,
Arca di vita,
Iride di pace,
Porto di salute,
Stella del mare e
Mare di dolcezza,
Paciera dei peccatori,
Speranza dei disperati,
Aiuto degli abbandonati,
Consolatrice degli afflitti,
Conforto dei moribondi,
Allegrezza del mondo.

Allora quest’invocazione così pia.
Concludiamo con l’Ave Maria.
E poi il desiderio: nel corso della giornata, di tanto in tanto, ricordare il proposito della mattinata, sì, ricordare di tanto in tanto, qua facendo una vita di serenità, di letizia, ma raccoglimento, per compiere i propri doveri.
Allora un’ave Maria.

Trascrizione del file: 0000-00-00_sul Rosario 2.mp3
durata 19.46

Don Giacomo Alberione - ai Discepoli [?]

Sul Rosario



...come abbiamo considerato e particolarmente abbiamo ricordato quello che i Pontefici hanno insistito perché tutti i fedeli cristiani recitino.
Giovanni XXIII ha indicato anche il modo di recitarlo. E cioè in primo luogo i Misteri gaudiosi perché portano gioia, gaudio; e i Misteri dolorosi, le sofferenze di Gesù, la redenzione; e poi la gloria la risurrezione, l'Ascensione al cielo e glorificazione della stessa Madre di Dio Maria.
Il Papa poi, venendo a ciaschedun Mistero dice che ci siano da farsi tre cose per ogni Mistero, tre atti. Il primo atto è la contemplazione; il secondo è la riflessione; e il terzo è la preghiera. E il Papa Giovanni XXIII ha fatto anche un esempio: come considerare e come ricavare da ogni Mistero i frutti e poi la preghiera adatta.
Facciamo un esempio. Il Primo Mistero gaudioso [ci fa contemplare] l'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria SS. e che il dialogo tra l'arcangelo e Maria si è conchiuso con “Fiat mihi secundum verbum tuum” e in quel momento si è incarnato il Figlio di Dio in Maria. Perciò in primo luogo bisogna sapere la storia del Mistero, come si è sviluppato quello che viene rappresentato.
Dopo i molti secoli dacché Adamo aveva commesso il peccato, l'umanità si era estesa, moltiplicata; e finalmente venne la pienezza dei tempi, cioè quando era il disegno di Dio di mandare, il Padre, di mandare il Figlio a redimere l'umanità. Ed il Figlio domanda al Padre: “Se vuoi, manda me” per salvare l'umanità, perché nessuno avrebbe potuto mai più entrare in Paradiso. E venne, venne finalmente la pienezza dei tempi.
L'arcangelo Gabriele è stato mandato a Maria. Gabriele, l'arcangelo, è l'angelo della comunicazione, cioè quello che riguarda la redenzione. Fu mandato a una Vergine, la quale Vergine doveva unirsi a san Giuseppe. E l'arcangelo entrando nella abitazione e mostrandosi a Maria [disse:] “Ave, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus”. Questo saluto fece un po' stupire Maria; e rifletteva che cosa voleva dire questo saluto. E l'arcangelo le comunicò quello che era il volere di Dio e cioè che diventava la Madre di Dio.
“Ma come è possibile questo?” [disse Maria], perché Maria aveva il voto di verginità. E allora l'arcangelo spiegò: sarebbe sempre stata vergine e nello stesso tempo si sarebbe incarnato in lei il Figlio di Dio. Quindi da una parte Vergine e dall'altra parte la più eccelsa Madre fra tutte le madri, perché divenne la Madre di Gesù Cristo, cioè il Figlio di Dio incarnato.
E l'arcangelo spiegò: venne il potere di Dio, il potere del Padre e l'infusione della grazia dello Spirito Santo, per cui sarebbe nato il Figlio di Dio incarnato da Lei. E poi l'arcangelo diede una prova e cioè che anche un'altra tua parente, ecco, Elisabetta, la quale anche ella in una maniera particolare, divenne anche ella madre di un figlio, il Battista. E allora l'arcangelo così persuase Maria e Maria chinò la testa, perché era il volere di Dio. “Ecco l'ancella del Signore, sia fatto di me come hai detto”, rispose. E in quel momento “Verbum caro factum est et habitavit in nobis”, il Verbo di Dio, cioè il Figlio di Dio si incarnò, ecco.
Allora questo Mistero: la storia, l'avvenimento, l'episodio.
In primo luogo la contemplazione, che vuol dire ricordare il fatto. Che cosa è la contemplazione? la contemplazione può essere naturale e può essere spirituale. Quando la contemplazione è naturale? Per esempio uno [non] ha mai visto il mare e poi all'improvviso si trova davanti al mare, perché è arrivato in una città in riva al mare, supponiamo Genova oppure Roma, quando si va ad Ostia: si è meravigliati dalla grandezza e il potere di Dio che tutto ha creato: è una contemplazione. O come si contempla una colonna, una catena di montagne. Arrivando, per esempio, in Cile, lì la città, appena si arriva, la città è in riva al mare; e guardando a sinistra [si vede] l'imponenza delle montagne, fino a 7 mila metri e fino a 8 mila metri: imponenti! E magari lì è estate e quindi [si sente] il calore; intanto alla cima di quelle montagne la neve è perenne. La contemplazione.
La contemplazione, invece, spirituale è come questa: rappresentarsi il fatto come viene narrato dal Vangelo, l'apparizione dell'arcangelo a Maria, il fatto, così.
E che allora noi tiriamo fuori la conseguenza e cioè: che era venuto il tempo della salvezza del mondo, degli uomini; secondo: i doni che aveva avuto Maria, “Ave gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus”, ecc.; e poi la commissione che aveva l'arcangelo dal Padre per portare a Maria e allora la comunicazione: “Diverrai madre”, madre, sì. E Maria ha domandato spiegazioni. E allora l'arcangelo ha rivelato per la prima volta il mistero della Trinità, il mistero della Trinità: perché la virtù del Padre, la comunicazione dello Spirito Santo e Colui che nascerà è il Figlio: quindi un Dio solo in tre Persone, ecco.
Allora Atto di Fede, ecco la conclusione, la prima conclusione. Atto di fede: che noi crediamo a quello che il Signore ha comunicato per mezzo dell'arcangelo e poi il miracolo, il più grande e l'unico tra i miracoli, cioè Vergine e Madre insieme, unico al mondo, e Colui che nascerebbe sarebbe il Figlio di Dio, Sapienza di Dio.
Allora atti di Fede: Trinità, la Verginità di Maria, la Maternità di Maria. Fede.
Secondo: ricavare un pensiero, cioè una virtù pratica. In questo caso la virtù è facile a scoprirsi e applicarsi e domandare per noi. “Ecce ancilla Domini”: Maria è innalzata alla Maternità divina e lei si dichiara la serva: umiltà; nello stesso tempo credette al potere di Dio: “Fiat mihi secundum verbum tuum”, quindi fede; le due virtù: l'umiltà e la fede che devono sempre accompagnare la vita. Chiedere allora queste grazie: di vivere in umiltà e in fede.
E si riuscirà nelle cose. Specialmente si arriva da tutti alla santità, purché ci sia fede e umiltà; tutti! E chi vuole veramente sollecitare la sua santificazione, sollecitare lo studio per far più presto, e volere usare dello studio per le anime, non per ambizione o soltanto per arrivare ad una professione, tutto soprannaturale, tutto soprannaturale: allora la fede, umiltà e fede.
Poi dopo si chiedono le grazie. E le grazie quali sono? Le grazie sono varie da chiedersi. Sì, possiamo chiedere e fermarci soltanto sopra queste due virtù; ma si possono considerare ancora altre grazie. E cioè: se questo è l'inizio della redenzione, se volete riuscire e avete iniziato, [si può chiedere] la grazia di riuscita: e riuscita nella santificazione e riuscita nello studio e riuscita nel ministero e nell'apostolato. Perché già si eleva e si chiede al Signore la grazia dello zelo, e cioè amare le anime, l'apostolato, e poi tutto quello che è richiesto perché si sia un giorno perfetti; ma il lavoro quanto alla perfezione è un lavoro quotidiano, tutti i giorni, tutti i giorni.
Quindi potete anche vedere le considerazioni che ha fatto il Papa Giovanni XXIII sopra questo Mistero. Lui si allarga nei pensieri; particolarmente allora si trattava della salvezza dell'umanità; e allora con il primo Mistero gaudioso ricordarsi dell'umanità che ha ancora bisogno; perché molti, moltissimi, innumerevoli uomini non hanno ancora ricevuto la notizia della salvezza che è Gesù Cristo, che è nella Chiesa.
Allora pregare perché il Vangelo arrivi dappertutto e perché noi possiamo in qualche maniera contribuire specialmente con i mezzi tecnici, secondo il Decreto delle costituzioni, del Concilio. Sì, dobbiamo sempre venire alla pratica.
Adesso questo è un esempio che si può approfondire e molto.
Un giorno, il primo giorno che sono entrato in seminario, si è detto il rosario e colui ci assisteva disse: “Ringrazio il Signore perché ho cominciato l'anno con la recita del primo Mistero gaudioso e sono contento e mi dà molta speranza, perché in questo mistero ho chiesto di essere umile e di aver fede”. Ora è ancora vivo quello, anziano sì, e [l'ho] ancora trovato a letto grave, qualche mese fa, paralitico.
Allora abbiate anche questo, considerar molto il Primo Mistero gaudioso.
Come si fa dell'uno – contemplazione; applicazione alla vita; e la richiesta delle grazie –, tutti i Misteri si possono considerare. D'altra parte sono già annunciati bene per la via. E se avete il libro delle preghiere, lì ci sono le indicazioni sopra che cosa bisogna pensare e sopra che cosa bisogna fare i propositi e sopra quali grazie chiedere nel Mistero.
Allora il rosario è questo: è la preghiera composta di 15 Misteri: si annuncia il Mistero, poi durante il “Padre” e le 10 “Ave Maria”, si fan quelle considerazioni: contemplazione, applicazione nella vita, poi le grazie da chiedere. Così se si vuole recitarlo bene il rosario. Questo è il modo più perfetto, eh?, perché ci sono anche altri modi, ma questo è il modo più perfetto. D'altra parte è proprio questo che indica il Papa Giovanni XXIII.
Adesso diciamo una buona “Ave Maria”, perché possiamo recitare sempre meglio il rosario e ricavare i frutti.

Trascrizione del file: 0000-00-00_ssp_peccatore.mp3
durata 23'41''

Don Alberione alla Società San Paolo


La conversione del peccatore moribondo - Le morti improvvise



Ieri è stato approvato il decreto che riguarda la vita religiosa: 2.320 circa voti favorevoli e soltanto 4 voti non favorevoli. E allora adesso si farà la traduzione e si consegnerà a ognuno il decreto perché si possa meditare e si possa migliorare la vita religiosa.

Adesso “La morte del peccatore”, secondo l'“Apparecchio alla morte” di Sant'Alfonso.
Primo punto: difficoltà per una vera conversione. Al presente i peccatori discacciano la memoria ed il pensiero della morte e così cercano di trovare pace, benché non la trovino mai nel vivere che fanno in peccato. Ma quando si troveranno nelle angustie della morte, prossimi ad entrare nell'eternità, allora non possono sfuggire il tormento della loro mala coscienza. Cercheranno la pace, ma non la troveranno. Al sopravvenire dell'angoscia, cercheranno la pace, ma non vi sarà, secondo la Scrittura. E, per vero, che pace può trovare un'anima ritrovandosi aggravata di colpe che come tante vipere vi mordono? Che pace, pensando di dover comparire tra pochi momenti avanti Gesù Cristo giudice, del quale fino allora ha disprezzato la legge e l'amicizia? Verrà sventura sopra sventura: la notizia già ricevuta della morte, il pensiero di doversi licenziare da tutte le cose del mondo, i rimorsi della coscienza, il tempo perduto, il tempo che manca, il rigore del divino giudizio, l'eternità infelice che si aspetta i peccatori: tutte queste cose comporranno una tempesta orrenda che confonderà la mente, accrescerà la diffidenza e così, confuso e sconfidato, il moribondo passerà all'eternità.
Ma i peccatori con grande merito e falsamente, per loro rovina, sperano non solo contro la speranza, ma ancora contro la fede, mentre disprezzano anche le minacce che Dio fa agli ostinati. Temono essi la mala morte, ma non temono di fare una mala vita.
Ma chi li assicura che davvero si convertiranno? Sant'Agostino ebbe da combattere 12 anni per superare i suoi mali abiti di gioventù: come potrà un moribondo, che è sempre stato con la coscienza imbrattata, in mezzo ai dolori agli stordimenti della testa, nella confusione della morte fare facilmente una vera conversione? dico “vera”, perché allora non basta il dire e promettere, ma bisogna dire e promettere col cuore. E da quale spavento resterà preso e confuso allora il misero infermo che è stato di coscienza trascurata in vedersi oppresso dai peccati e dal timore del giudizio, dell'inferno e dell'eternità? In quale confusione lo metteranno questi pensieri quando si troverà svanito di testa oscurato di mente e assalito dai dolori della morte vicina? Forse si confesserà, prometterà, cercherà pietà a Dio, ma senza sapere quel che si faccia. Ed in questa tempesta di agitazioni, di rimorsi di affanni e di spaventi passerà all'altra vita. Dice bene un autore che le preghiere e i pianti e le promesse del peccatore moribondo sono appunto come i pianti e le promesse di taluno che si vedesse assalito dal suo nemico il quale gli tiene puntato il pugnale alla gola per toglierli la vita. Misero chi si mette a letto in disgrazia di Dio e di là se ne passa all'eternità!
Certamente siamo tutti peccatori, però chi nel complesso della vita ha fatto la volontà di Dio secondo la propria vocazione, ci saranno anche delle mancanze, ma si è cercato di vivere secondo volontà di Dio; ma chi si mette fuori di strada per tutta la vita, non si tratta di fare soltanto una volta la mancata volontà di Dio, ma se tutta la vita è contro ed è diversa dalla volontà di Dio? Questo è soggetto di meditazione, meditazione che deve essere approfondita.

Secondo punto. Angustie del peccatore in morte. Non una, ma più e molte saranno le angustie del povero peccatore morente. Da una parte lo tormenteranno i demoni. In morte questi orrendi nemici mettono tutta la forza per far perdere quell'anima che sta per uscire da questa vita. Sanno che poco tempo loro resta per guadagnarla, quest'anima, e che se la perdono allora, l'avranno perduta per sempre. E non sarà solo il demonio che allora tenterà, ma innumerevoli che assisteranno il moribondo per farlo perdere. Uno gli dirà: “Non temere che guarirai”. Un altro gli dirà: “E come, tu per tanti anni sei stato sordo alla voce di Dio ed ora esso vorrà usarti pietà?”. Un altro: “Come puoi rimediare ai quei danni fatti, a quelle fame tolte?”. Un altro: “Non vedi che tutte le confessioni tue sono state nulle, senza aver dolore, senza aver i propositi? Come puoi ora rifarle?”. Dall'altra parte si vedrà il moribondo circondato dai suoi peccati: questi peccati, come tanti satelliti, dice san Bernardo, lo terranno afferrato e gli diranno: “Noi siamo tuoi, non vogliamo lasciarti. Ti accompagneranno all'altra vita e teco ci presenteremo all'eterno giudice”. Vorrà allora il moribondo sbrigarsi di tali nemici, ma per sbrigarsene bisognerebbe odiarli, bisognerebbe convertirsi di cuore a Dio. Ma la mente ottenebrata e il cuore indurito, il cuore duro andrà a finir male e “chi ama il pericolo vi perirà”, [dice la] Sacra Scrittura.
Dice san Bernardo che il cuore il quale è stato ostinato nel male in vita, farà i suoi sforzi per uscire dallo stato di dannazione, ma sarà difficile giungere a liberarsene ed oppresso dalla sua malizia nel medesimo stato finirà la vita. Egli, avendo fino allora amato il peccato, ha insieme amato il pericolo della sua dannazione. Giustamente perciò permetterà il Signore che allora perisca in quel pericolo nel quale ha voluto vivere sino alla morte.
Dice sant'Agostino che chi è lasciato dal peccato prima che egli lo lasci, in morte difficilmente lo detesterà come deve, perché allora quel che farà, lo farà a forza.
Misero dunque quel peccatore che è duro e resiste alla divine chiamate! Egli l'ingrato invece di rendersi e ammollirsi alle voci di Dio, si è più indurito come più si indurisce l'incudine ai colpi di martello. In pena di ciò tale ancora si troverà in morte, benché si trovi in punto di passare all'eternità. “Il cuore duro andrà a finir male”, [dice la] Scrittura. I peccatori – dice il Signore – mi han voltato le spalle per amore delle creature. I miseri in morte ricorranno a Dio e Dio dirà loro: “Ora a me ricorrete? chiamate le creature che vi aiutino, giacché quelle sono state i vostri dèi”. Dirà così il Signore, perché essi ricorreranno ma senza animo vero di convertirsi. San Girolamo teneva quasi per certo per averlo appreso con l'esperienza, che non farà mai buon fine chi ha fatto mala vita fino alla morte.

E terzo punto. Chi ha tempo non aspetti tempo. Gran cosa! Dio non fa altro che minacciare una mala morte ai peccatori. “Allora mi chiameranno, ma io non risponderò”, dice la Scrittura: “Forse Dio darà ascolto al suo grido quando piomberà sopra di lui la sventura? Io riderò nella vostra rovina, vi schernirò”. Il ridere di Dio è il non volere usare misericordia. “A me spetta la vendetta: a suo tempo farò giustizia, quando vacillerà il loro piede”, [dice] la Scrittura. Ed in tanti altri luoghi minaccia lo stesso ed i peccatori vivono in pace sicuri come se Dio avesse certamente promesso loro in morte il perdono e il Paradiso. È vero che in qualunque ora si converte il peccatore, Dio ha promesso di perdonarlo. Ma non ha detto che il peccatore in morte si convertirà, anzi più volte si è protestato che “chi vive in peccato, in peccato morirà”: la Scrittura. Ha detto che “chi lo cerca in morte, non lo troverà”, la Scrittura. Dunque “bisogna cercar Dio quando si può trovare”, dice la Scrittura. Sì, perché vi sarà un tempo che non potrà trovarsi. Poveri peccatori, poveri ciechi, che si riducono a convertirsi nell'ora della morte in cui non vi sarà tempo di convertirsi. Dice l'Oleastro: “Gli empi non imparano a fare il bene se non allora che non vi è più tempo di farlo”. Dio vuol tutti salvi, ma se uno è ostinato? Se mai un miserabile trovandosi in peccato fosse colto da apoplessia, da male improvviso e stesse privo di sensi, quale compassione farebbe a tutti il vederlo morire senza sacramenti e senza segni di penitenza? – Si tratta delle morti improvvise. – E qual contento avrebbe ognuno se costui ritornasse in sé e cercasse l'assoluzione e facesse atti di pentimento! Ma non è pazzo poi chi, avendo tempo di fare ciò, segue a stare in peccato oppure torna a peccare e si mette in pericolo che lo colga la morte nel tempo della quale forse si confesserà o forse no?
Spaventa il vedere morire alcuno all'improvviso, eppure tanti sono quelli che si mettono volontariamente in pericolo di morire così e quindi morire in peccato.
E abbiamo l’“Unione per le morti improvvise” noi, l'unione. Questa associazione si è fatta, promossa questa unione, dato che nei nostri tempi le morti improvvise crescono e sia per disgrazie, come per istrada, e sia per male improvviso, allora.
“I giudizi del Signore sono pesati a giusta bilancia”, dice la Scrittura. Noi non teniamo conto delle grazie che ci fa il Signore, ma ne tiene ben conto il Signore, che le misura e quando le vede disprezzate fino a certo termine, lascia il peccatore nel suo peccato.
Misero chi si riduce a far penitenza in morte! La penitenza che si domanda da un infermo è pur essa inferma, dice sant'Agostino. San Girolamo dice che di centomila peccatori che si riducono fino alla morte a stare in peccato, appena uno forse si salverà. Dice san Vincenzo Ferreri che sarebbe più un miracolo che uno di questi tali si salvasse, che far risorgere un morto. Che dolore, che pentimento vuol concepirsi in morte da chi sino allora ha amato il peccato?
Narra san Roberto Bellarmino che, essendo egli andato ad assistere un certo moribondo ed avendolo esortato a fare un atto di contrizione, colui rispose che non sapeva ciò che si fosse la contrizione. Il santo procurò di spiegarglielo, ma l'infermo disse: “Padre, io non vi intendo, io non son capace di queste cose”. E così se ne morì, lasciando chiaro segno della sua perdizione.
“Non vogliate ingannarvi”, ci avverte intanto l'Apostolo: “Dio non può esser schernito: quel che uno avrà seminato, quello pure mieterà. Quindi chi semina nella carne, mieterà della carne la corruzione”. Sarebbe un burlare Dio vivere disprezzando le sue leggi e poi raccoglierne premio e gloria eterna. Ma Dio non si schernisce. Quel che si semina in questa vita, si raccoglie nell'altra: a chi semina piaceri vietati di carne, altro non tocca che corruzione, miseria e morte eterna.
Allora, cristiano mio, quel che si dice per gli altri, si dice anche per voi. Ditemi, se vi trovaste già in punto di morte, disperato dai medici, destituito di sentimenti, ridotto già in agonia, quanto preghereste Dio che vi concedesse un altro mese, un'altra settimana di tempo, per aggiustare i conti della vostra coscienza? E Dio già vi dà questo tempo, ora. Ringraziatelo e presto rimediate al mal fatto. Prendete tutti i mezzi per ritrovarvi in stato di grazia quando verrà la morte, perché allora non sarà più tempo da rimediare.

Allora abbiamo da considerare che in morte se la coscienza ci dice che abbiamo fatto con buona volontà di vivere bene, cercando di migliorare la vita: e allora piena fiducia nel Signore, pure domandando perdono delle negligenze che forse ci sono state. Ma quello che è terribile, tremendo è proprio aver portato il peccato fino al punto di morte. Ma molti si ingannano sperando sempre che la vita sia ancora allungata di qualche tempo. Allora si illudono. Cosa facciamo noi?
Coloro che si confessano con vero dolore, certamente sono perdonati. E poi questo: quando c'è il dolore c'è anche il proposito insieme, non possono essere separati, il dolore e il proposito. Il dolore riguarda il passato e il proposito riguarda il futuro. Ora si ottiene il perdono e poi lo sforzo per vivere bene, santamente la vita nostra.
Ecco tutto. Qui non c'è da predicare: ciascheduno di noi ha da riflettere per sé. Il Padre Segneri diceva che non [basta] sentire soltanto delle prediche o delle letture, ma farne vero frutto, farne vero frutto. Ciascuno ha da pensare per sé.
Oh, allora i nostri propositi e invocare Maria che nella sua misericordia ci ottenga il vero pentimento e il vero proposito di evitare qualsiasi peccato e migliorare la nostra vita, migliorar la nostra vita. Ma per migliorar la vita, bisogna cominciare dal miglior la preghiera e allora si ottengono le grazie, quindi il pentimento, quindi la conversione e la santificazione.
Propositi.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 0000-00-00_sulla Preghiera.mp3
durata: 25' 21''

Don Giacomo Alberione

Sulla preghiera



Domandiamo al Signore quello che hanno chiesto gli apostoli: “Doce nos orare”, “Signore, insegnaci a pregare”: insegnarci, il Signore, specialmente adesso, [a] far bene la meditazione, far bene l'esame di coscienza e far bene l'adorazione. Sono per la vita religiosa. Ma si capisce che quel che è più centrale è la messa, comunione, sì, e il breviario, sì; ma queste parti della pietà sarà fatta bene se c'è stato la meditazione, l'esame di coscienza e l'adorazione, ecco; allora il breviario, la messa, la si capisce sempre di più.
Oh, quanto [più] noi siamo uniti a Dio sulla terra, durante la nostra vita, si avrà una visione di Dio [tanto] più profonda, che porta il gaudio, la luce e l'unione con Dio e la gloria di Dio, sì. Ora nella misura in cui noi viviamo l'unione con il Signore, allora il gaudio eterno. La vita presente è tutta preparazione al cielo, non è solamente preparazione alla morte, ma la preparazione all'eternità, sì. E se vogliamo e abbiamo la prudenza, la saggezza per quanto facciamo di bene di pietà e con la volontà del Signore, allora il gaudio [sarà] immenso, sempre più grande.
Qui sulla terra vi sono tanti gradi di vita cristiana, di vita religiosa. Nella misura in cui noi compiamo questa parte della preghiera col Signore, il gaudio [sarà in] proporzione in cielo.
Dobbiamo noi essere gente saggia. [C'è] gente che è prudente e gente che non è prudente. Non ha la saggezza certa gente; perché si pensa solo qua, questi pochi anni che abbiamo da condurre su questa terra. Ma bisogna pensare a ciò che è eternità, ciò che è eternità.
Vi saranno delle povere donne, di gente [che] alle volte non sanno, cioè non hanno studiato molto, ma siccome hanno questa unione con Dio, questo amore con Dio, allora gli ignoranti passeranno in paradiso più in alto, più in alto. Qui vorremmo e dobbiamo fare quello che è studio, quello che è da fare secondo il nostro apostolato, il nostro ministero, sì, ma nella misura che compiamo sulla terra questa unione con Dio, questo trattenersi col Signore e questo lavoro interiore, che parte dalla meditazione e dall'esame di coscienza e dall'orazione, sì.
Oh, quanti che sono intelligenti, sapienti, secondo la vita presente nel modo umano e [...]. Noi dobbiamo considerarci di tanto in tanto: “Quanto io sto ancor su questa terra? e quando io mi troverò lassù in eterno?”. E certamente molta gente, o almeno una parte, studiano per la vita presente e non hanno la saggezza per la vita eterna, lassù, dove si penetra poi Dio, santissima Trinità, quel che ci porta il gaudio eterno, sì.
Allora se [bisogna che] noi siamo sicuri e costanti nella preghiera. Quando si riduce la preghiera soltanto alla messa, al breviario, è proprio incerto; tanto più perché? perché si son fatti i voti, i voti di vivere la vita religiosa e perché la vita religiosa sia compiuta perfettamente, santamente. Allora la proporzione: quando si è già fatto e si fa la parte spirituale, tutte le altre parti si santificano e ci portano un cumulo di grazie e poi un cumulo di meriti e quindi in proporzione.
Vi saranno sulla terra gente molto istruita e forse coloro che fanno la pulizia in città, magari andranno molto su. Perché? Perché c'era la luce di Dio, la luce di Dio. Come noi abbiamo avuto l'unione con Dio sulla terra, altrettanto è il gaudio. Oh, quanta gente sapiente sarà indietro indietro! E vi saranno gente qui indietro indietro, povere donne poi dopo, allora, sì, passeranno in alto. Quindi i nostri impegni, i nostri impegni.
Se poi noi facciamo le pratiche di pietà, non c'è anche bene la vita religiosa. La vita religiosa è praticata nella misura in cui in primo luogo si pratica la pietà, la pietà, sì. E se noi ci crediamo molto capaci, molto intelligenti, sì, e poi il futuro o meglio nel complesso nella vita si avrà il frutto della vita nella proporzione che noi abbiamo avuto l'unione con Dio, l'unione con Dio.
Eh, primo dovere la pietà, primo! Perché si potrà dire di tante cose, di buone qualità, ma ci mancherebbe [la] principale: Dio che è infinito. E cosa abbiamo sulla terra? Cosa abbiamo? sin quando siamo sulla terra? Là si può, si arrivi a conquistar Dio, che è il tutto, è lui il tutto. E cosa abbiamo fatto sulla terra, poi?

Oh, in secondo luogo: i risultati dell'apostolato, i risultati del ministero, eccetera, avrà [=avranno] il frutto in proporzione che noi siamo uniti con Dio. Perché, con Dio, è la forza di Dio [che opera], questa forza che comunica alle anime. E allora si hanno i risultati. E qualche volta crediamo di aver fatto molto e di essere molto stimati, e crediamo di avere fatto cose molto utili: si faccia, sì, tutto quello che si deve fare umanamente; ma dev'essere, quel che è da farsi umanamente, deve esser dentro la vita.
Una pianta che è secca, ma se non ha più la linfa che scorre, che cos'è? Ci vuole la linfa interiore, cioè la grazia interiore. E se noi siamo uniti a Gesù Cristo, – ecco: “Io sono la vite e voi siete i tralci”, – quindi se siamo uniti, se i rami sono uniti al tronco, allora la linfa che è in Gesù Cristo passa a noi, passa cioè a noi che siamo i rami, sì.
Bisogna che abbiamo lo spirito di soprannaturalità e cioè dobbiamo considerare le cose in ordine a Dio, in ordine all'eternità, sì.
Quindi, adesso, quante volte il Signore Gesù nella Scrittura ha insistito? Penso almeno un quattrocento volte nella Scrittura si parla nella Bibbia della preghiera, della preghiera, sì.
Oh, quando Gesù nell'orto del Getsemani aveva lasciato a parte gli apostoli e poi Gesù allontanatosi [faceva] la preghiera e [aveva] sudore di sangue, gli apostoli dormivano. E cosa è stato il risultato? Che gli apostoli son fuggiti e Gesù è andato verso la sua passione e morte di croce. Quindi dobbiamo avere una pietà, una fedeltà alla preghiera: nella misura che compiamo, allora la nostra vita si santifica, si santifica. Non bisogna finire la giornata con pensieri solamente, alle volte, vuoti. E se la giornata finisce così, al mattino poi come sarà? Ci vuole più difficoltà allora a entrare bene nelle pratiche di pietà.
Oh, adesso veniamo a prendere delle decisioni. Certamente fate già le pratiche della pietà, le pratiche di pietà, sì. Ma possiamo domandare a noi stessi se le facciamo bene. Vi è sempre la meditazione approfondita? Vi è sempre l'esame di coscienza approfondito? Come sono i pensieri, come sono i sentimenti, come sono poi le parole, le opere?
E poi l'incontro a Gesù, l'incontro con Gesù nell'adorazione, sì. Formare un dialogo con il Signore, un dialogo con il Signore. In un dialogo noi ci sentiamo uniti al Signore e sentiamo come egli ci illumina e che ci conforta e ci dà la grazi, la forza di camminare.
Oh, quello che soprattutto è sempre da considerarsi: la nostra vita come sarà? e allora come sarà la eternità? In proporzione in cui siamo uniti a Dio, mente, cuore, volontà, allora [sarà per noi] il paradiso, che [è] visione di Dio, possesso di Dio e gaudio di Dio. Siamo noi che ci fabbrichiamo l'eternità! E se qui sulla terra vivessero anche cento anni, vivessimo anche cento anni? Ma là è l'eternità!
E delle volte ci crediamo di sapere e di essere molto prudenti e siamo alle volte imprudenti, perdiamo quello che è più importante: la santificazione. Quindi corrispondere. Abbiamo questa prudenza? Si potrà predicare, si potrà insegnare, si potrà forse studiare anche di più; ma la più profonda sapienza è provvedere per l'eternità, per l'eternità, sì.
Oh, allora i nostri propositi. Tutta la pietà, partendo dalla messa, la comunione, l'adorazione e poi ciò che ci fa illuminare, ci fa illuminare il nostro spirito e conoscere noi stessi, ecco. E [ci] sarà quindi il frutto e ci sentiremo in una vita con uno spirito diverso. Persone che ragionano solamente umanamente! eppure han fatto i voti o li vogliono fare! Oh, come siamo!
E il nostro parlare, allora, il nostro parlare: se c'è la pietà, si parla in altra maniera, non con ragionamenti soltanto umani, ma secondo la luce di Dio, secondo quello che abbiamo dovuto studiare e abbiamo conosciuto fino dal primo atto del catechismo, sì.
Propositi adesso.
Avere compassione di chi abbandona un po' la pietà: fa pena. E quelli che fanno veramente le pratiche di pietà bene, sono veramente sapienti.
Non considerare i princìpi del mondo! [ma] i princìpi che procedono dalla teologia e da quel che abbiamo studiato nel catechismo, da quello che abbiamo meditato tante volte.
Propositi. Come è stata la meditazione? Come è stato l'esame di coscienza? Come è stata l'adorazione?
Oh, allora, dopo queste tre pratiche, si è sicuri che si fanno le altre pratiche come recitare l'ufficio e specialmente la celebrazione della messa e la comunione: si fanno. Allora “vivit in me Christus”, “Gesù Cristo vive in me”, ”mihi vivere Christus est”: questa unione con il Signore, comunicazione: “Vivit vero in me Christus”.
Propositi. E chiediamo oggi sabato, chiediamo a Maria la grazia di imparare a pregar bene, a pregar bene. E di nuovo far la domanda a Gesù: “Doce nos orare”, “Signore, dà la grazia a noi di pregare”, cominciando adesso.
Propositi. Ed essere veramente persone forti, per cui dominiamo il nostro io, il nostro essere: ci crediamo molto forti in tante cose, ma ci vuole la fortezza in noi, cioè la guida del nostro spirito.
Ora, facendo il nostro proposito, mantenerlo in tutta la giornata, in tutta la giornata, sì.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 0000-00-00_ssp_giuseppe2.mp3
durata 30' 33''

Don Giacomo Alberione - ai discepoli ssp - [marzo 1968 ?]

San Giuseppe, i voti, l'apostolato



...sentito come gli esercizi sono stati seguiti bene, seguiti bene. E allora ringraziamo il Signore e nello stesso tempo la buona volontà che avete messo per il buon risultato degli esercizi spirituali.
Ora siamo nel mese e nella stessa novena [a] san Giuseppe, che dobbiamo [celebrare] veramente bene nella umiltà e nella fede, nella fede, pensando alla vita di san Giuseppe.
Abbiamo un libro che è stato stampato a Pescara, un libro che è completo; è il libro, forse il migliore, in cui si è parlato di san Giuseppe, sì.
Ora abbiamo da fare una considerazione. Siamo nella vita [della Società] san Paolo; e allora vi sono i sacerdoti e vi sono i discepoli. I sacerdoti hanno due uffizi: il ministero, come la messa, la predicazione, e la redazione; e i discepoli hanno pure le due parti: la parte tecnica, – la parte tecnica della tipografia e anche quando c'è la radio, nel Brasile – e poi, seconda parte, la diffusione del libro, la diffusione. Quindi due parti anche per voi: la parte tecnica e la parte [della] diffusione.
Pensando e per onorare san Giuseppe, dobbiamo ricordare specialmente tre [episodi] che sono stati sono stati nella vita di san Giuseppe: l'apparizione dell'angelo, perché san Giuseppe prendesse e si unisse a Maria; poi l'altra apparizione: fuggire in Egitto; e poi, terza, ritornare dall'Egitto in Israele; e quando, allora, quando son tornati dall'Egitto, si sono fermati a Nazaret.
Ora bisogna considerare la famiglia cristiana, la famiglia religiosa, famiglia religiosa: perché in quella famiglia [vi erano] tre persone: Gesù [che viveva in] povertà, castità, obbedienza; e Maria ugualmente [viveva] la povertà, la castità e l'obbedienza; e san Giuseppe ugualmente [viveva in] povertà, castità, obbedienza.
San Giuseppe si è dedicato al lavoro di falegname, sì; e allora *ha anche perché ...cono che credessero... credesse il Figlio di Dio incarnato*. E quando il bambino poi è cresciuto e poi è arrivato ai dodici anni, allora andò anche con Giuseppe e con Maria a Gerusalemme, secondo quello che è disposto.
Riguardo alla divozione di san Giuseppe, dobbiamo considerare [che] per circa 14 secoli si è parlato ben poco o quasi niente di san Giuseppe. [Per] quattordici secoli non si parlava nella Chiesa. Questo fino al 1481. Allora si è cominciato [a dar inizio] alla devozione estesa, la devozione a san Giuseppe, quando Sisto IV istituì la festa di san Giuseppe, con la messa e con il breviario. Poi passando agli altri secoli, specialmente dobbiamo dire che gli ultimi Pontefici hanno allargato la divozione a san Giuseppe: Pio IX; Leone XIII, il quale fece ben otto documenti; poi san Pio X; Benedetto XV; Pio XI; Pio XII; e poi di sequenza Giovanni XXIII; e anche attualmente il papa Paolo VI, Paolo VI.
Quanto a divozioni, ricordiamo il mese di marzo, il mese di san Giuseppe, e poi la festa – sì adesso è vicina – e poi il giorno 1° maggio che è consecrato, anche il 1° maggio, a san Giuseppe.
San Giuseppe lavorò tutta la vita, lavorò tutta la vita, faticosamente, sì.
Ora come è stata la sua vita? La sua vita è stata un servizio a Dio, un servizio alla famiglia che [è] sacra, famiglia sacra, sì.
Ora san Giuseppe: seguirlo nei tre punti, tre documenti, come c'è [nel]la professione vostra, la professione nostra. E cioè la vita di povertà: dobbiamo seguire la povertà tutti, tutti. Certamente in questi giorni fate queste meditazioni: la povertà, lavoro e nello stesso tempo cioè distribuiva anche quello che era in avanzo, sì. La povertà. Noi osserviamo bene la povertà?
Poi san Giuseppe: la castità, piena castità, secondo quello che ha detto l'angelo, l'angelo: che si unisse a Maria, sì, ma in piena castità tutta la vita.
Poi l'obbedienza: quindi l'obbedienza a Dio, l'obbedienza a tutte le autorità che ci sono, religiose e anche civili. Noi dobbiamo seguire bene e presentarci e imitare san Giuseppe: la povertà e la castità e l'obbedienza. L'imitazione a san Giuseppe. Seguire.
Poi l'ufficio e il lavoro proprio del vostro apostolato. Il quale apostolato può essere in due forme: come tecnica e come diffusione. Quindi dare molta importanza all'uno e all'altro: quello che è la parte tecnica e quello che è la parte di diffusione.
Ora è molto importante che si allarghi il lavoro della diffusione adesso: le librerie e la diffusione in altre forme, sì. Compiere tutto quello che è l'ufficio vostro.
Certamente in questi giorni avete fatto riflessione e avete già fatti gli esercizi abbastanza bene e la conclusione con i propositi, che già avete programmato.
Ora bisogna che noi [siamo] uniti assieme e sacerdoti e discepoli, uniti bene intimamente. E non si può dire qualcosa contro l'una parte o l'altra. No! Bisogna che ci sia veramente l'unione, la carità vicendevole. Lo spirito è uno, ma l'apostolato è diviso in altre parti, in qualche altra parte. Quindi che noi seguiamo quello che noi dobbiamo pensare.
Ora siamo verso la fine del mese [di] marzo, sì. Quindi chiuderete bene gli esercizi. Nel “San Paolo” [si parla di] san Giuseppe protettore della sacra Famiglia, san Giuseppe protettore della Chiesa universale. È protettore della Chiesa universale: non era sacerdote, non era né un apostolo, ma la Chiesa lo ha dichiarato protettore della Chiesa universale, come è stato quando si è fatto il Concilio Vaticano II.
La devozione di san Giuseppe in primo luogo interessa i discepoli del Divino Maestro. Quindi per tutti dobbiamo aver la divozione a san Giuseppe; ma [in primo] luogo interessa i discepoli del Divino Maestro. Questi hanno due parti.
Ora tutti i Pontefici, da Pio IX a Paolo VI [hanno indicato] in protezione [l'aiuto] di san Giuseppe per noi, per tutti, specialmente per voi.
Ora quello che scriveva Papa Giovanni XXIII: “Con Gesù e con la Madre sua Maria, se ne veniva innanzi san Giuseppe, ecco, anche lui per prendere finalmente il suo posto, che la Provvidenza, nell'ampia visione dei secoli e nello sviluppo meraviglioso del Corpo Mistico, gli aveva affidato”.
E come quindi si era quasi dimenticato san Giuseppe, ora dal sesto secolo adesso si diffonde sempre di più la divozione a san Giuseppe.
Il primo intervento ufficiale della Chiesa è cominciato dal 1481, con cui si è avviato la divozione, quando il pontefice Sisto IV istituì la festa di san Giuseppe e inserì il breviario e il messale. E poi è seguito il Concilio di Trento.
Poi i Pontefici che hanno parlato di più: il Papa Clemente XI col decreto [del] 1714 stabilì che si festeggiasse san Giuseppe con messa e ufficio in tutta la cristianità. Innocenzo XI [nel] 1789 concesse ai Carmelitani di Spagna e d'Italia (e poi si è diffuso) il Patrocinio di san Giuseppe: dalla Spagna è passato all'Italia. Pio VII nel 1809 approvò la festa del Patrocinio per la diocesi di Roma. Pio IX estese a tutta la Chiesa, il 10 dicembre 1847, la festa del Patrocinio di san Giuseppe, determinandola nella terza domenica dopo Pasqua. [Nel] 1867 era stato presentato all'approvazione del futuro Concilio Vaticano la festa e poi determinata. L’8 dicembre 1870 il Pontefice Pio IX proclamò san Giuseppe Patrono della Chiesa universale.
Successivamente Papa Leone XIII, che viene chiamato il teologo di san Giuseppe, perché ha costituito e ha pubblicato otto documenti sopra la famiglia di san Giuseppe.
Dopo Leone XIII allora hanno seguito: san Pio X, il quale ha messo le litanie di san Giuseppe, come già c'era la preghiera che dobbiamo dire “Ad te Joseph”; e poi altro documento di Benedetto XV e poi Pio XI nell'enciclica “Divini Redemptoris”; Pio XII; Giovanni XXIII; e l'attuale papa Paolo VI in vari discorsi ha messo in evidenza la virtù ed il patrocinio di san Giuseppe, Paolo VI.
Vi è la “Pia Unione del Transito di san Giuseppe” per aiutare i moribondi, specialmente coloro che muoiono di morte violenta ed improvvisa. Quindi l'unione del Transito di san Giuseppe [è] per tutti; ma quello che è principale, secondo l'unione che è stato fatto da noi, [per] coloro che muoiono di morte violenta o improvvisa. Questa unione è stata formata da noi. Perché: quanti sono che all'improvviso muoiono, all'improvviso! E particolarmente bisogna riguardare quelli che muoiono nei viaggi. Anno per anno, almeno questi due o tre anni, ogni anno novemila muoiono per la strada per disgrazie, all'improvviso. E quindi dobbiamo pregare per quelli che muoiono all'improvviso, quindi generalmente non han più tempo di pregare e di avvicinare un sacerdote: non è possibile.
Ora vi sono istituti che hanno adesso preso il nome di san Giuseppe: sono numerosi gli istituti religiosi che hanno un culto particolare di san Giuseppe; sono adesso: i Carmelitani, i Giuseppini, i Certosini, i Domenicani, i Servi di Maria, i Francescani, i Vallombrosiani, gli Agostiniani, i Gesuiti, l'Ordine della Visitazione, i Preti della missione e molti altri ancora istituiti maschili e femminili.
Quindi secondo gli esempi che adesso abbiamo, bisogna che noi vediamo la devozione: seguire la vocazione della grazia, sì.
Ora nel 1964 dal 7 al 12 settembre si è tenuta a Roma la seconda “Settimana Giuseppina”, settimana celebrata a Roma col tema: “San Giuseppe nella vita spirituale”. E poi dal 1964, il 1965 è seguito, e poi si prepara il centenario da celebrare [nel] 1970: si sta preparando con solennità, [per] portare ampiamente la divozione a san Giuseppe. «Questa organizzazione italiana prepara con rinnovato fervore i trionfali festeggiamenti che nel 1970 verranno tributati a san Giuseppe – quindi c'è la preparazione, si va facendo la preparazione – nel centenario della sua proclamazione [a] patrono della Chiesa universale, venendo incontro al desiderio degli...».
Tutti noi dobbiamo seguire la devozione a san Giuseppe, san Giuseppe, sì; in particolare però vi riguarda in questa divozione. Voi avete l'ufficio della parte tecnica e della parte [della] diffusione, sì. Allora pregare perché, siccome san Giuseppe ha lavorato, così lavorate; e come egli, san Giuseppe, come si è santificato, e così [dobbiamo] santificarci noi, seguire.
Quindi per voi discepoli è importante seguire la divozione a san Giuseppe, per tutto l'anno, ma in particolare è il mese e poi le due feste, quella che è il 19 di marzo e quella che è il 1° di maggio.
Quindi il Papa ha stabilito che il 1° giorno di maggio [sia] per onorare san Giuseppe come protettore di coloro che lavorano [con lavoro] materiale, cioè il lavoro il quale è eseguito [materialmente].
Quindi avere una divozione particolare per san Giuseppe, sì. Si può recitare la preghiera “Ad te Joseph”, “A te, Giuseppe”, oppure le litanie, litanie di san Giuseppe, litanie che ha preparato san Pio X, sì.
E allora tutto l'anno la divozione e il manifestare, in tutti voi e in tutti noi, la divozione a san Giuseppe, sì.
Allora seguire quello che abbiamo già esaminato. E quello che sarebbe bene leggere: il libro finora che è il libro migliore in cui si parla di san Giuseppe, il libro che è stato stampato a Pescara: è il libro migliore che c'è fino adesso che riguarda san Giuseppe. È buona cosa che si legga almeno qualche volta, sì. Ottimo libro, è il migliore finora che sia uscito attualmente. Quindi seguire quanto si può: conoscere bene la vita e l'ufficio e la santità di san Giuseppe.
Ecco questo che desideravo di parlarvene. E allora avrete un buon proposito e un ricordo in tutto.
Intanto preghiamo sempre tutti assieme e particolarmente per voi. E seguire.
San Giuseppe non aveva molte parole, no, non aveva molte parole; ma quello che aveva è la sua virtù, l'umiltà, la silenziosità, sì: non molte parole, ma molti fatti e molte virtù.
Sia lodato Gesù Cristo.


Trascrizione del file: 1900-00-00_Ottava Pentecoste.mp3
durata 4'20''

Don Giacomo Alberione

Maria Madre di misericordia



Oggi ancora siamo nell'ottava della Pentecoste.
Gli Apostoli hanno pregato per ottenere i doni dello Spirito Santo, secondo aveva promesso Gesù e secondo Gesù aveva loro comandato, cioè di fermarsi a Gerusalemme, perché dopo alcuni giorni “sareste battezzati nello Spirito Santo”, a differenza di san Giovanni che battezzava con acqua.
Essi hanno pregato con Maria.
Invocare lo Spirito Santo tutti assieme noi e insieme a Maria. La sua grande potenza presso il Signore, grande bontà e misericordia per tutti noi suoi figli! E quindi tanto è felice, commovente la preghiera: “Salve Regina, Madre di misericordia, vita, dolcezza, speranza nostra”. Ecco la speranza che il Signore ci ha dato: “Siam peccatori ma figli tuoi”, ecco.
Siamo peccatori ma figli suoi e tuttavia confidiamo, perché lei è misericordiosa. Non si deve scoraggiare nessuno avvicinandosi a Maria, tutti devono prendere coraggio, fiducia, perché una madre quando ha molti figliuoli e fra essi ce n'è uno che soffre di più è malato magari grave, che cosa fa? Le sue preghiere sono per quel figlio malato e magari perde anche le notti per vegliarlo, per esser pronta alle necessità del figlio ammalato. E lascia un po' da parte quelli che stanno bene. Così è fatto il cuore di Maria.
La nostra ragione per presentarsi a Maria e confidare in Maria è questa: di portare molte miserie, raccontare tutte le nostre necessità, i nostri peccati, i nostri difetti e quanto più ci mostriamo miseri, tanto più ella è sollecita per noi. E il motivo ...


Trascrizione del file: 0000-10-30_cp_cooperatori2.mp3
(29-10-1961)

Don Alberione ai Cooperatori Paolini
Orientare la nostra vita al Paradiso



Benediciamo il Signore per questa Sua grazia singolare, una grazia annuale, cioè un breve corso di Esercizi Spirituali. Ringraziare il Signore di tutta la luce e di tutta la grazia che ha comunicato alle nostre anime.
Oh, sì, orientare la nostra vita al Paradiso! Tutto è lì. Perché con la morte si lasciano tutte le cose: e le distinzioni e gli averi e le soddisfazioni. Rimangono e portiamo con noi i meriti. Ecco tutto. Tutto si lascia.
Gesù disse di sé: «Veni in mundum et iterum relinquo mundum», e prima ancora: «Exivi a Patre et vado ad Patrem», poi.
“Sono uscito dalle mani creatrici di Dio”, deve dire ognuno, “sono venuto in questo mondo a fare qualche cosa”. Sì. E che cos’è questo qualche cosa? Esercizio della fede, osservanza dei comandamenti e la grazia, cioè ottenere la grazia mediante i sacramenti, la preghiera. Siam venuti a [= per] questo: la prova. Finita la prova, «relinquo mundum», lascio il mondo e ritorno al Padre, cioè a Colui che mi ha creato. Così noi: come ha fatto Gesù, così noi.
Ed egli Gesù ora è alla destra del Padre. Là ci attende. Là avrà davanti a sé tutti noi che siamo il suo regno, ecco, il regno conquistato con il suo amore e con la sua passione e morte di croce. Egli presenterà queste sue conquiste – che siamo noi – al Padre Celeste: un omaggio. Ecco quello che sarà fra pochi anni.
Ho sempre notato sopra la scrivania di una ottima persona, con cui ho dovuto trattare qualche volta, un teschio. Sotto: “fra cinquant’anni”, ecco. Cinquant’anni! ve ne auguro tanti, ma che soprattutto siano pieni di meriti per l’eternità, perché non posso augurarvi di meglio: vi augurassi anche dei miliardi, che cosa sarebbero, tanto li lasciate, li lasciamo tutti. E beato chi, invece, sul punto di morte, già ha lasciato, ha distaccato il cuore da tutto.
Ora, ecco il pensiero finale: domani giorno dei santi, cioè giorno in cui ricordiamo tutti coloro che sono in Paradiso: gli Apostoli, e i Martiri, i Confessori, i Vergini. «Vidi turbam magnam», «ho visto in paradiso una grande turba». E chi forma questa turba? Gente di ogni Nazione, di ogni lingua, gente di ogni condizione; ecco. Chi ha seguito Gesù lassù, chi non avrà seguito Gesù, dove si troverà?
Allora guardare in su, ricordare la parola di Gesù agli Apostoli: «Vado parare vobis locum», «vado a prepararvi il posto». Capiamo? C’è un posto preparato per ognuno di noi! Fra poco tempo noi occuperemo quel posto. E felice chi avrà occupato questo posto! E voi lo volete e avete fatto gli Esercizi appositamente e bene.
Ringraziamo il Signore di questo corso di Esercizi.

Secondo pensiero: confermo quanto vi ha detto il predicatore delle istruzioni, per quello che riguarda la cooperazione e soprattutto, e in primo luogo, quella cooperazione di orazione, come avete certamente scelto, una terza parte di rosario in un giorno determinato della settimana. Questo. Allora ci teniamo uniti. Noi vi amiamo, noi vi amiamo: io vi porto tutte le mattine all’altare, diciamo spiritualmente nel calice, con tutte le vostre intenzioni, i vostri desideri, i bisogni personali, i bisogni della famiglia. Sappiate che vi comprendo tutti nel mio cuore e per tutti prego ogni giorno. Per che cosa? Perché siate i migliori cristiani, esempi buoni nella parrocchia dove siete, nella famiglia dove vi trovate, nella società a cui appartenete, negli uffici che compite, nei lavori che voi continuamente fate. Ecco: esempi di vita cristiana, ineccepibile! Sì, che nessuno possa ragionevolmente dire male di noi; ragionevolmente, perché irragionevolmente, cioè contrario a verità, possono sempre dirne delle cose. Ne hanno dette tante di Gesù Cristo, finché l’han messo sulla croce. Ma che non possano dire male ragionevolmente, cioè per fatti. Beati quelli che subiscono calunnie, ma vere calunnie, e cioè “mentientes”, dice il Vangelo: coloro che mentiscono e inventano delle colpe dove non ci sono.
Facciamo la predica del buon esempio!
Adesso avete ricevuto Gesù. Gesù è nei vostri cuori. Il vostro cuore, il vostro petto, è un tabernacolo. Quell’ostia che c’è nel tabernacolo è diventata ostia per Gesù, è ospite nel vostro cuore.
Adesso, allora, che cosa faremo? Ecco, prima bisogna che ognuno rinnovi i suoi propositi. Che cosa ha proposto in questi giorni? Rinnovare!
Vedete, gli Esercizi ci fanno vedere la vita nuova che abbiam da condurre. Sì, è adesso che si comincia, proprio da adesso. Negli Esercizi si propone e si prega. Da oggi comincia in verità l’impegno di praticare ciò che abbiamo promesso. Quindi ora, innanzi a Gesù, ciascheduno rinnova i propositi, ascoltando anche i consigli che furono dati o dai confessori o specialmente dai predicatori.
Poi, siccome volete vivere la vita cristiana meglio, ed essere i cristiani più distinti, più praticanti, quelli che maggiormente accompagnano la Chiesa, quelli che lasciano il buon profumo di Gesù Cristo cioè i santi esempi, ecco, rinnovare le promesse del Battesimo.
I padrini, ci hanno fatto a nostro nome le promesse al battistero, hanno preso gli impegni per noi, cioè di vivere veramente secondo la fede e nell’osservanza dei comandamenti e nell’amore a Gesù Cristo mediante lo stato di grazia. Sì. Ora questi voti o promesse battesimali fatte dai nostri padrini, noi le abbiamo ratificate e confermate all’uso di ragione. Adesso che siete più illuminati e avete più grazia, rinnoviamoli con tutto il cuore, sì, con tutto il cuore, impegnandoci a vivere secondo quelle promesse, quegli impegni.
Poi, appena fatta l’esposizione del SS. Sacramento per la Benedizione, vi saranno cinque minuti di tempo, di silenzio. Ciascheduno dica a Gesù come vuole vivere da questo momento in avanti, in quei cinque minuti.
Intanto, vi dò l’indulgenza plenaria per gli Esercizi che avete fatto. Oh, son belle le vostre anime, adesso. Piacciono a Gesù. Allora è proprio il momento di acquistare l’indulgenza plenaria. E intanto rinnoviamo queste promesse. Io leggo e voi rispondete.

Prima l’indulgenza plenaria. Bisogna recitare il Confiteor e poi vi dò la benedizione.
Confiteor... [tutti recitano il Confiteor]
Misereatur vestri Omnipotens Deus et, dimissis peccatis vestris, perducat vos ad vitam aeternam. [Amen.]
Indulgentiam, absolutionem et remissionem peccatorum vestrorum tribuat vobis omnipotens et misericors Dominus. [Amen.]
Benedictio Dei Omnipotentis, Patris et Filii ei Spiritus Sancti descendat super vos et maneat semper. [Amen.]

Io Credo in Dio Padre Onnipotente creatore del cielo e della terra; e voi credete? [Assemblea: Crediamo]

Io credo in Gesù Cristo suo figliolo unico, Dio e Uomo, morto in croce per salvarci; e voi credete? [Assemblea: Crediamo]
Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna; credete? [Assemblea: Crediamo]
Prometto, con l’aiuto che invoco e spero da Dio, di osservare la sua santa legge, di amare Dio con tutto il cuore sopra ogni cosa, ed il prossimo come me stesso, per amore di Dio; e voi promettete? [Assemblea: Promettiamo]
Rinunzio al demonio, alle sue vanità, e alle sue opere, cioè al peccato; e voi rinunziate? [Assemblea: Rinunziamo]
Prometto di unirmi a Gesù Cristo, di seguirlo e di voler vivere e morire per lui; voi promettete? [Assemblea: Promettiamo]
In nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo e così sia.

Adesso l’esposizione del SS. Sacramento e poi seguirà la benedizione.

Trascrizione del file: 0000-12-00_ssp_natale.mp3
Durata 12.45
(manca inizio e fine)

Don Giacomo Alberione - Albano, alle vocazioni adulte

Il natale, la fede e l'umiltà



...e si continua la novena sempre con crescente fervore, crescente fervore man mano che si avvicina il giorno della grande solennità.
Ieri sera, il Santo Padre, il Papa, ha fatto il discorso natalizio – ché da tanti anni i Papi hanno questa usanza, fare gli auguri per l’umanità intera – e l’augurio principale che ieri sera [ha fatto], su cui il Papa ha insistito: fratellanza, volersi bene come fratelli. Perché siamo tutti figli di Dio, come creature, e secondo figli di Dio sotto un altro titolo e cioè in quanto che in noi vi è la grazia e quindi diventiamo figli di Dio in ordine soprannaturale. Perché c’è una seconda vita, la vita di grazia, la vita divina in noi: perché dopo essere nati, avendo ricevuto... L’anima nostra è stata creata da Dio, e Iddio si è servito dei genitori per noi. Ma c'è un’altra vita e cioè la seconda nascita: “denuo”, di nuovo nascere per mezzo del Battesimo, per mezzo del Battesimo. Ecco.

Due disposizioni particolarmente da portare al Presepio, a Gesù Bambino: l’umiltà e la fede. L’umiltà e la fede.
Occorre che noi siamo convinti di aver bisogno di grazie. Ci vuol la convinzione profonda della grazia, della grazia particolare che è necessaria a seguire il destino, la vocazione di Dio.
Ecco, venendo proprio a considerare la situazione vostra, questa: siete stati buoni come figliuoli, nella vostra giovinezza fino ad ora, fino al punto della vostra giovinezza, e quindi avete seguito la vita cristiana, la vita cristiana come degli altri giovani.
Però, quando si entra in una via di particolarità – sacerdozio e vita religiosa – qui si è ancora da principio.
Bisogna che ci sia la persuasione. Non che pensiamo, non che si pensi: “Oh, io ho già tanti anni, posso regolarmi”, “Ho già l’uso di ragione”. L’avrete, l’avete anche l’uso di ragione, più abbondante. Ma quanto a tutto quello che si richiede per una vocazione, sacerdozio e religioso, è tutto da cominciare.
Bisogna persuadersi: se uno entra che non ha ancora fatto nessuna scuola di latino, ha da cominciare: ha niente per il sacerdozio ancora. Se non ha cominciato filosofia, non ha niente: ha da cominciare.
Bisogna persuadersi: così nelle altre qualità. Ho fatto l’esempio dello studio, ma c’è l’altro punto dello spirito: avevate lo spirito del buon cristiano, adesso bisogna fare lo spirito sacerdotale, religioso.
Certamente avrete anche fatto un po’ di apostolato da voi, con il buon esempio, dove siete vissuti. Ma adesso ci vuole altro che quello! Non solamente il buon esempio, ma poi la predicazione per cui abbiamo da edificare, da aiutare gli altri.
E così nella formazione religiosa. Finora avete potuto protestare, come il giovane che andò da Gesù, il quale ha detto: “Io i comandamenti li ho sempre osservati”. Così li avete sempre osservati. Ma poi il Signore, sentendo che voleva essere migliore, quel giovane, allora gli ha detto cosa fare, perché prima aveva ancor niente di quello. E cioè, in sostanza: “Per esser perfetto: povertà, castità e obbedienza”. Ah, allora si è ritirato! Quello è venuto a saperlo che era necessario, per vivere così; è venuto a saperlo e allora si è ritirato. E quindi niente. E poi Gesù ha conchiuso il discorso con quel giovane e si è rivolto agli apostoli: “E voi, cosa volete fare?”. Allora han risposto che volevan seguirlo precisamente in tutto, Gesù: nella povertà, nella castità, nell’obbedienza. E allora Gesù li ha assicurati che sarebbero riusciti: “Ricevete il centuplo di grazie”.
Perché? E perché non c'eran ancora né le virtù né le disposizioni per la vita sacerdotale, la vita religiosa, perché tutti gli Apostoli sono religiosi.
“Ricevete il centuplo” e proprio quel centuplo di grazie che avete bisogno di avere nella vostra vita, adesso, nel tempo di formazione. E quindi prendere tutto, fosse anche cose che per voi non sono ancor comprese. Non sapete ancora quelle che sono necessarie del tutto. Sapete qualche cosa, ma così, che si va apprendendo, vedendo.
E si deve guardare un po’ tutto: ci vuole lo spirito, ci vuole lo studio, ci vuole l’apostolato, ci vuole la formazione.
E la formazione: in tutti gli Istituti e in tutti i Seminari esigono queste condizioni, nella giusta misura. E quindi prendere tutto quello che vien dato.
Fede, allora.
Prendere! “Sono venuto: Gesù mi prepara proprio tutte le grazie”. Fede.
Presentarsi che abbiamo bisogno, perché entrate in una vita nuova. E anche se uno avesse solamente da iniziare, – supponiamo che abbia un ufficio, una missione, un’iniziativa – bisogna che si umìli: non è ancora formato, ha ancora bisogno, ha ancora bisogno.
E così in tutto, in tutto.
Come si sta a scuola: “Non so ancora questo e allora bisogna che io abbia fede nel maestro, imparo”. E così è necessario.
E avete le grazie preparate dal Signore. Se c'è fede in noi, umiltà e fede, poco per volta, giorno per giorno si riceve.
Ma sempre però: “Da me nulla posso, con Dio posso tutto”.
E se siete chiamati ad un’altissima santità: “Con Dio posso tutto”.
Se il giovane, parlando di voi, si sta a una massima attenzione a tutto quello che gli han detto, alle parole, agli avvisi, i consigli, in direzione spirituale, nelle prediche, nelle meditazioni... ecco, mettersi a disposizione: “Ho bisogno; sono un umile discepolo; sono un umile discepolo di Gesù Cristo”. Ché si serve, Gesù Cristo, dei ministri di Dio. A suo tempo dovrete far quello: allora bisogna che lo impariate.
Cosa si impara nella meditazione, nelle conferenze? Cosa si impara nelle scuole? Cosa si impara nel confessionale? Per i consigli “proprio per te”, o anche per quello che riguarda il tuo carattere, ecc.? Bisogna che sappia che hai bisogno di questo. E metter la fede, cioè la fede nelle grazie che il Signore dà. E il Signore le dà.
Tante grazie le dà direttamente: riguardano lo spirito. E generalmente il Signore si serve di chi vi guida, come si serve del maestro in scuola, come si serve, il Signore, si serve nella formazione spirituale, nell’apprendimento dell’apostolato, del carattere, quello che bisogna per riguardo alla salute, ecc. Ci vuole tutto: prendere tutto!
Ci vuole proprio quello che è detto: “Presentarsi al Bambino in umiltà e fede sicura”, fede sicura. E sempre più approfondire queste due persuasioni: che l’umiltà, e l’umiltà che è verità: supponiamo: “Il latino non lo so, non ho ancora cominciato” uno può dire; oppure, se ha già cominciato e non è ancora avanzato, bisogna dire: “Non lo so”, e così in tutto il complesso, specialmente i quattro punti che ho detto: lo spirito...

(finisce qui)

Trascrizione del file: 0000-10-30_cp_cooperatori.mp3
(29-10-1961)

Don Alberione ai Cooperatori Paolini:
Preparazione all’eternità
Significato della parola "Cooperatori"



Ho piacere di salutarvi tutti assieme voi buoni cooperatori della Pia Società San Paolo. Col vostro aiuto abbiamo fatto molte cose e voi ne avete in parte – cioè condividete – il merito e poi il premio: il “Premio” quello eterno. Ecco che la principale predica di questo breve corso di Esercizi l’abbiamo nel fatto di questa mattina.
Un buono, bravo cristiano il quale, per disposizione della Divina Provvidenza, ha potuto in questi giorni fare una preparazione immediata – c’è poi la mediata di tutta la vita –, preparazione immediata per entrare nell’eternità, proprio nei giorni che precedono la festa dei santi.
Come vi preparate bene voi, pensando al cielo, come deve essersi preparato bene colui che stamattina è stato chiamato! Io non conosco particolari della sua vita, ma quel che so è tutto positivo, cioè tutto in bene. Passare all’eternità in un corso di esercizi, passare all’eternità dopo una vita di buon cristiano: non è questo una grande grazia? Perché, nella vita abbiamo tante vicende, e liete e tristi, e liete e penose: ciò che importa è il finir bene la vita, cioè prendere la porta che entra in Paradiso: ecco tutto.
Vi è la festa dei Santi e noi solleveremo in questi giorni in modo speciale il pensiero al Paradiso. Vedete, nella Pia Società San Paolo, [si è] fra le altre cose prese dal Santo Giuseppe Cottolengo, fondatore dei Cottolengo, cioè degli Istituti che portano il suo nome, abbiamo appreso la coroncina “Vergine Maria Madre di Gesù, fateci santi”. La dicono tre volte al giorno. Se voi la diceste una volta al giorno, non sarebbe mica troppo: cinquanta volte, ogni dieci invocazioni il Gloria Patri.
Mi hanno fatto rilevare in questi giorni, con insistenza – ecco: uno, con altri, ma specialmente uno –: «Andando nel camposanto per il giorno due novembre, penso a portare i fiori sulla tomba a quel mio congiunto: magari al papà, alla mamma». Pensiero buono! Il camposanto è la predica non più della parrocchia, ma la predica dei morti, silenziosa eppure molto istruttiva. «E cosa pensi allora?» domando. «Io penso, guardando la tomba dei miei genitori, che mi ammoniscano: “Cammina sulla strada che ti ho indicato”».
Voi avete avuto la grazia di camminare sulla strada che vi hanno indicato i vostri buoni genitori: tutti siamo riconoscenti. E il Signore aggiungerà grazia a grazia.
Fra le altre grazie, il defunto che è passato all’eternità stamane, ha avuto subito il suffragio di una messa celebrata proprio per lui. Non così frequentemente accade. Perché la messa è il principale suffragio per i defunti. E allora lui ha avuto le preghiere e gli aiuti particolari che vengono dal principale suffragio, cioè la messa: grazia anche questo.
Gesù è buono con chi ha buona volontà, Gesù si mostra proprio buono e concede molte grazie che noi non chiediamo perché non sappiamo chiedere. «Allora», diceva, «quando sto guardando la tomba dei miei genitori, sento l’ammonizione: “Oggi a me, cioè sono io in questa tomba, domani a te; la tomba l’abbiamo fatta per tutta la famiglia; il posto è qui accanto a me”, “oggi a me che son qui, domani verrai anche tu, domani tocca a te”».
Ma io amo di più quest’altra ammonizione e cioè: “Oggi sono qui a godere in Paradiso, domani ci verrai anche tu”. Vi piace? “Domani ci verrai anche tu”. Questo che è consolante! Ma dopo una vita così, che conducete, di buoni cristiani e di cristiani che vi distinguete, oh, allora che cosa bisogna dire? Quei santi del Paradiso ci ammoniscono: “Oggi a me, oggi a tuo padre che ti parla, forse, forse tua madre, oggi a me, domani a te la stessa fortuna, la stessa grazia”.
Oh, allora noi pensiamo che la predica principale ce l’ha fatta il Signore, sì, perché il passare così all’eternità repentinamente di una persona, ci serve a riflettere. [Primo], ecco, due frutti:
Primo: mettere pienamente in tranquillità la nostra anima.
Non tramandare: “Domani quando sarò malato farò una buona confessione”, no, oggi, oggi! Ti riprometti di fare una buona confessione più tardi: non saprai se avrai il sacerdote e non saprai se avrai anche il tempo.
Oggi le morti improvvise si vanno moltiplicando sempre un po’ di più e allora, se uno è colto improvvisamente dalla morte di notte, se uno è colto improvvisamente dalla morte in un incidente, oppure per un infarto cardiaco, che cosa c’è tempo a fare? Neppure a dire una giaculatoria, alle volte, neppure a dire un “Gesù mio, misericordia!”.
Chi ha tempo non aspetti tempo! E voi siete prudenti, perché volendo assicurarvi, volendo non aspettare tempo, ma prendere il tempo adesso, siete venuti agli Esercizi: e ecco giorni di salvezza, giorni santi per tutti.
Non abbiate paura, anche se dovete ripetere la confessione, fatela santamente, non abbiate paura anche di pensare al domani: “Io come mi presenterò a Gesù Cristo, dopo la mia morte, con quali opere? E se c’è qualche cosa da fare per il mio avvenire, non lo faccio oggi?”.
Il più bel giorno di fare il testamento è il giorno della chiusura degli Esercizi. Disporre le cose in tempo. E come le disponiamo? Sotto la luce dell’eternità, dopo aver riflettuto a quello che è il meglio anche per il dopo morte.

Allora questa mattina volevo ancora dirvi alcune parole, le parole che si rivolgono ai cooperatori. Che cosa significa la parola cooperatore? Vuol dire con-opera, con-operatore, lo stesso; vuol dire operare in unione con la Pia Società San Paolo e la sua Famiglia e cioè: noi abbiamo l’Istituto Pia Società San Paolo, l’Istituto delle Figlie di San Paolo, l’Istituto delle Pie Discepole, l’Istituto delle Suore Pastorelle, l’Istituto delle Suore Regina Apostolorum, l’Istituto di Gesù Sacerdote, l’Istituto delle Annunziatine, l’Istituto degli uomini che portano il titolo di Gabrielini, cioè devoti e sotto la protezione di San Gabriele.
Cooperare vuol dire entrare nello spirito di questi Istituti e poi fare quel che è possibile fare. Chi sono i cooperatori allora? In primo luogo non è l’opera, non è cooperare. I cooperatori devono essere i migliori cristiani, ecco tutto. Cooperatore vuol dire vivere secondo lo spirito di San Paolo, cioè vivere come i migliori cristiani. San Paolo, grande predicatore, ha insegnato la vita cristiana, vivere secondo i suoi insegnamenti, e cioè vivere veramente come buoni cristiani.
Quali dunque sono in primo luogo i cooperatori? Oh sentite, i cooperatori sono un terz’ordine: terz’ordine domenicano, per esempio, terz’ordine francescano ad esempio, ecc. Ma oggi la chiesa non fa più gli ordini antichi, fa gli Istituti religiosi moderni, cioè più adatti ai tempi, questo da qualche secolo, ultimamente, e quindi abbiamo non più il terz’ordine dei salesiani, non più il terz’ordine dei paolini, ma abbiamo invece i cooperatori salesiani, i cooperatori paolini.
Ecco oggi però lo spirito e nello stesso tempo le opere di cooperazione sono quelle di un terz’ordine. Quindi cooperatori: per esempio i giuseppini, ecco: questi imitano la vita di San Giuseppe e nello stesso tempo beneficano l’Istituto di San Giuseppe. Cooperazione.
Adesso, essere i migliori cristiani allora cosa significa? Essere di esempio nella Parrocchia. Di esempio in che maniera? In famiglie ordinate, per quanto è possibile, far bene i doveri di genitori o di figli secondo la condizione in cui si è: buoni padri di famiglia, buone madri di famiglia, buoni figlioli in famiglia, buoni sposi, buone spose e in sostanza buoni cristiani.
E come manifestano la fede e la vita cristiana? Frequenza ai sacramenti, comunicarsi spesso, confessarsi spesso, una volta al mese andrebbe bene: non è un comando, anche essendo cooperatori non avete quella prescrizione, ma un’esortazione sì. E poi vi sono molti cooperatori che si confessano ogni otto giorni e fan la comunione frequente, anche quotidiana: questo è ancora un passo più avanti. Q uindi frequenza ai sacramenti.

Secondo: istruzione religiosa, cioè essere i primi alle prediche; mandare i figlioli al catechismo, se si è padre di famiglia; leggere solamente quello che è sano. Quel che è sano è in primo luogo ciò che riguarda l’istruzione religiosa, in secondo luogo ciò che è utile per la vita: per esempio uno legge una rivista tecnica; e quidquid bonum, allora è cosa buona, fa bene, ma le letture “sane”.
Alle pellicole solo andare a quelle che son fatte per tutti, in generale, e se uno è già anziano, allora potrà anche assistere a qualche altra che è riservata per gli adulti. Ma, in sostanza, regolarsi secondo che viene indicato dal Centro.
Per essere buoni cristiani si evita di ascoltare quello che non è buono, fosse pure trasmesso dalla radio o dalla televisione.
Buoni cristiani e allora vita osservante cioè: comandamenti: primo comandamento, il secondo comandamento, il terzo comandamento, i comandamenti. Chi invece è consacrato a Dio, negli Istituti Secolari, o negli Istituti Religiosi deve anche osservare i “consigli evangelici”; ma chi non è consacrato a Dio ma tuttavia è un cooperatore, la migliore osservanza dei comandamenti. Quarto comandamento, la soggezione alle autorità; quinto comandamento bontà con tutti, rispetto a tutti; sesto comandamento la castità secondo il proprio stato di ognuno; poi si comprende il settimo comandamento non rubare, ma il buon cristiano fa ancora elemosina, quando può; e poi non dire falsa testimonianza, cioè amanti della verità.
Anche se si è in autorità, allora compiere bene gli uffici del proprio stato: se uno è un professionista, se uno è un impiegato, se uno è un operaio, ecc. osservanza dei doveri del proprio stato, sì, e del proprio ufficio, che il Signore ci ha assegnato. E poi delicatezza di coscienza secondo i due ultimi comandamenti: cioè che riguarda i pensieri di un genere e i pensieri dell'altro genere: non desiderare la roba d’altri e non desiderare la donna d’altri.
Ecco, migliorare la vita anche nel contributo alle leggi dello Stato. Noi siamo cittadini, c’è l’obbligo di dare il voto secondo i principi cristiani. Perché? Perché dal voto escono coloro che fan le leggi e noi abbiam bisogno di leggi sane, utili per la popolazione, leggi sane, conformate alle leggi fondamentali che sono le leggi naturali e le leggi positive, cioè le leggi cristiane.
Ecco quella è la prima condizione: l’impegno a vivere da veri cristiani, sempre migliori cristiani: dare l’esempio attorno a noi in famiglia e in società, quindi nella vita privata e nella vita pubblica, esterna. Buon esempio: i migliori cristiani, quelli che vanno di più alle funzioni parrocchiali, alle istruzioni parrocchiali, che sono più pronti a prendere quegli avvisi, quei consigli che dà il parroco per vivere sempre meglio la vita cristiana. Questa è la prima cosa.

Seconda cosa: cooperare vuol dire prendere lo spirito dell’Istituto San Paolo, diviso nelle sue Famiglie e, per quanto si può, contribuire: ecco la cooperazione.
Come si può contribuire? Si può contribuire in tre maniere: in primo luogo con la preghiera e vi sono sempre tanti bisogni per l’apostolato. Contribuire in qualche maniera: il primo modo è la preghiera, l’aiuto che ci dà il Signore, sì, perché possiamo compiere il nostro dovere.
Noi sentiamo di aver degli obblighi nel mondo: di uomini verso il popolo, verso tutti e quindi portare la luce, sì, la luce, mediante le pubblicazioni, la stampa, il cinema, ecc., sentiamo che siamo obbligati a far la nostra missione, e il Signore ci giudicherà se la compiamo bene.
Poi, la Famiglia Paolina adesso si trova in 25 nazioni. Voi aiutando, aiutate le persone che sono in queste 25 nazioni, o come Sacerdoti o come Religiose, e che portano anche là il contributo, l’istruzione, i Sacramenti e poi tutto quello che serve alla salvezza di quelle anime. Ultime cose, ultima Istituzione: in Africa; e poi altre due-tre Istituzioni, Case nuove nell’Oriente, dove c’è l’Arcipelago Orientale sotto l’Asia, e poi Formosa e poi adesso si sta partendo per la Corea. Fate del bene, non sapete dove va a finire e va a finire a quella gente, a quelle anime. Il Signore però lo conta, lo tiene registrato. Al giorno del Giudizio tu vedrai del bene che non conoscevi che avevi fatto. È una buona sorpresa eh? Non dei peccati che abbiam commessi, ma il bene che hai fatto, e che non sapevi di fare, ma che hai fatto. E il Signore lo premia, lo premia.
Ecco, in primo luogo la preghiera. Allora, vedete, dire solamente, in generale: “Pregate!”, poi ci dimentichiamo un po’, eh? Bisogna un po’ che concordiamo qualche cosa di pratico. Avevo pensato di dire: facciamo questo impegno: una volta al mese la comunione, che serve come cooperazione alla famiglia paolina, San Paolo. Forse non tutti vorranno accogliere questo invito, altri già lo fanno e lo fanno anche di più. Facciamo così: la settimana è di sette giorni: ognuno dei cooperatori che vuol cooperare con la preghiera, primo modo, si scelga un giorno per dire il rosario per San Paolo. Prima di andar via, se lo gradite, se volete – cose libere non è vero? –, allora date il nome a chi guida gli Esercizi, cioè il predicatore delle istruzioni o il predicatore della meditazione e se per qualcheduno è più facile può avvicinar la Suora, la quale prenderà i nomi e il giorno. Conteremo allora quanti rosari abbiamo al lunedì, quanti ce ne sono al martedì, quanti ce ne sono al mercoledì, ecc. e possiamo contare su questa grande grazia.
Vedete, non è molto, tanto io so di persone tra di voi che dicono il rosario intero, non una parte ma tre parti. E allora, ecco, tuttavia una terza parte un giorno della settimana ha questo fine, così determiniamo la cooperazione.
Se poi verrà che molti mi presentano la domanda dicendo: “Io farò la comunione una volta al mese a questo scopo”, allora possiamo poi anche distribuire. Tuttavia non tutti possono assegnare il giorno, può essere che alcuni per impegni, altri per lavori, non possono fissare supponiamo il martedì o il giovedì, ma i più potranno fissare la prima domenica del mese che è ad onore del Maestro Divino, oppure qualsiasi altro giorno. Anche senza fissare il giorno, tuttavia, impegnarsi per una comunione al mese. Ma questo per ora non l’ho ancora determinato, solo ho parlato della terza parte del rosario, una volta la settimana, in un giorno precisato, un giorno che è previsto maggiormente libero.
Dopo la cooperazione di preghiere, ecco sarebbe bene che alla fine dell’anno uno scrivesse una lettera e scrivesse all’incaricato che è il Predicatore delle Istruzioni, don Selle. Allora si dice: “Nel mio anno ho fatto la preghiera che mi ero prefisso”; per esempio al primo di gennaio si scrive questo e poi ci manderanno gli auguri e noi li ricambiamo tutti, sì, ricambiamo di cuore anche per mezzo del calendario.

Secondo: vi è il mezzo di cooperare di opere, opere. Cosa vuol dire opere? Quel papà ci ha mandato una vocazione: ecco un’opera grande! Quel maestro ha saputo parlare in scuola delle vocazioni: ecco un’opera grande! Queste sono le migliori: dare persone!
Quanto ai soldi: vengono, in terzo luogo. Perché pure coloro che dovranno studiare avranno da far le spese, ma intanto il Signore non mancherà a quelli che aspirano veramente a diventare Religiosi, Ministri di Dio: il Signore provvederà.
Mandare qualche vocazione, parlare delle vocazioni. Può essere che uno in un paese faccia altre opere, per esempio il presidente della Gioventù Femminile o di un’altra Associazione Cattolica. Può essere che uno [faccia] intanto, nella sua Associazione, parli qualche volta della San Paolo. Abbiamo quante persone che diffondono “Famiglia Cristiana” in Italia! e quanti che diffondono “La Madre di Dio”, “La Domenica, “Orizzonti”, altri! Vi sono persone che possono istituire una biblioteca o curano una biblioteca già istituita, persone che scrivono qualche cosa come redazione per i periodici, persone che zelano l’opera delle Messe, sì, raccolgono cioè quelle offerte che sono necessarie per partecipare ai frutti delle 2400 Messe, che la Società San Paolo offre ogni anno al Signore per tutti i cooperatori. Ma sapete che guadagnate sempre molto di più, con la partecipazione:
– primo, alle 2.400 messe, vivi e defunti, vi diamo sempre di più di quanto ricevete;
– secondo, partecipazione, se si è in un grado distinto, al bene che si fa e all’apostolato che si fa, nella Società San Paolo e nella Famiglia Paolina, che ho detto che si compone di otto Istituti;
– e poi, chi aiuta un chierico a diventar Sacerdote avrà la partecipazione, una partecipazione al bene, alle Messe che celebrerà quel Sacerdote il quale fu beneficato quando era chierico, quando era studente.

Allora viene in terzo luogo la cooperazione di offerte. Adesso, cooperazione di offerte che possono essere secondo il proprio stato: due soldi possono essere una grande offerta, quando uno è povero. Gesù Maestro un giorno si è messo là, in un certo posto del Tempio e davanti c’era la cassetta dove passavano quel giorno a far le offerte un po’ tutti; e passarono dei ricchi i quali lasciavano cadere la moneta d’oro, per farsi vedere che erano generosi; e passa una povera donna che mette due “minuta”, dice il Vangelo (Lc 21,2), cioè due monete minime. Gesù guardò, poi disse agli Apostoli: “Chi ha dato di più tra tutti?” “Quella donna!”, la quale ha dato due monetine, ma ha dato anche quello di cui aveva bisogno per il mangiare, oggi.
Quindi non c’è la misura, c’è il sacrificio che è misurato da Dio.
Le cifre, fra gli uomini, son necessarie a contarsi, ma davanti a Dio è il sacrificio che viene contato, l’atto di amor di Dio che si fa. E vi sono persone che, come diceva Gesù: “Quelli han dato molto, ma vanno a casa e stanno ancor bene, han tutte le comodità”, in sostanza così. Quella donna, invece, ha dato più di tutti perché ha dato quello che era anche il sacrificio grande e cioè ciò di cui aveva bisogno per il suo sostentamento.
Ora, vi può essere la vestizione di un chierico, cioè di un giovane che mette l’abito, così anche di una suora. Vi sono i doni in natura, quando si dà qualche cosa dei doni, per esempio, della terra. Una zelatrice che è pure Annunziatina, consacrata quindi a Dio, prima era semplicemente una cooperatrice... e il seminario è povero, passando di casa in casa, nella Diocesi, ha raccolto centosettantadue quintali di grano per i chierici, i quali sono circa duecento e quindi non basta ancora, ma è già una grande opera. Povera figliola che non poteva dare molto del suo, dava raccogliendo.
Ora devo farvi una istruzione sopra le “borse di studio”. Le borse di studio come si intendono? Vedete: il concetto deve essere giusto. Ora vi vedo molto attenti, e vi prego proprio di essere ancor più attenti in questo momento.
Per formare un Sacerdote, se noi prendiamo il ragazzo verso gli undici anni, dodici... E in Italia ne abbiamo almeno 1.500 negli otto vocazionari; anzi adesso son cresciuti un po’ con il mese di settembre. Li prendiamo, ma fino alla quinta ginnasiale non calcoliamo la borsa di studio, l’Istituto ci pensa esso; tuttavia se c’è qualche offerta la si accetta volentieri, si coopera alla formazione e all’educazione di un giovane, che domani può anche esser Sacerdote.
La “borsa” la calcoliamo nei dieci ultimi anni di studio, cioè quando il giovane fa la Vestizione. Quando fa la Vestizione, cioè ha finito la quinta ginnasiale, ci sono due anni di Noviziato, poi ci sono quattro anni di Filosofia-Liceo, o Liceo-Filosofia, è lo stesso, e quattro anni di Teologia. Quindi dieci anni in cui è vestito, l’Aspirante, è vestito e fa i suoi due anni di Noviziato, per prepararsi alla Professione Religiosa, e fa poi quattro anni di Liceo-Filosofia e quattro anni di Teologia. Le “borse” si calcolano per quel tempo.
Ora, vedete, in quel tempo, cioè in quei dieci anni, la spesa per ogni Aspirante è mille lire al giorno almeno, perché ci son molte cose che dovremmo conoscere delle spese, che si fanno attorno a un Aspirante: nascono da tante parti. E poi, ad esempio, vengono dall’estero: le spese son maggiori. Abbiamo nove chierici del Giappone, per esempio; otto, mi pare, dall’India; in sostanza abbiamo chierici di una quindicina di Nazioni. Viaggi, spese sopra spese, il vestire, e poi adattarsi e quindi procurar meglio perché in altre Nazioni i cibi son diversi, bisogna costruir le Case, bisogna provvedere tutto: dalle scarpe a tutta la biancheria, i letti e poi anche un po’ di riposo per l’estate perché non resisterebbero, e poi la cura quando son malati. In sostanza si spendono mille lire in media al giorno. Nei primi due anni meno, negli ultimi quattro di più.
Allora, come facciamo? Voi, qui siete gente pratica, specialmente chi ha un’amministrazione. Oggi è così, domani il valore della moneta potrebbe essere cambiato, ma parliamo di oggi. Cinquecento lire al giorno le mette l’Istituto, le altre cinquecento la “borsa di studio”. Però l’Istituto, quando non ha nessun aiuto le mette tutte queste mille lire. Esso. Quindi l’Aspirante andrà avanti, ma nessuno si fa il merito? Fuorché l’Istituto stesso a farsi il merito. Sì. Tuttavia l’Istituto, poi, va elemosinando in altre maniere. Eh, bisogna che ci facciamo tante volte “mendicanti”, andiamo anche di porta in porta, e poi la Provvidenza ha le sue vie, sempre, sempre le sue vie.
Ma chi vuol poi godere dei frutti, cioè dei meriti e partecipare un po’ ai frutti della Messa che dirà quel sacerdote, bisogna che contribuisca.
Ora calcoliamo un po’: cinquecento lire al giorno, vuol dire che per il chierico, l’aspirante al sacerdozio, si spendono centottantamila lire l’anno, centottantamila lire più cinquecento perché son 365 i giorni. Allora, ecco, che cosa importa veramente una “borsa”? Importa un milione e ottocentomila lire, in dieci anni. E questa borsa non passa ad un altro, perché quell’aspirante se la consuma tutta nei dieci anni. Moltiplicate 365 per 500 lire quotidiane. E in dieci anni i giorni quanti sono? 365 moltiplicato per dieci sono oltre 3.000, 3.650. Allora, ecco, il risultato della moltiplicazione è un milione e ottocento.
Ma come mai voi prendete le “borse” a centomila lire? Noi le prendiamo come contributo. Non è una vera “borsa”; la si chiama “borsa”, ma non è una vera “borsa”. Cioè si raccolgono queste varie offerte “centomila”, “cinquantamila”, “dieci soldi”, secondo uno può dare: anche i francobolli che mette in una lettera raccogliamo. E allora si viene a far la somma di un milioneottocentomila. Allora, sì, c’è la “borsa”, ma costituita da molti.
Una persona mi domandava: “Io non vorrei che servisse solamente per un aspirante e poi fosse finita, io vorrei fare una borsa perpetua”.
La “borsa perpetua” si può fare. Allora cosa vuol dire “perpetua”? Vuol dire che passa da persona a persona. Cioè un aspirante finisce, è ordinato sacerdote e c’è ancora la somma capitale: quella viene passata ad un altro aspirante. E così in perpetuo, e si chiamano “borse perpetue”. Ma che cosa ci vuole allora? Bisogna formar l’interesse di centottantamila lire all’anno; il che importa una somma molto grossa e quindi non è certamente per tutte le borse. D’altra parte c’è chi lo desidera, ed io devo dirlo: sarebbero allora tre milioni e seicentoquarantamila, i quali al 5% ogni anno dànno 180.000 lire. E allora, ecco, la borsa rende quella cifra ogni anno. L’aspirante finisce i suoi dieci anni perché viene ordinato sacerdote; e allora, ecco, passa a un altro aspirante che comincia i suoi dieci anni perché ha fatto vestizione e va avanti.
Calcoliamo le “borse” solamente da quando son “vestiti”, cioè si “vestono”. E vi sono benefattori che mandano una vestizione, la spesa della vestizione. Allora cominciano i dieci anni, perché son già un po’ più sicuri. Eh i giovani sono un po’ come il tempo, che cambia. Anche stanotte avete sentito che il tempo cambia: magari giorno bello, notte brutta, o viceversa. E quindi aspettiamo che il giovane abbia una certa età e poi diciamo ai benefattori: “Qui c’è una certa garanzia di riuscita”. Se poi uno non riuscisse perché, supponiamo, vien malato, e quindi non può continuare gli studi, e allora si passa a un altro, in maniera che chi ha fatto il bene alla fine ha un sacerdote beneficato, cioè un sacerdote al quale ha contribuito.
Questo è uno dei modi di beneficare. Ora, vedete quindi ci son quattro specie di borse: una si chiama “borsa perpetua”, l’altra “borsa per un aspirante”, le altre “borse per contributi”. E ce n’è un’altra ancora: e cioè si fa così: l’Istituto apre una borsa, supponiamo per la devozione alla anime del purgatorio: «Voglio onorare la memoria dei defunti e soprattutto pregare per loro; allora», dice, «apro una borsa». “Per le anime del purgatorio” l’Istituto scrive sopra il Bollettino. E poi ci sarà chi contribuisce con dieci lire e ci sarà chi contribuisce per diecimila lire, finché si forma la somma per un aspirante e cioè quello che è necessario perché l’aspirante possa arrivare al termine dei suoi studi. Quindi è una borsa cui tutti possono in qualche maniera accedere.
Abbiamo poi dei cooperatori che scriviamo noi, senza che loro domandino: per esempio, chi ha mandato una vocazione a San Paolo; i genitori sono iscritti fra i cooperatori; e così altri i quali contribuiscono e neppure chiedono di essere messi fra i cooperatori, ma di fatto sono messi fra i cooperatori.
Allora, la cooperazione possibile a tutti è di preghiere. La cooperazione di opere per tanti è possibile, non per tutti. Ma vi può essere una persona la quale sta a letto dieci anni e soffre e offre le sue sofferenze a favore dell’Istituto. E poi vi è la cooperazione di offerte, la quale in qualche maniera è aperta a tutti. Ricordandosi che io metto da parte il conto: il francobollo che mi han messo nella lettera, che mi hanno scritto, è un’offerta. Io avrei risposto ugualmente senza ricevere il francobollo, ma ho il francobollo e lo metto come un’offerta. E può contribuire. “Eh, ma un francobollo costa così poco!”. «Ma – quel tale diceva – ma io per dieci lire non m’inchino neppure per terra a raccoglierle”. Ah, io raccolgo anche un centesimo!
Il Signore guarda il sacrificio e quella donna, quella vedova che dava due “minuta”, cioè due monete le più piccole, ebbe il maggior elogio da Gesù ed avrà il maggior premio nell’eternità.
Vogliamoci bene. Preghiamo.
Sappiate che l’ultima cosa che io faccio la sera è la benedizione a tutti voi, a tutti i cooperatori come a tutta la Famiglia Paolina: l’ultima azione della giornata.
Sia lodato Gesù Cristo.